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Autore: Ciarax    01/12/2021    1 recensioni
Le stelle cadenti hanno un significato positivo e costituiscono un'imperdibile occasione per esprimere un desiderio, quando brillano e illuminano il cielo immerso nell'oscurità, ignari che quello non è che il riflesso pallido della loro esistenza.
Quello che le persone ammirano con tanta adorazione non è che il residuo, la scia di quella che una volta bruciava di passione, la stessa passione che si era lentamente spenta in Alexis. Solo l'ombra di quello che alimentava il suo spirito libero.
Era difficile immaginare un incontro tanto casuale da essere in grado di ribaltare la sua visione della vita, alimentando silenziosamente quella piccola e flebile fiamma nel suo petto.
Dal testo:
'Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VIII
 
                              Like a candle in the night
                              Fighting just to stay alive
 


Respiri profondi.

Ecco la prima cosa che insegnano quando c’è bisogno di affrontare da soli un attacco di panico. I consigli e le tecniche erano sempre quelle, Alexis avrebbe saputo elencarle a memoria in ordine di efficacia. Ma con la mente annebbiata dalla paura e le ondate di adrenalina che il suo cervello continuava a produrre non facevano altro che alimentare lo stato di allerta del suo corpo.
Sentiva il proprio respiro corto e frammentato rimbalzare tra le pareti altrimenti silenziose del suo appartamento completamente avvolto dal buio. Era crollata a terra prima di riuscire ad accendere anche solo una lampada, mentre era rannicchiata con la schiena contro il muro e gli occhi serrati.

Aveva provato già diverse volte a convincersi che sarebbe passato nell’arco di pochi minuti, non era la prima volta che le capitava. Ma neanche contare il respiro cercando forzatamente di rallentarlo l’aveva aiutata. Dovette rinunciarvi dopo pochi minuti. Sentiva i muscoli tendersi allo spasmo per pochi secondi prima di rilassarsi e ritendersi nuovamente. Non riusciva a muoversi da quella forzata posizione rannicchiata a terra, con le ginocchia strette al petto e la testa incassata. La pelle tirava. Avrebbe voluto tagliare con un coltello tutto quell’ammasso cicatriziale che le causava tanto fastidio al minimo pensiero, al minimo accenno di umidità.

Continuava ad essere il rimando costante di quello che aveva cercato in tutti i modi di eliminare dalla sua vita. Andare a vivere da sola, cancellando e mettendo fisicamente distanza tra lei e gli anni che non voleva in alcun modo ricordare. Per un po’ aveva funzionato. Ma l’occhio sul suo corpo le cadeva ogni mattina. Non poteva cancellare i segni sul suo corpo di quel rimando costante.

Non si accorse neanche del lento aprirsi della sua finestra, completamente assorbita dalla paura che la stava lentamente divorando. Ed era proprio in pieno buio che Raph aveva trovato l’appartamento di Alexis. Era passata a malapena una settimana da quando aveva iniziato a presentarsi con cadenza regolare ad orari improponibili di fronte la sua finestra. Non era neanche più tardi del solito, quando aveva imparato gli assurdi orari di lavoro che spesso l’avevano fatta staccare anche verso le due o le tre del mattino.

Le aveva tenuto compagnia nel tragitto di ritorno, seguendola come un’ombra sui tetti dopo l’ultima disavventura notturna di almeno venti giorni prima. Sentiva il petto infiammarglisi di rabbia al pensiero che gente del genere fosse libera di girare per le strade ma ringraziò silenziosamente di non conoscere i volti di quei luridi. Anche se avrebbe fatto un favore al mondo togliendoli dalla circolazione.

Raffaello riportò forzatamente l’attenzione nell’appartamento di Alexis. Lo scandagliò con occhio attento ma nel soggiorno sembrava essere tutto a posto, il solito disordine tra i quaderni con gli spartiti aperti disordinatamente sul tavolino di fronte il divano e i piatti impilati in precario equilibrio sul ripiano della cucina. Passò con attenzione vicino la gabbia di Faye, addormentata già da un pezzo mentre assumeva la solita forma di una palla dal morbido pelo cenere.

L’occhio cadde anche sui quaderni aperti. Erano a malapena illuminati dalla luce che proveniva dalla strada ma non gli ci volle molto per capire come si trattasse di un’altra canzone. Il testo era cancellato in più punti e verso il fondo della pagina erano annotati alcuni accordi e un pentagramma improvvisato per un particolare passaggio armonico.

Aveva una pessima grafia. Faticava persino lei a leggerla alle volte, ma le parole del testo erano abbastanza chiare. Il ritornello in particolare. L’aveva cancellato con un tratto rabbioso, più e più volte. Non sembrava andarle a genio quella parte e aveva lasciato solamente due brevi versi a margine.

