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Autore: Ciarax    21/11/2021    0 recensioni
Famiglia.
Una parola semplice, la teoria è lì, chiara e limpida, ma la verità è che Max non sa cosa dovrebbe fare quando deve venire a patti con il suo concetto di "famiglia"
Se non si parla di legami di sangue, lei ha trovato la sua famiglia in Switch: un piccolo robot quadrupede costruito con le sue mani quando aveva solo quindici anni, rimasto al suo fianco fin da quel momento.
Costruire e capire come funzionano i suoi progetti è una delle sue più grandi passioni, poiché essere un'inventrice è la cosa che ama di più e vedere nascere le sue invenzioni è un'emozione indescrivibile ogni volta. È questo e la testardaggine che la contraddistingue che la porteranno a trovare qualcun altro da considerare come la sua famiglia, quando qualcosa di alieno riesce nel semplice intento di dare quello che l'essere umano non è riuscito anche con i propri simili.
È forte.
Ma anche il ghiaccio, per quanto solido possa sembrare, è impossibile sapere a quanta pressione resisterà prima di frantumarsi in mille pezzi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bumblebee, Nuovo personaggio, Optimus Prime
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

«Oh, Andiamo! È la quarta volta da stamattina che non funzioni, qual è il tuo problema?» urlò piena di frustrazione la ragazza passandosi una mano sulla fronte sudata e finendo con l'imbrattarsi ulteriormente il volto con le mani sporche, dopo aver lavorato ore su quel dannato braccio meccanico.

Buttò da un parte il cacciavite a stella e riguardò per l'ennesima volta il codice che aveva scritto quasi un mese prima al computer, l'aveva ricontrollato più di quindici volte da quella mattina ma quell'affare non ne voleva sapere di funzionare. Arrivato a metà programma si interrompeva immediatamente, segnalando un errore fatale sullo schermo del portatile.

Max si buttò all'indietro sulla sedia che era davanti la scrivania piena di fogli di carta ammucchiati e sparsi qua e là, cercando con lo sguardo il foglio, o meglio i vari pezzi di carta, dove aveva appuntato quel progetto che si stava rivelando più arduo del previsto. Ritrovare le cose in quell'immenso caos le stava dando ovvia ragione per imporsi di rimettere un minimo d'ordine una volta finito quel lavoro.

Qualcosa dietro di lei si mosse con flebili rumori meccanici e girando lo sguardo colse la piccola figura di un robot che si muoveva nella sua direzione: i quattro arti su cui poggiava ricordavano quelli di un ragno mentre sul corpo erano montati la scheda principale di funzionamento, un piccolo vano batterie e una sottile lamina di pannello solare in grado di dargli l'alimentazione necessaria.

«Switch, fermo» esclamò fermamente Max notando come ogni movimento compiuto dal piccolo quadrupede si interruppe immediatamente dopo aver ricevuto quel comando.

Max sorrise. Si alzò e prese in mano il robot che con le zampe tentava di ritrovare equilibrio dopo essere stato poggiato sopra la scrivania, fallendo un paio di volte prima di rialzarsi completamente.

«Almeno te non sei un lavoro da buttare»

Il piccolo robot fece roteare i sensori ad ultrasuoni che aveva installati, e che avevano la vaga forma di due occhi, scannerizzando l'area circostante per trovare eventuali impedimenti. Individuata la fonte di luce della lampada che illuminava fiocamente anche il resto di quel garage incasinato.

«Dovrò sistemare anche te prima o poi» mormorò Max quando vide il robot girare su sé stesso raggiungendo la lampada, ritrasse i motori delle zampe e mise il pannello sotto la luce diretta.

Switch era stato il suo primo prototipo di robot e ricordava ancora bene come la prima volta che l'aveva assemblato, il piccoletto sapeva a malapena mettere una zampa di fronte l'altra. I codici per riuscire a far muovere in modo armonioso i tre motori che ogni zampa aveva era stato arduo, specialmente all'inizio.

Erano cinque anni che continuava a mettere mano sui suoi codici e oramai era diventato il suo piccolo orgoglio: in grado di camminare e ritrovare l'equilibrio in quasi ogni situazione, i sensori che aveva installati invece gli permettevano di evitare gli ostacoli e riconoscere alcuni semplici e precompilati comandi. Anche se l'ultimo non era interamente merito suo ma del suo ultimo aggiornamento, un primo tentativo con la rete neurale e che dava una vaga sorta di intelligenza artificiale al piccolo robot.

Si trattava di un qualcosa di molto semplice e con la poca potenza di calcolo che aveva a disposizione il suo raggio di apprendimento era veramente basso, ma non le importava. Forse quando avrebbe raggiunto la vecchiaia quel piccolo robot sarebbe stato in grado di mettere due parole in fila.

