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Autore: ruka_019    25/11/2021    2 recensioni
Emma, Ray e Norman un anno e mezzo dopo essersi rincontrati, vivono in un proprio villaggio con tutta quanta la loro famiglia. Emma è ancora senza memoria, ma i suoi ricordi vivono di quelli dei suoi compagni. Tra le montagne, in normali giornate, alle prese con la vita di studenti e studentesse in un mondo dove sono al sicuro, molti di loro ancora riportano nella mente ferite di un passato che non riescono a dimenticare.
Dal testo:
"La giornata al Villaggio inizia alle sei in punto con gli orologi di tutti gli chalet che risuonano per le pareti in legno e i camini a sbuffare fuori fumo, anche in primavera. Chris non ha perso l'abitudine di gridare l'orario di sveglia, correndo in giro e dimenticando di mettersi i vestiti pesanti passando da struttura a struttura, collezionando così sgridate e raffreddori. Usciamo per fare colazione già vestiti, Ray ci mette sempre un po' di più ad alzarsi dal letto, conto i minuti per capire che tipo di giornata sarà oggi. Gli ci è voluto un quarto d'ora. La media è di otto minuti."
Note: LGBTQ+; omofobia/transfobia tra personaggi; salute mentale (PTSD, depressione, disturbi alimentari, disturbi d'ansia)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Emma, Norman, Nuovo personaggio, Ray
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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WARNING: suicidio

So let me fall, let me break

Under everything unsaid

Just let me die 'cause I can't take

Living with what's in my head

If I surrender, surrender

to the monsters in me

will it set me free?

-"If I surrender", Citizen Soldier

Circa un anno dopo l'arrivo nel mondo umano..

Caro Norman,

Ti affido Emma. Abbi cura di lei e lascia che lei abbia cura di te. Mi dispiace di non essere stato abbastanza forte, ci ho provato. Non posso più. Dille che mi dispiace, che le voglio bene. Ti chiedo scusa se ti lascio solo ora, ma la troverai e sarete felici anche senza di me. …

-

La lettera l'ho lasciata sotto il suo materasso. Non so se la troverà mai. Forse avrei dovuto metterla in un posto più facile da raggiungere, all'inizio l'avevo sistemata sul mio letto, ma all'ultimo ci ho ripensato. Norman non merita quelle parole, non merita quello che ho fatto. Quindi l'ho nascosta, nascosta dal mio senso di colpa, dal mio momento in cui ho pensato che c'era ancora speranza. L'ho messa via. Se solo fossi stato abbastanza forte… se avessi tenuto duro… ma è un anno che resisto. Anna sta meglio finalmente. Norman ha smesso di avere sintomi. Tutti stanno andando avanti. Solo io ero rimasto bloccato lì. In fondo questa è sempre stata l'unica fine possibile. L'ho solo rimandata. Emma l'ha rimandata. Non voglio il perdono di nessuno. Non credo di meritarlo. Non lo credevo neppure mentre le gambe ancora penzolavano nel vuoto sotto di me, seduto su un davanzale che sarà l'ultimo posto che questo mondo ha visto di me. Almeno del me che è stato vivo. Il cielo era bello, buffo averlo pensato un attimo prima. Eppure il cielo non è nulla. Solo vuoto fuori dall'atmosfera. Ho allungato una mano davanti a me e ho sentito il soffio del vento tra le dita. E non c'è stato niente a trattenermi. In fondo non c'è mai stato niente a trattenermi. Ci sono stati gli incubi a inseguirmi la notte. C'è stata la dolorosa assenza di Emma. Ho chiuso gli occhi e ho pregato che chiunque me l'avesse portata via prendesse me e restituisse loro lei. Non ha risposto nessuno. C'è stato solo vento, lacrime, silenzio di una vita troppo rumorosa. Mi sono chiesto perché piangere, era quello che avevo voluto. Era quello che mi ero cercato. E in fondo era quello che comunque meritavo. Anche in quel caso non c'è stata risposta. Non ne ho attesa una. Avrei dovuto pensarci meglio. Forse il fatto è che non ho pensato. Un giorno mi sono svegliato, ho guardato i sorrisi intorno a me e mi sono ricordato che ero rimasto solo io come unica crepa in questa casa che lei aveva creato anche per me. E non c'è stato niente a ripetermi il contrario. Quindi ho deciso di farla finita, di smetterla con i risvegli in notti troppo buie, con il sangue che cerco di lavarmi dalle mani, ma non c'è. Perché imbrattate non sono loro, ma è l'anima. Di finirla con i sensi di colpa che mi perseguitano con gli sguardi, le voci e i visi di tutti quelli che ho lasciato morire. Ogni notte. Di porre fine al dolore dentro il petto che c'è stato per il semplice fatto di essere vivo. Norman ha pensato che non mi sentissi bene quella sera, l'ultima volta che abbiamo parlato, ed era vero, ma in un modo del tutto diverso, mi ha detto di riposare, che avrebbe portato i bambini al lago. L'ultima cosa che gli ho detto è stato che ci saremmo visti più tardi. L'ultima cosa che lascerò al mondo sarà una bugia. Ho chiuso gli occhi e c'è stato buio, per la prima volta non c'erano incubi. Avresti dovuto lasciarmi morire a Grace Field, Emma.

