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Autore: crazyfred    19/11/2021    7 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 17

 
Era passata una settimana da quella sorta di tregua non scritta sancita tra padre e figlio. Ma Alex restava comunque sul chi vive, conscio che quella pace, nella loro situazione, era una bomba ad orologeria che poteva essere innescata in qualsiasi momento. E quel momento arrivò il pomeriggio di una domenica piovosa e senza granché da poter fare, mentre aiutava i ragazzi a preparare le borse per tornare a casa. Tra una chiacchiera e l'altra, pensando a quanto l'estate sia odiata per il caldo ma il suo ricordo è l'unica cosa che fa sopravvivere durante l'inverno, venne fuori che Alessandro aveva messo in vendita la casa al mare al Circeo.
L'aveva acquistata dopo anni di affitto - nonostante lui fosse di gran lunga più tipo da avventura, da meta diversa ogni anno - per fare contenta Claudia, che adorava il posto e aveva fatto amicizia con i vicini che per lei non era un problema restare da sola con i bambini se lui doveva tornare a Roma per lavoro. Non era cointestata e quindi, ora che non erano più insieme, non sentiva più l'obbligo di tenerla. Tanto più che non era esattamente un luogo di cui conservava un bel ricordo, visto quanto accaduto.
Edoardo, manco a dirlo, era di un altro avviso. Ne era seguita una discussione accesa, su come non avesse fatto neanche il minimo sforzo per provare a tenere unita la loro famiglia e aveva preteso di tornare a casa prima dell'orario previsto, giurando di non voler avere più nulla a che fare con il padre. Gli sarebbe passata prima o poi, bisognava dargli tempo, Alessandro lo capiva benissimo, ma era difficile quando ad assistere a queste scenate era anche la piccola Giulia.

"Claudia non puoi viziarlo così!"
La mattina successiva, mentre si recava a lavoro, in auto ricevette una telefonata dalla sua ex moglie, che lo informava che Edoardo non sarebbe andato a scuola, che dopo quello che era successo si era messo a letto con un forte mal di pancia e non voleva saperne di alzarsi.
"Guarda che sta davvero male!" l'avvertì da donna "Non bisogna sottovalutare i sintomi psicosomatici"
"Lo so"
Alessandro tirò fuori un lungo sospiro, abbattuto. Era colpa sua, era evidente, ma era umano, aveva i suoi limiti e non poteva controllare tutto.
"Ma dico io" lo rimproverò Claudia "c'era bisogno di vendere la casa così in fretta? Lo sai che Edoardo è affezionato, c'è quasi nato in quella casa"
In effetti, quell'affermazione di sua moglie si avvicinava molto alla realtà. Arrivato con due settimane d'anticipo, in piena estate, erano stati costretti a correre all'ospedale di Terracina perché non avrebbero mai fatto in tempo a rientrare a Roma. Gli veniva ancora da ridere al ricordo dei suoi genitori che arrivarono da Roma con tutto il necessario in fretta e furia, suo padre tronfio nel veder nascere il nipote in un ospedale pubblico anziché nella clinica privata che Claudia aveva scelto.
"Adesso o tra due mesi non faceva differenza" tagliò corto lui "e poi ho un'acquirente disposto a pagare subito e bene e a me quei soldi servono"
Sembrava strano da dire, ma la separazione e quanto ne conseguiva stavano mettendo a dura prova anche le casse di Alessandro. Non da finire sul lastrico, ma pagare per una casa dove non si vive, il mantenimento per Claudia, l'assegno per i figli e l'affitto del residence erano un bel cambiamento persino per le sue finanze.
"Beh non è colpa nostra" gli ricordò Claudia "hai scelto tu di andare via"
Se Claudia sperava di colpirlo con quelle stoccate, aveva proprio sbagliato bersaglio. Alessandro non era tipo da cadere di fronte a certe provocazioni e trucchetti.
"Non mi freghi" le disse, entrando nel parcheggio della redazione, ridendo nervosamente.
Preso dalla conversazione, mancò poco che prendesse la sbarra dell'ingresso, dimenticando totalmente di ridurre la velocità.
"Io avrò le mie colpe, non lo metto in dubbio ma sei tu che te ne sei andata di casa"
"Io sono tornata però …" gli ricordò la donna.
"Ancora con questa storia, Claudia! E basta!"
Era stanco di litigare con lei sempre sugli stessi argomenti, senza una via d'uscita. Era un botta e risposta sempre uguale e non riusciva a credere che Claudia non ne fosse altrettanto snervata.
