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Autore: MissAdler    21/11/2021    5 recensioni
ATTENZIONE: Occorre aver visto i primi tre episodi della serie Loki.
TRAMA: E se Loki non si rassegnasse al suo destino? Se trovasse un modo per tornare indietro e riprendersi la sua vita? Se una volta messo di fronte al suo destino capisse finalmente chi è e cosa conta davvero?
Non so da dove mi sia venuto tutto ciò, e soprattutto come mi sia partita questa ship, ma tant'è. Buona lettura!
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Intermezzo




“Se fossi davvero qui potrei anche abbracciarti.”
Glielo dico, e per un momento immagino la sensazione di farlo davvero. Le sue spalle spigolose, la seta nera dei suoi capelli, il suo odore, la pelle fresca e liscia contro la mia guancia.
Gli lancio la prima cosa che trovo a portata di mano, più per scacciare quei pensieri che l'illusione in sé. Ma non è un'illusione. Lui è qui, in carne, ossa e sarcasmo. In tutta la sua fastidiosa altezzosità. Sorride e me lo conferma, come se fossi troppo stupido per accorgermi dell'evidenza: “sono qui” dice, dopo aver preso al volo quello che potrebbe tranquillamente essere il mio cuore ma che forse è solo il tappo di qualche liquore scadente.
Non so quanti passi mi ci vogliano, forse mille, forse solo uno. Gli sono addosso, lo afferro, lo stringo. È qui. È rimasto con me. Non se ne andrà stavolta. Non se ne andrà più. Basta con gli inganni, con le fughe, con le macchinazioni. Lui resterà. Lui lo vuole.
Per un momento mi ricorda il Loki bambino, quello che mi sorrideva senza doppi fini, gli occhi limpidi e sinceri. So che non sarà più così, che dovrò combattere con lui ogni giorno, ma non mi importa. Non mi importa di quello che ha fatto, di quello che ha detto, di tutto il male in cui è sprofondato. Non mi importa di quanto mi ha odiato, di quanto l'ho odiato. Non mi importa di nulla che non sia questo momento.
Sento il suo corpo ammorbidirsi tra le mie braccia, le sue mani circondarmi lente ma decise, afferrare il mio mantello, premere contro la mia schiena. La testa che mi esplode.
Con lui sono completo. So solo questo. Lo so da sempre, l'ho ignorato troppo a lungo. Ho combattuto invano e ora non ci sono più scuse né alibi. Era mio fratello, era un mostro, era un nemico. Nulla di tutto questo è mai stato vero. O forse lo è stato solo in parte. La parte che continuo ad amare e che, me ne rendo conto solo ora, non voglio cancellare.
Ogni fibra del mio corpo freme, il mio sangue prende a invocarlo disperatamente, battito dopo battito, pulsando e bruciando. Sono terrorizzato. Se perdessi il controllo non potrei tornare indietro, non potrei trattenerlo. Fuggirebbe. Mi odierebbe. Mi lascerebbe di nuovo. Il mio raziocinio artiglia i lembi del mio cuore senza riuscire a trattenerlo, il desiderio che lo impregna è testardo, viscido, scivoloso.
Sento la sua pelle fredda come neve sotto le dita, eppure sul mio collo il respiro è caldo. Da quanto tempo siamo abbracciati? Dieci secondi o forse un secolo. Ha importanza? Siamo esseri divini. Potremmo restare così in eterno e ignorare l'universo a occhi chiusi solo per capriccio.


Mi è parso di sentirlo sussurrare il mio nome, ma forse l'ho solo immaginato.
Dovrei allentare la presa, lasciarlo andare, dirgli di seguirmi nella sala comando, decidere insieme una rotta, spezzare quell'incantesimo. Invece lo stringo più forte, mi aggrappo a lui come un disperato, le mie mani a percorrergli la schiena, a saggiare la consistenza della sua carne sotto il mantello e la corazza.
“Fratello” mi esce dai denti. E mi domando se sia stato davvero io a parlare.
Mi sorprendo a odiare quella parola, perché è ciò che ci lega e ciò che ci divide. Siamo fratelli eppure non lo siamo. Allora perché il mio sangue sembra parlare al suo? Perché anche il suo cuore di ghiaccio grida e implora contro il mio petto?
“Fratello” mi fa eco lui. E la sua voce è come una preghiera blasfema, un sibilo dolce e sensuale che mi fa perdere anche l'ultimo barlume di controllo.
Affondo il naso tra i suoi capelli, respiro con avidità contro la sua mascella, vi premo le labbra, lui digrigna i denti e resta in apnea. Sono ancora in tempo. Potrei scostarmi e far finta di niente, dargli un bacio sulla guancia per sfotterlo, battergli una pacca sulla spalla e dimenticare. Come ho sempre fatto da quando eravamo ragazzini.
Ma non sono ancora riuscito a elaborare questo pensiero che la mia bocca è già premuta sulla sua.


Le labbra di Loki sono umide e calde, la punta del naso invece mi solletica gelida la guancia. Il suo sapore mi coglie impreparato. Sa di neve e di qualcos'altro che in un primo momento mi sfugge.
Sambuco e biancospino.
La resina degli abeti ricoperti di brina.
L'inverno.
I boschi dove giocavamo da bambini.
Casa.
Mi allontano di scatto, pentendomi di tutto, cercando di formulare una scusa, una ridicola supplica per farlo restare. Quello che mi sconvolge invece è come Loki non sembri affatto pentito. I suoi occhi di rapace mi fissano come se volessero frantumarmi. Il respiro è accelerato e rumoroso, gli zigomi arrossati. Si passa la lingua sulle labbra e le arriccia trionfante. Lo voleva anche lui.
Il mondo si ribalta e ogni cosa ha finalmente senso.
È mentre questa consapevolezza si fa strada dentro di me che mio fratello mi bacia di nuovo, un sorriso quasi diabolico, le labbra che si schiudono sulle mie. Lo lascio fare, lo faccio anch'io, mi perdo per un istante che dura cento vite terrene.
Mi viene in mente il nostro vecchio precettore, quella volta in cui ci ha spiegato che anche il ghiaccio può ustionare. Forse più del fuoco. È ciò che mi sta accadendo adesso, mentre premo il palmo della mano sul suo collo gelido.


Ci stacchiamo a fatica, gli occhi ancora chiusi, la sensazione della sua lingua ancora nella mia bocca, le labbra che pulsano bagnate della sua saliva. Qualcuno sta bussando. Per un attimo penso che sia il martellare del mio petto contro il suo, una qualche esplosione da qualche parte tra le stelle.
“Resta con me” gli dico sottovoce, prendendogli la mano con una reverenza che non pensavo mi appartenesse.
“Sono qui” ribadisce lui con un sorriso scaltro e dolce al tempo stesso.


E poi quella specie di incoronazione, lui accanto a me, ma mai abbastanza vicino, tornare in fretta nella mia cabina, non sapere cosa dire o cosa fare e restare in silenzio a osservare lo spazio aperto fuori dal vetro della nave. Lui che mi chiede se sia una buona idea farlo tornare sulla Terra, io che gli dico di avere un buon presentimento e che ci credo fermamente, con tutto me stesso. Finché non la vediamo.
Una nave enorme, proprio davanti a noi, scura e minacciosa come un presagio di morte.


Thanos.






 
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