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Autore: Lisaralin    24/11/2021    2 recensioni
Cosa hanno in comune una ladra halfling e il mago più egocentrico della Costa della Spada? Quasi nulla, e infatti le loro strade si dividono presto. Ma lei gli lascia un regalo di addio.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alora, Edwin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Costi di rappresentanza

 

Il regalo di addio di Alora è la goccia che fa traboccare il vaso.
L’insulto supremo.
La stilettata in mezzo alle scapole, il cane rabbioso che azzanna la mano del padrone colpevole soltanto di averlo nutrito con amore.
“Piccola ragazzina ingrata. Ladruncola da quattro soldi. Ti credi arguta. Ti credi divertente. Sei solo la più viscida delle serpi!”
Le nocche di Edwin sono sbiancate a forza di stringere quella dannata boccetta. Immaginare il collo sottile della piccola halfling al posto del contenitore di vetro blu gli provoca un certo tetro conforto. Solleva il braccio per scagliarla a terra, per frantumarla in mille pezzi come lei ha appena fatto con il loro sodalizio d’affari.
È partita prima dell’alba, da sola. Senza nemmeno la decenza di un ultimo saluto.
“Con tutte le volte che ho salvato le tue mani grassocce dalla mannaia del boia. E quando sei caduta dal terzo piano della villa del duca Eltan? Senza il mio Pelle di Pietra staresti ancora elemosinando i soldi per farti riattaccare le gambe da un chierico! La gratitudine non è più di moda al giorno d’oggi. Come se fossero in molti a potersi vantare di avere un Mago Rosso per…”
Il diluvio di parole si strozza in una risatina gorgogliante, sputata fuori dal fondo della gola insieme a tutto il suo disprezzo.
Quante sciocchezze.
Il braccio del mago si abbassa lentamente. Scuote la testa, si impone di respirare con calma. Non c’è bisogno di tante scenate. Sta attribuendo troppa importanza a una creatura che nella sua vita ha avuto lo stesso impatto di uno schizzo di fango sugli stivali. 
Pian piano il calore defluisce dal viso, le dita allentano la presa.
I denti digrignati lasciano il posto a un sorrisetto di superiorità.
Non le darà nemmeno la soddisfazione di distruggere il suo dono. Meglio venderlo alla prima bancarella che capita, come si fa con la bigiotteria qualunque.
Tanto si trova sempre qualche giovane maghetto da strapazzo, ansioso di impressionare i suoi maestri, pronto a pagare fior di monete d’oro per una Pozione di Astuzia della Volpe.

