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Autore: GladiaDelmarre    20/11/2021    9 recensioni
L’idea di partecipare a un banchetto di quel genere era piuttosto sovversiva, Aziraphale se ne rendeva conto; ma era proprio quella la sostanza della festività.
Il cambiamento, il rovesciamento sociale, trasformarsi nel contrario di quello che si era sempre stati.
...E dopo oltre 4000 anni sulla terra, Aziraphale pensava di meritare una sorta di vacanza.
- dopo mesi torno con una nuova storia... enjoy
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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L’idea di partecipare a un banchetto di quel genere era piuttosto sovversiva, Aziraphale se ne rendeva conto; ma era proprio quella la sostanza della festività.

Il cambiamento, il rovesciamento sociale, trasformarsi nel contrario di quello che si era sempre stati. 

...E dopo oltre 4000 anni sulla terra, Aziraphale pensava di meritare una sorta di vacanza.

 

Dodici ore prima, Crowley si stava fregando le mani dal piacere: sebbene i Saturnalia cadessero nel freddo del periodo invernale, erano decisamente la sua festa preferita. 

C’era caos, c’era ovunque una sorta di febbrile agitazione, come se l’aria fosse pervasa da un profumo inebriante e selvaggio.
E ad ogni modo, a Roma il clima era molto più mite di quello delle terre del Nord, dove Crowley soggiornava di questi tempi; e questo era indiscutibilmente un altro punto a favore.

Ma quello che intimamente più lo faceva gioire era che la sua elezione a Principe dei Saturnalia fosse imminente. 

Era stato facile: un bisbiglio all’orecchio del mercante di stoffe più influente della zona del Portico di Ottavia, un sussurro ad una delle prostitute del Lupanare più rinomato della Suburra, ed eccolo pronto a vestire di rosso per il resto della notte. 

 

Generalmente, Crowley si limitava a eseguire i pochi ordini che arrivavano giù dall’Inferno, e nel resto del tempo stava per lo più per i fatti suoi, senza interferire troppo con gli esseri umani; ma quell’anno aveva voglia di una piccola vacanza degna di questo nome… e quale festa migliore dei Saturnalia, per gettare un po’ di scompiglio e - perché no - sentirsi un po’ adorato come divinità degli inferi qual era?

 

In quel momento si stava godendo il calidarium delle Terme di Traiano. 

Uscì nudo dall’acqua stiracchiandosi ed evitò accuratamente il frigidarium,a suo parere una mostruosità non degna della civiltà romana. Alternare bagni caldi e freddi faceva bene al cuore, dicevano. Fortunatamente, il suo cuore non ne aveva alcun bisogno. 

 

Un servo accorse a porgergli un telo e lui si lasciò avvolgere e asciugare. Altri vennero a massaggiarlo con oli profumati e gli pettinarono i capelli. 

Dopo il breve periodo in cui li aveva portati corti e riccioluti secondo la moda del periodo, li aveva lasciati crescere. Ora erano lunghi abbastanza da sfiorare le spalle, una vera dannazione per chiunque tentasse di acconciarli. 

D’altronde erano anche uno dei punti d’orgoglio di Crowley:  con una chioma fulva come la sua era impossibile che passasse inosservato.
Alla fine li lasciò sciolti in riccioli morbidi, trattenuti appena da una coroncina d’alloro dorato.

 

Si gettò addosso la toga nera e indossò i calzari. 

Era pronto.

 

----

 

A memoria di ciascuno dei partecipanti al banchetto, mai un Principe dei Saturnalia era sembrato tanto perfetto per il ruolo. 

Le luci delle torce donavano ai suoi capelli una tonalità ramata, quasi nemmeno umana, sovrannaturale. Balenavano ai due lati della maschera da divinità ctonia, dando l’impressione che fosse circondata da un alone di fuoco. La sua voce riusciva ad assumere tonalità basse ma anche acute in modo quasi stridente, in una melodia dissonante. Aveva incantato chiunque. 

 

Semi sdraiato su un triclinio e paludato di rosso, Crowley aveva già creato abbastanza scompiglio per una decina di Saturnalia. Si stava godendo la festa, gli umani osannanti, ma soprattutto il vino. Di prima qualità, non annacquato, e nessuno aveva provato ad offrirgli del finocchio ingannatore. Solo il meglio per il Princeps. 

I festeggiamenti proseguivano ormai da ore.

Ancora non stanco, Crowley si aggirava tra i banchettanti, ormai quasi tutti ubriachi. Le danze però continuavano, così come la musica, una melodia ossessiva e ripetuta. 

 

Forse anche lui stava risentendo degli effetti del vino. 

