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Autore: FedeRicaaStyles    25/11/2021    0 recensioni
Mentre le palpebre avanzano verso la timorosa discesa agli inferi, nel sonno di cui Morfeo fa da padrone assieme ai suoi demoni, ecco che nella sua mente si profilano una coltre di capelli rossi e due occhi azzurri. E Dazai sa già che, anche quella notte, non avrà vita facile.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[...] Now I've got that feeling once again,
I can't explain, you would not understand.
This is not how I am.
I have become comfortably numb.

 

Cos'è un corpo se privato della sua anima? Un guscio vuoto, potremmo dire. Un enorme spazio privo di qualsivoglia sussistenza, un mondo irreale, forse, o forse ancora reale e mai esistito. Può tutto ciò mai essere possibile, avere un benché minimo senso?

Chūya Nakahara, all'età di 18 anni, non se ne cura. Vede il mondo alle sue spalle correre via in un moto frenetico e senza fine che quasi compete con il caos inalterabile che è la propria mente. Pensa, risponde, annuisce, esegue. È questo quel che si ripete ora dopo ora, giorno dopo giorno nel tumulto convulso della propria essenza. Un automa perfetto, statico nella sua paradossale dinamicità.

Dazai Osamu, a 18 anni, inizia a rivalutare la propria esistenza su questa terra. Amante dei suicidi mal riusciti ha il coraggio di prendere in mano la sua vita e cambiarla drasticamente. Si lascia alle spalle un enorme vuoto e, assieme ad esso, luoghi, ricordi, persone. Non se ne avvede o, forse, non vuole farlo.

È una gelida mattina di fine dicembre a Yokohama, l'aria si addensa in una brina leggiadra e tutto appare nella norma. C'è gente che si affretta con sguardo assente sulla via del ritorno, gente che schiamazza, qualcuno sorride. Tutto perfettamente normale, tutto perfettamente ordinario, intangibile.

-Fanculo.- digrigna a denti stretti Chūya mentre osserva dal davanzale del proprio appartamento la vita scorrergli affianco senza sfiorarlo. -Fa tutto fottutamente schifo.-

Quel che non ammette, Chūya, è che vorrebbe essere strappato via violentemente da quello stato di alienazione che lo tiene ancorato al suolo e non gli permette di risalire in superficie. Quel che non ammette, Chūya, è che vorrebbe essere travolto appieno da quella normalità che osserva distante, da quella ordinarietà, da quello schifo. Eccome se lo vorrebbe.

-

-Ohi, levami le mani di dosso, mummia.- ringhia il più basso mentre cerca di accaparrarsi l'ultimo pacco di patatine in alto sulla credenza.

Alle sue spalle sorride Dazai, consapevole che il rosso non reggerà a lungo quel gioco sfuggevole e vano. Sorride, Dazai, conscio che Chūya non sappia resistergli, non voglia resistergli.

Così gli stringe maggiormente il corpo minuto, facendolo aderire perfettamente al proprio. Assieme si plasmano, si fondono.

-Sicuro?- gli soffia vanaglorioso in un orecchio.

Ed ecco che la corda si spezza, il dado è tratto.

Finiscono per fare sesso tre volte, quel giorno. Lì in cucina, sul letto, nel box doccia. D'altronde, che male c'era? Era solo del sano sesso, no?

Eppure le mani si cercano, le labbra sussurrano ciò che agli altri deve rimanere taciuto, gli sguardi dissimulano quella realtà tanto bella quanto effimera, tanto bella quanto crudele.

-

Da quando Dazai ha lasciato la Port Mafia ha in mente un solo scopo e ad esso si aggrappa disperato per non lasciarsi cadere nel baratro di quella sua misera esistenza: stare dalla parte del giusto. 

Che poi, se ci riflette un attimo, cosa è veramente giusto? 

Dazai non lo sa. Non ha certezze, vede la sua vita sul lastrico mentre continua a rifilare sorrisi stanchi a gente che non desidera altro. Cercano tutti, pretenziosi, la facciata dell'uomo che più aggrada al loro essere, e chi è Dazai per tirarsi indietro? D'altronde, si ripete, deve stare dalla parte del giusto. E allora ancora, cosa è veramente giusto?

-Perseguire il proprio ideale senza alcun pentimento.- gli risponderebbe quell'idiota di Kunikida, suo nuovo partner. O ancora, probabilmente, sentirebbe la più quotata ed intramontabile -Dare aiuto a chi ne ha bisogno.-

-E se fossi io, ad averne bisogno?- pensa, con gli occhi che si fanno sempre più pesanti. La notte non dorme e, se lo fa, sono per lo più incubi inquieti ad accoglierlo.

Cosa è veramente giusto?

E mentre le palpebre avanzano verso la timorosa discesa agli inferi, nel sonno di cui Morfeo fa da padrone assieme ai suoi demoni, ecco che nella sua mente si profilano una coltre di capelli rossi e due occhi azzurri. E Dazai sa già che, anche quella notte, non avrà vita facile.

-

-Chibikko, mi annoio.- sospira rassegnato Osamu mentre fa ondeggiare le gambe oltre il container sul quale è seduto.

