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Autore: Princess_of_Erebor    29/11/2021    13 recensioni
Una fanciulla inaspettata... E un giovane dottor Enys. Due differenti personalità, una nuova realtà. Sullo sfondo, la selvaggia Cornovaglia del 1700 e alcuni personaggi ben noti, coinvolti in una storia diversa da quella che conosciamo. In questo progetto, voglio creare una protagonista femminile ispirandomi in buona parte alla sottoscritta. E se scrivere è un pò come vivere due volte, mi diletto a prendere vita attraverso le avventure di Jennifer.
Un racconto nato dalla passione per "Poldark" e dall'amore profondo che nutro per un personaggio che ha saputo sfiorare le più profonde corde del mio cuore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dwight Enys, Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo IV
 




“Si può sapere che ti è preso?”.
Jennifer non avrebbe saputo dire se fosse più preoccupata per la salute della sua migliore amica, o indignata per via del suo comportamento. Quando poco prima l’aveva vista riversa a terra, in mezzo agli invitati, aveva sentito il proprio sangue congelarsi nelle vene; era corsa da lei gridando, seguita dal dottor Enys, che l’aveva prontamente soccorsa. Per fortuna, Jinny era tornata in piedi quasi subito e Dwight l’aveva accompagnata in cucina, dove le aveva ordinato di restare – seduta e tranquilla – al riparo dal sole finché non si fosse ripresa del tutto. Si era trattenuto con lei il tempo necessario per assicurarsi che stesse bene, e prima di lasciare la stanza aveva incaricato Jennifer di tenerla d’occhio: non doveva esitare a chiamarlo, se ci fosse stato bisogno. Dopoiché era tornato in giardino, accompagnato da Ross.
“Te l’ho detto, ho avuto un capogiro, ma ora è passato” rispose Jinny a testa bassa, afferrando il bicchiere di brandy che l’altra le porgeva.
“Jin, guardami per favore”.
La ragazza dai capelli color rame alzò gli occhi sull’amica con aria interrogativa.
“Sospetto che la tua sia stata una messinscena, ma soltanto tu puoi confermare o smentire questa ipotesi” affermò Jennifer con pacata fermezza, tornando a sedersi.
“Mi stai dando della bugiarda, non posso crederci!” esclamò Jinny, piccata. “Perché avrei dovuto fingere un malore?!”.
“Magari non l’hai finto del tutto… Non dimenticare che ti conosco più di quanto tu conosca te stessa. E’ tutto il pomeriggio che ti comporti in modo strano. Sei su di giri, da quando è arrivato quel medico!”.
Jinny sostenne lo sguardo della sua severa interlocutrice con risentimento, ma non durò a lungo: dopo una manciata di secondi smise il broncio e si arrese a quelle occhiate indagatrici che stavano accrescendo il suo disagio.
“Se ti confido una cosa, prometti di non adirarti?”.
“Non posso prometterti niente, ma farò del mio meglio”.
Nonostante Jinny fosse maggiore di quasi cinque anni, le veniva spesso naturale comportarsi come una sorellina con la matura e protettiva Jennifer. Esitò un istante, prima di vuotare il sacco.
“Ti ho vista danzare col dottor Enys e ho provato un pizzico d’invidia. Sembravate così intimi! Avrei voluto essere al tuo posto, per guardarlo negli occhi e sentire il tocco della sua mano nella mia... Poi, la testa ha preso a girarmi come una trottola e d’istinto ho afferrato il braccio di Jim. In quel momento un’idea mi ha attraversato la mente, ma soltanto più tardi ho realizzato quanto fosse malsana: ebbene, mi sono lasciata cadere sull’erba. Un po’ perché effettivamente mi sentivo male, un po’ per…”.
S’interruppe chinando il capo con fare colpevole, certa che il finale della storia non fosse difficile da indovinare.
Jennifer corrugò la fronte. “Come immaginavo”, sospirò. “L’aspetto positivo è che non hai avuto nulla di grave, benché un calo di pressione non sia un disturbo da sottovalutare, come ha detto Enys. Ma te la sei andata a cercare: sei sveglia da prima dell’alba, hai sgobbato tutto il giorno e messo nello stomaco solo una misera focaccina d’orzo!”.
“Sai bene che quando ho le mie cose, quelle di noi donne, non ho molto appetito”.
Nella cucina scese il silenzio. I suonatori avevano ripreso in mano i loro strumenti e, attraverso la finestra spalancata, insieme alla musica da ballo giungevano le grida dei bambini e le voci chiassose degli invitati. La festa era ben lungi dal terminare.
