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Autore: Jeremymarsh    23/11/2021    4 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Esplorazione





La mattina del fatidico giorno Ofelia si svegliò inaspettatamente dimentica di ogni problema che alleggiava attorno a lei. Esisteva solo l’entusiasmo che quasi contagiava anche il marito – quasi. Ovviamente la casa, dopo due anni ormai entrata in simbiosi con l’Animista, condivideva tale sentimento. I tappeti si agitavano impetuosi, le porte e le finestre sbattevano in una danza coordinata, le stoviglie ingaggiavano una propria canzone al riparo nei rispettivi scomparti e le sedie ballavano sotto di loro. Era con grande forza di spirito e volontà che Thorn stava evitando di sospirare mentre nascondeva l’ansia nei suoi movimenti come al solito metodici e controllati. Lo aiutava, inoltre, leggere un sentimento tanto puro e positivo negli occhi e nell’aura di lei. Il suo amore per Ofelia era tale al punto da fargli dimenticare le proprie paure, o meglio, si diceva che non importavano tanto quanto il sorriso sulle sue labbra; tanto quanto la consapevolezza di esserne il responsabile.

Ciò, però, non voleva dire che l’idea di uscire e incontrare tanta gente non lo infastidisse. Semmai, si ripeté, avrebbe dovuto fare particolare attenzione a evitare luoghi affollati se non voleva che sconosciuti lo sfiorassero, che Ofelia inciampasse in qualche piede di troppo o che i suoi artigli si attivassero nel momento sbagliato.

Nessuno lo conosceva in quella nuova arca, aveva detto Octavio. Era un comune cittadino con regolare visto. Nessuno lo avrebbe additato, guardato con sdegno, fatto buon viso a cattivo gioco. Dunque, era meglio non attirare animosità non necessarie e, come conseguenza, odio gratuito sulla moglie. Il suo viso avrebbe comunque sfoggiato un’espressione scostante e fredda, ma ciò era quanto meno normale.

Ofelia sembrava ignara del suo turbamento interiore mentre portavano avanti i rituali mattutini ma, per l’appunto, era solo una finzione. Era ben consapevole dei pensieri che stavano attualmente affollando la mente di lui, ma se anche avesse accennato alla cosa, sarebbe stato del tutto inutile. Lei non avrebbe cambiato idea – soprattutto ora che aveva avvertito Octavio del loro arrivo – e lui avrebbe sprecato solo fiato se avesse accennato, ancora una volta, al voler rimanere in quella casa.

Fu quindi con rassegnazione che Thorn, per la prima volta dopo più di due anni, accolse il mondo esterno attorno a sé.

Ofelia non aveva avuto dubbi quando aveva afferrato la sua mano e intrecciato le loro dita – considerava quello uno stadio almeno collaudato, un contatto già abituale – e aveva sorriso speranzosa con la fedele sciarpa avvolta attorno al collo che faceva il tifo. Thorn abbassò lo sguardo su di lei, scrutandola in tutta la sua euforia, e poi lo riportò su ciò che lo circondava.

Forse, dopo tutto, una speranza di sopravvivere a quella mattina c’era ancora. Forse.

 

***

 

Babel era cambiata dall’ultima volta in cui Thorn vi era stato. E non intendeva quella al tempo dei crolli, ma l’arca in cui era inizialmente scappato dopo il suo matrimonio in una prigione del Polo. Per le strade c’era più disordine, vivacità e un’armonia di colori che non aveva mai visto. Eppure, constatò stupito, quel caos non era fastidioso né innaturale. Il venire meno delle imposizioni che avevano sempre costretto ogni cittadino a seguire un set prestabilito, regolare la propria vita sulla base degli ordini superiori e modellare il proprio essere su quello che si credeva giusto, aveva scatenato una sete di libertà che lo lasciò di stucco. Si traduceva in ogni gesto e parola, ogni nuovo edificio o accostamento di colori e abiti diversi, nei sorrisi più genuini e gli sguardi sereni. E non erano solo gli abitanti non natii, quelli che non aveva mai vissuto in un mondo con spiriti di famiglia e arche, ma anche i cittadini della vecchia Babel a rispettare questo nuovo ordine delle cose.

