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Autore: Duchessa712    03/12/2021    1 recensioni
Nella sua testa sono tutte vestite di rosso, rosso sangue, rosso vino, rosso come le rose che sono il loro fiore preferito e la loro più grande paura sono mostri dalle fauci affilate con i capelli biondi e gli occhi di ghiaccio
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fiori appassiti

Sono in tre dentro la sua testa, nero e bianco e grigio che si mischiano come tempere sulla tavolozza, che urlano sgraziate come corvi e cornacchie - che brutto paragone che s'è scelta, pensa, la matita che gratta sul foglio d'un compito troppo semplice per lei, che otto anni non li ha mai avuti nemmeno nell'altra vita.

(Ayumi le mostra il libro tutta orgogliosa, sfoglia placida le pagine di foto e spiegazioni. Botanica, annuncia, mentre legge etimologie d'una lingua dimenticata, che una volta ha conquistato il mondo e adesso vive in libri di parole che non si sa più come dire.

Legge che si chiama amello, il fiore che la colpisce tanto ed è una margherita dai petali rosa, del rosa tendente al viola che si trova, se lo si sa cercare, nel fuoco del tramonto.

Legge che nel linguaggio dei fiori significa addio).

Ci sono nero e grigio e bianco e sono vestite di rosso e si contendono lembi di vita e petali secchi e giocano: m'ama, non m'ama, sussurrano nei momenti di calma, vivi, muori, quando c'è la tempesta e i corvi gracchiano e la notte è scura.

Sono petali d'amello a cadere ai loro piedi - ai piedi d'una donna, d'un'ombra e una bambina (Sherry, Shiho e Ai che coesistono e si fanno la guerra, che si odiano e si amano, che hanno le mani sporche di sangue e cadaveri di fiori sotto le unghie).

(Lo cerca quella sera, l'amello, e le mani tremano e gli occhi lacrimano. Sotto a quella schermata ce ne sono altre, straripanti di numeri e calcoli e aspettative disattese - fallimenti che Shinichi non saprà mai.

È il fiore dell'addio ed è piccolo e insignificante, d'un colore nascosto nel tramonto - e lei lo distrugge, m'ama e non m'ama, vivi e muori, e dipende tutto dal caso, da quanti sono i petali).

Un petalo per ogni addio?
Un addio per ogni petalo?

Decide che è un petalo per ogni addio.
Lo decide l'ombra e la bambina le dà man forte e la donna lancia un sorriso di scherno e pietà, ma non s'avventa su di loro.
Hanno le nocche sporche di rosso e le fa male la testa - troppo caffè, troppo poco sonno, troppi incubi, troppe ore davanti al computer a cercare di fare di più, sempre di più, a rimediare a un errore che è suo solo in parte, ad ascoltare cassette che fanno tremare la donna e piangere l'ombra e la bambina.
Shinichi le dice che è pallida, gli altri le chiedono se stia bene e lei abbassa il capo e lascia che i loro sguardi le scivolino addosso.

(È convinta che nella sua testa ci siano tre persone diverse, che lei sia tre persone diverse, una delle quali priva di consistenza. Sogna corvi neri e fiori rosa e tutti gli addii che non ci sono mai stati.

Amello vuol dire addio - ma è l'addio di chi lo riceve o di chi lo dona, di chi lascia o di chi è lasciato andare?).

*

Amello vuol dire addio ed è l'addio dei suoi genitori, che non c'è stato, che le hanno baciato la guancia e sono usciti e non sono più tornati - le piace immaginarli così, perché non lo sa come sono davvero gli ultimi istanti passati con loro.
Cadono manciate di petali dentro la sua testa e a Sherry cedono le ginocchia e Shiho piange lacrime trasparenti, mentre Ai è il vertice solitario del triangolo e le guarda in silenzio. È l'addio di Akemi, che se n'è andata pure lei senza salutare, che le ha sorriso e stretto la mano e ripetuto, esasperata, divertita, preoccupata, di vivere la sua età - ricorda troppo bene l'ultima volta che l'ha vista e fa male, tanto male, e cosa non darebbe per lavarla via con l'acido, sacrificare la memoria per non sentire più il dolore.

(È Ai a pensare questo, a trovarsi sbattuta per terra dallo schiaffo di Shiho, che s'è avventata su di lei con la furia d'una bestia ferita. Ai non chiede perché: lo sa già, lo vede nei suoi occhi, che è un pensiero blasfemo, quello che ha avuto, che Akemi è l'unica che valga la pena ricordare - soprattutto adesso che è perduta per sempre e la luce che portava s'è dissolta e frantumata).

È l'addio a sé stessa - a Sherry, con le mani lorde di sangue che s'è mescolato al DNA delle sue colpe - al nero e ai corvi e al biondo e al ghiaccio degli occhi di Vermouth e di Gin. È un addio a metà, un petalo stropicciato, perché libera non lo è ancora e forse non lo sarà mai.