La morte non è bella. La prima cosa che sento, dopo non aver sentito niente, è che fa male. E sono abbastanza egoista nella confusione iniziale da volere che finisca. Ma poi c'è qualcosa, dietro le palpebre che pesano. C'è luce. Ed è accecante. È viva. O ad essere vivo sono ancora io. Ed è vivo Norman, che è accanto a me, seduto con i gomiti puntati sul materasso e la testa tra le mani, le ciocche chiare sono annodate da quelle che potrebbero essere troppe notti insonni. I suoi capelli hanno una loro forma quando non dorme abbastanza, perché ci giocherella con le mani per ore e li annoda. Non posso essere vivo. Dove ho sbagliato? Mi odierete ora? Doveva finire, perché fa ancora tutto così male?

Mi muovo e cerco di dire qualcosa, ma le parole sono confuse e la mente pulsa, lampeggiando di nero con macchie davanti agli occhi.

-No, stai giù Ray. Ora non ti puoi muovere.- ci sono due braccia a tenermi e una voce che mi ferisce le orecchie, come queste luci mi feriscono la testa.

Mi blocco e cerco di mettere a fuoco il viso di Norman sopra il mio. -Mhh… No… Norm… an?

E poi c'è la sua mano sulla mia testa, la sento tra i miei capelli e poi lì dove dovrebbero esserci i capelli e invece c'è qualcosa a coprirmi la pelle, qualcosa che fa male. Il suo viso è doloroso da guardare, perché non ha dormito e sotto gli occhi si vedono occhiaie e rughe di paura, e poi ci sono le lacrime. Ed ogni dolore su quel volto è colpa mia, sono stato io a fargli questo. Eppure lo avevo promesso ad Emma. La parte peggiore è che il primo pensiero che segue i sensi di colpa è che solo per questo avrei meritato di morire. Avrebbe dovuto lasciarmi morire. Ma lui non mi ha lasciato morire neanche a Grace Field.

Mi sorride contraddicendo quelle lacrime che scivolano sul suo naso e cadono su di me. Perché mi stai sorridendo? -Ehi. Sono io.- mi accarezza una guancia -Sono così felice che tu ti sia svegliato.

E allora so che non è giusto. Che non era così che doveva andare. Non deve farmi questo ancora. Non voglio vivere. Non voglio che sia felice, perché io non ho intenzione di sopravvivere. A qualsiasi cosa succederà. Fa male. Vederli. Tutti quanti. Sapere che è colpa mia. Che li ferirò tutti. Che sono inutile a qualsiasi altra cosa che non sia fare del male. Non voglio. Ed è la stronzata di tutto questo. Di questo stare male. Non mi finirà lui, devo farlo io il lavoro sporco. Eppure non è bastato. Mi dispiace, Norman. Voglio che se ne vada, lo allontano, ma le braccia non sembrano neppure le mie, almeno il braccio che si muove. Lo spingo via dal petto, ma lui si avvicina solo di più. Non farmi questo. Fa male. Non voglio vederti. Ti odio. Dovevi lasciarmi morire. Ti odio. Mi dispiace. Vai via. È colpa tua.

