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Autore: lmpaoli94    19/11/2021    1 recensioni
Civitella Cesi, Viterbo
Nessuno sapeva suonare come lui.
La melodia che emanava in quel luogo risuonava in tutto il castello e in tutto il piccolo borgo di quel luogo dimenticato dal passato.
Ma il conservatorio, inaugurato all’interno del Castello del borgo, cercava di far riecheggiare quel passato tanto dimenticato ma che aveva un assoluto bisogno di ritornare alla luce grazie ad un piccolo gruppo di adolescenti passionevoli di musica che scopriranno la voglia di imparare l’arte delle melodie dimenticate e di una voglia di riscoprire l’amore senza dimenticarsi del loro percorso formativo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente il giorno tanto atteso di conoscere i miei nuovi compagni era arrivato.
Mi svegliai di buon mattina e prima che venissi svegliato dal bussare della mia camera, quel gentile signore tanto enigmatico quanto misterioso, mi disse subito se volevo raggiungerlo nel grande salone del castello dove alcuni ragazzi accompagnati dai loro stessi genitori, avrebbero ricominciato una nuova vita che li avrebbe cambiati per sempre.
Quei ragazzi erano i miei nuovi compagni e il loro destino si legava al mio.
Ma davvero sarebbe stato così grandioso e tutto bello come potevo immaginarmi?
Il sole irradiava quelle mura ma l’oscurità imperversava invisibile e in maniera subdola.


< Signor Tucci? > gli domandai mentre stavamo percorrendo una delle stanze che costeggiavano il salone principale < Lei che strumento insegna? >
< Qualsiasi strumento a corda, giovane ragazzo. >
< Ho notato con interesse e perplessità che lei sa il mio nome. Com’è possibile? >
< Credo che in questo momento sia presto risponderti a questo. Ma nel corso dei mesi ci conosceremo meglio e potremmo scambiarci nuove idee diverse. Tu sei un ragazzo molto intelligente, Alessandro. Lo già capito. >
Il suo sguardo compiaciuto misto alla sua sicurezza mi lasciavano ancora interdetto.
Io volevo sapere tutto di lui. Perché attendere oltre? Perché non mettere le cose in chiaro già adesso? Che cosa mi dovevo aspettare da lui? Brutte sorprese?
Miriadi di domande che affollavano la mia mente prima di incrociare il primo sguardo che mi avrebbe cambiato per sempre.


Una giovane ragazza dai capelli corvini e dallo sguardo penetrante, incrociò il mio mentre il Signor Tucci stava facendo gli onori di casa dando il benvenuto a tutti i presenti.
Io non ero tipo da smancerie del genere, troppi attratto da quello che sarebbe successo dopo.
E poi c’era quella ragazza che non mi mollava gli occhi di dosso.
“Che cosa vuoi da me?”
Che si aspettasse qualcosa? Un segno? Un gesto?
Appena però l’uomo si accorse della mia distrazione, mi diede una pacca sulla spalla dicendomi che ero stato il primo fortunato ad aver visto il castello.
In fondo non era vero perché stanco della giornata di ieri, avevo visto solo qualche corridoio e il mio letto.
nemmeno la mia camera, troppo stanco per vederla arredata.
Dico soltanto che non potevo scegliere posto migliore e il momento per scambiarci nuove amicizie sarebbe stato il primo pretesto per conoscere le nostre rispettive mosse.
I miei nuovi compagni sembravano davvero agguerriti dal primo impatto, ma più su tutti era quella misteriosa ragazza che aveva l’aria da saputella.
Il Signor Tucci non riusciva nemmeno a continuare a parlare perché la ragazza non faceva altro che fargli un sacco di domande idiote come ad esempio con chi sarebbe stata in camera e se avesse avuto sennò una camera singola.
“ma sei venuta a dormire o sei qui per imparare, stupida?”
Avrei anche immaginato che prima o poi avrebbe messo di mezzo me perché giuro, non la smettevo di guardare.