“Sei arrabbiata con me?” domandò Jinny dopo qualche minuto, cercando di decifrare l’espressione dell’amica.
“Non più di quanto io sia preoccupata per te” replicò Jennifer, lo sguardo cupo fisso in un punto imprecisato della parete di fronte. “E, s’intende, non è alla tua salute che mi sto riferendo. Buon Dio Jin, hai un fidanzato che ti ama alla follia e che farebbe qualsiasi cosa per vederti felice! E anche tu sei innamorata di lui. Non è da te lasciarti ammaliare dal primo giovanotto affascinante che ti trovi davanti. Stavolta, la tua esuberanza è stata sconsiderata e fuori luogo!”.
“Hai ragione, mi sono comportata da sciocca. Jim vuole sposarmi ed io intendo accettare, quando mi farà la proposta ufficiale; questo lo sai. Ciò che invece non sai, è che quel Dwight mi ha fatto dimenticare per un attimo i miei problemi: è stato un breve volo di fantasia, quello che mi ha portato ad attirare la sua attenzione con l’inganno. Una fantasia insulsa, ma romantica.”.
“Non mi dire!” fece Jennifer in tono di ironico stupore. “Ho sentito il romanticismo vibrare nell’aria!”.
“Mai quanto quello che ho sentito vibrare tra te e lui mentre ballavate insieme”.
“Che intendi dire?”.
“E’ inutile fingere con me, signorina Poldark: eravate sotto gli sguardi di tutti. Il dottor Enys ti faceva gli occhi dolci e tu sei persino arrossita, il che è strano, considerando che le tue guance prendono colore solo durante le nostre gare di corsa nei campi. Ammettilo, quel ragazzo ti piace!”.
“Non essere ridicola! Se pensi davvero che io possa interessarmi ad un tipo del genere, devo dedurre che i due anni della nostra amicizia non ti hanno insegnato niente!”.
“Una cosa che ho imparato su di te è che, quando un uomo ti corteggia o fa il galante, tu lo schernisci e poi lo lasci lì come un idiota, a rimuginare sul suo insuccesso. Be’, al nuovo arrivato hai riservato un trattamento diverso, concedendogli addirittura un ballo!”.
Jennifer sospirò. Si guardò bene dal puntualizzare che era stata lei ad invitare Dwight; ammettere la verità avrebbe comportato una sfilza di domande e commenti che non aveva la minima voglia di ascoltare. Era stato un semplice ballo innocente, perché farne una questione di tale importanza?
“Se proprio ci tieni a saperlo” spiegò dopo una breve pausa, “ho ballato con Enys per non compromettere la mia posizione. Dopo che Ross ci ha presentati l’ho preso un pò in giro per via della sua professione, e lui deve esserci rimasto male, così ho pensato che fosse opportuno rimediare. Sarebbe stato sconveniente, da parte della sorella del gentiluomo che gli ha offerto un impiego, dargli un simile benvenuto nella comunità”.
Jinny la scrutò, le labbra curvate in un sorrisetto scettico e malizioso insieme. “Sei brava ad inventare pretesti, ma stavolta dovrai impegnarti di più per dimostrare la validità delle tue argomentazioni”.
“Suvvia Jin, mi conosci abbastanza da sapere che quello lì non è certo il genere di candidato alla mia mano che prenderei in considerazione! Il fascino di cui gode a livello esteriore non è in grado di compensare la sua insicurezza. Ho trovato esasperanti quei suoi modi impacciati… Dev’essere un tipo noioso e prevedibile”.
“Sempre meglio di quel damerino dal collo tozzo che ti riempie di viscidi complimenti! Scommetto che ieri non sei venuta alla festa per evitare di trovartelo tra i piedi… Per questo sei corsa via dalla chiesa prima che la funzione fosse conclusa”.
Consapevole della persona a cui alludeva l’amica, e irritata dalla piega che aveva preso la conversazione, Jennifer balzò in piedi. “Se non erro, ti ho già detto che avevo un forte mal di testa. Questo è l’unico motivo per cui me ne sono andata dopo il battesimo, e l’unica spiegazione di cui dovrai accontentarti. Ma vedo che hai ripreso a chiacchierare come il tuo solito: deduco che la crisi è passata. Io torno fuori, vado a controllare se c’è bisogno di altro vino. Cerca di non svenire in mia assenza. E finisci il tuo brandy!”.
