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Autore: Ciarax    22/11/2021    2 recensioni
Le stelle cadenti hanno un significato positivo e costituiscono un'imperdibile occasione per esprimere un desiderio, quando brillano e illuminano il cielo immerso nell'oscurità, ignari che quello non è che il riflesso pallido della loro esistenza.
Quello che le persone ammirano con tanta adorazione non è che il residuo, la scia di quella che una volta bruciava di passione, la stessa passione che si era lentamente spenta in Alexis. Solo l'ombra di quello che alimentava il suo spirito libero.
Era difficile immaginare un incontro tanto casuale da essere in grado di ribaltare la sua visione della vita, alimentando silenziosamente quella piccola e flebile fiamma nel suo petto.
Dal testo:
'Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV
 
                              All the pain and the scars have left you cold
                              I can see all the fears you face
 

Che cosa le avesse detto il cervello quando aveva deciso di studiare e fare l’internato come ingegnere del suono, non sapeva proprio con chi prendersela. Solo perché la musica fosse una delle parti integranti della sua vita, pensare aprioristicamente come qualsiasi suo aspetto potesse andarle a genio, era veramente un concetto infantile.

Non credeva nelle rivelazioni divine, nelle epifanie improvvise. Non ci aveva mai creduto. Per quanto avesse un’intuizione e creatività nel risolvere i più disparati problemi, sapeva quanto quelle erano cose che aveva maturato col tempo. Tutto quello che sentiva e che sperimentava le si accumulava dentro e raramente ci rimuginava sopra, ma lo faceva inconsciamente, e l’ultima realizzazione proprio non le piaceva.

Quella non era la strada per lei.

Certo però non poteva dire una cosa simile all’uomo seduto accanto a lei, Andy Meadows, che con più di dieci anni di lavoro in quello studio si era premurato di aiutarla a districarsi in quel mondo. In via di arrivo verso i quaranta anni, Andy era la persona più pacata e disponibile che Alexis aveva incontrato da quando aveva iniziato a lavorare lì. Inutile dire come fosse diventato il suo punto di riferimento.

«Tieni la testa in questo studio, Allen. Non ho voglia di sentire le urla stridule della Johnson solo perché non abbiamo dato voce al suo egocentrismo» la riprese monocorde Andy osservando diligente il lavoro di Alexis che rialzò immediatamente il volume del microfono di Kathy Johnson, la voce principale del programma di punta di quella fascia oraria.

Il pettegolezzo mascherato e infagottato sotto forma di notizie sembrava interessare quasi l’intera popolazione di New York, era incredibile quanto la gente non sapesse fare altro che rimanere affascinati da quello che non potevano avere. E anche se per una volta il suo turno di lavoro non era di quasi dodici ore filate, Alexis ne aveva già fin troppo dopo neanche quattro ore.

Tornò a concentrare la propria attenzione al mixer dinanzi a sé, caricò la playlist che avrebbe concluso la rubrica della Johnson e controllò nuovamente i livelli dei microfoni. Noioso. Ripetitivo. Asettico. Non aveva altre parole oramai per descrivere quel lavoro. E non aveva altre parole per descrivere quella che sembrava essere diventata la sua routine. Eppure, guardando il mentore al suo fianco, sperò che almeno una scintilla della sua passione potesse di nuovo attaccarglisi addosso.

Aveva quasi un bisogno disperato di quella scintilla.

«Se continui così, il tuo entusiasmo finirà col contagiarmi»

Alexis si girò, rivolgendo un’occhiata al biondo al suo fianco. Si versò in silenzio una tazza di caffè ancora caldo e accennò un impercettibile sorriso cogliendo la smorfia disgustata di Andy quando versò almeno tre cucchiaini ricolmi di zucchero.

«Mi correggo, mi verrà una carie» la voce di Andy rimase impassibile come al solito anche se la bonaria presa in giro traspariva facilmente dalle sue parole.