Thorn non sarebbe mai stato capace di dire chi aveva dato via a quel movimento, ma ognuno, a modo proprio, rispettava una nuova regola non scritta che dettava di essere se stessi e basta.

Babel era scomparsa e al suo posto era sorta New Babel.

Con sollievo, si rese anche conto che quell’eccessiva libertà non sfociava in un caos estremo.

Le strade erano piene di automezzi e pedoni che rispettavano le regole delle strada e coordinavano i propri movimenti alla perfezione; i negozi erano puliti ed eccentrici; le voci si mischiavano ma senza causare eccessivo disturbo. Sembrava che la nuova moda avesse trovato un proprio modo per non danneggiare troppo la pace o destare litigi. La nuova Babel era riuscita a rinascere facendo buon uso di regole antiquate, trasformandole.

Non era sempre stato così, però, gli aveva detto Ofelia, non appena aveva notato il modo in cui lo sguardo critico di Thorn si posava su ogni cosa e persona. La vita a New Babel nei primi mesi dopo la pace era stata molto più caotica e preda della disperazione. Tuttavia, l’operato di gente carismatica e positiva – persone che mai avevano pensato di approfittare del proprio talento per instaurare un governo monarchico o addirittura dittatoriale – aveva fatto sì che un nuovo ordine più libero si stabilisse. D’altronde, nessuno voleva che si formasse di nuovo una società che poneva alcuni prima di altri o limiti al proprio essere. L’egualità doveva essere rispettata in tutte le sue nuove forme. Tornare indietro al vecchio regime sarebbe stato ormai inconcepibile.

Allo stesso tempo, era stato un progetto utopico pensare che sarebbe stato facile entrare in quell’ottica e aspettarsi che tutti rispondessero allo stesso modo. Soprattutto, adattarsi fu difficile per chi proveniva da una vita di agi e pochissimi stenti, per chi era stato fin troppo contento della vecchia Babel e ora si trovava a dover condividere con persone che riteneva naturalmente inferiori. Osservando le strade era facile notare le nuove fazioni, la linea di confine tra i vari gruppi che non doveva essere valicata e il disprezzo negli occhi di alcuni.

Thorn non se ne stupì troppo. Era, per l’appunto, utopia credere che razzismo e pregiudizi non nascessero ancora e ancora. Per quel che lo riguardava, in quella nuova società preferiva passare inosservato e rimanere neutrale; voleva vivere con sua moglie e concentrarsi sui propri problemi senza curarsi di ciò che la gente attorno a lui dicesse.

Certo, era difficile per una figura allampanata e ingombrante come lui non farsi notare; in particolare, il suo apparente contrasto con Ofelia saltava subito all’occhio sui marciapiedi e più di una testa si voltò a osservare la coppia che passeggiava quella mattina. Ma non era anche quella una forma di libertà? Scegliere la persona da avere affianco senza dar conto a parametri dettati da altri o abitudini vecchie di secoli e secoli ne era la più grande manifestazione. E quindi i più non se ne curavano e andavano avanti con la loro vita, altri sorridevano incoraggiati dall’espressione felice sul volto della donna, mentre altri ancora si chiedevano come potesse accompagnarsi a un tipo così ombroso come lui. 

Per i due sposi, però, i sibili e gli sguardi non esistevano. Thorn preferiva concentrarsi sulla sua analisi della nuova società e sulla donna accanto a sé che quel giorno sembrava più solare che mai. Era davvero la prima volta che tornava a vederla così spensierata e contenta. L’ex-intendente dovette riconoscere che quello aveva tutta l’aria di essere un nuovo giorno per entrambi. Assottigliando lo sguardo e guardando molto in là, riusciva a vedere una nuova vita che li avrebbe accolti guariti e in finalmente in pace con se stessi.

Non era tutto perduto dopo tutto. Anche il gelido e ferito abitante del Polo cominciava a cogliere la speranza nei gesti quotidiani.

 

***

 

L’esplorazione vera e proprio venne rimandata al post-incontro con Octavio che, per gioia di quest’ultimo e Ofelia, filò liscio senza troppi intoppi.

