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Autore: Quasar93    19/11/2021    0 recensioni
Sono passati diversi anni da quando la guerra contro Utsuro è finita e tutti sono andati avanti con le loro vite. Nella vita di Kagura sta per succedere qualcosa che la porta a scappare e nascondersi nel suo vecchio armadio alla Yorozuya.
[OkiKagu, GinHiji freeform]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Gintoki Sakata, Kagura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gintoki si stava pigramente rigirando su uno dei divani blu del suo ufficio quando un frastuono assordante lo fece sobbalzare. Non sapeva dire di preciso cosa stesse succedendo, non c’era tanto rumore in casa sua da… Bhè, in realtà c’era spesso e per svariati motivi tanto rumore in casa sua. Ma mai senza che ne sapesse almeno vagamente la causa.
Sentì la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi velocemente e con violenza e poi un tonfo, passi concitati e infine un’altra porta aprirsi e sbattersi.
Si alzò a sedere, più confuso che infastidito, indeciso se andare a controllare o lasciar vincere la pigrizia e tornare a pisolare. Sava per ignorare la cosa e ributtarsi sul divano quando un altro tonfo sordo lo convinse ad alzarsi.
Chi poteva mai essere?
Shinpachi sarebbe arrivato per un lavoro solo nel pomeriggio, e comunque non avrebbe mai fatto tutta quella confusione. La vecchia ormai era davvero troppo vecchia per invadergli la casa a quel modo e la gattaccia ladra sarebbe entrata urlando. Inoltre non aveva in programma di incontrare i suoi amici a breve: nonostante Takasugi fosse tornato alla sua vera età da un po’ era comunque difficile che tutti e quattro fossero sulla terra nello stesso momento.
Rimaneva solo…
Mentre pensava Gintoki aveva raggiunto l’armadio dove dormiva Kagura quando abitava da lui, almeno finché non era diventata troppo alta per entrarci e avevano riadattato una delle stanze. Un sorriso caldo e dolce gli si aprì sul viso dove qualche ruga d’espressione aveva già iniziato a fare capolino. Dalla porta dell’armadio infatti sporgeva una lunga ciocca di capelli arancioni e un pezzettino di vestito rosso.
“Kagura-cha… Kagura, cosa ci fai qui?” le disse allegro, quasi prendendola in giro, mentre tirava piano quella ciocca ribelle, che fu subito ritirata nell’armadio.
“Niente. Io non ci sono mica. Non sono nell’armadio, vai via Gin-chan” brontolò la ragazza.
“Ok, allora immagino che non ti interessi se ora me ne vado di là o esco di casa no?” ghignò Gintoki, tirando questa volta il pezzo di stoffa, che venne ritirato dentro a sua volta.
“…”
“Kagura…”
“Kagura-chan, stupido di un Gin-chan, mi devi chiamare Kagura-chan!”
“Era principalmente Pattsan a chiamarti così no? E poi ormai hai 24 anni! E io sono un vecchio Kagura, ne ho quasi 40. Cosa penserebbe la gente? Vuoi forse che il povero Gin-san venga considerato un pervertito? C’è già un personaggio col complesso di lolita in quest’anime!”
In tutta risposta sentì Kagura iniziare a singhiozzare dall’interno dell’armadio. Tentò quindi di aprirlo, ma non ci riuscì. Una yato bloccava quella porta, sarebbe stato più semplice convincere Zura ad arruolarsi nella Shinsengumi piuttosto che aprirla contro la sua volontà.
“Kagura… Kagura-chan. Cosa c’è? Perché non vieni qui fuori e me lo dici? Oggi non dovresti neanche essere qui, domani…”
Stava per continuare la frase quando la ragazza spalancò la porta dell’armadio e gli chiuse la bocca con entrambe le mani.
“non dirlo Gin-chan, non dirlo, non dirlooo”
Se una Kagura di 14 anni occupava tranquillamente la stanzaarmadio lo stesso non si poteva dire della Kagura di 24 anni. Con l’incredibile crescita in altezza che aveva fatto ora ci entrava a malapena e l’ammaccatura sul ripiano superiore era un chiaro segno che il tonfo di prima era stata la sua testa che si abbatteva senza pietà sulla povera mensola. L’immagine di per sé era abbastanza comica: Kagura era raggomitolata su sé stessa pur di entrare in quell’armadio, aveva ancora in bocca un pezzo di alga sottaceto e aveva gli occhi lucidi mentre teneva chiusa la bocca di Gintoki con le braccia protese verso l’esterno. Peccato che il tuttofare non potesse apprezzare il momento, preso com’era dal non soffocare nella presa della ragazza. Quando ormai era dello stesso blu dei divani Kagura si accorse di starlo stringendo troppo e lo lasciò andare.
“sei diventato debole Gin-chan!” lo sgridò, ma il tono le uscì meno convincente di quanto avrebbe voluto.
“Accetterò le tue scuse quando vuoi, mocciosa”
“Non sono una mocciosa! Domani io…” si interruppe e chiuse di nuovo l’armadio, sbattendo la porta che per bontà dei kami resse il colpo e non si frantumò in mille pezzi.