«Non sai cosa ti perdi, -commentò Alexis portando alle labbra la tazza e bevendone un sorso, -sei tu quello che rischia di diventare acido e amaro»

Andy alzò un sopracciglio, il volto squadrato steso in un’espressione di incredulità, «Ma questo non spiega perché non salti di allegria ogni volta che vieni a lavoro. È da una settimana che ti trascini da piano all’altro e certe volte guardi quel mixer come se potesse iniziare a parlare all’improvviso»

Quel posto le andava stretto. Contava i secondi che finalmente le avrebbero permesso di tornare al sicuro nel suo appartamento.

«Sono solo stanca, è stata una settimana dura» si concesse di confidargli, rilasciando lentamente la mascella che aveva serrato inconsciamente. Finì il resto del caffè in silenzio, passandosi pigramente una mano dietro la nuca dove la pressione alla base del collo iniziava a pungolarla.

Si maledisse quando sentì lo sguardo attento di Andy su di sé. Alexis abbassò impercettibilmente il capo in avanti lasciando che le ciocche della frangia che stava ricrescendo le coprissero parzialmente il volto; non aveva bisogno di un rimando verbale delle occhiaie scure che aveva sotto gli occhi, liberi dalla montatura degli occhiali a causa delle lenti a contatto che portava ogni mattina. Le stesse lenti a contatto che iniziava a sentire bruciare, ma che almeno la distraevano dal dolore sordo e flebile che ancora aveva alla caviglia.

Le sembrava di essere carne al macello ogni volta che qualcuno la squadrava dalla testa ai piedi, alla ricerca di difetti o di qualcosa che non andava loro a genio. Non che potesse detestare Andy solamente per qualcosa che veniva naturale alle persone ogni volta che la incontravano. Non appena capivano di non poterla esaminare come ogni altra, si sforzavano di immaginare e carpire cosa ci fosse sotto le felpe e i maglioni oversize tanto da dover venire nascosta in quel modo.

Sospirò. Aveva problemi con le attenzioni della gente, gli altri non sembravano fare altro che volerglielo ricordare. Ma questo non fece altro che falle accennare un impercettibile sorriso ripensando a come non dovesse essere l’unica ad avere problemi con le indesiderate attenzioni altrui.

Se siamo entrambi a disagio però il problema non si pone, no?

Erano proprio quei quattro, curiosi, pragmatici rettili mutanti che sembrarono più affini a lei in quel momento. Lungi dall’essere la stessa situazione, ma una timida speranza non poté che sentirla nascere quando lo spavento per quello che le era successo prima surclassò qualsiasi naturale reazione avrebbe potuto avere di fronte a quelle creature.

La storta alla caviglia le ricordò il giorno dopo di come non fosse stato solo un sogno allucinato, rimasta di nuovo piacevolmente sorpresa dalla maniacale mano ferma di Donatello. Alexis poté solo sperare con che le sue basi di primo soccorso il lavoro sarebbe potuto essere altrettanto impeccabile.

E fu con quell’ultimo pensiero che Alexis tornò al proprio lavoro, passando il resto della giornata con la stessa attenzione di quando si fa lo stesso tragitto in macchina tutti i giorni da anni. I gesti erano meccanici, automatici, istintivi. Venne ripresa solo un paio di volte da Andy stesso ma oltre quello la giornata trascorse monotona.

Soltanto quando sentì nuovamente il tiepido sole invernale scaldarle il volto, dalle guance arrossate per il freddo, che si permise di respirare. L’aria gelida nei polmoni le fece venire i brividi e si strinse ancora di più nella giacca da aviatore, mentre procedeva a passo spedito verso la solita fermata della metro.

La musica nelle orecchie era ad un livello improponibile ma Alexis non batté ciglio al volume mentre gettava lo sguardo ad ogni angolo da quando era uscita dallo studio di registrazione dell’emittente radio. La mano sinistra strinse convulsamente lo stesso pacchetto di sigarette che aveva lasciato stare mesi fa, portandosi una sigaretta alle labbra e consumandola prima di raggiungere la metropolitana.