L’Animista lo raggiunse sul luogo di lavoro dove quindi non ebbero modo di lasciarsi andare a chiacchiere vuote o convenevoli; attorno a lui tutti si stavano dando da fare e Ofelia non voleva arrecare troppo disturbo, soprattutto perché la presenza di Thorn aveva inevitabilmente fatto scendere un po’ troppo la temperatura.

Pur volendosi concentrare, infatti, l’uomo non ce la faceva a restare indifferente di fronte a quell’amicizia che si era consolidata tra i due. Sapeva di dover essere grato al Visionario per l’aiuto offerto, ma la sua gelosia era onnipresente. Di conseguenza, non furono pochi a lamentare mal di testa quel giorno in ufficio.

Quando infine ritornarono all’aria aperta, Ofelia sembrò entusiasmarsi ancora di più e, incrociando gli occhi del marito con i suoi coperti da lenti di un blu intenso che dichiaravano al mondo il suo stato d’animo, dichiarò l’inizio della loro avventura.

Passo dopo passo, viale dopo viale, Thorn rimase costantemente attaccato alla moglie. Più che scrutare ciò che lo circondava – aveva fatto un’attesa analisi già prima e la sua mente aveva memorizzato ciò di cui aveva bisogno – il suo sguardo seguiva ogni movimento di Ofelia.

La tenne per il braccio e le impedì di cadere ogni volta che metteva il piede in fallo; si assicurò che i loro corpi non sfiorassero accidentalmente quelli dei passanti più distratti come lei, seguendo sempre i percorsi che assicuravano più libertà di movimento. I suoi sensi rimasero tutto il tempo in allerta cosicché qualsiasi incidente sconvenevole potesse essere evitato. E ciò si manifestò inevitabilmente nella rigidità delle spalle e nella mascella serrata. Però la sensazione delle mani di Ofelia nelle sue riuscì a ricordargli perché si trovavano lì in quel momento, ogni volta che il fastidio sembrava impossessarsi di lui; il contrasto tra caldo e freddo dato dal palmo e dalle dita artificiali era diventato così naturale per lui che ormai vi trovava inconsapevolmente conforto. Tenendo dunque gli occhi sempre aperti, si lasciò condurre dall’Animista e il loro viaggio attraverso la città si trasformò piuttosto in un’occasione per lei di restare all’aria aperta e godersi la compagnia del marito.

Era tutto diverso ora che avevano valicato quella soglia e Ofelia non poteva e non voleva contenere la propria felicità. Ci stava riuscendo, stava dimostrando di essere una moglie adatta a Thorn. Giorno dopo giorno, sentiva il cuore di lui aprirsi nuovamente a lei – e solo a lei – e automaticamente le sue ferite si cicatrizzavano e i dubbi si affievolivano. E con la maggiore positività e determinazione che ora tornavano a caratterizzarla, sarebbe stato ancora più facile guarire a sua volta Thorn come lui stava facendo con lei.

 

***

 

Tornarono a casa relativamente tardi, quando il cielo aveva ormai cominciato a tingersi di rosa e arancione, e Ofelia si chiese dove il tempo fosse finito. Quella giornata era volata e lei non si era mai sentita così felice. Tuttavia, una volta rientrati in casa, l’atmosfera cupa e opprimente tornò a piombare su di loro. Mentre cenavano e in seguito pulivano, il silenziò regnò su di loro e lei non poté fare a meno di chiedersi cosa fosse andato storto o se, per caso, non fosse proprio la casa che portasse sfortuna – un’eventualità tra l’altro molto plausibile visto il precedente proprietario. Era come se lo stesso edificio imbottigliasse dentro di sé tutti i sentimenti negativi che per mesi i due sposi si erano portati dentro, come se l’Animismo di Ofelia non avesse contagiato solo i mobili, ma anche l’essenza stessa della casa.

Se davvero era quella la verità, era normale credere che vivere in quel luogo, con tutti i suoi ricordi spiacevoli, non aiutasse la loro guarigione. Eppure, non avevano dove altro andare – avevano già chiarito che era fuori questione trasferirsi in una delle loro arche natali – e soprattutto, la stessa casa conservava anche ricordi positivi.

