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Autore: MollyTheMole    24/11/2021    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 21.1
Un uomo buono

 

 

La luce azzurrognola lo aveva avvolto. Ancora. 

Il giovane padawan aveva sospirato, provando a controllare le sue emozioni ed il suo cuore in tumulto. 

La visione era tornata di nuovo e non poteva farci niente. 

Cercò di perdersi nel flusso di quel sogno, provando a vedere dove l’avrebbe portato, ma come al solito lo lasciò sospeso in un limbo.

La luce azzurrognola continuava ad avvolgerlo, a tenerlo sospeso nel nulla. Non c’era niente, se non quel bellissimo riverbero cristallino del colore dell’alba che riempiva l’aria.

Poi era arrivata la voce.

Quella era la parte della visione che lo spaventava di più. Chiunque stesse parlando aveva una voce cavernosa e - aveva pensato Obi Wan - quasi minacciosa. Eppure non c’era minaccia nella Forza, o almeno così credeva. Non riusciva a capire in quale lingua parlasse o che cosa dicesse. I suoni che emetteva erano melodiosi, molto delicati, ma allo stesso tempo profondi e secchi, netti. 

Se non avesse avuto quella sensazione di disagio dentro, avrebbe quasi apprezzato la sua visione.

Si sentì precipitare nel vuoto e nel nero ed aprì gli occhi sul nulla.

Il buio gli diede alla testa e scattò a sedere, sentendosi cadere. 

Solo in quel momento si rese conto di essere nella sua stanza, a bordo della navetta, con le luci di emergenza accese sotto la scrivania e il nero della galassia fuori dall’oblò. 

Si passò una mano nei capelli, spossato. 

Anche quella notte non ci sarebbe stato verso di dormire.

Si stese nel letto un’altra volta e si mise a meditare.

 

Non ci sono emozioni. C’è solo pace.

Non c’è ignoranza. C’è solo conoscenza.

Non c’è tormento. C’è solo serenità.

Non c’è caos. C’è solo armonia.

Non c’è la morte. C’è solo la Forza.

 

Finì a fissare il soffitto sentendosi un pessimo Jedi.

Si alzò dal letto e si diresse verso la cucina, sperando che con una camomilla si sarebbe riaddormentato.

Quando fu in corridoio, però, ebbe la sensazione di non essere solo.

Un’altra presenza intrisa di dolore sordo era sveglia assieme a lui.

Lanciò uno sguardo in cucina, dove la duchessa sedeva rannicchiata sulla sedia di fronte ad una tazza fumante, la testa tra le gambe ed i capelli biondi che le cadevano sulle spalle. Obi Wan percepì chiaramente la sua aura, immersa di tristezza, stanchezza e profonda solitudine mista ad una gran voglia di piangere.

Bussò piano ed entrò.

La duchessa non alzò nemmeno la testa dalle ginocchia.

- Non sono l’unico a non dormire, stanotte.- disse, fingendosi allegro. 

Satine scosse la testa senza dire una parola. Se non avesse riconosciuto la sua Forza, si sarebbe chiesto se non si trattasse di un droide vestito come lei. 

Ah, già, il pigiama.

Obi Wan non aveva mai visto niente di così imbarazzante. Nemmeno i pigiami di lino succinti di Adi Gallia potevano reggere il confronto. La duchessa indossava un orrendo pigiamone di pile acquamarina fosforescente, troppo largo per lei e allo stesso tempo troppo corto, abbinato ad un terrificante paio di calzini rosa confetto a pois bianchi e a due spaventose ciabatte di feltro viola.

Dovevano essere le famose scorte di emergenza di cui aveva parlato.

Cercò di non sorridere mentre le si avvicinava.

- E’ camomilla?-

Satine annuì di nuovo.

- Ce n’è ancora?-

Stavolta scosse la testa.

- Che c’è, duchessa? Un gatto di Lothal vi ha mangiato la lingua?-

Stavolta Satine non rispose. 

