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Autore: Ghost Writer TNCS    20/11/2021    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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3. Bakhmiŝ

All’alba il villaggio di Bakhmiŝ diventava subito molto movimentato. Gli allevatori andavano dalle loro greggi per mungere il bestiame e portarlo a pascolare, i raccoglitori uscivano per cercare risorse utili, i cuochi preparavano il cibo da vendere nel corso della giornata, gli artigiani aprivano le botteghe e gli schiavisti svegliavano le persone di loro proprietà per metterle al lavoro, soprattutto nei campi coltivati.

Una campana interruppe la routine quotidiana, avvisando gli abitanti di una minaccia in arrivo. Subito si diffuse il panico: stavano arrivando i predoni? I guerrieri sarebbero riusciti a proteggerli, o sarebbero stati razziati di nuovo di merci, bestiame e persone?

Mentre gli uomini andavano a prendere le loro armi, tutte molto rudimentali, un’ombra sfrecciò sopra il villaggio: un drago. Ma cosa ci faceva lì un drago? Era selvatico o apparteneva a un inquisitore?

«Vedo un cavaliere!» gridò una delle vedette. «È un inquisitore!»

Gli inquisitori erano gli unici che potevano cavalcare una di quelle possenti creature, quindi non poteva che trattarsi di un guerriero del Clero. Ma cosa ci faceva lì un inquisitore?

«Ordogue!» gridò un’altra sentinella. «Arrivano dal fiume!»

Il branco di mastini attraversò a nuoto il corso d’acqua e poi corse verso l’ingresso del villaggio, ignorando completamente le greggi. Alcuni pastori erano rimasti a proteggere i loro animali, ma questo non aveva mai fermato gli ordogue.

Gli uomini del villaggio si erano già radunati davanti all’ingresso principale quando il drago atterrò davanti a loro, subito circondato dagli ordogue. Dal rettile scesero due orchi: un giovane pallido e una donna anziana dalla carnagione marrone.

«Fermi dove siete, stranieri!» intimò uno degli orchi del villaggio, un verde particolarmente alto e muscoloso, forse il capovillaggio.

Gli ordogue avvertirono la minaccia e cominciarono a ringhiare e abbaiare minacciosi, ma ad Havard bastò un cenno della mano per zittirli.

«Sono Havard, figlio di Hel» si presentò. «Sono venuto per portare prosperità e progresso in quest’era di paura e immobilità. Unitevi a me, e non dovrete più temere i predoni. Unitevi al mio regno, e il vostro impegno e i vostri talenti saranno generosamente premiati.»

«Non prenderemo ordini da uno schifoso pallido!» lo insultò il capovillaggio. «Tu e quella vecchia sarete i miei nuovi schiavi!» Puntò verso di loro la sua imponente ascia da guerra. «Uomini, prendeteli!»

Gli ordogue abbaiarono di nuovo e il drago di foresta scoprì le zanne in un profondo ringhio di minaccia, riuscendo a far esitare gli orchi.

«Vermi codardi! Vi farò vedere come si fa!»

Il possente orco verde partì alla carica, ma Havard non ne fu intimorito e ordinò ai suoi animali di attendere. Avanzò a sua volta, lo sguardo inflessibile. Il capovillaggio sollevò l’ascia e il figlio di Hel rispose con il suo bastone d’ossa. Tutti erano sicuri che l’arma del verde avrebbe fatto a pezzi quella dell’invasore, invece il capovillaggio rimase immobile, come paralizzato. Il suo corpo muscoloso tremava, incapace di muoversi.

«Credi forse che il colore della nostra pelle influisca sulle nostre anime?» lo redarguì il pallido. «Credi che farà differenza quando arriverai nell’oltretomba? Il mio oltretomba!»

Sollevò la mano sinistra e strinse leggermente le dita, come per afferrare qualcosa di invisibile. Tirò leggermente verso di sé e subito il capovillaggio perse la presa sulla sua ascia. La pesante arma sbatté sul terreno con un tonfo metallico e lui stesso cadde in ginocchio, gli occhi sempre più vacui.

Gli altri orchi erano spaventati, non capivano cosa stesse succedendo. Solo Nambera riusciva a vedere distintamente l’anima del loro leader che stava per venire strappata via dal corpo. Se Havard avesse continuato, il capovillaggio sarebbe morto. In quanto devota a Hel, l’anziana non tollerava gli omicidi, soprattutto quelli perpetrati per futili motivi, ma non intendeva fermare il suo protetto.