Ofelia continuava a viaggiare con la fantasia, percorrendo lidi un po’ pericolosi, non rendendosi conto che la stessa atmosfera più lugubre era in parte provocata proprio da Thorn. L’ex-intendente, infatti, aveva fatto a sua volta fatto una propria analisi di quella gita all’esterno e il suo risultato non era stato poi così positivo, al contrario di ciò che aveva pensato qualche ora prima. Certo, gli aveva fatto piacere sentire il corpo di lei vibrare d’entusiasmo, ma allo stesso tempo aveva messo in evidenza un’altra profonda paura che celava dentro di sé; una che ora era così dannatamente difficile evitare e seppellire.

Quel silenzio che stava mandando in crisi la moglie era dato dagli ingranaggi della sua mente che cercava di capire come approcciare l’argomento, se era davvero una buona idea svelare quel timore – una volta tradotto in parole, sarebbe stato impossibile nascondere la verità – e se aveva il coraggio necessario per farlo. Thorn sapeva di doverglielo: Ofelia gli aveva confessato paura dopo paura e si era aperta a lui come un libro mentre lui ne aveva approfittato per accogliere ogni informazione come acqua nel deserto e, al tempo stesso, rimandare sempre di più il momento in cui avrebbe dovuto fare lo stesso. E anche se, in realtà, le aveva già comunicato una sua insicurezza, era tutto accaduto senza che lui stesso se ne rendesse conto. Era stato diverso. Non c’era voluto alcun coraggio.

Infine, alzando il viso verso di lei, notò il grigiore delle sue lenti e l’aria ora più adombrata che la circondava. Si accorse di aver mandato anche lei in una nuova spirale di dubbi, smorzando l’entusiasmo che l’aveva tanto caratterizzata e che lui aveva amato vedere sul suo viso. Decise dunque di interrompere quella situazione per il bene di Ofelia, più che per il suo. “Ofelia,” pronunciò con tono deciso, rivolgendole uno sguardo penetrante.

Lei sussultò leggermente e sgranò gli occhi nel leggere la determinazione sul suo viso. Allungò piano la mano verso quella di lui, coprendola – ma facendo sempre in modo che il movimento fosse chiaro – e non distogliendo mai lo sguardo.

Thorn si schiarì la voce, ma ancora nulla usciva. Il suo sguardo si faceva solo più penetrante e gli occhi si stringevano mentre cercava di infondersi coraggio da solo. L’orologio da taschino scattò più volte – utilizzò la mano sinistra per maneggiarlo, quella destra voleva lasciarla dov’era, sotto il caldo e rassicurante palmo di lei – e infine parlò. “Ofelia, credo che sia ora che tu sappia una cosa di me e decida di conseguenza come comportarti e cosa farne della nostra relazione.” Aveva formulato il tutto facendo sembrare l’intera questione più grave di quel che era, comportandosi in modo anche troppo formale e rigido per un argomento tanto importante quale il futuro della loro relazione.

In risposta, Ofelia sussultò ancora ed ebbe paura che Thorn volesse improvvisamente fare marcia indietro. Si chiese anche se fosse stata una buona idea portarlo fuori.

Era evidente, dal modo in cui quella conversazione era partita ed in cui entrambi avevano fatto le loro considerazioni affrettate e sbagliate, che per quanti passi avanti avessero fatto finora, avevano ancora bisogno di lavorare molto sulla comunicazione.