Appena il Signor Tucci smise di parlare e ci stavamo preparando a fare colazione tutti assieme, quella ragazza dai capelli corvini si avvicinò a me con fare minaccioso e impertinente.
< Guarda che ho subito capito che cosa vuoi da me. >
< In che senso, scusa? >
< Non riesci a mollarmi gli occhi di dosso. Sono bella, vero? >
“Veramente… non è questo. Ma capisco molto da uno sguardo e so bene che mi darai un sacco di problemi, ragazzina.”
Parlavo come un ragazzo adulto e questo mi faceva sentire diverso dagli altri.
Sarei stato una guida per i miei compagni? O solo un totale problema?
Mi piaceva essere al centro dell’attenzione, ma sapevo anche che non era questo il posto adatto.
Dovevo solo impegnarmi. Nient’altro.
< Io non sono qui per futili motivi > replicai seccato < Io sono qui per imparare e mostrare il mio talento. Non ho bisogno di sentire queste sciocchezze. >
< Come ti permetti, scusa? Io non ti conosco nemmeno. >
< Mi chiamo Alessandro. Ti basta sapere questo. >
< Hai intenzione di fare l’asociale, Alessandro? Guarda che tutta questa gente è amica mia. Quindi se voglio, posso farti fuori molto prima che tu te ne accorga. >
< Fai pure quello che credi. Tanto mica mi fai paura. >
< Mi dai sui nervi, sai? >
< Sei tu che hai cominciato, ragazzina. >
< Preferisco essere chiamata Beatrice. È questo il mio nome. >
< Beatrice? La puttana di Dante. Buono a sapersi. >
< Che cosaaa?! >
Non so perché mi venne da dire quelle parole, ma sortirono fuori dalla mia bocca in maniera innaturale, quasi spontanea.
Mi stavo divertendo un mondo ad offenderla, perché è questo quello che Beatrice si meritava.
Il mio subconscio non si era mai sentito bene così prima d’ora e l’idea di finire nei guai era talmente remota che non ci pensavo nemmeno.
< Se osi ancora offendermi… >
< Andiamo Beatrice, hai parlato fin troppo. Mi puoi lasciare in pace? >
< Che succede qui? Sento aria di discussione > ci interruppe il Signor Tucci < Alessandro, non dirmi che stai importunando questa signorina. >
“Ebbene sì, sto dando il peggio di me. Che ragazzo pestifero che sono.”
< Non sta succedendo niente, professore. Questa ragazzina se ne stava andando. >
< Professore, non so con quali criteri avete scelto i miei nuovi compagni, ma esigo che mi si porti rispetto, altrimenti darò problemi a molte persone. >
Lo sguardo dell’uomo faceva presupporre che non avesse nessuna voglia di ricevere delle noie dai suoi alunni, soprattutto da una ragazza viziata come Beatrice.
“In fondo avevo ragione: è puttanella più del solito. Anche se ho sedici anni, ne ho viste di ragazzine come lei. Tirarsela non serve sempre nella vita. E presto o tardi lo capiranno. Spero per loro presto.”


Ritirandomi nella mia stanza dopo un’abbondante colazione, il Signor Tucci mi fermò dopo il salone principale domandandomi che cosa avessi intenzione di fare.
< Non capisco, professore. Che cosa vuole dirmi? >
< Se sei venuto qui per i tuoi fuochi d’amore pieni di gelosie, ti confesso che non è questo il posto per te. >
“Amore? Invidie? Ma professore, si è fumato le canne o cosa?”
< Ma io non la conosco nemmeno quella sciocca ragazzina.  >
< Eppure durante il mio discorso non facevi altro che fissarla. >
< La stavo solo psicanalizzando, cercando di capire con che razza di persona avrei avuto a che fare in questo periodo. >
< Da come mi stai parlando, sei un ragazzo da tenere d’occhio. >
< Usi pure la parola “malato”. Tanto non mi offendo. >
Ebbene sì, non mento quando dico che sono diverso da tutti i ragazzi della mia generazione.
Io non sono il tipo fatto di social oppure uno stupido nerd.
certo, mi piace molto rimanere a casa ma cercando di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno.
Ed è per questo che non faccio altro che leggere libri di cultura: dalla storia fino alla moda del mio tempo.
Per non dimenticare la musica, la mia unica anima gemella.
Ero a Civitella Cesi per migliorarmi.
E quale posto adatto lontano dalle distrazioni della civiltà che un borgo sperduto nel mondo?
Secondo il mio punto di vista, molti dei miei compagni sarebbero impazziti da qui a poco.
Dovevo solo attendere il momento giusto prima di perdermi nei miei pensieri senza che me ne potessi accorgere.


< Alessandro? Sto parlando con te. >
“Ecco, appunto.”
< Mi scusi professore, ma parlare di quella ragazza mi destabilizza alquanto.
< Dovrai imparare a conviverci. Lo sai questo? >
< Cercherò di fare del mio meglio > risposi con una faccia scocciata e schifata.
< Gli altri professori ti stanno attendendo nella sala dei violini. A te ti piace molto suonarlo, non è così? Magari potrai dare sfogo al tuo talento facendoti intravedere dai tuoi compagni. Che ne dici? >
< Non ho bisogno di farlo grazie a lei > mormorai in maniera seria . Quando arriverà il mio momento di mostrare il mio talento, sarà il primo a saperlo. >
< Bene. Accadrà proprio ora, tra cinque minuti. >
< Professore, non scherzi. >
< Perché scusa? Hai forse paura di fare una bella figura? Oppure una pessima figura. A seconda di come suonerai quelle note sul tuo strumento. >
< Paura io? Lei professore sta scherzando con il fuoco. >
< E tu stai continuando a contraddirmi, Alessandro > rispose seccamente il Signor Tucci > E questa cosa non mi piace per niente. >
Mi sarei dovuto mettere in mostra, già il primo giorno.
Non sapevo se era davvero una buona idea, ma in fondo non potevo cercare di toccare il cielo con un dito per poi sprofondare.
Secondo me potevo davvero andare a genio al professore, ma non sarebbe stato quello il momento per farglielo notare.
Ogni cosa a suo tempo. Sempre.
   
 
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