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Autore: Sofyflora98    25/11/2021    0 recensioni
[Arthdal Chronicles]
Ancora non riusciva a definire quel lieve dolore che sentiva guardandolo. Forse lui non era l'unico a desiderare, pensava. Non era solo Saya ad essere così terribilmente solo e disperato, e a volere in modo viscerale la vicinanza di un altro essere umano che almeno in qualcosa fosse simile a lui.
[Tanya X Saya]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fu nel silenzio che si ritirarono nel palazzo, dopo la cerimonia d'incoronazione. Un senso di malessere stringeva lo stomaco di Tanya. Era così già da molti giorni, già da molte settimane. Forse era così dal momento stesso in cui aveva preso la decisione di compiere quella scalata verso il potere per salvare il suo popolo. Era la decisione giusta, si diceva. Ciò che di orribile aveva dovuto fare, sarebbe successo comunque. Quelle morti, Tagon le avrebbe comunque inflitte sulla popolazione. Lei aveva solo usato le circostanze per salvare almeno se stessa e assicurare la sua posizione in quel regno malato che aveva rubato e ridotto in brandelli la sua vita.

Ora lei aveva messo quel mostro, quell'uomo di pietra su un trono, e questo mentre la sua convinzione che avrebbe riportato a casa il suo popolo si assottigliava. Le fila che aveva pensato di stringere tra le dita le sfuggivano, ed ancora una volta era spaesata e spaventata. Non poteva mostrare niente di tutto ciò. Viveva in un paese di sciacalli, la prima debolezza l'avrebbe resa di nuovo una preda. Doveva trovare quella forza che il suo popolo si aspettava dalla loro Grande Madre, per quanto si facesse sempre più difficile non abbandonarsi alla disperazione.

Stava perdendo se stessa. Ciò in cui era stata fermamente convinta si sgretolava di fronte a lei, e lei stessa diventava qualcosa di diverso. Più aspra, più fredda, meno gentile. Sempre più sola. Anche con il suo popolo finalmente a portata di mano, con le persone che conosceva da una vita lì con lei, era terribilmente sola, persa nella disturbante sensazione di non riconoscere in loro i suoi amici, e di non riconoscere in se la Tanya che aveva promesso di liberarli.

Sempre nel silenzio si diresse verso le sue stanze, dando l'ordine di non essere disturbata. Solo delle guardie la accompagnarono fino alla porta, fermandosi fuori dall'uscio al suo ingresso nei suoi appartamenti privati. Non le restava che attendere, vedere cosa sarebbe accaduto, capire cosa fare poi, e afferrare la prima possibilità, aggrapparsi alla prima scintilla di speranza. E fuggire. Fuggire dal potere, dalla prigionia, dalla paura, dalla solitudine.

Sola. Così terribilmente sola.

Ed ormai si era quasi fatta sera.

Un frusciò lieve fu l'unico segnale della presenza di qualcun altro. La porta non aveva nemmeno emesso un rumore dell'aprirsi di quel poco che bastava a far scivolare dentro una figura silenziosa. Tanya non aveva bisogno di guardare per sapere chi fosse, ma alzò lo sguardo comunque per cercare l'unico essere che forse condivideva qualcosa con lei, in quella corte.

Saya. Con le mani dietro la schiena, stava accanto alla porta richiusa, e benché la stesse osservando con la testa leggermente abbassata, sembrava che una parte di lui non sapesse decidersi se restare o fuggire via. Aveva una gamba semi protesa verso la porta, la via di fuga.

- Come sei entrato? - gli chiese a voce bassa. Inutile era oltraggiarsi o arrabbiarsi. Saya cercava il più possibile di essere in sua prossimità. Ogni momento in cui non era in presenza di suo padre, per quanto possibile, lo passava in cerca di Tanya. Era così da quando non vivevano più chiusi in quella dannata torre, nella quasi costante compagnia reciproca.

- Le guardie mi hanno lasciato passare. - le rispose in quel suo modo di parlare sussurrando.

Avrebbe dovuto rimproverarli. Un tentato omicidio avrebbe dovuto renderli più guardinghi su chi facevano entrare nelle stanze di Tanya Niruha. Saya, però, doveva essere l'eccezione. E come poteva biasimarli per questo? Troppe volte li avevano visti vicini, troppo vicini. Forse avevano osservato un po' troppo il modo in cui il ragazzo le aveva preso la mano di fronte a tutti, con il pretesto di una tradizione che solo più tardi lei aveva intuito essere un'invenzione, e forse avevano anche loro notato l'adorazione negli occhi di Saya quando si inchinava all'Alta Sacerdotessa. Dovevano aver fatto delle supposizioni, aver rimuginato su qualche idea, essere giunti a delle conclusioni.