-Ray.- sento il tono preoccupato con cui mi chiama, ma deve andare via, io gli farò del male. Non capisci? Non c'è una cura per me, sono rotto, troppo a fondo. -Ray, cosa c'è? Sono Norman, sei al sicuro. Guardami.

Ma non voglio guardarlo. -Vattene.- la gola brucia.

-No, ehi. Ray. Non mandarmi via.- ed è doloroso quando mi abbraccia, la testa pulsa, ma il petto potrebbe aprirsi in due.

-… mi dispiace… non ce la faccio…

Ci sono i suoi singhiozzi contro la spalla, le sue mani che mi toccano con troppa gentilezza, eppure questo male sono stato io ad infliggerglielo. -Ci sono io. Andrà meglio. Ti aiuteremo, è una promessa.

Non so perché sto piangendo, forse è per il dolore, forse sono i sensi di colpa. -Perché? Perché sono vivo? È colpa tua… dovevate lasciarmi morire…

-Non posso perderti.- mi rimette sdraiato, cerca i miei occhi, ma io non voglio guardarlo -Ti prego, non andartene.

Non sai cosa mi stai chiedendo.

-Non farlo più. Ti voglio bene. Te ne voglio così tanto, okay? Ray, non posso fare questo senza di te. Ti prego. Ti prego. Ho avuto così tanta paura. Prometto che andrà meglio.

Ma tu non lo sai. Per me è sempre andata così. Per me non c'è possibilità che vada meglio.

-Per favore, promettimi che non lo farai mai più.

Scuoto la testa e sento i muscoli del viso che si distorcono in un pianto che arriva tutto insieme. Cerco di asciugarlo, di contenere gli effetti, mi porto una mano agli occhi per pulir via le lacrime. E poi è Norman a farlo per me, mentre mi bacia la fronte e si sistema per sdraiarsi accanto a me.

-Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Faccio così schifo.- dovresti odiarmi.

-Sh.- Norman mi abbraccia di lato, e con una mano mi accarezza la testa, le sue labbra sulla mia tempia a lasciare baci silenziosi, come se bastassero a lenire i demoni dentro -Non è colpa tua. Non è colpa tua, Ray.

Invece lo è. È sempre stata colpa mia. E forse il mondo sarebbe stato meglio senza di me. Forse non avrebbe fatto davvero la differenza. Ma è solo la mia testa a dirmelo, perché Norman continua a ripetermi altro. Norman è convinto che io sia necessario. Non è vero. Non valgo niente. Io porto dolore, io ferisco le persone. Io gli ho portato via Emma. E io ho portato ad Emma via i suoi fratelli. Sono stato io. Io ho odiato mia madre e lei è morta e non le ho mai detto che le volevo bene. Non voglio vivere. Non voglio. Non voglio. Odio tutto questo. Odio quanto fa male.

-Non… non dirlo agli altri.- non posso pensare a cosa direbbero di me se lo sapessero. Forse anche loro mi odierebbero quanto io mi odio.

Norman continua ad abbracciarmi, sento quanto forte mi tiene e quanto si trattenga per non farlo troppo. -Siamo stati io ed Anna a trovarti. Lei… lo sa. Agli altri abbiamo detto solo che stavi male.

È quasi un guaito, il verso di un animale, quello che esce da me. Come ho fatto a non pensare che qualcuno mi avrebbe trovato. Qualcuno avrebbe visto cosa avevo fatto. Qualcuno vivrà tutta la vita con questo. Non posso rifarglielo. Non è giusto. Non è giusto. -Mi dispiace…

Lui mi tiene a sé e forse è l'unico motivo per cui rimango integro. L'unico collante a tenere insieme parti di me che non mi appartengono più. Un corpo che forse non dovrebbe essere mio. Un corpo che odio. Che non voglio guardare. Che è abitato da un'anima che maledirò ogni giorno che mi resterà da vivere. Ma Norman non lo capisce, perché lui quel corpo dannato lo tratta con gentilezza. Mi accarezza quando singhiozzo un po' più forte, mi bacia le guance quando sto immobile troppo a lungo, cerca le mie mani quando in un attimo di rabbia ho provato a graffiarmi la pelle. E rimane sveglio quella notte e le notti che seguono finché torniamo a casa. Dal terapista ci vado una volta. Non lo merito. Non ho voglia di vederlo. Non voglio guarire. Ed è quello che urlo a Norman quando torniamo a casa.