Aveva fatto qualche passo verso la porta, quando Jinny la trattenne. “Aspetta!”.
Jennifer si fermò e, lentamente, si girò verso di lei.
“Credo di sapere qual è il tuo problema. E sì, forse sto parlando troppo, ma non a sproposito, perciò andrò fino in fondo e tu mi ascolterai. Altrimenti, a che serve essere amiche? Non mi pronuncerò ulteriormente sul damerino, se ciò ti dà fastidio, ma permettimi di dirti altre due parole sul giovane Enys. Tra noi due, mia cara, non sei l’unica a conoscere l’altra più di quanto lei conosca se stessa: so abbastanza di te da riuscire a decifrare alcuni tuoi comportamenti incomprensibili al resto del mondo, e quello che non so spesso riesco ad indovinarlo. Non posso fare a meno di pensare che i tuoi pregiudizi nei riguardi dei medici siano la ragione del muro che hai innalzato tra te e quel chirurgo. Oh, non scuotere la testa, sai che è così! Ed è un vero peccato. Se solo mettessi da parte le tue riserve, potresti concederti la possibilità di conoscere un uomo diverso dagli altri. Magari scopriresti che lui è degno delle tue attenzioni! So che nascondi qualcosa, Jen: qualcosa, nel tuo passato, che in qualche modo ti ha portato a prendere le distanze dai dottori. Li eviti come fossero servitori del diavolo!”.
Jennifer scoppiò a ridere.
“Ho ritenuto saggio non farti mai domande in proposito, e non mi pare il caso di cominciare adesso” proseguì Jinny con una nota di preoccupazione nella voce, “anche se per la prima volta ho il sospetto che possa esserci qualcosa di serio, dietro questa faccenda. In ogni caso mi piace sperare che ti aprirai con me, quando ne avrai abbastanza dei tuoi segreti”.
“I miei segreti mi appartengono, e tu stai fantasticando un po’ troppo per i miei gusti” ribatté Jennifer. Ma lo disse ridendo, mentre lasciava la stanza. A pochi metri dall’ingresso principale, vide il dottor Enys avanzare verso di lei lungo il corridoio dal soffitto basso.
“Signorina Poldark! Prima di andarmene, volevo accertarmi che la vostra amica si fosse adeguatamente ripresa”.
“Il malore è passato, grazie a Dio… E grazie a voi. Il vostro tempestivo intervento, in aggiunta ai vostri rimedi, ha avuto i suoi effetti benefici. Venite, vi accompagno da lei!”.
Dwight la seguì in cucina, dove visitò Jinny con rapida professionalità, quindi le diede un paio di utili consigli e si congedò. Quando fu di nuovo fuori, sulla soglia di Nampara si rimise il cappello rivolgendo a Jennifer una breve occhiata nervosa. Dischiuse le labbra per parlare, ma lei lo batté sul tempo.
“Siete stato molto gentile a soccorrere Jinny”.
“Dovere, signorina”.
“Spero che vi troverete bene alla Wheal Leisure. Per qualsiasi cosa, non esitate a rivolgervi a mio fratello o a me. Saremo più che felici di esservi d’aiuto”.
“Lo farò senz’altro. Vi sono molto obbligato”.
“Quando comincerete?”.
“Non appena avrò trovato un alloggio nelle vicinanze. Vostro fratello ne ha in mente uno che potrebbe andare, mi farà sapere in settimana”.
“Mi sembra un’ottima notizia! Gradite un altro bicchiere di vino, o un dolcetto?”
“Vi ringrazio, ma se mando giù un altro goccio di qualcosa o un’altra fetta di torta, finirò con l’esplodere in groppa al mio cavallo!”.
Lei rise, sorpresa e divertita allo stesso tempo. Non lo riteneva capace di simili battute, ma forse era stata troppo severa nei propri giudizi. Forse, Jinny aveva ragione… In fin dei conti, non lo conosceva affatto.
“Be’, in tal caso auguro a voi e al vostro cavallo un viaggio piacevole fino a Truro, dottor Enys”.
“Vi prego, chiamatemi Dwight” disse lui, il volto bello e serio rischiarato da un timido sorriso.
“Solo se voi mi chiamerete Jennifer” rispose lei sorridendo a sua volta, stranamente lieta di vederlo arrossire mentre chinava il capo per sfilare il frustino dallo stivale.
“Come desiderate, Jennifer”.
Nel sentire la voce di lui pronunciare il suo nome, la fanciulla si sentì attraversare da una strana fitta di irritazione frammista a piacere.