Obi Wan sospirò e le diede le spalle per prepararsi la camomilla. La sentì sospirare a sua volta e notò con la coda dell’occhio che le spalle si incurvavano sempre di più e si stringeva le gambe al petto, come per proteggersi. 

Aggrottò le sopracciglia, pensieroso, mentre la sensazione di malinconia e disagio si impadroniva sempre di più di lui.

- Duchessa, state bene?-

A quel punto, Satine sollevò la testa dalle ginocchia e si asciugò gli occhi con la mano, provando a non farsi vedere.

- Sì, ho sempre sofferto d’insonnia. Non ci badate.-

Mentire ad un Jedi, poteva anche funzionare. Certo, era un rischio, ma un bravissimo attore poteva anche far cadere il suddetto Jedi in un tranello.

Mentire ad Obi Wan, però, specie se si trattava di emozioni, diventava molto complicato. 

- Duchessa, perdonatemi se vi chiedo di perdonarmi…- e riuscì a strapparle un sorriso triste.- Ma voi non state per niente bene. Per favore, non raccontatemi frottole.-

Satine rimase un poco in silenzio, osservando il ragazzo seduto di fronte a lei in attesa del fischio del bollitore. 

- No, non sto bene. Per niente.-

- Come mai?-

- Un commando armato ha ucciso mia madre davanti a me quando avevo otto anni. Un commando armato ha cercato di uccidere mio padre molte volte ed alla fine è riuscito ad avvelenarlo. Un commando armato ha massacrato quattordici persone, sei militari e un generale, per colpa mia. Un commando armato sta cercando di uccidermi e c’è l’alto rischio che usino la mia famiglia per ricattarmi. Ho ucciso un uomo…-

- Voi avete fatto cosa?-

Satine sobbalzò, come se il tono del giovane l’avesse ferita nel profondo. Lo guardò con gli occhi smarriti e pieni di lacrime.

- Voleva uccidere la mia famiglia. Aveva già ucciso mia madre. Non so che cosa ho fatto, non me lo ricordo, ma so che sono stata io.-

Obi Wan provò a fare due più due. Se Satine aveva ucciso l’uomo che le aveva ammazzato la madre, questo significava che, a meno che non si fosse rifatto vivo dopo molti anni, l’omicidio era avvenuto contestualmente alla morte di quest’ultima.

Satine, quindi, doveva avere avuto circa otto anni.

- Forza benedetta. Mi dispiace, non lo sapevo.-

Ma Satine sembrava non voler smettere più.

- La vedete questa?- disse, mostrando la contusione violacea sulla fronte. - Questa me la sono fatta ieri mattina, durante il massacro alla Fortezza delle Cascate.-

- Mi dispiace…-

- E’ stata la mandibola di una delle mie guardie. Gliel’hanno fatta saltare via dalla faccia con un colpo di fucile. Era diventato padre l’altro ieri.-

Il fischio del bollitore li distrasse. 

Satine tornò a posare la testa sulle ginocchia, singhiozzando sommessamente, mentre Obi Wan si versava la camomilla senza sapere che cosa dire.

Tornò a sedersi in silenzio, ma questa volta, invece che incrociarla dall’altro lato del tavolo, provò ad accomodarsi accanto a lei, cercando una connessione, un contatto.

Fu in quel momento che se ne accorse e gli venne una grande idea.

- Sono blu!-

La ragazza alzò lo sguardo acquoso, perplessa.

- I vostri capelli, sono blu!-

Satine si toccò le punte dei capelli come se le vedesse per la prima volta ed abbozzò un sorriso.