I riscaldamenti al massimo furono un conforto immediato non appena rimise piede nel proprio appartamento, disseminando la giacca e la propria borsa nel soggiorno prima di fiondarsi a passo di marcia verso la propria camera. Con solo un paio di pantaloncini e una maglia a maniche lunghe finalmente si permise di fare un lungo sospiro di sollievo. Temeva che quella settimana non sarebbe più finita. E invece era di nuovo arrivato il week-end.

Con la bomba insulinica sotto forma di tè dolcificato e fumante, Alexis si buttò senza troppe remore sul proprio divano e lasciando che le note di Help dei Beatles si diffondessero nell’aria mentre osservava il soffitto assorta. Le minuscole crepe sull’intonaco bianco si fecero improvvisamente interessanti e l’immediata associazione fu con quell’umido e angusto reticolo di tunnel nelle fogne dove si era persa giorni prima.

Stesse crepe. Ovviamente.

Per quanto però tentasse di toglierseli dalla testa, ogni volta tornava a ripensare a quell’incontro che aveva del fenomenale. Un delirio magistralmente architettato dalla sua mente ferita, non c’era dubbio. Se solo avesse potuto credere alle bugie che si andava raccontando.

Quei quattro individui era creature alquanto singolari. Superato ovviamente l’iniziale smarrimento dovuto alle differente fisiche, ben troppo evidenti da poter ignorare in toto. E per quanto fosse stata in loro presenza per poco più di un paio d’ore, non poté fare a meno di richiamare a memoria quasi ogni singolo loro dettaglio con precisione chirurgica. Tutti i fogli abbandonati sul ripiano della cucina e nella sua camera ne erano un esempio lampante.

Anche volendo il telefono non le sarebbe servito a molto, quando aveva ricalcato al dettaglio ogni sfumatura che ricordava dei quelle creature tanto affascinanti. Le espressioni statiche di quelli schizzi però non rendevano giustizia alla vividezza di ogni cambiamento di espressione che tutti e quattro avevano avuto una volta che se l’erano ritrovata faccia a faccia.

Gli sguardi composti ma al contempo curiosi di Leonardo e di Donatello che erano riusciti a gestire le loro emozioni con una abilità invidiabile; e anche se dello stesso avviso non fu quello che sembrò essere il più giovane di loro, Michelangelo, certo l’innocenza infantile nei tratti erano una cosa che saltava subito all’occhio.

E poi c’era quello più pragmatico di tutti.

Lo stesso che non l’aveva degnata di uno sguardo fin dall’inizio, limitandosi a presenziare controvoglia in quella piccola riunione nient’affatto pianificata. Il corpo più massiccio tra tutti ripiegato su sé stesso, con le braccia a protezione del petto coperto dal piastrone del carapace. Si era irrigidito a più riprese mentre gli altri parlavano, mentre si tratteneva dal cedere all’istinto e fare qualcosa che probabilmente sarebbe stato controproducente per tutti.

Era una testa calda e, con molta probabilità, qualcuno con cui non era difficile attaccare briga se si toccavano i punti giusti. Ma soprattutto che Raffaello fosse il meno entusiasta della sua presenza lì… non era stato tanto difficile da capire.

Era lei quella che si era letteralmente fiondata a casa loro, non poteva dargli torto per sentirsi così a disagio. Essere violati nel sicuro della propria dimora era qualcosa che non andava mai sperimentato e nell’istante in cui aveva incrociato lo sguardo irritato che le aveva rivolto Raffaello, ricordò a mente fredda quella sensazione.

Era sullo stesso sguardo che si era fossilizzata la notte prima, la matita a mezz’aria mentre il ritratto sul foglio le restituiva la stessa muta animosità che aveva vissuto in prima persona anche prima di quell’incontro. Alexis si portò una mano sul fianco destro cercando di placare l’improvvisa ondata di bruciore che sentì provenire dalla pelle, inaspettatamente di nuovo troppo sensibile anche per il delicato contatto con il cotone della maglia.

Notò solo in un secondo momento come quegli occhi verdi come i suoi ma di un tono più scuro non nascondevano nessuna ostilità nei suoi confronti. La negatività così palese proveniva da altro.

Ma non ne era lei l’origine.

 
   
 
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