È l'addio a Shiho, sopravvissuta in istanti rubati, bambina per pochi secondi e ombra per troppi anni. Shiho che ha le guance sporche di lacrime e la gola graffiata di urla, che s'è nutrita di ombre fino a divenire ombra essa stessa.

(È l'addio ad Ai, quando arriverà il momento, in un futuro che è miraggio e paura, perché Ai è un gioco e un bel sogno e lei, donna di scienza, dei sogni e dei giochi non ha mai saputo che fare).

*

(Chiede il libro ad Ayumi e stacca la foto del fiore, la nasconde in un cassetto con le registrazioni di sua madre. Shinichi la sorprende a guardarla, un giorno, ed è una battaglia di sguardi in cui lui è il primo a desistere. S'è sempre chiesta cosa veda, Shinichi, in fondo ai suoi occhi: la donna, l'ombra o la bambina? S'è sempre chiesta se sappia di dover cercare più persone, Shinichi, e la risposta è tanto ovvia quanto dolorosa: no).

Shiho e Sherry sono una lo specchio dell'altra, stesso caschetto di rame e stesso vestito di sangue e stesso camice bianco - gli occhi di Sherry sono duri e freddi, pietre contro cui scontrarsi, specchi che non sanno riflettere.
Shiho e Ai hanno gli stessi occhi, grandi, intensi, persi, bisognosi di luce, d'amore, di abbracci, di Akemi - Ai ha meno borse sotto agli occhi e le sue labbra hanno bevuto meno lacrime, il suo cuore è meno rotto e le braccia non le tiene sempre strette al petto per proteggersi, ma ha imparato ad allaggarle in un abbraccio.

Sono in tre dentro la sua testa e Shiho è il collante tra luce e ombra, tra passato e presente, tra peccato e salvezza.

Tutte hanno fiori spezzati ai piedi e il sangue di innocenti come memento delle loro colpe.

*

I suoi incubi sono pozzi neri in cui viene affogata da sangue che non ha mai versato - non ha fatto il lavoro sporco, chiusa in laboratorio tra numeri e topi - e c'è Shinichi che la accusa, il dito puntato, il busto proteso in avanti in quella posa che sfida i limiti dell'equilibrio e della gravità, che la chiama mostro e assassina, che non si fida e non s'è mai fidato e non si fiderà mai, che non la ama e non l'ha mai amata e non l'amerà mai.
Sono gli incubi da cui si sveglia urlando e con la bile e le lacrime a impedirle di respirare. Sono quelli che la fanno correre al telefono per comporre il numero e poi in bagno, dove insieme alla cena vomita rabbia e frustrazione perché non posso, non posso, si dice, è pericoloso, avventato, da stupidi; perché tanto Akemi è morta e non ha consigli da dare.

È un nuovo petalo di una corolla che non finisce mai e non sa se è per sé, per sua sorella, o per l'amore non corrisposto.

I sogni sono quelli in cui nei pozzi neri ci annega, in cui beve sangue e lo ingoia fino a riempirsi i polmoni, in cui si lascia cullare dal nero che poi diventa bianco e luce - la luce di Akemi, che la aspetta e la chiama. I sogni sono dolci nenie verso l'oblio e lei li accoglie, il capo posato sulla tastiera del computer, fogli sparsi sulla scrivania e accanto una tazza di tè o caffè.

*

(Ayumi le chiede se può riavere il libro e lei barcolla - ha strappato la pagina dell'amello in uno scatto di rabbia, s'è tagliata le dita facendone tanti brandelli - e inventa una bugia che non ricorda. Ayumi annuisce, le dice certo, va bene, non preoccuparti e lei sa solo che non deve più ridarle nulla.

Per mettere a tacere il senso di colpa le racconta le favole, che l'amica ascolta con occhi luccicanti e bocca spalancata.
Per una volta c'è silenzio nella sua testa, niente grida, schiamazzi o risa di scherno, perché per una volta sono tutte d'accordo e anche loro ascoltano e si concedono di sognare.
Sono le storie della terra di sua madre, di quell'Europa che sulle cartine è tanto lontana: la Principessa che ha mangiato la mela, quella che s'è punta il dito con un arcolaio, quella che ha ceduto la coda e la voce ed è divenuta spuma di mare, quella dai capelli lunghi e biondi chiusa nella torre; quella del bambino che ha lasciato scie di pane nel bosco, quella dei bambini che hanno trovata una casa fatta di dolci, quella della bambina vestita di rosso che è andata nel bosco e ha trovato il lupo -)

( - nella sua testa sono tutte vestite di rosso, rosso sangue, rosso vino, rosso come le rose che sono il loro fiore preferito e la loro più grande paura sono mostri dalle fauci affilate con i capelli biondi e gli occhi di ghiaccio - diventano lupi, Gin e Vermouth, e la rincorrono, guidati dall'odore acre della sua paura, le danno la caccia con occhi brillanti e promesse di vendetta e lei li sente: prova, Sherry, prova pure, se ti va, e intanto sente i loro artigli farla a pezzi, lacerare la carne e straziarle il cuore).