Avrebbe potuto semplicemente liberarsene; sarebbero bastati un pensiero e un minimo sforzo, ma perché farlo? Era la divinità della festa, poteva fare qualunque cosa, avere chiunque volesse. Voleva godere di questa sensazione, di questo potere legittimato dalla sua elezione a Princeps. 

 

Ma in fondo era soltanto un demone, che fingeva di essere un umano mascherato da demone.
Forse, a rifletterci meglio non era poi così sovversivo. Stava solo facendo quello che era nella sua natura: insinuare il dubbio, istigare tradimenti, spingere uomini e donne a fare quello che sapevano di non dover nemmeno sognare. 

Lui stesso non era immune da quelle sensazioni, nel suo desiderio bruciante verso chi avrebbe dovuto considerare un nemico.

 

Si scrollò di dosso quei pensieri. 

Alzò le braccia e intonò un sonoro “Io Saturnalia”, al quale tutti risposero più e più volte. Si lasciò trascinare in una danza.

 

Almeno tra gli umani, nessuno avrebbe potuto resistergli.

 

----


Aziraphale era giunto finalmente al banchetto. Non aveva osato camminare a viso aperto nella sala principale; si era quindi coperto la testa con un lembo della cappa dorata, che indossava sopra all’usuale toga candida; e si era accomodato ad una delle lunghe tavolate di una sala secondaria. 

 

Il cibo si era rivelato incredibile, dalle ostriche succose alla cacciagione con i suoi sapori acri, gli arrosti conditi con pepe e miele, deliziosi funghi aromatizzati da erbe, e poi ancora carne di pavone, agnello e fenicottero. Il tutto annaffiato da numerosi boccali di mulsum, il vino misto a miele che Aziraphale adorava. 

 

Aveva conversato amabilmente con i suoi commensali, uomini e donne ridenti e dalle guance arrossate dal vino; e ben presto si era reso conto di attirare le attenzioni di coloro che gli sedevano intorno. 

Aziraphale aveva una vaga coscienza della propria forma esteriore e amava prendersi cura di sé. Non era certo la prima volta che riceveva velate proposte; ma quando sentì una carezza corrergli lungo il polpaccio e vide un giovanotto guardarlo sorridendo dall’altra parte del tavolo, si alzò di scatto inciampando nella panca. 

Era a malapena un bambino, paragonato alla sua età millenaria..! 

Cedere a una tentazione simile sarebbe stato sconveniente, se non scandaloso.  

 

Si allontanò goffamente, con i pensieri in subbuglio. Naturalmente conosceva i risvolti più piccanti dei banchetti romani, soprattutto di quel genere di feste, ma non aveva pensato di parteciparvi. Bere vino, mangiare, magari ballare, era un conto; ma giacere con un essere umano, uomo o donna che fosse, era fuori discussione. 

 

Be’, pensò fra sé, non aveva ancora gettato nemmeno un’occhiata alla sala grande. Tanto valeva andare ad ascoltare meglio la musica e godersi qualche danza. 

Muoversi un po’ gli avrebbe fatto bene: si sentiva piacevolmente brillo e leggermente barcollante. Non aveva voglia di concludere la serata, avrebbe pensato più tardi a liberarsi degli effetti del mulsum.

 

Oltrepassate le alte colonne che facevano da ingresso alla sala della festa, Aziraphale si guardò attorno ammirato. Era sfarzosa, più luminosa di quella da cui veniva, anche se le torce disposte ad arte lasciavano comunque ampie chiazze d’ombra. Era certo che fosse una cosa studiata: i presenti scivolavano fra le ombre entrando e uscendone con fluidità, tanto da apparire qualcosa di magico. 

Ricchi mosaici adornavano i pavimenti; e proprio in mezzo alla sala c’era una vasca di acqua da cui salivano invitanti volute di vapore, in cui si muovevano degli uomini nudi. 

Aziraphale distolse lo sguardo e lo rivolse ancora intorno. 

Un gruppo di musici suonava flauti, lire e tamburi in un angolo, mentre alcuni danzatori si muovevano a ritmo.

 

Infine, su un piedistallo rialzato, riverso su un triclinio rosso porpora, stava il Princeps.

 

Il corpo sottile era semi scoperto, le vesti rosse scomposte lasciavano vedere il petto dai muscoli piatti e tirati. La colonna vertebrale pareva di una fluidità felina, per nulla legata ai vincoli dell’ossatura umana. Una gamba scivolava a terra, l’altra era ripiegata con un’angolatura quasi innaturale. 

Indossava una maschera spaventosa rappresentante il dio Saturno, ma Aziraphale poteva scorgervi dietro dei riccioli fulvi, di un colore che...

