Solitudine (ricordo e dimenticanza)

Ariel la prende in braccio e la stringe al petto, ma Melody non smette di piangere. Paonazza, agita le mani e le gambe, si divincola dalla sua stretta. Ariel la stringe più forte e le posa un bacio sulla fronte sudata, mentre il suo pianto silenzioso si unisce a quello assordante della figlia.

La balia guarda costernata la scena, le braccia protese in un inutile gesto d'aiuto che non verrà accolto. S'è impuntata di fare da sola, Ariel, perché come può essere una buona madre se non riesce a calmare la bambina che piange?

(A volte si chiede come fa ad essere una buona madre se una madre non ricorda d'averla mai avuta, se una donna che aveva capelli meno brillanti dei suoi, ma più rossi di quelli di Atina, le ha lasciato solo il ricordo a metà di una melodia che ha ricomposto con l'aiuto delle sue sorelle.

A volte si chiede se non sia già sbagliata in partenza).

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Sono passate due settimane e già le sembra che una parte vitale di lei le sia stata strappata. Le mura non chiudono tutto il mare, l'acqua e la spuma arrivano alla riva, ma lei vi volta le spalle. Sa che, se iniziasse, non smetterebbe più, che se assaporasse il mare sulla pelle e si ritrovasse con la salsedine nelle narici e in fondo alla gola, non saprebbe più lasciarlo andare.

(Il mare ha una canzone particolare. È fatta dalle onde che si infrangono contro gli scogli e carezzano dolcemente la spiaggia, dalla marea che arriva e si ritira da-)

-l'onda va su e giù, sotto un cielo che è tutto blu,

ma Ariel scuote la testa e si concentra su Melody che le tira i capelli e grida invece di dormire.

Fuori dalla finestra il vento inizia a soffiare e le onde si innalzano appena. Si preannuncia tempesta, con enormi gocce di pioggia ad aggiungersi alla sinfonia.

Ariel trema e pensa al mare, lo vede come lo ha visto tante volte, furioso e furibondo, seduta su uno scoglio, con Flounder a ridere con lei e Sebastian a sgridarla perché ogni minuto che passava era un minuto in più che l'ira di suo padre aveva per aumentare.

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Si avvicina alla finestra e posa una mano su un vetro. La apre di colpo, una raffica d'aria scuote le tende e fa ruotare le gonne e spaventare la balia, testimone non vista e sempre più costernata.

Le urla di Melody fanno a gara col vento e la pioggia cade e Ariel ricorda cosa vuol dire sentirla vibrare sulla pelle e sul mare.

"Guarda" mormora esausta tra i capelli della bambina. "Guarda, Melody" e Melody guarda la sua prima tempesta, con occhi sgranati e rossi e umidi di pianto.

(Ariel pensa che non è così che fa una buona madre, perché l'oceano è il pericolo e la trappola e la bambina non dovrà mai sapere, quindi perché incoraggiarla?)

(Perché è piccola, ancora, e non lo ricorderà mai e lo sa bene Ariel, che era molto più grande quando sono arrivati i pirati e sua madre è morta per salvare il simbolo del suo matrimonio).

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L'onda va su e giù, canta Ariel, perché la figlia non lo ricorderà e, se anche lo farà, ormai il danno è fatto ugualmente, sotto un cielo che è tutto blu.

Melody tiene un pugno chiuso attorno ai suoi capelli e gli occhi, che iniziano a chiudersi, puntati verso il mare.

Del grande oceano, capirai, che scorre lento nel suo movimento, ed è come tornare a casa, per un momento, tra le braccia di una donna che è una sagoma sfocata di rosso e di verde e di luce e calore e di sorriso - lo ricorda bene il suo sorriso, che vedeva al risveglio ogni mattina-, è il rondò di quel viavai.