Il pallido lasciò finalmente la presa e fu come se il capovillaggio tornasse improvvisamente a respirare. I suoi occhi tornarono coscienti, tossì e dovette poggiare le grandi mani a terra per non cadere.

«Tu…! Che cosa… mi hai fatto…?»

«Te l’ho detto. Sono il figlio di Hel. Sono un dio della morte, e questo è solo un assaggio di quello che farò ai miei nemici. A coloro che attaccheranno il mio regno e minacceranno i miei sudditi.»

Questa volta l’orco verde non osò ribattere. Anche gli altri abitanti del villaggio sembravano troppo spaventati per aprire bocca.

Tutti tranne uno.

«Eretico!» tuonò un’orchessa dalla carnagione verde scuro. «Essere blasfemo, come osi definirti un dio! La magia è riservata ai veri dei e a noi chierici, che li serviamo umilmente! Pagherai con la vita per i tuoi crimini! Uccidetelo!»

Havard sollevò il bastone e lo batté con forza sul terreno. Un’onda spirituale partì dal punto dell’imbatto, immobilizzando gli orchi prima ancora che potessero fare un passo.

«Ti riferisci a quegli stessi dei che hanno lasciato morire mia madre?!» la accusò il pallido. «A quegli stronzi egoisti che pensano solo al loro tornaconto?! Per gli dei voi non siete altro che bestiame, degli esseri inferiori che esistono solo per venerarli. È colpa degli dei se i vostri figli non potranno mai aspirare a un futuro migliore! Gli dei vi vogliono tenere nell’ignoranza, così che sia più facile manipolarvi!»

Forse era per via dell’energia mentale sprigionata attraverso il bastone, o forse per via del discorso, fatto sta che la chierica non seppe come ribattere.

«Nel mio regno non avrete bisogno degli dei, perché sarete voi a decidere il vostro destino! Sarete voi che costruirete i vostri successi, voi coronerete le vostre ambizioni! Seguitemi, e sarete testimoni dell’inizio di una nuova era di ricchezza e prosperità per tutti. No: ne sarete gli artefici! E in quanto tali, ne trarrete tutti i benefici!»

Un brusio cominciò a diffondersi tra i presenti: non si fidavano ancora di lui – era evidente dai loro sguardi – tuttavia stavano cominciando a considerare la sua proposta. Per la società degli orchi la forza del leader era un requisito fondamentale – sia per mantenere l’ordine interno che per respingere gli attacchi esterni – e lui aveva dimostrato di essere un guerriero estremamente temibile.

«Tu sei il capovillaggio, dico bene?»

Il possente orco verde raccolse la sua ascia e si alzò. «Sono il più forte e possiedo più di due terzi degli schiavi del villaggio. È naturale che sia io.»

«Bene, ma dovrai trovarti un nuovo lavoro. Non ci sarà schiavitù nel mio regno.»

L’altro digrignò i denti. «Cosa?!»

«Ma non preoccuparti, se resti al mio fianco, diventerai più ricco e potente di quanto tu possa anche solo immaginare. E ora mi farai l’onore di scortarmi all’interno del villaggio. Desidero parlare con i rappresentanti di tutte le vostre attività. E assicurati che ci sia anche un rappresentante degli schiavi.»

L’uomo grugnì, incerto. «Fatelo passare!» ordinò dopo qualche istante.

Gli altri orchi si scambiarono degli sguardi increduli.

«Ho detto, fatelo passare!» tuonò il verde, e questa volta tutti reagirono immediatamente.

«Fermi! Non vi permetterò di far entrare quell’eretico nel villaggio!» esclamò la chierica. «Vi ordino di fermarlo, in nome di Mbaba Mwana Waresa[6]

Havard le puntò contro il suo bastone d’ossa. «Comprendo la tua diffidenza, ma non lascerò che la tua testardaggine blocchi il progresso in questo villaggio. Fatti da parte, o ti farò spostare io.»

«Io rispondo solo alla divina Mbaba Mwana Waresa! Se vuoi farmi tacere, dovrai uccidermi!»

Il figlio di Hel non se lo fece ripetere. La colpì con forza col suo bastone, abbastanza da farla cadere a terra. Nonostante la botta, la religiosa era ancora cosciente, così il pallido la stordì con un incantesimo.

«Nel mio regno do grande valore alla libertà e alla giustizia, quindi non intendo uccidere questa chierica. Rinchiudetela da qualche parte. Se cambierà idea, sarà sempre la benvenuta.»