 

Crowley. 

 

Certo, chi se non lui poteva essere il Principe, all’unico banchetto dei Saturnali a cui Aziraphale avesse mai partecipato?

 

Un fiotto di calore gli pervase il petto. Poteva essere un demone, ma era anche il suo unico… beh, amico. 

Stava per avvicinarsi a salutarlo, quando vide un giovane uomo comparire alle sue spalle, facendogli scorrere le mani sul petto per poi insinuarle sotto le stoffe della tunica. 

 

Aziraphale si immobilizzò. Crowley non appariva a disagio, tutt’altro. Sembrava si stesse godendo il contatto. 

 

Un sentimento nuovo spazzò via il calore e l’affetto che Aziraphale aveva provato fino ad un attimo prima. 

Rabbia, una rabbia cieca e mischiata a un senso di possesso che non aveva mai conosciuto. Avrebbe ucciso quel fragile umano in una frazione di secondo, se solo avesse voluto. Lo desiderava.

 

“FUORI” tuonò.

 

La voce gli uscì senza che se ne rendesse conto. 

 

Tutti i presenti si voltarono verso di lui. Iniziarono ad urlare e a prostrarsi, gridando “Apollo, è il dio Apollo”. 

In pochi attimi la sala si svuotò totalmente, lasciandolo solo con Crowley, ancora semi sdraiato sul triclinio. 

 

“Niente male come entrata trionfale, angelo, ma hai rovinato la festa” lo canzonò Crowley con un tono provocatorio che lo fece arrabbiare ancora di più. “Ti rendi conto di esserti presentato agli umani con la vera forma di un principato angelico? Se ti guardo vedo praticamente una sfera di luce, con ali sparse e troppi occhi. E mi stai accecando, fra l’altro. Non ci sono lenti scure su questa maschera” continuò, coprendosi dai raggi abbaglianti con una mano.

 

“Oh” rispose solo Aziraphale.

 

Si costrinse a tornare nella propria forma umana. Solo gli occhi tradivano ancora la sua collera. “Tu!” gridò. “Tu, irriverente e sfacciato di un demone, che accidenti facevi su quel triclinio?”.

Crowley si alzò, gettando la maschera di Saturno dietro di sé e rassettando la veste sgualcita.

“Pensa,” disse con un ghigno “sono stato eletto Principe dei Saturnalia di quest’anno, non ti sembra una coincidenza fortuita?”.

“Figuriamoci! Avrai barato” rispose petulante l’angelo.

“Non vedo perché avrei dovuto” rispose Crowley piccato. “Credi che non abbia le carte in regola per essere un perfetto Princeps?”. E sottolineò il concetto con un inchino esagerato.

 

“Risparmiati la pantomima, Crowley. Che facevi con quell’umano? Ti stava toccando! Ti sembra decoroso?” disse Aziraphale con il tono più contegnoso che fu in grado di usare. 

“Ah… ti riferisci a quello. Figurati, nulla. Non è niente”. Crowley si strinse nelle spalle, andandogli incontro ancheggiando.

 

“Sembrava proprio qualcosa invece!”. 

 

Ormai vicino all’angelo, Crowley si rese conto di quanto Aziraphale fosse furioso.

Aveva le guance arrossate, gli occhi tempestosi al di sotto delle sopracciglia corrucciate. Si tratteneva a stento, era evidente; ma Crowley aveva sempre avuto la lingua lunga, quindi parlò senza pensare.

 

“Solo perché gli angeli non fanno queste cose non significa che i demoni non possano. E poi non è affar tuo” puntualizzò.

 

“Non ancora” ringhiò l’angelo di rimando.

 

Aziraphale gli afferrò la veste e lo attirò a sé, intrappolandogli le labbra tra le proprie. 

 

Non era la prima volta. 

C’erano state altre occasioni, nel tempo, in cui Crowley aveva rubato qualche bacio. Sfioramenti o poco più, a volte mani strette per qualche secondo di troppo. Aziraphale si era sempre ritirato, sempre troppo tardi perché non dimostrasse di esserne cosciente, ma mai era rimasto abbastanza a lungo perché Crowley potesse pensare di essere davvero ricambiato. 

 

Quando Crowley schiuse appena le labbra, Aziraphale seguì il suo esempio. 

Il suo sapore. La sua bocca. La sua lingua.

 

Quello era un bacio. Voluto, desiderato, schietto.

 

E altrettanto schiette le sue mani, una a stringergli i riccioli sulla nuca, l’altra alla base della schiena, dove si iniziava a formare un nucleo di desiderio.