Arrivato nel parcheggio riservato alla sua auto iniziò le manovre necessarie
"Guarda se preferisci posso dirti grazie, se vuoi. Non ci metto niente" rimbeccò, sarcastico "Grazie per avermi aperto gli occhi!"
Lo disse con un tono ironico, ma in fin dei conti non c'era poi tanto da ridere: se lei non fosse andata via, lui non si sarebbe mai reso conto che stava meglio senza di lei, che il loro matrimonio era finito da un pezzo ed era solo da ipocriti andare avanti.
La sua fredda ironia colpiva sempre la donna, che riusciva ad essere severa, ma mai cinica e distaccata come Alessandro ed interruppe la chiamata, imprecando nei confronti del marito.
"Sì sì chiudimi pure il telefono in faccia … questo è quello che succede quando non si hanno a-"
BOOM!
Nel bel mezzo della retromarcia, tra un'ingiuria e l'altra, Alex non si accorse, nonostante la telecamera posteriore e i sensori di parcheggio, di aver ecceduto con la velocità e di essersi avvicinato troppo all'auto parcheggiata nella piazzola posteriore, prendendola in pieno.
"Cazzo!"
Scese dall'auto per dare uno sguardo. La sua BMW tutto sommato se l'era cavata con la carrozzeria un po' rientrata e da riverniciare. L’altra auto, una Smart, aveva avuto la peggio: il muso era completamente accartocciato e il fanale destro a terra in mille pezzi. Era compatta e praticissima, perfetta per una città come Roma in costante surplus di auto rispetto ai parcheggi, ma - lo aveva sempre sostenuto - pericolosissima. La sua berlina non era un carrarmato eppure con un po' di velocità in più l'aveva distrutta.
Fece un attimo mente locale e si rese conto: era l’auto di Maya.
"Ma porca di quella puttana!"
Non sapeva nemmeno lui contro chi stava inveendo ma era una di quelle occasioni in cui il turpiloquio aiuta a sfogarsi. Il custode del parcheggio si avvicinò, avendo evidentemente sentito il botto.
"Ah dotto’?! E ch'è successo?"
"Niente niente"
"Devo chiamare sopra? Faccio scenne' la signorina Alberici?" domandò, notando che aveva preso in pieno l'auto di Maya.
Alex gli disse di non preoccuparsi, che avrebbe pensato a tutto lui: l'ultima cosa che voleva era avere un pubblico pagante ad assistere a quella colossale figura di merda che stava per fare con Maya. Fece un grosso respiro per darsi una calmata, prese la cartella dalla sua berlina e andò a prendere l'ascensore.
"Alice chiama questo numero e passamelo in ufficio per favore" disse, appena entrato in redazione, copiando su un post-it preso dalla consolle di Alice un numero che aveva sul suo telefono.
Neanche il tempo di un buongiorno da parte della receptionist e corse via. La ragazza si domandò perché non lo chiedesse a Maya, ma sapeva bene che, quando entrava così, era meglio porre meno domande possibili.
"Buongiorno Alex"
Maya, già operativa nella sua postazione, si alzò come d'abitudine per seguirlo nel suo ufficio e fare un rapido briefing prima di lasciarlo al suo caffè e ai suoi giornali. Lo aveva sentito arrivare non appena aveva girato l'angolo nel corridoio, la voce squillante di comandi, i suoi mocassini che picchiettavano più rumorosi del solito sul pavimento neanche fossero delle stiletto. Appena i loro sguardi si incrociarono, l'espressione dell'uomo cambiò immediatamente: da tesa e corrucciata a mortificata, tenera quasi.
"Vieni con me Maya, per cortesia" la invitò, garbato.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte, ma quel cambio repentino e il tono di voce la spaventarono. Per quanto entrambi si imponessero di mantenere le distanze e di restare formali, difficilmente ci riuscivano davvero, finivano sempre per essere molto easy: quella formalità, in quel momento, suonava come una nota stonata.
Arrivato alla scrivania, l'uomo scansò caffè e giornali: secondo cattivo anzi no, pessimo presagio. Non rifiutava mai il suo caffè. Maya fece per prendere la tazzina, ma Alessandro la fermò, pregandola di sedere.
"Che succede?"
La sua domanda fu interrotta dalla linea fissa che squillava.