Max si accorse solo in quel momento dell'assurdo orario in cui si era ritrovata a lavorare, erano da quasi cinque ore che non faceva una pausa e si era dimenticata anche di mangiare qualcosa per cena. Sospirò e decise che per quella giornata ne aveva avuto abbastanza e prese a sistemare alcuni degli attrezzi nel borsone che si era portata dietro, ci buttò dentro anche alcuni fogli del progetto e spense la luce.

Con uno sbadiglio chiuse quel minuscolo garage che aveva adibito a laboratorio improvvisato, avviandosi verso la strada per tornare a casa con Switch che rimaneva saldo sulla sua spalla, bilanciandosi di tanto in tanto sulle quattro zampe.

Pesanti passi a qualche blocco di distanza però la bloccarono sul posto, guardandosi intorno nell'oscurità dell'ora tarda di notte e nella via fiocamente illuminata. Di solito a quell'ora non girava mai nessuno in quelle zone ed era anche la tranquillità generale della cittadina che le permetteva di sentirsi al sicuro anche nel cuore della notte.

Maledicendo la sua curiosità ingoiò l'appena nata paura che sentiva montargli in petto e decise di dare un'occhiata, sentendo man mano che si avvicinava dei rumori di metallo su metallo e qualche rombo di motori decisamente potenti.

Il respiro le si mozzò in gola quando fece capolino nel vicolo, la testa appena affacciata dietro l'angolo mentre guardava con occhi sgranati quelli che sembrarono a prima vista degli enormi robot giganti. A causa della scomoda posizione in cui si trovava non si ricordò del piccolo robot che aveva accanto e che, cercando di bilanciarsi, finì col cadere dalla sua spalla.

Max si tuffò d'istinto in avanti afferrandolo giusto in tempo prima che potesse cadere a terra e probabilmente riportare alcuni danni ai suoi circuiti ancora esposti alle intemperie, ritrovandosi quindi a terra con in mano il piccolo robot inerme e sia occhi umani che non puntati su di lei.

Con lentezza si alzò dolorante a causa dell'improvvisa botta che aveva preso e controllò con perizia il robot, sperando che non avesse riportato alcun danno e ricordandosi mentalmente di doversi decidere a fargli una qualche sorta di protezione per tutti i collegamenti dei suoi circuiti che ogni volta rimanevano scoperti o si impigliavano da qualche parte.

«Max?» una voce femminile le fece alzare la testa e Max sorrise riconoscendo la figura della ragazza. Mikaela era una delle poche persone che forse riusciva a stare dietro alle sue mille idee e spesso le procurava i pezzi di cui aveva bisogno quando si vedevano saltuariamente.

Si accorse però che al suo fianco c'era un ragazzo che non conosceva, entrambi erano coperti di sporco e terra dalla testa ai piedi e per una attimo si domandò cosa diamine avessero fatto per ridursi così, ma la risposta arrivò da sola. Erano tutti circondati da cinque enormi robot alti dai cinque ai dodici metri abbondanti e tutti guardavano a lei come se avesse due teste.

«Ditemi che non è un'allucinazione» mormorò tra sé e sé Max passandosi una mano tra i capelli corvini sfuggiti dalla crocchia improvvisata e che ora le ricadevano dietro la schiena.

Uno degli enormi robot, probabilmente il più grande tra loro era inginocchiato al livello del volto dei due ragazzi e spostando lo sguardo incrociò gli occhi verdi di Max, leggermente intimidita da quegli enormi occhi illuminati a neon che la squadravano con estrema attenzione.

«Cos'è?» la voce baritonale con cui parlò la colse di sorpresa, forse più della consapevolezza che stava parlando perfettamente la sua lingua.

Seguendo la direzione del suo sguardo, notò come i suoi sensori erano focalizzati sul piccolo robot quadrupede che ancora teneva saldamente tra le mani. Alternò per un attimo il peso tra le gambe, indecisa ma alla fine avanzò di qualche passo fino ad affiancare Mikaela e protese leggermente le mani lasciando che l'enorme robot potesse avere una visuale migliore.

«Oh... Lui è Switch» disse con un filo di voce mentre sentì un altro di loro avanzare leggermente e guardare con attenzione anche lui.

«Ha la stessa attività di uno sparkling in formazione» esclamò poi uno dei due. Era più basso rispetto al robot che era a pochi metri da lei che era invece coperto da un esoscheletro particolarmente dipinto di rosso e blu.

«Com'è possibile?» domandò un terzo poco distante, alzandosi dal vecchio rottame di un'auto su cui era seduto e che era collassato sotto il suo peso.

Max si sentì improvvisamente a disagio, anche se non era dovuta al fatto di avere davanti degli enormi robot giganti ma più che altro per il fatto che gli occhi di tutti erano puntati su di lei come se fosse il centro dell'attenzione di quell'incontro, quando in realtà era capitata lì per caso. O maledicendo la sua curiosità a ficcanasare in giro in pessimi orari.

«Sei stata tu a generarlo?» parlò nuovamente il robot rosso e blu che la squadrava con curiosità silenziosa mentre la vide annuire timidamente.