 

Aziraphale scostò leggermente il volto, guardandolo da mezza spanna più in basso con occhi liquidi, le iridi azzurro cupo calde di desiderio.

“Ora è affar mio”.

 

L’angelo liberò il collo di Crowley dalla porpora degli abiti, baciandogli la linea spigolosa della mascella, il mento appuntito.

“Questa tonalità non ti dona. L’unico rosso che dovresti indossare è quello dei tuoi capelli, Crowley” disse con voce bassa e arrochita. “Questa notte hai voluto essere Saturno, ma è il Sol Invictus che infine batte le divinità oscure” continuò, mentre gli scioglieva i legacci che trattenevano la veste, lasciandolo infine nudo davanti a lui.

 

Era un Aziraphale nuovo, inaspettato, quello che gli si parava davanti. Crowley non si era mai sentito inferiore a lui, né esposto come lo era in quel momento. L’angelo gli appariva qual era, un essere potente e luminoso alla cui volontà piegarsi.

 

Aziraphale si sfilò cappa e toga, rimanendo nudo a propria volta. La luce veniva da dietro di lui, quindi Crowley non riusciva a distinguere bene, ma le sue spalle apparivano forti, il petto largo, le cosce e i polpacci torniti. Si lasciò cadere sulle ginocchia: quello era l’essere che amava. 

L’angelo lo sollevò tra le braccia ridendo, per un attimo completamente pervaso dalla gioia di quel contatto. Rise nell’incavo delle sue clavicole, lasciandogli dei baci sulle spalle costellate da lentiggini, e poi scese le scalette intarsiate che portavano alla vasca riscaldata.

 

L’acqua era ancora calda, quasi quanto la bocca di Aziraphale, che aveva ripreso a percorrere piccole strade sulla sua schiena, sulla nuca e in mezzo ai capelli, mentre sussurrava parole incoerenti.

 

Crowley gli prese le mani, gli baciò le dita. Una scivolò nella sua bocca, passando sulla morbidezza bagnata all’interno delle labbra, poi sulla lingua. 

 

Stretto tra Aziraphale e la parete della vasca, la pressione della pelle umida sulla sua era già una sensazione così intensa da cancellare qualunque altro pensiero avesse mai avuto nella mente. 

Fu solo quando sentì nuovamente la voce dell’altro che tornò parzialmente alla realtà.

 

“Cosa hai detto?” disse tra i riccioli biondo chiarissimo, gocciolanti. Gli solleticavano la bocca.

“Ti ho chiesto se vuoi” fu la voce, vicinissima, in risposta.

“Cosa? Voglio cosa?” Non sembrava nemmeno la sua voce.

“Voglio fare l’amore con te.”

Aziraphale era immobile, ma Crowley poteva sentire i muscoli della sua schiena tendersi e rilasciarsi appena sotto la pelle. Energia trattenuta, pronta ad esplodere, a fare tabula rasa di qualunque cosa mai provata in precedenza.

 

“Ti prego. Si.”

 

E fu dolce e fu terribile. Aprirsi ad Aziraphale, lasciare che entrasse dentro di lui, lentamente, mentalmente e fisicamente, in un tumultuoso attimo infinito, e fondersi e dividersi, gettare la testa indietro, esporre la gola alla sua bocca, gridare in una stanza vuota e sentire l’eco del suo stesso desiderio. 

Appagato, gonfiato, moltiplicato mille volte, per ogni anno che aveva visto passare dalla nascita del mondo, per ogni alba guardata tra le sue piume nere, per ogni goccia di pioggia che lo aveva toccato, per ogni sorriso abbagliante del suo amato e amante.

 

Niente sarebbe mai più stato lo stesso, perchè ora conosceva la voce del piacere di Aziraphale, aveva visto il suo volto contratto dall’estasi e gli aveva lasciato vedere il suo, aveva guardato la sua bocca chiudersi attorno a lui, aveva visto i suoi occhi cupi e sentito le sue mani stringerlo. La sua personale apocalisse, la rivelazione del perché era sulla Terra, perchè sarebbe rimasto lì, perché lì era Aziraphale.  

 

Si fermarono, ansanti, stanchi, aggrovigliati nell’acqua che non dava più conforto.

 

Aziraphale lo prese per mano, e si avvolsero nella stessa stoffa per asciugarsi.

 

Era di nuovo mattino, e nessuno avrebbe mai più dimenticato quei Saturnalia.






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Grazie a Sonomi per la revisione e la costante attenzione che hai per me. Sei impagabile e insostituibile.
La dedico a te e a Martina, compagne della mia avventura in Good Omens.
Grazie <3
   
 
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