Vedendo che lei non reagiva alla sua presenza, Saya si era avvicinato a lei.

- Sei turbata. Come mai? Hai ciò che volevi: potere. Hai ottenuto ciò di cui avevi bisogno. Sei la persona più potente del paese, dopo mio padre. -

Tanya scosse la testa. Per quanto condividessero molto, quella era la cosa che Saya non era in grado di comprendere: che c'è un limite a ciò che una persona può fare, anche con lo scopo più puro e sincero, senza provare vergogna. Lui non lo vedeva, quel limite. Nella sua vita passata segregato in una stanza, non aveva mai potuto impararlo. A che serviva parlarne con lui? Sarebbe stata solo un'altra frustrazione. No, meglio condividere solo ciò che era in grado di comprendere: la solitudine.

- Ho avuto ciò di cui avevo bisogno, ma ciò che volevo mi è precluso. - mormorò scrutando il volto del giovane uomo, in parte celato dai lunghi capelli. - Loro non vogliono tornare a casa. È stato inutile, ed ora sono imprigionata nel tuo mondo, circondata da belve che si accaniscono per il potere, e lo sono da sola. -

Poté vedere l'esatto momento in cui le sue parole lo colpirono, in cui i suoi occhi si adombrarono.

- Anche con il tuo popolo qui? -

Tanya annuì. Qualcosa si contrasse in lui, un tremito nervoso.

- Anche con me qui? - queste ultime parole erano a malapena udibili, e Tanya lo sentì solo perché stava ascoltando intenzionalmente.

Provò a vedere la sua espressione, ma il ragazzo aveva abbassato il volto verso il pavimento, e riusciva a scorgere solo la punta del suo naso da sotto le cortine di capelli ondulati.

Era consapevole di ciò che Saya provava per lei. Era anche consapevole di quanto lui potesse diventare ossessivo quando desiderava qualcosa. Non lo temeva più, però, da quando avevano finalmente capito le reciproche intenzioni.

Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che la sua presenza le era di conforto, anche se la sua esistenza non di rado le provocava disagio? Era la verità. Dopo ciò che avevano passato assieme era sollevata dal fatto che ci fosse Saya, che esistesse in quel mondo violento qualcuno che avesse qualcosa in comune con lei, ma Saya stesso era una delle cose che contribuivano al suo malessere. Lui, con quel viso che troppo le ricordava ciò che aveva perso, che non riusciva a raggiungere.

- Che cos'è che vuoi, Saya? - mormorò. - Cos'è che ti aspetti da me? -

Questo lo riscosse. Si raddrizzò di colpo, come colpito da un fulmine, e le rivolse uno sguardo che gridava la sua confusione e, forse, sbigottimento. Quasi fosse offeso dalle sue parole.

- Aspettarmi? Non mi aspetto niente da te. -

- Eppure, mi ha reso molto chiaro che tu desideri. -

Saya aprì la bocca per replicare qualcosa, ma si fermò prima di emettere un suono. - Non mi aspetto nulla. - ripeté, con convinzione. - Non sono in posizione di farlo. Però hai ragione. Io desidero. -

Le si fece vicino, lentamente, dandole il tempo di spostarsi, se avesse voluto. Lei non lo fece. Gli permise di esserle vicino, così vicino da sentire vagamente il suo tepore. Tanto vicino quanto non aveva permesso mai a nessuno da quando era stata portata via dalla sua casa.

Saya le prese la mano tra le sue, magre e sottili, con la leggerezza di una piuma. Se la portò al volto, come già una volta aveva fatto, ma le dita gli tremavano tradendo l’insicurezza. La sua disperazione era così dolorosamente visibile, e Tanya sentì un lieve senso di nausea alla bocca dello stomaco. Guardando in quegli occhi languidi e malinconici, che sembravano pregarla di fare qualcosa, vide Eunseom, e la vita che le era stata strappata. Poteva usare la persona davanti a sé? Aveva già fatto molto più di quanto si era creduta in grado di fare, ma questo aveva qualcosa di diverso. Forse era perché aveva lo stesso volto del suo amato, ma l’idea di fare di lui la sua pedina o di approfittarsi del suo disperato bisogno di gentilezza la fece sentire viscida. In qualche buio angolo della sua percezione in lui vedeva in parte un sostituto di Eunseom. Saya era Saya, ed Eunseom era Eunseom, eppure non era in grado di separare completamente il giovane davanti a lei dal suo amico d’infanzia. I loro contorni si fondevano, e Tanya era grata del fatto che le loro personalità fossero così divergenti, e che Saya fosse così pallido e delicato dove Eunseom era abbronzato, spontaneo e più solido. Queste differenze erano ciò che la salvava dal fondere i due ragazzi in un'unica entità nella propria mente.