“Kagura, è per questo che sei qui? Hai paura di…” stava per completare la frase ma, temendo di soffocare nuovamente, cambiò rotta in dirittura d’arrivo “…di quello che accadrà domani?”
Nessuna risposta.
“Kagura”
“Sto annuendo, sto annuendo! Non lo vedi, stupido uomo con la permanente”
“Ma se sei dentro l’armadio! Come faccio a vedere!”
Ci fu un altro silenzio, che trasudava imbarazzo.
“…sì” disse dopo un po’ la ragazza, la vergogna percepibile anche in quel modo.
“Ci hai ripensato? Quel sadico ti ha fatto qualcosa di male?” chiese allora Gintoki, appoggiando una mano sull’armadio, più o meno dove pensava fosse quella della sua figlia adottiva, aggrottando le sopracciglia all’idea che Sogo avesse toccato la sua bambina.
“No non è quello, stupido. Io non prendo decisioni sbagliate, se ho deciso ho deciso. E quel Chihuahua deve vivere altri mille anni prima di riuscire a farmi del male”
“E allora cos’è?”
“non voglio dirtelo, mi vergogno”
“E proprio perché non vuoi dirmelo sei arrivata come un tornado a distruggere la casa del povero Gin-san?”
Dall’armadio non arrivò nessuna risposta.
Gintoki allora si lasciò scivolare con la schiena contro l’altra anta scorrevole e si sedette a terra.
“Va bene, allora io intanto mi siedo qui ok?”
Passarono circa dieci minuti e poi, finalmente, la porta scorrevole dell’armadio slittò leggera di lato e Kagura scivolò fuori con inaspettata grazia, sedendosi di fianco a Gintoki.
“Ciao” gli disse, tirandosi le ginocchia al petto e nascondendoci dentro la sua testa di capelli rossi lunghissimi.
“Ciao” le rispose Gintoki, assestandole un buffetto sulla tempia.
“Oggi sono in ferie giusto?”
“Già”
“E anche domani?”
“Siì, sì, direi di sì”
“E poi se partiremo, sarò di nuovo in ferie no?”
“Kagura…”
“E quindi poi magari vorrai trovare un’altra tuttofare, più giovane, che non va in ferie che non si…” si fermò di colpo, nonostante stesse parlando concitatamente “…che domani non si sposa”
“Ohi ohi era questo che ti preoccupava?” rise rilassato Gintoki, scaccolandosi e spiaccicando una caccola su Kagura, come ai vecchi tempi.
“Se non mi sono liberato di una mocciosa yato scroccona, che mangiava quanto un reggimento di soldati, volgare, rozza, lontana dal concetto di femminilità come Hasegawa da un lavoro a tempo indeterminato, la prima eroina di Jump a vomitar-“
Un pugno sicuramente volgare, sicuramente yato ma decisamente femminile colpì Gintoki in pieno viso.
“Hai sottolineato a sufficienza il concetto Gin-chan” sbuffò, mentre il ragazzo si massaggiava la guancia colpita, ridendo.
“…Di certo non ti manderò via solo perché ti sposi”
“E se ci vedremo di meno?”
“E te lo poni adesso il problema? Saranno più di due anni che non vivi più con Gin-san”
“Si ma non è uguale”
“E’ esattamente uguale, stupida”
“Non è uguale, idiota”
“Certo che lo è, mocciosa viziata”
“Ma proprio per niente, stupido uomo coi capelli mossi naturali!”
Stavano iniziando ad alzare i toni e a mettersi le mani addosso e, come sempre, Gintoki stava avendo la peggio. Poi, all’improvviso, la presa di strangolamento che Kagura gli stava facendo si alleggerì, le braccia scivolarono dal collo al busto di Gintoki e la posizione iniziò ad assomigliare sempre di più ad un abbraccio.
“Non voglio perdere te e Shinpachi” mugugnò piano Kagura, assicurandosi che il suo viso fosse ben nascosto nel petto dell’altro e sotto i suoi lunghi capelli.
Gintoki le accarezzò la testa, stringendola a sé con l’altro braccio.
“Noi siamo i tuttofare, Kagura-chan. Non sarà certo una stupida cerimonia a separarci. Non importa dove dormirai, con chi mangerai, dove sarai. Qui, quando verrai alla Yorozuya, ci troverai sempre. Siamo la tua famiglia terrestre, non devi mai dimenticarlo”
Gintoki sorrise, sentendo che Kagura lo abbracciava più forte. Forse un pochino troppo forte.
“yato! Forza yato! Forza yato sulle costole di Gin-san!” gridò a un certo punto ma lei sembrò non sentirlo nemmeno.
Ah, quanto è dura essere padre!
Pensò, mentre una punta di malinconia lo intristì un pochino.
Kagura era grande, non dormiva più nell’armadio, non viveva più con lui e gli mancava terribilmente nonostante si vedessero spesso per i lavori dell’agenzia.
E ora si sposava e lei, lei, aveva paura che Gintoki la lasciasse indietro.
Era vero, qualcuno in quel momento aveva molta paura di quella stupida cerimonia ma non era certo la ragazza yato che lo stava stringendo in quel momento la più spaventata dei due.
 
  
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