Forse Alexis si era già addormentata. Se quel giorno era andata leggera con la caffeina non era improbabile che fosse crollata di sonno nel mezzo di qualche attività. L’aveva scoperta nascondere un lato leggermente più chiacchiericcio quando era particolarmente spensierata e non sarebbe stata la prima volta che cadeva addormentata mentre gli raccontava una delle sue rocambolesche ultime attività con gli sport più disparati.

Per un attimo Raph si domandò come potesse amare tanto il nuoto se a malapena portava magliette a maniche corte. Riuscire a scorgerle qualche lembo di pelle in più che non fosse del collo o delle mani era veramente un’impresa.
Raffaello si bloccò nel mezzo dell’appartamento, quando un piccolo rumore nell’altra stanza lo aveva allertato. Tese i muscoli mentre estrasse con estrema lentezza i propri sai, stringendoli e sentendone la fredda consistenza del metallo sotto la pelle. Poteva benissimo trattarsi della sua fantasia o della sua poca familiarità con gli appartamenti degli umani, ma conosceva abbastanza bene quello di Alexis.

Quel silenzio era innaturale. Pesante. L’appartamento si era fatto d’un tratto claustrofobico.

La porta della camera di Alexis cigolò in modo sinistro, facendo maledire mentalmente Raph quando stava tentando del suo meglio per rimanere il più silenzioso possibile nonostante il disordine che regnava in quell’appartamento e le sue dimensioni imponenti a confronto. Nonostante gli estenuanti allenamenti nell’ombra e all’insegna dell’invisibilità, la tartaruga dovette constatare come muoversi tra i tetti e i vicoli di New York fosse estremamente più facile che cercare di districarsi tra le piccole pareti di un appartamento al quarto piano.

Il letto era sfatto. La finestra era chiusa ma le lenzuola erano state completamente lanciate in aria e giacevano scompostamente a terra per oltre la metà. Mentre anche la porta del bagno era socchiusa, l’occhio di Raffaello cadde sulla figura rannicchiata con le spalle al muro.

Alexis era immobile. Sentiva solamente il suo respiro accelerato e flebile, ovattato dalla posizione rannicchiata e scomoda in cui si trovava.

 
Cinque cose. Cinque cose che puoi vedere.
Di qualunque natura, l’importante è focalizzarci sopra l’attenzione.

Era quello l’obiettivo. Riportare l’attenzione al presente, uscire da quel limbo che l’attacco di panico procurava al cervello che cadeva in un circolo vizioso da cui non era facile venire fuori. Ed erano cinque cose che Alexis stava faticando a scorgere in quel momento, sia perché teneva ancora la testa premuta contro le ginocchia ma anche a causa del buio; quando le finestre della sua camera non facevano entrare abbastanza luce se non un flebile e fioco bagliore sfocato.

Alexis alzò gradualmente la testa, mettendo a fuoco i suoi piedi. Scalzi e infreddoliti. Detestava dormire con i calzini e in quel momento sentiva il proprio corpo venire percorso da brividi di freddo a causa dei riscaldamenti lasciati spenti la notte prima. Due, La coperta buttata a terra. Si era svegliata di soprassalto dopo un incubo e non era riuscita a trattenersi dal cercare di accendere immediatamente la luce più vicina. Tre, la porta. Prima era sicura che fosse socchiusa mentre la vide aprirsi lentamente. Alexis scivolò lentamente ancora di più verso l’angolo più lontano della sua camera, viveva da sola da quasi due anni. Non poteva esserci nessuno lì con lei.
Quattro, una figura imponente. Qualcosa era entrato nel suo appartamento, si muoveva con cautela verso la sua direzione. Cinque, verde. Non era Flynn, i suoi erano marroni e troppo scuri anche solo per mostrare un barlume di emozione. No, li aveva visti di sfuggita e a fatica nel buio della stanza ma erano verdi. Li aveva già visti, screziati e con forti tonalità paglierino erano molto più scuri dei suoi.

 
Quattro cose. Quattro cose che puoi sentire.

Sentiva il proprio respiro accelerato, rapido. Alexis ebbe l’impressione di faticare a immettere aria nel proprio corpo, i polmoni non collaboravano, sarebbe potuta benissimo morire d’asfissia. Ma ce n’era un altro di respiro accanto a lei, più lento. Era leggero, calmo, controllato. Inconsciamente cercò di imitarlo e l’altro parve accorgersene, cambiando impercettibilmente il proprio ritmo e rendendolo più presente e udibile. Stava cercando di adattarsi e guidare quello frammentato di Alexis.