E ancora non riusciva a definire quel lieve dolore che sentiva guardandolo. Forse lui non era l'unico a desiderare, pensava. Non era solo Saya ad essere così terribilmente solo e disperato, e a volere in modo viscerale la vicinanza di un altro essere umano che almeno in qualcosa fosse simile a lui.

Meschina” si disse. “Sei meschina”

- Gli somiglio così tanto? – le parole del ragazzo le tolsero il respiro. Lui sapeva, quindi.

Come lo aveva scoperto? Doveva averla sentita parlarne con Mubaek. Si rese conto che non le importava come aveva fatto a scoprirlo. Lui ora sapeva. Sapeva cosa lei vedeva ogni qualvolta lo guardasse.

Incapace di mentire a quegli occhi così tristi e vulnerabili, annuì rigidamente, abbassando lo sguardo. Sentì Saya sospirare contro la sua mano, e con un gesto che la fece tremare, le sfiorò il palmo con le labbra.

- Saya… -

- Lo so. – la interruppe lui. – Lo so, io non sono lui. Non sono l'amico che hai perso. Ho solo il suo volto, e forse il suo sangue. Ha importanza? -

E Tanya, sebbene tutto il suo essere gridasse in preda alla confusione e alla paura, non poté impedire alla sua mano di sfiorargli il viso in punta di dita.

- Ha importanza per me. Ha importanza perché io vedo lui in te, perché non passa giorno senza che io pensi a lui, e senta disperatamente la sua mancanza. - la sua voce era bassa, ma la gola le doleva, e le parole non le uscivano fermamente quanto avrebbe voluto. - Io non voglio iniziare ad usarti come sostituto di Eunseom. -

Saya la guardò a lungo, e sebbene vedesse ancora la vulnerabilità che le aveva lasciato scorgere poco prima, qualcosa si era fatto illeggibile in lui. Le teneva la mano sul proprio viso, accarezzandola quasi senza pensarci.

- Eunseom. Questo è il suo nome? - pronunciò lentamente il nome del ragazzo con cui Tanya era cresciuta come se volesse misurarlo sulla propria lingua, capirne la forma e la natura. Tanya si limitò ad annuire.

Non aveva bisogno di aggiungere spiegazioni. Saya aveva già sentito da lei stessa di quel suo amico d'infanzia, e un ragazzo perspicace quanto lui lo era di sicuro aveva già intuito cosa la legava a quello sconosciuto che lui non aveva ancora mai incontrato.

Ma non si stava arrendendo. Tanya lo capì, il modo in cui le teneva la mano era troppo tenero e intenzionale. Saya, ancora una volta, non aveva intenzione di abbandonare una battaglia prima di essere sconfitto completamente. Forse aveva visto qualcosa, una piccola speranza. Che avesse intuito anche questo, che avesse notato che non era l'unico a desiderare? Che si fosse accorto del bisogno tormentato che viveva dentro la ragazza, fomentato dalla loro prolungata vicinanza e dalla solitudine?

- Non posso darti ciò che tu desideri. - glielo disse cercando di convincere anche se stessa che sarebbe stata una mossa azzardata e pericolosa lasciar parlare la parte più ferita e bisognosa di lei.

- Tu non sai cosa desidero. -

Tanya scosse la testa di nuovo. - Non posso amarti. -

- Lo so. Non oso chiederti di amarmi, quando già sono stato preceduto dall'uomo che condivide il mio stesso volto. Eppure, non riesco a smettere di desiderare il tuo affetto. -

Saya la cinse tra le braccia quasi senza sfiorarla. - Se solo, però, tu mi permettessi di amarti... se tu volessi prendere da me il tuo conforto, come tu lo hai dato a me in sogno, te lo lascerei fare. -

Il suo respiro era ad un nulla dal suo orecchio, poteva percepire ogni suo respiro. Tanya represse un brivido. Il conforto che anelava, qualcosa che anche se per poco avrebbe potuto alleggerirla, era lì a portata di mano, e le veniva offerto con tanta grazia e spontaneità che non riuscì a rifiutare il suo contatto. E nemmeno desiderava farlo, dovendo essere del tutto onesta con se stessa. Dopotutto, chi se non lui in quel momento? Lui, che le era alla vista al contempo familiare ed alieno, e che era così bello da osservare e rimirare. Lui che non voleva farle del male, uno dei pochi a non volerlo in quella corte. Lui che sembrava abbandonarsi ogni volta che le era così vicino.