Dwight prese congedo rivolgendole un inchino, dopodiché si voltò per raggiungere Ross accanto ad uno dei tavoli ancora colmi di prelibatezze. Jennifer lo vide parlare con suo fratello e, quasi senza rendersene conto, si perse per alcuni istanti ad ammirarne la delicatezza dei modi e la purezza dello sguardo, così diverso da quello degli uomini che conosceva. Tutto sommato, la timidezza non era un aspetto da disprezzare in un uomo.
Una vocina femminile la fece sobbalzare, troncando sul nascere quelle considerazioni.
“Verity!” esclamò con voce improvvisamente acuta, vedendo la cugina avvicinarsi “Jinny si è ripresa per fortuna, sta riposando in cucina. Come procede la festa?”.
“Uno straniero molto attraente, non c’è che dire” considerò Verity in tono allusivo, fissando Dwight che si avviava in direzione delle stalle preceduto da Ross. Ignorare la domanda che le era stata posta rientrava, ovviamente, nelle sue intenzioni.
“Oh, parli del signor Enys? Sì, vanta una certa presenza…” farfugliò Jennifer lisciandosi l’abito, “ma a parte questo, non possiede alcuna attrattiva”.
“Tu dici? Io, invece, ho la sensazione che in lui vi sia molto più di quanto non mostrino le apparenze” fu l’osservazione che seguì. “Penso che sarà interessante averlo tra noi”.
Prima che Jennifer potesse formulare un pensiero di risposta, Verity le sorrise in modo significativo e si allontanò lasciandola in compagnia del cugino che, di ritorno dalle stalle, aveva appena augurato buon viaggio al suo ospite.
“Hey, piccola canaglia! Le tue birbanterie si sono prese una vacanza?”.
Così dicendo, Ross Poldark circondò affettuosamente le spalle della sorella con un braccio; aveva l’espressione sagace e compiaciuta di chi la sa lunga.
“Cosa vuoi insinuare?”.
“Devo ammetterlo, ho temuto per l’incolumità di quel povero medico. E’ stato un sollievo vederlo andar via tutto intero”.
“Buon per lui.”
“Mi congratulo con te, Jen. Stavolta hai abbaiato, ma non hai morso. Al massimo, gli avrai procurato qualche graffio di poco conto…”.
Lei sbuffò, voltando il capo dalla parte opposta. “Per favore, non vorrai ricominciare con questa storia ridicola!”.
Ross ridacchiò, stringendola un po’ di più contro di sé. “Non è colpa mia se ho una sorella che si diverte a giocare con le sue prede, prima di azzannarle. Tutti gli sventurati che hanno l’ardire di avvicinarsi a te, finiscono col subire il medesimo trattamento. Tutti tranne…”.
“Andiamo, Ross!” sbottò Jennifer, liberandosi con malagrazia dall’abbraccio del fratello. “Gli uomini sprovvisti di personalità non hanno alcuna presa su di me, lo sai”.
“Suppongo che Dwight Enys non rientri fra questi: il tuo comportamento di oggi ne è una palese dimostrazione”.
“Solo perché gli ho concesso un ballo? Suvvia, conosco le buone maniere e so fare gli onori di casa, se voglio. Sarei una folle, o una mendicante di attenzioni, se mi interessassi anche lontanamente ad un tipo come lui!”.
“A dire il vero, non mi stavo riferendo soltanto al ballo. E comunque è sempre meglio essere corteggiati da qualcuno con la testa sulle spalle, che da qualche altro gentiluomo di dubbia integrità”.
Jennifer colse l’insinuazione e strinse gli occhi. “Tanto per cominciare” precisò, “quel dottore non mi stava affatto corteggiando. E poi, lo conosci già così bene da essere in grado di valutarne l’integrità morale?”.
“Gli undici anni che ci separano includono una certa esperienza, ci hai mai pensato?” ribatté Ross in tono di secco rimprovero. Di frequente gli capitava di scontrarsi col carattere ostinato della sorella, non così dissimile dal proprio.
“E tu hai mai pensato che non tutte le mie azioni, o le mie preferenze, comportano l’obbligo di essere approvate da te?”.
Indignata, la ragazza girò sui tacchi e rientrò in casa sbattendo la porta dietro di sé.