-Ray, ti farà bene. Non puoi andare avanti così. Lo sai. Voglio solo vederti tornare a stare bene.

-Non posso stare bene! Smettila di dire che andrà meglio! Non lo capisci Norman? Non voglio guarire! Voglio solo morire. Volevo morire e tu non me lo hai lasciato fare! Ti odio!

E non è vero che lo odio. Perché poi mi ha abbracciato e gli ho chiesto scusa, così tante volte. Ma il perdono che mi ha dato non lo merito. Perché lui mi tratta con gentilezza e io gli dedico risentimento. Comunque la lettera l'ho bruciata.

-

Quando Ray ha provato ad uccidersi, io non ho capito. Se solo avessi visto prima… invece in un attimo la sua vita mi è passata tra le dita. Quella sera sono tornato a casa con Anna perché volevamo vedere le stelle cadenti insieme al lago, dovevamo prendere la cena e volevo che lui venisse con me. Perché il suo sguardo spento, triste, lo avevo visto. Invece di trovare lui però, abbiamo sentito il tonfo. E poi c'era sangue. Un corpo che sembrava esanime. Ed ho avuto paura. Ho pianto. Ho maledetto un mondo che, dopo avermi tolto Emma, voleva portarmi via anche lui. Ho odiato Ray per essersi odiato così. E poi ho pianto di nuovo, perché non è mai stata colpa di Ray. E io gli voglio bene. Non posso perderlo. Ma dovevo sapere perché. Quindi, per trovare una risposta, ho messo sottosopra la nostra camera, la notte in cui lo operavano al cervello per salvargli una vita che lui aveva gettato giù da una finestra. La notte in cui non sapevo se c'era riuscito davvero alla fine a togliersela definitivamente. Ho trovato così la busta. E c'erano scuse e affetto messi dentro una lettera d'addio. E sarebbe potuta essere l'ultima cosa che avrei avuto di lui. Ma quello che ha detto non è vero, non posso vivere senza di lui. Non più di quanto possa vivere senza Emma. Eppure…

Emma perché ci hai fatto questo?

Emma perché gli hai fatto questo?

Perché ci hai lasciati soli? Come hai potuto pensare che ce l'avremmo fatta?

Ray per poco non ce l'ha fatta. Ma lei non lo sa.

~~~

Note dell'autore: okay è strano mettere la spunta alla storia completa, non sono davvero pronto a farla finire. Tra parentesi i dialoghi di Ray alcuni dovevano essere con un formato diverso, ma non ho la più pallida idea di come si faccia con i codici html di efp, quindi ci ho rinunciato alla fine. Beh per chi arriverà a leggere fino a qui un grazie infinito. Ho scelto di scrivere questo extra, che non è fondamentale ai fini della storia, sono cose che si sanno, perché pensavo fosse importante. In un certo senso l'ho visto come il punto di non ritorno di Ray, e ho pensato che magari mostrarlo avrebbe reso ancora più chiaro quanto fino a quel momento nessuno avesse visto quelle ferite che aveva dentro e che era riuscito a nascondere tanto bene, portandone gli effetti da solo. Penso di aver già ampiamente illustrato tutti i meccanismi di Ray, non so se questo capitolo aggiunga davvero qualcosa alla storia. Quello che c'è ancora più evidente è il dramma che vivono, non solo Ray, ma tutte le vite che toccano la sua e che, tristemente, anche se qui si parla di personaggi fittizi, poi sono drammi che alcune persone vivono davvero. Drammi che certe volte portano il nero del lutto, altre si adornano di cicatrici silenziose. Quindi chissà, probabilmente no, ma se mai qualcuno che ne avesse bisogno leggerà questo, non sei sol*. Te lo dice uno che spesso ancora ci crede. Ma ti assicuro che dove meno te lo aspetti troverai persone che in te vedono il meglio delle loro vite.

   
 
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