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Autore: Lilithan    24/11/2021    0 recensioni
Quando capì di essersi raffreddata abbastanza chiuse la finestra, prese un elastico e legò i capelli alla meno peggio, incamminandosi scalza verso la cucina al piano di sotto, con la testa troppo piena di pensieri per accorgersi delle lievi scottature che le lambivano caviglie e talloni.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nell’esatto momento in cui Serafina aprì la porta di casa, capì di essere condannata. Sua madre aveva tirato fuori le decorazioni natalizie e ne aveva già appese la metà, con Bianco Natale sparato a tutto volume.
“Bentornata tesoro! Che te ne pare? Quest’anno va di moda il dorato, non è fantastico?” disse la donna tutta eccitata mentre scendeva dalla scala di alluminio con Dio solo sa quanti led arrotolati addosso. Sconcertata ma divertita, la ragazza rise approvando le scelte della madre, chiedendo poi cosa ci fosse per pranzo, biscotti glassati a parte.
La signora Marta aveva adottato Seri quando questa non aveva ancora compiuto tre mesi. Era stata trovata una notte di dicembre in fasce ad una delle porte secondarie dell’ospedale. Nessun biglietto né altro, solo questo fagotto con la piccola adagiato a terra. Non poteva avere più di qualche giorno. 
Tutto molto poetico e vagamente inquietante.
Marta era di turno quella notte, faceva l’infermiera. Fu lei a trovarla e fu lei a prenderla con sé. Era stato amore a prima vista, lo aveva sempre raccontato così. Non che Serafina non si fosse mai fatta domande sulle proprie origini, su chi fossero i suoi genitori biologici, sul perché avesse gli occhi così scuri da non riuscire a distinguere l’iride dalla pupilla, o dei zigomi così poco pronunciati, una faccia ovale e non ben definita come quella di Carol, cose del genere. Semplicemente non aveva mai avvertito la mancanza di qualcosa, era Marta sua madre, l’unica famiglia di cui avesse bisogno e che voleva. Non le aveva fatto mai mancare nulla, anzi, a volte sembrava amarla anche troppo.
Capitava però, alcune volte, soprattutto nelle sere umide e ventose, che Serafina si guardasse allo specchio mentre intrecciava i capelli prima di mettersi a letto. Allora percepiva qualcosa di strano, come se la forza di gravità raddoppiasse improvvisamente, la temperatura salisse e l’oscurità l’avvolgesse. Quasi come se il buio stesso le si stringesse addosso. 
Durava poco, due minuti al massimo, bastava alzarsi in piedi, spalancare la finestra e farsi arrivare il vento gelido in faccia, respirare a fondo. Avveniva raramente, da sempre. Non ne aveva mai fatto parola con nessuno. Forse era un po' un'ansia inconscia, non lo aveva mai capito.
A questi momenti di inquietudine, si alternavano incubi particolari. Erano tutti molto simili, quasi uguali: si trovava in un luogo buio, sempre diverso eppure uguale, come una vecchia stanza di hotel in rovina che allo stesso tempo era una grotta, le stalattiti si confondevano coi lampadari, le rocce sembravano ora tavolini ora banchi ora divani di pelle consumata. Si guardava intorno perché si sentiva osservata notava poi una figura rannicchiata, di solito in un angolo, faticava a capire se si trattasse di una persona o un animale. Capiva che era qualcosa di vivo perché la vedeva tremare, non sembrava muoversi o produrre suoni. A quel punto si svegliava solitamente.
Da qualche settimana non andava proprio così: diventava più cosciente del proprio corpo nel sogno, sentiva di trovarsi al centro della stanza-grotta, cercava di avvicinarsi alla sagoma, per capire cosa fosse, voleva assolutamente capire cosa fosse. Percepiva lo sguardo della creatura, ma non riusciva ad incrociarlo. Avanzava di un passo ma respirare diventava difficile, si sentiva soffocare. Un fuoco si accendeva intorno a lei, accerchiando e avvolgendola. La figura si alzava, sembrava immensa, continuava a guardarla. Voleva aiutarla? Ma Seri non vedeva altro che fiamme, ascoltava le proprie urla mentre sentiva la propria pelle bruciare. Allora si svegliava in un bagno di sudore e indolenzita, si prendeva la testa tra le mani e pressava finché non sentiva male e capiva di essere tornata al mondo reale. Era d’obbligo una bella doccia fredda e della cioccolata calda.
Per Serafina era difficile parlare di questi sogni o di quelle sensazioni strane, poiché non ne capiva l’origine o il senso. Non ricordava quando fossero iniziati, inizialmente non le disturbavano il sonno. Inoltre era l’unico sogno che riusciva a ricordare così bene. Certo, fino a due mesi prima non prendeva mica fuoco, il sogno di solito finiva quando si rendeva conto della presenza della cosa. O forse era la cosa a rendersi conto della presenza di lei. Era una presenza costante. 
Alcune notti, dopo essersi svegliata, si chiedeva cosa potesse essere la cosa. Qualcuno che conosceva? Qualcuno che ricordava? E quella specie di stanza: c’era mai stata? Era un qualche ricordo distorto di un film visto da piccola?


Quel giorno di dicembre, dopo aver aiutato sua madre a finire le decorazioni di Natale anticipate e aver mangiato un boccone insieme, le due si separarono: Marta si era ritirata in camera a riposare, avrebbe iniziato il turno di guardia qualche ora dopo, Seri andrò dritta in bagno a fare una doccia veloce, che diventò una doccia rilassante che le portò via un’ora e mezza. Si sentiva stremata, gli occhi le si chiudevano da soli quasi. Maledetta acqua calda pensò, mentre infilava degli slip, una maglietta a caso e si buttava a letto. Dovrei asciugare i capelli. Forse. Forse no. Forse dovrei chiamare Carol e dirle di passare. Nah, il telefono è troppo lontano in questo momento. Dio, è davvero buono questo shampoo, ha un odore fantastico. Mentre pensava cose a caso, Seri prese sonno senza accorgersene.
   
 
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