- Ogni tanto andavo a ballare, su Kalevala.-

- Perché non mi raccontate qualcosa del vostro pianeta? Tutto quello che ho visto è solo bianco.-

La duchessa parve riprendersi un poco. Obi Wan aveva letto che i Mando erano molto fieri del proprio sistema, che amavano molto il loro pianeta. Questo amore poteva essere vinto solo dalla grande forza del potere e dell’odio che provavano per il clan nemico o contro la Repubblica. Non volendo far confluire la conversazione sulla guerra, Obi Wan decise dunque di dirottare l’attenzione della ragazza sull’ambiente del suo pianeta natale. 

- Ora sembra ostile.- disse, guardando fuori dall’oblò e provando ad identificare Kalevala nel nero del cosmo.- Ma in primavera e in estate è tutto molto verde.-

Il padawan la ascoltò parlare del lago. Doveva essere davvero un bel posto. Immaginò quel lago dalle acque dense e calme che rifletteva esattamente il cielo estendersi fino all’orizzonte circondato da boschi e rocce, dietro dolci colline arate. Immaginò il maniero - Kryze Manor, non Kryze Castle - stagliarsi contro il cielo sulle sue rive, le vecchie torri e i mattoni antichi che cozzavano con il beskar e il vetro dei palazzi moderni. 

- Sembra un posto bellissimo.-

- Quando tutto questo finirà, se finirà, spero di potervi accogliere a casa mia. Siamo molto ospitali, noi Mando, quando non ci facciamo la guerra.-

Obi Wan scoprì che gli sarebbe piaciuto molto conoscerla meglio e la cosa lo impressionò. Non era da lui provare coinvolgimento per le persone che proteggeva, ma Satine aveva un modo così entusiasmante di descrivere il suo paese, il suo mondo, con gli occhi che le brillavano così tanto che il padawan non poteva fare a meno di essere affascinato dalle sue parole.

Comprese come mai Vizla - non ricordava il nome - la considerasse pericolosa per il suo regime. Aveva un modo di parlare ipnotico e molto intrigante.

O forse era solo la curiosità di un ragazzo che non aveva mai conosciuto il suo pianeta natio, a parte Coruscant. 

- Posso chiedervi un favore, padawan Kenobi?-

- Certo.-

- Troppe persone sono morte per me. Non aggiungetevi alla lista, vi prego. Quando sarà il momento, consegnatemi ed andatevene.- 

Obi Wan sgranò gli occhi.

E’ matta, per caso?

- No, duchessa, non posso promettervelo.-

La ragazza parve di nuovo sull’orlo delle lacrime, una brutta sfumatura verdognola sul volto.

- E’ mio dovere servirvi e servire la causa.-

- E allora perché non fate quello che vi dico?-

- Perché adesso siete stanca e spaventata, e piena di disperazione. Che cosa direbbe vostro padre, se sapesse che vi siete lasciata uccidere?-

- Non provate a toccare questo tasto, padawan.-

- Voi lo amate molto, si sente da come ne parlate. Sono certo che lui vi ami allo stesso modo. Perdervi sarebbe molto doloroso, non trovate?-

Questa volta, Satine tacque. Obi Wan aveva intuito che suo padre era un argomento sensibile per lei ed aveva provato ad usarlo. Quando parlava di lui, la ragazza si animava tutta e sembrava molto felice, nonostante il dolore aumentasse. Era evidente che non riusciva a perdonarsi il terribile attacco che aveva subìto, di non avere fatto di più per salvarlo.

- Potete fare qualcosa per lui. Andare avanti, sopravvivere. Tornare a casa.-

- A quale costo, padawan? A quale costo?-

I due rimasero in silenzio. Obi Wan, a corto di parole, agguantò una ciocca di capelli blu e li passò tra i polpastrelli.

Aveva i capelli morbidi e setosi. Sembrava di toccare veri e propri raggi di luce.

- Tutto bene, padawan?-

- Sì.- disse, cercando di cacciare indietro il rossore sulle guance.

Medita.

- Vostro padre approva?- disse, ammiccando ai capelli blu.

Satine sorrise.