"Sì? Sì, Alice passamelo … Franco?! Ciao sono Alessandro! Sì sì tutto bene grazie. Senti…" si fermò un attimo, prendendo un respiro per raccogliere le idee. Del resto Maya era di fronte a lui e non voleva allarmarla più di quanto necessario "c'è stato un piccolo sinistro nel parcheggio della redazione. Potete occuparvene voi? … Sì, Grattacielo Italia su piazza Marconi, EUR … Assolutamente sì! … Perfetto! Ci vediamo più tardi allora. Grazie ancora"
Maya rimase in ascolto, per cercare di capire cosa fosse successo. Aveva incidentato l'auto. Alex. Era salita in macchina con lui poche volte e una volta sola in moto, ma le sembrava un pilota provetto. Doveva essere in corso una congiunzione astrale particolarmente negativa.
"Un piccolo sinistro?!" gli domandò, vagamente sarcastica per cercare di stemperare la situazione.
Se lo conosceva anche solo un po' non era nero, di più, e difficilmente avrebbe pensato ad altro tutto il giorno.
"Senti … qui penso a tutto io, oggi non hai grandi appuntamenti e posso rivedere la tua agenda se hai bisogno di occuparti dell'auto"
"Ehm no, grazie"
Ecco, quella era una novità. Forse la sua vita privata sottosopra aveva rimesso diverse cose in prospettiva, anche la storica priorità per il suo parco auto.
"Non è per la mia auto"
"Ah no?!"
"No ... Dio Maya, sono mortificato!"
Se Maya non fosse stata seduta, in quel momento sarebbe crollata. Per un attimo, vide tutto nero. La prima cosa che ricordò dopo quel blackout repentino fu Alex di fianco a lei che le porgeva un bicchiere d'acqua e lei che lo scacciava.
"Maya non so come sia potuto succedere, quel parcheggio lo faccio a memoria, non uso neanche il parcheggiatore automatico!"
"... ECCHECCAZZO ALEX PEROOÒ!!"
Maya sbottò all'improvviso, spalancando le braccia, rendendosi solo in un secondo momento di star parlando con il suo capo e non con suo fratello. "Oddio scusa!" esclamò lei, la mano davanti alla bocca, imbarazzata da quell'uscita alquanto fuori luogo.
"Ma no hai ragione, figurati!" ridacchiò Alex, sollevato che Maya almeno stesse dando segnali di vita: era convinto, del resto, che alla notizia sarebbe svenuta "Mi merito anche di peggio! Comunque non ti preoccupare, ho chiamato un carrozziere di mia conoscenza. È il migliore e poi è di Testaccio … ce l'hai vicino casa"
"Grazie" Magra consolazione.
Maya non era affezionata alla sua auto, era solo un mezzo per spostarsi più velocemente e senza vincoli di orari in giro per la città, ma proprio per questo non poteva farne a meno. In più, dopo il trasloco e le spese per il mobilio, quella era l'ennesima tegola al suo conto in banca il cui rosso era da poco tornato ad assumere una colorazione più vicina al giallo.
Scesero nel garage per lasciare tutti i dati e le chiavi delle auto al soccorso stradale. Il titolare della ditta, con cui Alex aveva parlato al telefono, era andato di persona. Maya sapeva perfettamente quanto abile e versatile Alex fosse nel destreggiarsi con la gente, ma era sempre sbalorditiva per lei la sua capacità di essere a suo agio tanto un ricco imprenditore quanto un umile operaio.
"Io e Franco ci conosciamo da una vita" le disse l'uomo, notando il suo stupore "da ragazzo lavoricchiavo in officina con lui e suo padre per comprare il primo motorino"
Pur nella concitazione e nell'agitazione del momento, quel pensiero la rincuorò. Più lo conosceva e più si accorgeva di quanto normale e semplice fosse l'uomo dietro il professionista. Qualcuno avrebbe detto che aveva avuto solo fortuna, ma la fortuna ride agli audaci, a chi lavora sodo e per lui era stato esattamente così.
"È sempre stato un patito per i motori e la velocità" spiegò l'uomo, portando a fatica il braccio attorno alle spalle di Alex a causa della differenza di altezza, tirandogli una pacca leggera sul petto, caloroso "ma dimme 'n po' … a quant’annavi? Stai dentro a 'n parcheggio, mica a Vallelunga!"