Quando uscì di nuovo, le ombre cominciavano ad allungarsi nella valle. Con sguardo pensoso, Jennifer lasciò vagare lo sguardo tutt’intorno: nel giardino, vuoto e silenzioso come prima della festa, ogni cosa era tornata in ordine. Il sole, che si accingeva a calare oltre l’orizzonte, si rifletteva sulla pacifica superficie del mare infrangendosi in mille frammenti scintillanti simili a schegge di vetro. La campagna si era accesa di uno sgargiante rosso dorato e le nuvole parevano pennellate di sangue vivo, come quello di un pittore che prende vita attraverso i colori della sua tela.
“Jen, sei sicura di non voler rimanere?”.
Ross era comparso alle sue spalle ed ella provò una certa tristezza, udendo la nota allo stesso tempo dispiaciuta e preoccupata della sua voce.
“Ti ringrazio, ma preferisco tornare a casa mia”.
“Anche questa è casa tua”.
Jennifer stirò le labbra in un sorriso condiscendente. “Lo so, Ross. Ne abbiamo già parlato e non è cambiato niente dall’ultima volta. Considero la mia vera casa quella in cui sono nata e cresciuta. Per me è così, lo sarà sempre”.
“Ma lì vivi tutta sola e…”.
“C’è Maggie con me, tre volte la settimana”.
“Da quando consideri la domestica una compagnia?”.
“In effetti, Maggie è più un’amica che una serva. E poi non sarò mai veramente sola tra quelle mura, finché i ricordi allieteranno le mie giornate quando non sarò qui, ad importunare un certo capitano prodigo di premure!”.
Lui rise e si lasciò stringere dalla sorella, che gli aveva gettato le braccia al collo con inaspettata spontaneità.
“Devo supporre che ti sei convertita alle tenerezze fraterne?” la punzecchiò ad un certo punto, sciogliendosi dall’abbraccio.
“E’ solo per ringraziarti dell’ospitalità, non ti ci abituare!” lo rimbeccò lei con ostentata noncuranza, quindi si diresse verso le stalle. Non appena fu davanti alla giumenta color cioccolato, la salutò strofinandole la guancia contro il muso, pronta a sellarla. Nel frattempo, Ross faceva scorrere le lunghe dita sulla testa bassa dell’animale, che improvvisamente emise un suono profondo e gutturale in segno di saluto.
“Permettimi di accompagnarti per un tratto di strada. Non mi piace che mia sorella viaggi da sola al calar delle tenebre”.
“E’ bello che ti preoccupi per me, dico davvero, ma non è necessario. La strada non è poi molta e, come sai, adoro cavalcare in solitudine”.
Ross le gettò un’occhiata furtiva, e capì che insistere avrebbe scatenato nuove e sgradevoli discussioni di scarsa utilità per entrambi. Infine lei montò in sella, promettendogli che sarebbe tornata l’indomani, e lui la guardò cavalcare via inondata da un tramonto fiammeggiante.

Era stata una giornata movimentata, di quelle che non ci si aspetta da un comune pranzo di battesimo. “Fin troppo movimentata”, pensò Jennifer mentre cavalcava sulla via del ritorno. Si era dimostrata abile nel rifuggire la noia sin dalla prima infanzia: ogni occasione di svago diventava un pretesto per scatenare la sua innata vivacità e mettere alla prova il suo desiderio di avventura. Nell’innocente esuberanza di Jinny aveva trovato una perfetta compagna di avventure, che però quel pomeriggio le aveva procurato un notevole spavento: non avrebbe saputo immaginarsi senza di lei. Conosceva fin troppo bene la natura modesta della sua amica più cara e tutte le ristrettezze economiche che, malgrado gli aiuti di Ross, avevano inevitabilmente colpito la famiglia Martin, oltremodo numerosa. Non le era dunque difficile comprendere le ragioni del volo di fantasia che, per un fuggevole momento, aveva indotto Jinny ad agire da sciocca. E poi, quel giovane ospite era piombato alla festa così inaspettatamente che sarebbe stato impossibile non sentirsi divorare da un’accesa curiosità. Lo sguardo mite e profondo del dottor Enys si era fatto strada fino a lei, l’aveva attraversata come un dardo, sfidando la sua radicata diffidenza. La brezza marina, fresca e gentile come la sera, increspava il mare silenzioso al calar del sole, accarezzandole le guance e sfiorando i suoi lunghi capelli. Era talmente immersa nei propri pensieri che non ebbe l’istinto di sollevare il capo, udendo un rumore di zoccoli avvicinarsi; ma non appena si sentì chiamare per nome alzò gli occhi, che s’incontrarono con quelli del cavaliere proveniente dalla direzione opposta.