- Ho usato le extension colorate per parecchio tempo. Poi, siccome non ne potevo più, per fare un favore ad un’amica me li sono tinti.-

Aveva mentito su sua sorella, mescolando verità e finzione con la piccola rivoluzione che aveva fatto a scuola, quando aveva colorato i capelli per Indila. 

Obi Wan parve confuso, ma non insistette oltre, rispettando la sua privacy.

Satine lo apprezzò molto e posò la testa sulle ginocchia, di nuovo, senza piangere più. Obi Wan, dal canto suo, continuò a giocare con i suoi capelli, le ciocche blu che accarezzavano le sue dita mentre le faceva scivolare tra di esse. 

La duchessa si strofinò gli occhi blu, rossi e gonfi, scostò i capelli dal viso e trasse un profondo respiro.

- Va tutto bene.- le disse il giovane padawan, cercando di tranquillizzarla.

- No che non va bene.- rispose lei, piccata.

- Intendo dire che adesso ci siamo noi. Meglio, c’è il maestro Jinn. Non per vantarmene, ma è uno dei migliori in circolazione, sono certo che saprà trovare una soluzione ai vostri problemi. Sempre che proprio non vogliate contare su di me e sui miei tre neuroni, beninteso.- disse, abbozzando un sorriso, lo stesso che comparve, seppur con qualche esitazione, sul viso della giovane ragazza.

- Avete ben più di tre neuroni, padawan.-

- Avete ragione. Io stesso me ne do almeno sei, ma se il mio maestro dice che sono tre è meglio non contraddirlo.-

Aveva un umorismo nero che a Satine piaceva. In qualche modo, andava a nozze con i suoi pensieri tormentati, e non mancava mai di tirarla su di morale. Nonostante l’aria un po’ malandrina, il giovane padawan sembrava sincero ed innocente, uno che diceva sempre - seppur con una grande attenzione per le parole - quello che pensava. 

Pensò che fosse carino, educato ed una brava persona.

Cambia argomento.

- Vi ho svegliato io?-

La domanda arrivò senza preavviso ed il padawan fu distratto dai suoi vaghi - nonché strani - pensieri sulla sensazione che gli dava stringere i capelli della duchessa tra le dita.

Medita.

- No, ultimamente dormo male.-

- Come mai? Se posso chiedere, ovviamente.-

- Adesso chiedete voi il permesso?-

- Volevo solo essere educata.-

Ad Obi Wan scappò una risata quando lei ripetè le sue stesse parole.

- Punto per voi. A dire il vero, non lo so. E’ un po’ che continuo a fare sogni strani. Il mio maestro dice che sono visioni, ma finché non capisco in che lingua parla, la mia visione, temo di non poterne venire a capo.-

Satine aggrottò le sopracciglia, pensosa. 

- Posso aiutarvi? In fondo, voi avete aiutato me e ormai è quasi mattina, non credo che avremo molto tempo per riposare.- 

Con uno scatto fulmineo, Obi Wan guardò l’orologio digitale sulla parete e si rese conto che, se non fossero stati nello spazio, ormai sarebbe stata l’alba. 

- Non mi ero reso conto che fosse così tardi.-

- In verità, avete dormito un bel po’.- disse la ragazza, tirandosi indietro i capelli biondi sfumati di blu.- Quando sono venuta qua era già notte inoltrata e voi siete arrivato molto dopo.- 

Sapere di aver riposato per buona parte della notte lo faceva sentire rincuorato, anche se non del tutto soddisfatto.

- Quindi, la vostra visione?-

Si sentiva a disagio a raccontarle qualcosa di così privato, ma decise di provare a fidarsi. Le raccontò della luce e della strana voce che sentiva dentro la testa, e della sensazione di disagio - non seppe definire se positiva o negativa - che gli stringeva lo stomaco ogni volta che la visione compariva.