No, non era solo per la sua somiglianza con Eunseom che era affascinata da Saya. Tanya desiderava quel qualcosa che era soltanto suo, qualcosa che fosse solo Saya, e non potesse scorgere anche nel suo gemello.

- E se io lo volessi? Tu cosa faresti? - mormorò. Il suo era un tentativo. Si muoveva a tentoni in qualcosa che non le era completamente familiare. Quella situazione, sperava di averne il controllo. Di non trovarsi sperduta in balia degli eventi.

Saya, alle sue parole, trattenne il respiro rumorosamente. D'improvviso, il suo corpo si era irrigidito vicino al suo, e le braccia che la circondavano non sembravano sicure di come restare. Tremavano in modo febbrile.

- Se tu lo volessi...mi permetteresti...? - Saya stesso sembrava a corto di parole. Tanya avrebbe dovuto essere solida, ancora una volta. Così, però, non era un peso. Anzi, era una liberazione.

- Te lo permetterei. - non sapeva da dove veniva tutta quella sicurezza. Si sentiva stranamente calma, dopo tanto tempo. Lo stesso non valeva per il ragazzo.

Saya si staccò da lei per guardarla in volto, senza però togliere le mani dalle sue spalle. Il suo tocco era delicato, insicuro. Con gli occhi, che si spostavano nervosamente dal suo viso alle proprie mani dove esse toccavano la ragazza, sembrava volerle chiedere silenziosamente una conferma. Quell'insicurezza era qualcosa che aveva visto di rado, in lui, e solo quando erano soli. A suo modo era toccante.

Gli prese quasi con tenerezza il viso tra le mani, e si meravigliò di quanto fosse sottile e morbida la sua pelle al tatto. Con lentezza, dandogli il tempo di ritrarsi sebbene fosse stato lui stesso a farsi avanti quel giorno, avvicinò il suo viso al proprio, tirandolo in avanti. Ad un respiro dalle sue labbra, lo sentì tremare di trepidazione. Saya era un nervo scoperto, e al contempo una foglia al vento. Andava maneggiato con cautela per non ferirlo e non rimanere feriti a propria volta.

Fu lui a superare quel soffio di distanza che ancora c'era tra loro. Sentì labbra morbide, le sue dita che le accarezzavano i capelli, poi lei stessa si ritrovò ad affondare le mani tra quelli di lui. Era una sensazione piacevole. Era quello che le serviva per spingere fuori dalla testa, almeno per poco, la nebbia della sua frustrazione, e la solitudine, e quel terribile senso di impotenza di fronte agli avvenimenti. Lì non era impotente, non era sola, e finalmente ciò che riceveva dal prossimo non erano minacce e dolore. Poteva quasi pensare di stare bene.

Saya percorse con la bocca una linea dalle labbra di Tanya al suo orecchio, lungo tuttala mandibola, per poi scendere sulla cute delicata del collo. Piacevole, di nuovo. Saya era piacevole, quando era così, e lei iniziava a sentire qualcosa torcersi nel suo ventre, in modo non davvero sgradevole. Un languore sordo, che spinse le sue mani a spostarsi dai capelli di Saya al colletto della sua veste.

Lui era bello così, sdraiato sulle lenzuola di seta che le avevano dato, con i capelli sparsi sul tessuto color crema e la pelle che si era appena increspata dai brividi. Era bella la sua espressione languida e poi estatica, il modo in cui la guardava come se nient'altro avesse importanza. Era bella la sua voce, ed il modo in cui usciva spezzata dalle sue labbra dischiuse. Era abbastanza bello da superare la bruttezza del mondo esterno.

Se solo davvero non ci fosse stato niente di più importante, come gli occhi del ragazzo sembravano volerle far credere, avrebbe potuto essere quasi serena.

Se solo.

 

 

 

 

 

 

   
 
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