Gli altri orchi esitarono, troppo intimoriti da un’eventuale punizione divina se avessero imprigionato una chierica. Ma avevano anche paura che Havard potesse ucciderli sul posto se non ubbidivano.

Alla fine fu il capovillaggio che, con un grugnito, convinse gli altri abitanti a fare come richiesto dal figlio di Hel.

L’incontro con i rappresentanti non fu molto diverso. Alcuni stavano cominciando a considerare le sue proposte di modernizzazione, ma lo scetticismo era ancora il sentimento prevalente e nessuno di loro voleva rischiare di inimicarsi gli dei.

“Siamo orchi, siamo fatti per la terra, è da pazzi voler navigare un fiume!”, “Gli schiavi sono tali perché sono deboli, servire il più forte è il loro ruolo naturale!”, “Non mangeremo quelle radici viola, meglio morire di fame!”. Queste erano solo alcune delle argomentazioni che Havard si vide rivolgere, ma sapeva fin dal principio che ci sarebbe voluto del tempo affinché gli abitanti del villaggio comprendessero l’utilità della sua guida. Ma una volta visti i risultati, si sarebbero dovuti ricredere, e a quel punto non sarebbero più tornati indietro.

La riunione si protrasse per quasi tutta la giornata. Era ormai tardo pomeriggio quando Havard e gli altri lasciarono la casupola dove si erano riuniti, ma in quel tempo l’orco pallido era riuscito a convincere alcuni dei presenti a provare alcune delle sue idee.

Gli altri si erano già allontanati quando il rappresentante degli schiavi lo avvicinò. Aveva la carnagione verde chiaro e numerose cicatrici, difficile dire quali dovute ai suoi padroni e quali rimediate in battaglia. Gli mancava la mano destra, forse persa insieme alla libertà durante uno scontro, e sembrava piuttosto denutrito, tuttavia non si era ancora arreso del tutto all’idea di diventare uno schiavo. E questo lo rendeva un ottimo alleato per Havard.

«Grazie per averci liberato. Potrò anche aver perso una mano, ma sappi che farò tutto il necessario per aiutarti.»

«La schiavitù serve solo ad alimentare rancori e disparità. Al mio regno non servono pochi ricchi prepotenti che dominano tutti gli altri.»

L’ex schiavo sembrava molto colpito dalle sue parole, ma il suo sguardo rivelava anche altro.

«C’è qualcosa di cui mi vorresti parlare.» Quella di Havard non era una domanda.

«Ecco, in effetti sì. C’è… qualcosa nel dormitorio del mio padrone. Ex padrone. Arriva di notte e attacca gli schiavi, soprattutto le donne. Ha già ucciso quattro schiave. Pensavamo fosse il padrone o uno dei suoi guardiani, ma quelli che l’hanno visto dicono che sia un fantasma. Il mio ex padrone ovviamente non ci crede. Di recente questo… fantasma ha anche ferito un guardiano, e il nostro ex padrone se l’è presa con noi. Non è che potresti fare qualcosa?»

«Un fantasma?»

«Non mi credi?»

«Ti credo, amico mio. E se davvero c’è un fantasma, hai la mia parola che lo eliminerò. Chi era il tuo padrone?»

L’ex schiavo esitò un attimo. «Il capovillaggio. Crediamo che il fantasma sia il suo defunto padre.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Finalmente Havard ha cominciato il suo piano di conquista, che per il momento è stato relativamente pacifico. Certo, ha dovuto dare prova della sua forza per riuscire a farsi rispettare, ma in ogni caso ha preso il controllo del villaggio senza uccidere nessuno (da bravo dio della morte XD).

Questo però è solo l’inizio, e il figlio di Hel ha ancora moltissimo lavoro davanti a sé, a partire da mantenere il controllo del villaggio e la promessa di libertà fatta agli schiavi. Prima però c’è un’altra faccenda che reclama la sua attenzione: il fantasma del capovillaggio. E chi meglio di lui per affrontare lo spirito di un defunto? Esorcizzandolo potrebbe anche guadagnare ulteriore prestigio nel villaggio. Ma andrà tutto così liscio?

Per scoprirlo non vi resta che aspettare il primo weekend di dicembre per il prossimo capitolo ;)

A presto ^.^


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[6] Dea zulu della fertilità, dell’agricoltura e degli arcobaleni.

   
 
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