"Lascia perde … avevo mia moglie al telefono"
Eccallà … chissà perché Maya aveva una pulce nell'orecchio che le diceva che c'entrava Claudia. Stronza. Strega. Malefica. Cessa. Se il suo cervello e il suo istinto l'avevano ribattezzata così, La Stronza - e il suo cervello e il suo istinto raramente sbagliavano - un motivo c'era. Chissà cosa gli aveva detto per renderlo nervoso a tal punto. Inoltre Maya non poteva fare a meno di notare che l'avesse chiamata moglie: forse era solo per abitudine, per tagliare corto di fronte ad un conoscente che non era aggiornato sulla sua storia familiare, ma lei che ne sapeva di più si stranì comunque.
"Eeeh io lo dico sempre. In auto accendi la radio e spegni socera e moje!!!" i due risero, complici.
Maya avrebbe avuto qualcosa da ridire a riguardo, ma finché si parlava della Stronza non avrebbe fatto obiezioni.
"Dò un'occhiata alle macchine in giornata" continuò il carrozziere "passate in officina questa sera e vi saprò dire di più"
"Qualche anticipazione sulla Smart?" domandò Maya, intimorita.
Non era il suo campo, ma si vedeva ad occhio nudo che la sua auto non era messa affatto bene.
"Non è tanto il lavoro in sé" disse l'uomo "è che devo vedere se ho i pezzi di ricambio o devo mandarli a prendere. Nun me piace sbilanciamme … comunque stasera ne parliamo co' calma, va bene?!"
Maya annuì, stringendo tra le mani, strette come la copertina di Linus, tutte le cose che aveva nel vano portaoggetti e aveva dovuto levare.
"Tutto ok?!" domandò premuroso Alex, mentre guardavano le auto che venivano portate via.
"Insomma … mi hai appena sfasciato l'auto!"
L'uomo si sentì osservato con una naturalezza che non percepiva da un po', come se l'incidente avesse esposto a tal punto Maya da far cadere ogni barriera emotiva che continuava ad imporsi. La sentiva più vicina e la cosa gli scaldò il cuore per un attimo.
"Naturalmente è tutto a mie spese … manco a dirlo!"
"Grazie … ma non è per quello, ci mancherebbe"
Era suo dovere, certo, visto che aveva causato l'incidente, ma era comunque un sollievo sapere che se ne sarebbe occupato lui.

Come volevasi dimostrare, l'auto di Maya sarebbe rimasta ferma per qualche giorno in carrozzeria. Avevano dovuto ordinare un fanale nuovo e poi andavano risistemati e riverniciati paraurti e cofano. L'auto di Alex, invece sarebbe stata pronta l'indomani, già ci stavano lavorando su. Ovviamente
"Non si possono accorciare i tempi per la Smart?" domandò Alex, insistente.
Si vedeva che era un uomo d'affari, nemmeno con un amico di gioventù riusciva a trattenersi. Chiusi nell'ufficio dell'officina, Maya se ne stava seduta alla scrivania, composta e attenta - più che altro perché non capiva niente di auto; Alessandro stava in piedi, con fare di chi sa il fatto suo e pretende che le cose siano fatte come vuole lui.
"Alessa', credimi, già così te sto a fa' un trattamento da amico, veramente!" scosse la testa l'uomo, mostrandogli sul computer l'ordine che aveva fatto del fanale da sostituire "appena m'arriva er pezzo te faccio l'auto, giuro, ma almeno 'na settimana me la devi da'"
"Almeno un'auto sostitutiva ce l'hai? La signorina ci lavora…"
"E che noi stiamo in vacanza qua?" rimbeccò l'uomo.
Maya rise di nascosto, torti non ne aveva.
"Aspetta che controllo … guarda, le nostre sono tutte fuori in questo momento, ma possiamo noleggiarne una"
"No, va bene così grazie" si affrettò a chiudere Maya.
"No no, la prendiamo, tutto a mie spese ovviamente"
"Ma non se ne parla nemmeno, già ti stai accollando tutto"
"L'assicurazione, non io …"
"Sì, va beh, ma non è quello che volevo dire. Hai già fatto tanto"
Anche solo averla accompagnata dal carrozziere in taxi, essere rimasto lì con lei a spiegarle come sarebbero intervenuti non era una cosa banale. Lei di auto non capiva nulla e al massimo poteva chiamare Ruggero - che forse ne capiva meno di lei - oppure il compagno di Olivia, ma non erano così in confidenza. Lui l'aveva fatto senza pensarci, non perché era Maya, per fare colpo o altro: semplicemente perché era la cosa giusta da fare. Ma non poteva negare che poterle essere d'aiuto e starle vicino gli desse una bella sensazione. Nonostante tutto, si sentiva di un umore migliore rispetto a quando era arrivato al lavoro quel mattino, con Claudia che rimbrottava nel vivavoce dell'auto.