***
 

La pergamena emette un suono gradevole quando la srotola, un crepitio che somiglia allo scoppiettare sommesso di un falò da campo. La carta è antica, ma spessa e resistente. Sicuramente trattata con mezzi magici.
Nessuna meraviglia: in fin dei conti l’hanno rinvenuta nel sepolcro di un lich.
Gli angoli sono ingialliti dal tempo, ma i glifi e le rune scintillano vividi come se l’inchiostro usato per tracciarli fosse ancora fresco di calamaio. I disegni sono realizzati con la cura maniacale di un maestro miniaturista, piccoli capolavori artistici che i collezionisti di Athkatla come il vecchio Pimlico pagherebbero a peso d’oro.
Non che Edwin si consideri un grande mecenate delle belle arti. Dipendesse da lui, non ci penserebbe due volte a far esplodere quel tesoro inestimabile in una palla di fuoco se ciò servisse a svelarne i segreti. A trasferire il potere sigillato nell’inchiostro dentro la sua mente e lungo le sue dita.
Il mago si strofina le tempie e lascia andare un lungo sospiro di stanchezza. Al lato dello scrittoio, lo stoppino della candela è quasi annegato in un lago di cera. Edwin agita le dita con stizza e subito quattro globi fluttuanti appaiono intorno alla sua testa, gettando una tenue luce bianca sul letto sfatto e sui pochi mobili della stanza che ormai inizia a odorare di chiuso e di sudore.
“Maledette limitazioni umane”, borbotta, stropicciandosi gli occhi.
Nessuna delle caratteristiche fisiche degli esseri umani si presenta particolarmente adatta allo studio intensivo della magia. Vista debole, ore e ore sacrificate al sonno, vite di durata infinitesimale. Nessuna meraviglia che la maggior parte dei grandi maghi della storia siano elfi.
“Agli orecchie a punta piace vincere facile. Ma adesso vedremo chi è il migliore. A noi due, stupida pergamena.”
Il problema che giace di fronte ai suoi occhi stanchi non può certo essere condiviso con gli altri membri del suo gruppo. Ecco la ragione della porta chiusa a chiave: fosse mai che a una di quelle scimmie ammaestrate venga in mente di salire a curiosare e lo sorprenda con le occhiaie fino al mento e lo sguardo lucido di sfinimento. Un Mago Rosso del Thay ha degli standard da mantenere.
I costi di rappresentanza di un dio sono elevati”, scriveva un antico poeta.
Sarebbe davvero imbarazzante se il ranger depresso o la ladra ninfomane venissero a sapere che lui, il grande Edwin Odesseiron, l’evocatore più brillante della Costa della Spada, non riesce a leggere una stupida pergamena di nono livello. Peggio che imbarazzante. Sarebbe la fine della sua reputazione da mago.
Sa che il suo tempo è agli sgoccioli. Il Figlio di Bhaal e i suoi patetici amici hanno già iniziato a tartassarlo di domande su quando potranno vedere “il nuovo incantesimo”.
“Una magia di quel livello ci sarebbe estremamente utile se vogliamo affrontare il Trono di Ferro nel suo stesso covo!”
Edwin ha già accampato tutte le scuse reperibili nell’inventario della sua fantasia. Le ha erette una ad una come barricate di fronte all’avanzata del fallimento. Le ferite dopo lo scontro con i basilischi, gli incantesimi protettivi che sigillavano la pergamena e che lui ha abilmente disfatto uno per uno, i glifi attivi solo con la luna nuova…
Prosciugate le idee, esaurite le menzogne, tutto ciò che gli resta adesso è il cervello surriscaldato nella scatola cranica e il fumo che gli sembra sgusciare in folte nubi nere fuori dalle orecchie.
Lo spettro di soluzione che aleggia da qualche ora in mezzo a tutta quella nebbia è troppo sgradevole per essere considerato a mente lucida. Furente, tenta di respingerlo ancora una volta oltre i margini della sua coscienza. Senza successo.
Gli sembra di percepirne il peso alle sue spalle, all’interno della bisaccia abbandonata sul letto. Un magnete che cattura inesorabilmente i suoi pensieri confusi, seducente come il canto di una sirena.
Non ha più la forza di tapparsi le orecchie con la cera. L’ha finita ore fa, insieme alle scuse e alle menzogne.
La sedia di legno si ribalta di colpo. Edwin è saltato in piedi senza nemmeno accorgersene; le mani scostano le lenzuola e frugano nella bisaccia con la stessa foga con cui, in tempi migliori, scioglierebbero i lacci del corsetto di un’amante.
La boccetta blu adesso scintilla beffarda alla luce dei globi fluttuanti.
Non l’ha più distrutta, alla fine. Né venduta. Ha finito semplicemente per dimenticarsela in mezzo alle cianfrusaglie, tra i componenti degli incantesimi e i taccuini di appunti che negli anni hanno fatto il nido sul fondo della sua borsa.
Solo un mago alle prime armi o privo di amor proprio ricorrerebbe a una pozione per amplificare temporaneamente la propria intelligenza. O un mago molto, molto disperato.

Alora lo conosceva a tal punto da immaginare che prima o poi avrebbe ceduto alla tentazione di usarla? Lo riteneva così debole?
“Hai immaginato male, piccola halfling ingrata. Non è tentazione. Né debolezza. È questione di vita o di morte. Ma tu che hai sempre strisciato nel fango non puoi comprendere le questioni che angustiano chi si erge al di sopra del cielo.”
Stappa la boccetta con l’intento di trangugiarla tutta in un sorso, come con gli alcolici più pungenti.
Non la accosta nemmeno alle labbra. Qualcosa gli è rimasto impigliato tra le dita: un minuscolo pezzetto di pergamena scivolato da sotto il tappo di sughero.
Lo srotola con cautela, aggrottando le sopracciglia.
La grafia rotonda e infantile di Alora lo colpisce come un dardo incantato.

 

“Ehi! Ce ne hai messo di tempo!
In fondo meglio così, vuol dire che almeno per un po’ non sei andato a ficcarti in guai più grossi del tuo ego come fai sempre.

Spero che questo regalino possa salvare le tue chiappe foderate di rosso ora che non ci sarò più io a farlo.
Ma chissà, le nostre strade potrebbero tornare a incrociarsi un giorno. Ci spero.
Forse non mi interessano le stesse cose che cerchi tu dalla vita, ma stai pur certo che mi mancherai moltissimo.
E ti voglio bene anche se sei il pallone gonfiato più colossale e mastodontico che io abbia mai conosciuto.
Baci,
la piccola halfling ingrata.”



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Nota: La citazione del testo è di Heinrich Heine (riportata a memoria perchè non ricordo l'opera di provenienza, my bad!).
 
  
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