-Non è un mio problema, sgombro.- gli ringhia contro l'altro. -E ricorda che è colpa tua se siamo rinchiusi in questo fottutissimo magazzino da più di tre ore.-

-Oh andiamo, pensavo ci mettessero molto meno ad arrivare. Che ne dici di fare un po' di movimento per ingannare l'attesa?- gli sorride malizioso il primo.

-Giuro che se non chiudi immediatamente quella b-

Chūya non riesce a portare a termine la frase poiché dall'esterno si avvertono passi pesanti giungere nevrotici, accompagnati da un chiacchiericcio fin troppo animato e da un paio di colpi di pistola.

-Ci siamo.-

Si guardano negli occhi, annuiscono e, in un tacito accordo, corrono via da quel posto fatiscente per sfilare in una danza macabra tra le strade del quartiere abbandonato facendo cadere in una sequela irrefrenabile uno, due, trenta uomini. Si muovono coordinati, coprendosi le spalle a vicenda e inconsapevolmente quasi l'avessero fatto per tutta la vita.

-Come sempre, ho avuto ragione. Mi devi mille yen, chibi-chū.- lo canzona Dazai sfilandogli il cappello dalla testa e calandolo sulla propria.

-Sei dannatamente raccapric- ma ancora, per la seconda volta, il giovane non fa in tempo a concludere la frase che il rumore sordo di uno sparo lo interrompe bruscamente.

Dazai si blocca e, prima che un secondo colpo possa fendere nuovamente l'aria, rimuove meccanicamente la propria pistola dalla fondina e spara tutti i colpi che gli son rimasti contro quell'unico bersaglio, finché esso non cade a terra inumano.

Dopo di che, si fionda sul compagno riverso per terra in una pozza di sangue che si fa sempre più ampia.

-Chū, cazzo, ti prego, dimmi che stai bene. Chūya ti prego, dannazione. Dimmi che stai bene, dimmi che stai bene.- continua a ripetere in un mantra incessante Dazai.

Ma Chūya non avverte altro che dolore. La ferita è viva, infiamma, gli si irradia in tutto il corpo e lo rende inerme. Percepisce tutto in ritardo, dalle mani di Dazai che lo trascinano sino ad un vicolo buio alle sue parole confuse, terrorizzate.

-Chū, resisti, ho chiamato Higuchi e a momenti sarà qui. Ti prego Chū, resta sveglio, non lasciarmi. Resta con me, ti prego.- gli ripete Dazai, ancora e ancora, frattanto che lacrime e gocce cremisi diventano un'unica miscela efferata e letale.

Ma Chūya è distante e le ultime cose che percepisce prima di cadere in un sonno di cui non avrà memoria sono le labbra di Dazai sulle proprie ed un'unica frase.

-Sono con te, non ti lascio.-

-

Quando Chūya ripensa a quella notte vorrebbe urlare a pieni polmoni, strepitare, dimenarsi e invece l'unica cosa che fa è ridere beffardo, sinistro.

-Non mi lasci? Davvero, Dazai? E allora dove cazzo sei?- 

Quando Dazai ripensa a quella notte vorrebbe urlare a pieni polmoni, strepitare, dimenarsi e invece l'unica cosa che fa è avvertire conati di vomito stringergli il petto e lo stomaco in una morsa gagliarda. 

Quella è stata la notte in cui Dazai ha realizzato di amare Chūya.

È un codardo, se lo ripete ogni giorno.

La sua coscienza è nera, macchiata di colpe e peccati che non espierebbe neanche in due vite, eppure sa che in mezzo a tutto quel nero è riuscito a non soffocare solo grazie a lui, quel lui che sta evitando da mesi pur di saperlo al sicuro, pur di non mettere nuovamente in pericolo la sua vita, soffrendo come un cane ma facendoselo andar bene perché lui è più importante.

E cristo, quanto vorrebbe baciarlo, sfiorarlo, farlo suo ancora una volta. Ma non può, lo sa bene. E allora dice a se stesso di aspettare, e ancora, e ancora. Giù altre compresse, il cervello in subbuglio, la gola stretta in un nodo inestricabile  che graffia e pulsa e fa male ma di un dolore necessario a non lasciar correre via dal proprio volere neanche una lacrima.

Soffre, Dazai, mentre con la mente viaggia all'interno di quella camera in cui Chūya è riverso sul proprio letto, a metà strada fra il mondo reale e quello onirico.

Soffre, Chūya, mentre con sguardo vacuo percorre ogni centimetro di quella stessa stanza. L'azzurro dei suoi occhi ormai spento, disilluso dal reale. 

È già l'alba quando la rabbia sfuma via, quando ogni dolore cessa indefesso la propria corsa e lascia spazio alla stanchezza. Appare già Aurora dalle dita rosee quando ogni remora cede il passo alla tranquillità, a quel piacevole intorpidimento che durerà solo qualche ora, prima che i due giovani debbano nuovamente alzarsi e recitare ognuno la propria parte, come in una commedia, come in una tragedia.

E allora cala il sipario, gli attori sono pronti, ed ecco che si entra nuovamente in scena.

  
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