“Signorina Poldark”, la salutò il gentiluomo tirando le redini del cavallo e facendo un breve inchino. “Che sorpresa! E che piacere incontrarvi!”.
“Buonasera, signore!” rispose Jennifer fermandosi a sua volta, non meno sorpresa di lui. Cosa ci faceva George Warleggan sulla strada per Nampara, al tramonto? Un simile interrogativo necessitava di risposta, così pensò bene di formularlo ad alta voce, non senza un rigoroso garbo; la curiosità tipica del suo carattere si era improvvisamente destata. “Immagino che qualche affare urgente vi spinga lontano da Truro, vista l’ora insolita. Siete per caso diretto a Nampara?”.
Per un attimo gli occhi di George scintillarono di una strana luce, poi le sue labbra sottili formularono un sorriso scialbo. “Voi mi leggete nel pensiero, signorina Poldark! Si dà il caso che la tenuta di vostro fratello fosse proprio la mia destinazione… Finché non ho incontrato voi”. Con due lunghe dita estrasse dalla tasca del panciotto una lettera, che porse alla ragazza. “Sono certo che Ross e la sua signora mi perdoneranno se la consegno direttamente nelle vostre mani, dato che tra i destinatari figura anche il vostro nome”.
“Il mio?” non poté trattenersi dal domandare Jennifer, sempre più curiosa e confusa.
Specialmente il vostro. Vi prego, apritela!”.
Mentre si domandava quale fosse il significato di quel “specialmente” pronunciato con enfasi da George, la fanciulla afferrò la lettera, ruppe il sigillo e con mani incerte tirò fuori il foglio dalla busta.
“Oh… E’ un invito!”, esclamò lentamente quando ebbe finito di leggere. Spostando gli occhi dalla lettera al signor Warleggan, notò che lui la stava osservando con attenzione e un pizzico di ansia, come un corteggiatore in trepidante attesa di un “sì”. Conosceva quello sguardo: l’aveva visto posarsi su di lei più volte durante le sue visite a Trenwith, dove l’aveva incontrato per la prima volta l’anno precedente. Allora aveva immaginato che fosse dovuto ad una comprensibile curiosità nei riguardi della sorellastra del capitano Poldark di Nampara… Quasi stesse frugando tra i pensieri di lei, George disse: “E’ passato del tempo dal giorno in cui ci siamo visti a Trenwith in occasione del compleanno di Francis. Mi farebbe molto piacere, se accettaste di venire alla festa che darò la settimana ventura”.
L’idea di partecipare ad un simile evento era elettrizzante per Jennifer che, tra le altre cose, non era ancora stata formalmente presentata in società. Fu sul punto di dare una risposta affermativa, ma poco prima prima di aprire bocca le venne in mente Ross: l’invito era rivolto anche a lui e a Demelza. Si morse il labbro inferiore.
“E’ gentile da parte vostra. Sarò lieta di informare mio fratello e mia cognata al più tardi domani pomeriggio. Per il momento vi ringrazio, signor Warleggan”.
“Attenderò con ansia, signorina Poldark. Vi auguro una buona serata!”.
Nel ricambiare l’augurio di George, Jennifer spronò la sua Fluffy e si allontanò, riprendendo il cammino verso casa. Mentre cavalcava sorrideva, protetta dal manto scuro delle ombre che avanzavano.






**-**




Nota dell’autrice:


Dopo mesi di pausa forzata da impegni, stress ed imprevisti rieccomi di nuovo qui, a vivere il mio sogno ad occhi aperti! Stavolta non ho molto da aggiungere al capitolo, o da precisare: tenete presente che, da qui in avanti, la situazione si farà un pochino movimentata. E dato che difficilmente riuscirò a pubblicare di nuovo entro la fine dell’anno, colgo l’occasione per augurare a tutti voi un sereno Natale e un 2022 pieno di felicità, che esaudisca ogni vostro desiderio, in barba al periodo che stiamo vivendo da quasi due anni. Come dice saggiamente Dwight nel quarto episodio della quarta stagione, “proviamo a trarne il meglio”. E questo vale per ogni tipo di situazione. Vi ringrazio dal profondo del cuore, miei affezionati e fedeli lettori, che mi spronate a dare sempre il meglio di me, incoraggiando e sostenendo il mio piccolo progetto, frutto di un amore senza limiti. Spero che tutti voi stiate bene... Un caldo abbraccio!

Claudia




 
  
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