- Avete detto che parla in una lingua strana?-

- Diversa dallo Standard, sicuramente, e forse anche arcaica. Ha moltissime sibilanti, ma anche parole composte solo da vocali. Non saprei dirne il significato, però.-

- Potete provare, se non altro, ad imitarne il suono?-

Obi Wan ci pensò un po’ su, coprendosi la bocca con la mano.

- La prima parola è piena di esse. Una cosa tipo sirisin, o qualcosa di simile. La seconda invece è tutta vocali. Aioshi… Non saprei proprio.-

E si sentì un cretino che faceva versi insulsi di fronte alla duchessa di Mandalore. 

Satine serrò le labbra e scosse il capo, mesta.

Poi, improvvisamente, un pensiero le attraversò rapido la mente.

Ma non poteva essere vero. 

Vero?

- Cin'ciri oyayc?-

- Come?-

- La parola, è per caso cin'ciri oyayc?-

Obi Wan spalancò gli occhi.

Se da una parte quella era di sicuro la parola che aveva sentito nel sogno - il giovanotto ne era più che certo - dall’altra non riusciva a capacitarsi di come Satine facesse a saperla. 

- Come avete fatto?-

- In verità, è curioso.- disse lei, accoccolandosi meglio sulla seduta, lo sguardo improvvisamente luminoso e l’intelligenza viva dentro i suoi occhi.

- Molto curioso.-

- Che cosa è curioso?-

- Cin'ciri oyayc. E’ Mando’a. Significa ghiaccio vivo.-

Il padawan rimase a guardarla senza capire.

- E che vorrebbe dire?-

- E’ questo lo strano.- fece lei, i suoi pensieri contorti che cominciavano a prendere forma ed una brutta sensazione di amaro che le saliva alla gola.- E’ un nome. Un epiteto, per la precisione, dato ad un candidato al trono di Mandalore.-

- E a chi?-

Satine lo guardò dritto negli occhi grigioverdi, cercando una reazione.

- A me. Sono io il Ghiaccio Vivo di Kalevala.-

Da una parte, Obi Wan non riusciva a capire come avesse fatto a non arrivarci subito. In fondo, che lei fosse fatta di neve o ghiaccio era un pensiero che gli aveva attraversato la mente non appena l’aveva vista. Era più che logico che qualcun altro c’avesse pensato prima di lui. Quello che invece non riusciva proprio a capire era come mai quella parola e quella luce avessero tormentato i suoi sogni per mesi, ormai. Tutto era cominciato molto prima che ricevessero la chiamata di soccorso e forse la Forza aveva fatto in modo di fargli incrociare il cammino della duchessa quando lui non era riuscito ad andare da lei seguendo le visioni.

Perché la Forza aveva voluto condurlo da Satine Kryze?

- E la luce bianca?-

Gli occhi di Satine, questa volta, sembrarono sorridere.

- Beh, se è davvero tutto legato a Mandalore, quella potrebbe essere un po’ più complicata da spiegare.-

- Che cosa è complicato?- fece il maestro Qui Gon, entrando dentro la cucina con i capelli un poco arruffati per il sonno.

- Oh, niente. Discutevamo di lingua mandaloriana.-

- Non ne so molto. E’ camomilla?- disse, dando un’occhiata agli avanzi dentro il bollitore.

- Sì.-

Qui Gon sbuffò e poi guardò male il suo padawan.

- Hai svegliato la duchessa, Obi Wan?-

- Veramente, sono stata io a svegliare lui, temo.-

- Ci siamo svegliati insieme. Io avevo le visioni e lei… Beh, lei…-

- Io soffro d’insonnia da sempre, e in particolare in questo momento devo dire che ho i miei motivi per avere paura di chiudere gli occhi. E mi manca molto casa mia. Questo, però, voi lo sapete già, vero?-

Qui Gon la guardò più dolcemente, adesso.