Gli unici altri due suoni che sentì furono il ticchettare dell’orologio e il muoversi leggero del cincillà nel soggiorno. Erano suoni indistinti e di sottofondo rispetto al respiro che sembrò guidarla con calma mentre cercava di riprendere una parvenza di controllo della propria respirazione. Inspira. Espira. Facile.

 
Tre cose. Tre cose da toccare.

Il tatto. Alexis aveva tutti i muscoli indolenziti, le braccia formicolavano mentre le dita dei piedi erano insensibili per il freddo. Allungò appena una mano sentendo la tensione dei suoi piedi scalzi mentre li teneva stretti a sé nel tentativo di scaldarsi.

Il verde davanti a sé. Non erano solo gli occhi. C’era della pelle, al tatto liscia e calda. Era bollente rispetto alle sue dita ghiacciate, mentre lasciava scorrerne la punta delicatamente su quella superficie invitante, viva. Risalì con lentezza quasi estenuante lungo il braccio, sentendo i muscoli tesi sotto il proprio tocco ma ignorando le flebili scariche che le attraversavano il corpo. Cercava piuttosto di memorizzarne ogni incavo, incantata dal riflesso freddo che le restituiva: alcune squame rilucevano di riflessi più verde acqua mentre altre erano molto più sature del verde delle foglie appena dopo la pioggia.

C’era un avvallamento, era risalita lungo il braccio e aveva trovato un piccolo avvallamento. Una sottile linea poco sopra il labbro. C’era una cicatrice, frastagliata ma sembrava guarita da parecchi anni e la pelle era rimarginata.

Era da tanto che non toccava qualcuno.

 
Due cose. Due odori diversi.

Il suo appartamento era disordinato ma c’era un piacevole odore di pulito. L’odore di marmellata era una costante attorno a lei ogni volta che era in casa, quei biscotti ripieni erano la sua passione e forse l’unico punto debole di gola.  L’unica cosa che stonava alle volte era quando arrivava il momento di cambiare e pulire la gabbietta di Faye, il piccolo roditore sapeva farsi sentire nonostante le contenute dimensioni e l’età che avanzava. Ma in quel momento non era l’unico odore su cui Alexis riuscì a concentrarsi.

C’era un odore più forte vicino a lei, meno delicato rispetto a quello a cui era abituata ma non era sgradevole… solo più deciso. Era un odore a cui si stava ancora abituando ma più di una volta invadeva quella che era la sua sfera privata, la sua piccola bolla di pace e di sicurezza. Difficilmente c’era qualcosa che disturbava quella sua quiete. Quell’invasione era iniziata con lentezza, precisione e cautela parsimoniosa.

Raph aveva iniziato ad essere una presenza sempre più costante in quell’appartamento e la casa sembrò adattarsi lentamente a quel cambiamento.

 
Una cosa. Una cosa che puoi assaporare.

Alexis sentì solamente il sapore ferroso misto alla bile nella bocca. Doveva vomitare. Si alzò senza troppi preamboli, catapultandosi nel bagno e buttando fuori tutto lo stress e la paura che in quel momento la abbandonarono come le poche forze rimaste. Si sciacquò, togliendo il sapore amaro che aveva in bocca e scivolò esausta lungo il muro piastrellato del bagno. Il respiro era tornato regolare ma non aveva più le forze neanche di tenere gli occhi aperti. La scarica di adrenalina era finalmente cessata e lasciò il posto alla spossatezza seguente, senza troppi preamboli.

C’era anche Raffaello con lei. Aveva inconsciamente registrato la sua presenza accanto a sé ma si era concentrata solamente sui piccoli dettagli. Una tale vicinanza l’avrebbe mandata in agitazione in altre circostanze, con l’immediata fastidiosa sensazione di bruciore che le ricordava costantemente la pelle offesa.

Individuò a malapena la bandana rossa fare capolino dal ciglio della porta del bagno, l’espressione appena velata di preoccupazione mentre la tartaruga la scandagliò con attenzione. Alexis accennò ingenuamente un piccolo sorriso tirato scorgendo la figura di Raph a poca distanza da lei.

Era riuscita nuovamente a sentire qualcuno a contatto con la propria pelle.




--- Note ---
Capitolo lungo, non quanto avrei voluto ma l'ho sentito parecchio pesante e ho preferito non aggiungere altro alla fine. Probabilmente è stato anche parecchio dettato da un bisogno di sfogo che sento in questo periodo, quindi chiedo venia se risulta un po' sconclusionato e difficile.

Ciarax

 
   
 
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