Espletate tutte le pratiche burocratiche e presi tutti gli accordi con l'officina i due si avviarono a piedi verso il Lungotevere. Alex avrebbe riaccompagnato Maya a casa e il taxi che aveva chiamato lo avrebbe aspettato lì. Maya strinse più che poteva la cinta del suo cappotto a vestaglia color cammello, ma non sapeva dire se fosse d'improvviso calata la temperatura, oppure se l'impaccio di camminare al fianco di Alex le provocasse brividi lungo la schiena. Alex, dal canto suo, se ne stava tranquillo, le mani in tasca nella giacca invernale e guardava, alto e fiero, davanti a sé e tutto intorno: era da tanto che non gli capitava di passeggiare per quello che considerava ancora il suo quartiere e cercò di assorbire tutte le novità che captava, come un nuovo negozietto etnico o l'ennesimo bistrot bio-vegan.
"Mi dispiace per tutto questo casino, lo so che non è un buon momento per restare anche senz'auto."
"Tranquillo, ci sono cose peggiori, l'auto si riaggiusta … soprattutto se non pago io" ironizzò lei, facendogli l'occhiolino.
Lui la osservò per un istante, ricambiando il suo sorriso. Camminare vicini per strada era normale e strano allo stesso tempo, stavano bene l'uno affianco all'altro eppure si mantenevano a distanza di sicurezza, come se una scarica di corrente scorresse tra di loro, attraendoli e dando loro la scossa, tutto insieme. Dal compleanno di Maya le cose si era fatte più complicate eppure più semplici: implicitamente, senza dirlo ad alta voce, avevano ammesso che dal bacio non era cambiato niente, che quello che avevano provato quella sera - qualunque cosa fosse - era ancora lì, intatto, anche se entrambi erano ancora timorosi nel dimostrarlo; Maya, in particolare, non solo faticava ad ammetterlo, ancora, ma lottava con tutte le sue forze per scacciarlo.
"Adesso me lo dici cosa è successo?"
"Te l'ho già spiegato."
"Non voglio sapere come è successo, lo hai già ripetuto 3 volte: a me, al tizio dell'officina e all'impiegata dell'assicurazione"
"Stavo parlando al telefono con Claudia …" e dire che stavano parlando era essere generosi "… mio figlio ha ufficialmente deciso di cancellarmi, come si usa tra gli adolescenti oggi"
"Mi dispiace"
"Naaah, al massimo un paio di settimane e gli passa, anche se questa situazione è pesante alla lunga. Tutto per una cavolo di casa al mare"
Come quella volta al sushi bar, era un fiume in piena. Lei aveva semplicemente dovuto dargli il la, lui aveva fatto il resto. Come sempre, lei lo lasciò parlare, comprendendo che non era una normale conversazione, non le stava raccontando i fatti di casa sua: aveva solo bisogno di sfogarsi.
"E poi naturalmente c'è mia sorella" concluse "che invece di supportare me ha deciso di diventare improvvisamente amicona di mia moglie contro di me, loro che a mia memoria a malapena si parlavano quando c'era da fare qualche regalo nelle ricorrenze di famiglia"
"Posso dirlo?"
"Cosa?"
"Bella famiglia di me-" "-rda" concluse lui per lei "per fortuna non sono tutti così. È mia sorella che è sempre stata un po' invidiosa."
"Non potrei neanche immaginare di avere una sorella gelosa. Io e mia sorella siamo diversissime, questo sì, e ce le diciamo di santa ragione quando litighiamo, ma non oseremmo mai andare l'una contro l'altra. E lo stesso vale per mio fratello"
Lorenzo, suo fratello, non è molto legato alle sorella come Maya e Lavinia lo erano tra di loro, era andato via di casa e da Roma presto, ma non Maya non ce lo vedeva a fare una cosa simile.
"Sono contento per voi …" le disse, sorridendo malinconico.
Lui non era stato così fortunato, eppure non aveva mai fatto nulla contro sua sorella. A parte, forse, vivere la sua vita e la sua carriera senza intoppi. Forse questa battuta d'arresto nel privato era una rivincita per Anna che non aveva trovato la strada altrettanto spianata dal destino.
"Scusa, non avrei dovuto"
Lei e i suoi fratelli non avevano un rapporto così ideale come sembrava dal di fuori, e temeva di avergli sbattuto in faccia, vantandosi, qualcosa che lui non aveva, ma nemmeno lei.