Ciononostante, Thorn continuò in quel suo modo neutro e formale, come se stesse leggendo un manuale, anziché essere sul punto di dichiararle una cosa importante. “Mi sono reso conto di essere inadatto a questa società ed è importante che tu ne sia messa al corrente, in quanto il nostro rapporto potrebbe risentirne.” A quel punto, Ofelia ebbe il sentore di quel che stava succedendo e trattenne il fiato, anche se continuava a non capire il perché dell’eccessiva serietà – maggiore della solita. “Il mio stesso essere ha sempre avuto difficoltà a integrarsi nella società e, con fatica, avevo conquistato il mio posto al Polo. Ho lavorato sodo per ottenere una posizione degna e, grazie anche alla tua presenza accanto a me, avevo raggiunto un livello di soddisfazione personale accettabile.” Mentre parlava teneva lo sguardo fisso davanti a sé, senza più incontrare quello della moglie che si trovava più in basso. “Ho osservato bene la società in cui oggi viviamo e ho contato i tanti modi in cui si è sviluppata ed è andata avanti in quest’ultimi due anni. Il risultato delle mie analisi mi ha dato una risposta chiara, che non lascia nulla al caso.” Fece una pausa e prese un grosso respiro prima di continuare e confessarle la parte più difficile. “Questo mondo è andato avanti e io sono rimasto indietro. Non sono più adatto a questa vita. Devi prenderne atto prima di portare il nostro rapporto a un livello successivo e agire di conseguenza.” Fuori sembrava perfettamente a suo agio e calmo, ma dentro sé stava pensando a quanto era stato davvero difficile cercare di mischiarsi quella mattina – e come non ci era riuscito. Si diceva che era stato facile vivere tra quelle mura finora, ma non avrebbe probabilmente mai imparato a inserirsi agli altri al di fuori di esse.

La sua maschera appariva intatta, eppure Ofelia non ebbe problemi a leggere la rigidità nelle sue spalle, la presa troppo ferrea sull’orologio, il modo in cui evitava ostinatamente il contatto visivo. Esalò tutto il fiato che aveva trattenuto finora e portò le mani tremanti alle labbra, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di rigarle il viso – lacrime di sollievo e di dolore allo stesso tempo.

Era sollevata perché comprendeva che Thorn aveva ancora tutte le intenzioni di restare con lei. Aveva lasciato a lei la scelta definitiva – o quella che lui credeva fosse la scelta definitiva. Provava dolore per ciò che il marito le aveva appena confessato e per l’enormità di quella paura. E nello stesso momento il suo corpo cominciò a tremare dallo sforzo. Stava cercando di rimanere seduta sulla sedia e non slanciarsi troppo, non gettargli le braccia al collo e bagnargli il colletto; le emozioni che le si agitavano dentro erano così disparate che la battaglia interna si stava manifestando proprio in quel tremore.

La cosa più importante era il constatare che Thorn aveva volontariamente fatto quel passo e, primo di lasciarsi andare a qualsiasi sentimento, lei doveva fare ciò che lui aveva già fatto in precedenza per lei: rassicurarlo, confortarlo, fargli capire che una paura non l’avrebbe allontanata. “Il mondo è andato avanti in questi due anni,” ripeté allora, la voce rotta dallo stesso fremito che ancora la scuoteva. “È andato avanti anche per me, nonostante io vivessi in quest’arca e fossi testimone dei suoi progressi.” Le labbra di Thorn formarono una linea rigida e la sua mascella si contrasse; sembrava stesse facendo uno sforzo per non contraddirla. Ofelia lo ignorò e riportò la sua piccola mano su quella di lui. “Eppure io non penso che sia questo un handicap, Thorn. Non è vero che sei inadatto a questa società. Io penso che questa sia solo una possibilità che ti è stata data.”

“Una possibilità,” ripeté lui, il tono di voce scettico.

Ofelia annuì e gli strinse ancora di più la mano. “Una possibilità per cominciare d’accapo e vivere una vita quanto più libera dai pregiudizi che hanno contraddistinto le nostre in passato. È la tua chance per crearti a tuo modo un nuovo posto… insieme a me.”

Scese ancora una volta il silenzio tra di loro. L’animista continuava a fremere mentre il marito a contemplare quel nuovo punto di vista che non aveva ancora preso in considerazione.

“Quindi scegli di restarmi accanto nonostante ciò che ti ho esposto,” disse infine, sempre logico. A lei venne quasi da ridere, ma gli fece solo un cenno del capo, ormai al limite. A breve si sarebbe mossa nonostante la mente le stesse dicendo che prendere alla sprovvista Thorn non era una buona idea. “Resterai accanto a me nonostante tutto,” ripeté lui una seconda volta, il tono sempre serio, ma tradendo il suo bisogno di rassicurazione; era così chiaro che dentro di sé le insicurezze fossero ancora troppe e aveva bisogno di quanto più incoraggiamento Ofelia potesse dargli.