Con attenzione riportò Switch sulla sua spalla assicurandosi che non corresse nuovamente il rischio di cadere e rivolse di nuovo l'attenzione a quegli enormi ammassi di metallo e circuiti che sembravano provenire da qualche fumetto di fantascienza, «Si? È stato il mio primo progetto con un robot, ma all'inizio sapeva solamente muoversi di qualche passo senza fare granché» disse imbarazzata con una mano dietro la nuca mentre ebbe finalmente il coraggio di guardare negli occhi quell'enorme creatura che gli appariva fin troppo umana.

L'attenzione venne poi riportata nuovamente su Mikaela e l'altro ragazzo di cui Max seppe chiamarsi Sam solo in quel momento, non avendolo mai incrociato visti i tre anni di differenza che aveva con Mikaela che era l'unica che frequentava di quella età. Non che avesse stretto particolari rapporti con qualcun altro, diciannove anni e le persone che realmente conosceva poteva contarle sulle dita di una mano mentre quelle considerabili amiche erano forse ancora di meno.

«Ti prego, Sam -pregò Mikaela al suo fianco, -dimmi che hai quei dannati occhiali»

Tutti gli Autobot si ritrasformarono sotto lo sguardo stupito di Max che non seppe cosa fare e rimase immobile mentre gli altri due umani salirono sopra la Camaro gialla a strisce nere che fino a qualche secondo prima era uno stupendo robot dello stesso colore.

«Hai intenzione di rimanere lì?» domandò l'autoarticolato che aveva preso posto dell'enorme robot, sfoggiando una vistosa vernice custom blu e rossa fiammante.

La portiera del guidatore era aperta e la stessa voce profonda era arrivata tramite gli speaker dell'interno del veicolo.

Non se lo fece ripetere due volte e salì, con un po' di fatica, all'interno del veicolo che con una rapida inversione si portò a capo di quello stravagante convoglio. Max notò con una punta di curiosità come gli altri avessero preso le sembianze di una stupenda Pontiac Solstice grigia, un enorme GMC Topkick nero lucido e un ingombrante Hummer H2 dal particolare colore giallo-verde.

«Chi siete?» domandò Max dopo qualche minuto di silenzio, venendole naturale non definirli oggetti nonostante ad occhi esterni lei stava effettivamente parlando con un veicolo.

«Veniamo da Cybertron, siamo organismi robotici autonomi -o Autobot, e siamo qui per ritrovare l'AllSpark. Io sono Optimus Prime» spiegò presentandosi l'Autobot e sorprendendosi leggermente quando avvertì che i livelli dell'umana che stava trasportando erano rimasti quasi perfettamente normali. Quando si erano presentati a Sam e Mikaela i loro cuori sembravano sul punto di impazzire.

«Max Cohen, ma va benissimo anche solo Max- si presentò a sua volta Max con un piccolo sorriso, sentendosi molto meno a disagio ora che poteva dare un nome a quelle creature provenienti da un altro pianeta, -mentre Switch già l'ho presentato»

«È impressionante per un essere umano aver generato un qualcosa di simile»

Max storse leggermente il naso, indecisa se sentirsi offesa o meno, «In realtà il piccoletto è stato un bel grattacapo all'inizio, non che facesse chissà che cosa se non muoversi avanti e indietro a comando. Adesso almeno è in grado di muoversi in modo abbastanza autonomo ma è presto per chiamarla intelligenza artificiale, è semplicemente un piccolo robot che impara»

«Anche se non è molto la sua attività è molto simile a quella di uno sparkling appena formato»

«Che significa? Anche l'altro aveva detto la stessa cosa»

Optimus si prese qualche secondo per trovare le parole adatte a spiegare, «Possono essere considerati l'equivalente di un "cucciolo" umano. Sono cybertroniani appena formatisi e che ancora non sono in grado di fare molto»

«Bambino, il termine per gli umani è bambino- corresse dolcemente Max, catturata da quella prospettiva così intrigante di star veramente conversando con esseri così avanzati tecnologicamente, -ma per quanto sia bello, Switch non ha grandi possibilità di crescita, avrebbe bisogno di una potenza di calcolo eccessiva per mantenere anche un corpo così piccolo. E con questi tempi ci impiegherebbe almeno venti anni solo per diventare più preciso nei movimenti e nel seguire qualche comando più complesso»

«Siamo arrivati, Max» finì quella conversazione Optimus quando furono arrivati di fronte una casa con un curato giardino all'inglese, in un piccolo isolato con case a schiera.

Max scese con agilità e guardò con meraviglia e per la prima volta la trasformazione di Optimus che riprese la sua forma bipede mentre Sam implorava tutti loro di dargli solo cinque minuti.

Dovevano restare nascosti, semplice. L'attesa però non era contemplata quando si trattava di questioni di così grave urgenza e lei si ritrovò a seguirli mentre si inoltravano goffamente nel giardino sul retro, rompendo gran parte di quello che si trovavano davanti.

Quella sarebbe stata decisamente una notte movimentata.
   
 
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