"Cosa? Dirmi che hai un bel rapporto con i tuoi fratelli? E perché mai?!"
"E comunque non siamo la famiglia perfetta" chiarì Maya.
"Non credo ne esistano ed è giusto così"
Alex era una persona pratica. Non credeva nei rapporti - d'affetto, d'amicizia o d'amore non faceva differenza - eterni ed incondizionati ma nella capacità di sapersi adattare o meno ai cambiamenti dell'altro, e questa era un'abilità per pochi eletti, come i suoi genitori per esempio, soprattutto nel ventunesimo secolo. Ci si poteva innamorare, desiderare e avere bisogno di stare con una persona, ma non c'era niente di male ad avere una data di scadenza: non impedisce di vivere con intensità il rapporto e si chiude senza rancori. Per lui era molto meglio di relazioni o amicizie tossiche trascinate a forza e con sofferenza per tutti. Ed era per questo che disapprovava le tirate di Claudia, le scenate di suo figlio e le ripicche di Anna.
"Siamo arrivati" gli fece notare Maya, fermandosi davanti al cancello d'ingresso del suo palazzo "ti inviterei a prendere qualcosa da bere ma non ho nulla a parte l'acqua del rubinetto."
"Neanche un gingerino"
"Ebbene no…non ricevo più tante visite come ai Parioli, ma va bene così"
In verità, nemmeno ai Parioli riceveva poi così tante visite, ma le piaceva così tanto farlo credere agli altri che aveva finito per crederci lei stessa.
"Non ti preoccupare, tanto il mio taxi è arrivato" le disse, indicando un'auto bianca che si avvicinava. "Allora a domani …" "Ah…a proposito … passo a prenderti io. Non mi hai fatto noleggiare l'auto di cortesia ma permettimi di accompagnarti"
"Ma neanche per sogno! Sarei troppo d'incomodo"
Alex le ricordò che l'indomani sarebbe dovuto passare comunque a Testaccio per ritirare la sua auto dal carrozziere e che non era una così grande deviazione rispetto al tragitto abituale.
"Sul serio Alex, non posso accettare. Prendo la metro, è comodissima!"
"Maya Alberici che prende la metro. Perdonami ma non ti ci vedo proprio. Guarda che una promessa è una promessa … niente secondi fini"
L'aveva buttata lì con disinvoltura, come sapesse che Maya stava pensando proprio alla loro conversazione al rientro dalle ferie di Natale. Magari non c'erano secondi fini da parte sua, ma era comunque un modo per creare situazioni pericolose, ormai Maya conosceva abbastanza sé stessa ed Alex per non poterlo prevedere e prevenire. Quanto ad Alex, non poteva negare che si trattava di un'occasione ghiotta, ma conosceva bene i termini del loro accordo, per quanto le loro carte erano state scoperte di recente, e non lo avrebbe infranto, soprattutto perché - e su questo Maya aveva ragione, doveva lavorare ancora tanto su sé stesso.
Il taxi accostò sul ciglio della strada. Alex gli chiese di aspettare qualche secondo, facendo partire il tassametro.
"Pensaci, verresti insieme a me a lavoro…il che significa arrivare più tardi e andare via prima" ammiccò "per me ti conviene"
"Se la metti così però …"
Alex sorrise sornione, aprendo la portiera del taxi "Ci vediamo domani mattina alle 9. E vedi di farti trovare pronta … se non ci sei faccio come gli autobus, me ne vado"
"Se sei come gli autobus di Roma sono io a dovermi preoccupare. Di solito quelli neanche partono"


 

Nuovo venerdì, nuovo appuntamento. Tra capo e assistente le cose sembrano tornate normali, l'imbarazzo del post bacio svanito e persino quel compromesso - anche se viene tirato in ballo - sembra non avere poi più così valore. Adesso Alex la scorrazzerà anche in giro per Roma...direi che le premesse ci sono tutte per rovinare ogni buon proposito di rimanere ciascuno al proprio posto. Voi che ne dite?
Vorrei anche chiedere scusa a tutti i romani e le romane che stanno leggendo la storia per come sto storpiando il romanesco in queste pagine, spero vorrete perdonarmi. Un abbraccio e un grazie a tutti quelli che seguono e lasciano commenti (ma anche ai timidoni che la leggono solamente). Al prossimo appuntamento,
Fred ^_^
 
   
 
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