“Sì, sei mio marito e ho promesso di restarti accanto perché è quello che voglio.” Dopo aver pronunciato quelle parole lei si rese conto di avere girato in tondo attorno al sentimento che provava per lui. Gli aveva ribadito indirettamente che lo amava ma non era stata capace di pronunciare quelle due paroline.

Thorn mosse il capo, annuendo, come se fosse semplicemente arrivato alla conclusione di un problema tecnico. Infine, portò la mano libera su quella che Ofelia aveva appoggiato su di lui e la guardò negli occhi, cercando di trasmetterle tutta la gratitudine che non poteva esprimere a parole. Lo stupì quel suo fremere che non accennava a smettere e si chiese se c’era ancora qualcosa che bisognava discutere tra di loro.

Ebbe la sua risposta un secondo dopo, quando Ofelia scattò in piedi, le dite ancora intrappolate a quelle di lui.

 

***
 

“Voglio abbracciarti,” dichiarò di getto e impacciata, pensando che un gesto così spontaneo e affettuoso sarebbe stato ancora più tale se non ci fosse stata la necessità di annunciarlo. Le guance e le lenti le si tinsero di rosso mentre pensava che la cosa era molto stupida e al tempo stesso essenziale. Lui si immobilizzò ancora di più, ma le diede il suo consenso. Un attimo dopo, il corpo caldo e minuto di lei lo stava stringendo il più forte possibile e lacrime salate gli stavano bagnando l’incavo tra il collo e la spalla.

Rimase fermo all’inizio, rigido e impacciato, non sapendo come muoversi e al tempo stesso grato per quel passo che ancora una volta lei aveva avuto il coraggio di fare al posto suo; grato di quel calore che lo stava invadendo in ogni sua particella e gli era mancato così tanto. Lentamente, anche le sue mani si alzarono, allacciandosi dietro la schiena di lei. Le sue lunghe braccia la coprirono quasi interamente, come a volerle fare da scudo, e la spinsero ancora più verso di lui, fino a quando Ofelia non si trovò letteralmente seduta sulle sue gambe. Lei pianse ancora più forte, leggendo in quel so gesto tutta la volontà che ci stava mettendo, e anche se questo abbraccio non somigliava per nulla a quelli che si erano scambiati una volta, prima che qualcun altro li dividesse, non poté che esserne felice.

Aveva dimenticato cosa si provava a stare tra le braccia della persona che contava per lei più di ogni altra cosa; aveva dimenticato quanto si stesse bene e, soprattutto, quanto si sentisse sicura stretta nel suo abbraccio.

Era per questo motivo che le sue paure le erano sembrate così insormontabili finora? Non ne avrebbe fatto più a meno allora. Avrebbe dimostrato a Thorn che un abbraccio era indispensabile tanto quanto il suo tocco al mattino.

Senza saperlo, nello stesso momento, anche Thorn stava pensando la stessa cosa. Tenerla stretta accanto a sé era una necessità che aveva dimenticato e alla quale aveva tutte le intenzioni di riabituarsi.





 


N/A: Anche se con una settimana di ritardo, ce l'ho fatta a pubblicare il capitolo. Dovete scusarmi, ma quando manca l'ispirazione e la testa è impegnata in altri problemi è difficile scrivere, soprattutto perché l'ultima parte di questo capitolo è stata particolarmente ostica. In pratica avevo era quasi interamente scritto per settimane, ma non riuscivo a finirlo. Purtroppo, questa è anche la mia unica storia in aggiornamento che sto scrivendo volta per volta - non ho capitoli in avanzo, in pratica. 

Spero che la mia descrizione di New Babel sia stata chiara, così come l'ultima parte in cui è Thorn ad aprirsi sul serio. Dal prossimo capitolo in poi ho in mente altri sviluppi. Ora non mi resta che mettermi a scriverlo. 

A presto e grazie a tutti coloro che seguono la storia e continuano a lasciarmi un pensiero o incoraggiamento! 💞

   
 
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