- Certo.-

Il cavaliere Jedi si sedette a tavola, preparando la colazione per tutti. Satine aiutò anche se non aveva appetito, ed Obi Wan invece contribuì a sopperire alla carenza di fame. La quantità di cibo che il giovanotto era capace di ingurgitare era pari solo a quella che riusciva a consumare sua sorella Bo. 

Questo, però, aveva il vantaggio di mangiare in modo più civile e composto di lei. 

Mentre sbocconcellava la sua colazione, Satine si chiese per quale assurda congiunzione astrale ciò che aveva cominciato a credere che non sarebbe mai accaduto stesse accadendo.

Perché stava accadendo, vero?

Kar’jag. L’Uomo delle Stelle.

Un Jedi.

Non era possibile.

Doveva sicuramente esserci un’altra spiegazione, anche se tutto il ragionamento sembrava già filare così.

Il senso di familiarità ed un paio di occhi grigioverdi che non sono mai riuscita a dimenticare da quando Nebrod me li ha mostrati anni fa.

Ho poco tempo da vivere ed infatti ho i terroristi alle costole e una guerra civile imminente a minacciare me e la mia famiglia.

Avrei portato nel cuore un solo uomo, con poco tempo a disposizione è più che logico.

Lui viene dalle stelle e lì ritornerà perché appartiene alla galassia, come un Jedi che deve proteggerla e portare pace.

Ci ameremo per sempre, ma non sarà mai mio, perché il suo destino di cosmonauta glielo impedisce, per non parlare dei Mando che farebbero volentieri la festa a tutti e due se si venisse a sapere che la duchessa ha una relazione col nemico.

Certo, Obi Wan poteva avere interpretato male le sue parole. In fondo era andato a senso, ed aveva individuato nel suo epiteto la frase che la voce gli ripeteva, ma poteva essersi sbagliato. 

Poteva essere un caso.

Siamo noi i padroni del nostro destino. Nebrod non è mai stato chiaro e parte di quello che ha detto nei secoli non si è mai avverato. Siamo noi a decidere.

Per cui, si stampò un sorriso sul volto, cercando di mascherare le sue emozioni di nuovo in tumulto, e si sforzò di mangiare di più su esortazione del maestro Jinn.

Avrebbe lasciato correre. Se ne sarebbe infischiata.

Quello che deve accadere, accadrà da solo.

Mentre masticava un po’ di pane tostato, però, non potè fare a meno di pensare che, se fosse stato vero, il destino pareva divertirsi a farsi beffe di lei. 

 

***

 

NOTE DELL’AUTORE: Il mantra è una traduzione dall’inglese - più o meno pedestre, giudicate voi - del Codice Jedi originale. 

Per il resto, essendo la storia un po’ lunga, ogni tanto ripeterò in modo chiaro gli eventi precedenti per non far perdere il senso logico del racconto. Non arrabbiatevi, dunque, se troverete qualche ripetizione di eventi passati. E’ una tecnica che uso soltanto per rendere ogni capitolo fruibile a tutti.

Da adesso in poi, per caratterizzare Obi Wan e Qui Gon, inserirò riferimenti principalmente alla serie Jedi Apprentice, che però ho letto nel Mesozoico e in inglese, quindi può essere che la mia personale interpretazione degli eventi si discosti un poco dalla trama (e dalla lingua) originale. 

Detto questo, il modo di fare amicizia dei Jedi è un po’ strano. Forse, però, tutto l’Ordine è un po’ strano. Qualche problema l’Ordine dei Jedi ce l’ha e l’ha dimostrato. 

Di sicuro un problema ce l’hanno Obi Wan Kenobi e Satine Kryze, il primo perché è un diciottenne invaso da ormoni impazziti e non sta capendo assolutamente nulla di quello che gli sta capitando, e la seconda perché forse ha capito fin troppo.

E perché i suoi pigiami sono terrificanti.

Embeh? Solo io devo andare in giro per casa col pigiama coi gufetti?

 

Molly.

  
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