*

Sente la porta aprirsi, la voce di Shinichi che spia, da oltre la sua spalla, numeri e formule che non gli dicono nulla.

Ai lo guarda da sopra il bordo dell'ennesima tazza di caffè che, lo sa, non farà altro che acuire il mal di testa che la accompagna da tutta la notte.

"Buone notizie?" domanda speranzoso e lei non gli risponde, scegliendo di tornare a concentrarsi sullo schermo dove campeggiano ipotesi e teorie che sa già essere errate.

"Allora?". È petulante, quando fa così, quando si comporta davvero come il bambino che sembra essere. Si chiede se sia mai cresciuto, Shinichi, se a sedici anni, quando era osannato e acclamato, fosse sempre arrogante e veloce a giudicare.

"Se ti dicessi di no, mi sottoporresti al solito monologo su come l'antidoto ti serve adesso. Se ti dicessi di sì, mi diresti di sbrigarmi perché l'antidoto ti serve adesso. In entrambi i casi mi faresti perdere tempo e ti abbasseresti a mentire, perché sappiamo entrambi che l'antidoto non ti serve adesso".

C'è una scatola di pillole bianche e rosse e una volta gliel'avrebbe data, ma non adesso che sa che lui le ingoierebbe una dopo l'altra come caramelle nonostante le sue raccomandazioni. Non adesso che sa che l'effetto dura sempre meno mano a mano che l'organismo si abitua. Non adesso che sa che verrebbe a piangere da lei dovesse prendere l'antidoto e rimanere nel corpo di un bambino.

"Mi serve adesso: è il compleanno di Ran"

"Falle una telefonata usando il farfallino. Inoltre, caro Shinichi, avere le formule non vuol dire avere l'antidoto" gli ricorda paziente e c'è un lampo d'irritazione nei suoi occhi mentre si allontana sbattendo la porta.

(È tentata di corrergli dietro e dargli ciò che chiede, perché si sente sempre in difetto rispetto a Shinichi, soprattutto quando la guarda in quel modo, come se fossero vittima e carnefice, come quando l'ha chiamata mostro e assassina.

È tentata di chiedergli scusa perché si sente sporca rispetto a lui, sente le mani viscose di sangue che non ha mai lavato via.

È tentata di lanciargli addosso il computer e il caffè e di prenderlo a sberle, quando la guarda in quel modo, come se tutte le colpe fossero sue, perché non ha scelto lei di creare il veleno, non ha scelto lei di far parte dell'organizzazione, perché la sua famiglia è morta - genitori che non ha mai incontrato e su cui costruisce fantasie e una sorella che amava più di chiunque altro al mondo -, ma non importa, non quando lui, per una volta, non ottiene ciò che vuole, non quando lei è quella che ha combinato il guaio e deve risolverlo e-

- vorrebbe urlare queste cose, ma si morde le labbra e nella sua testa Ai piange e Sherry ghigna sprezzante perché come siamo cadute in basso, ride e forse non ha tutti i torti).

*

Sulla tomba di Akemi posa tre mazzi di fiori: i suoi genitori non hanno una tomba, non che lei sappia, e gli altri due li tiene accanto al computer. Appassiranno presto.

"Margherite?" chiede stupito Shinichi, poggiato allo stipite della porta e lei scuote la testa.

"Amello" risponde, si morde le labbra, aggiunge: "Era nel libro di Ayumi. Vuol dire addio".

Si aspetta che lasci cadere la questione, invece lo sente avvicinarsi, posarle una mano sulla spalla, farla voltare verso di sé.

"A chi vuoi dire addio?"

A me. A te. A tutto.
Petali caduti nei suoi sogni, gambi spezzati sotto le unghie, donne e ombre e bambine vestite di sangue nella sua testa - è la sede di un incubo, il parcogiochi di un bravo terapista. Non sarà il nuovo caso di Shinichi.

"A mia sorella" - lo sente inspirare a questa parole. La mano sulla sua spalla ha uno spasmo. Akemi è tabù. Lo è da quel primo caso, quando le ginocchia non l'hanno più retta e il dolore è semplicemente venuto fuori, quando è stato lui a sentirsi dare del mostro e dell'assassino e dimmi perché, si risente dire, dimmi perché non l'hai salvata.

(Si chiede se anche lui si trovi in difetto davanti a lei quando sono soli, quando Akemi è un fantasma soffocante tra di loro e le sue accuse non sono mai cancellate. Non s'è mai pentita d'averle mosse. Non s'è mai scusata - le pensa ancora, a volte, quando la tormenta per sapere dei suoi progressi, quando la trascina a giocare e fare la bambina e pretende comunque di avere le risposte; s'è mai chiesto quando lo trova, il tempo di lavorare a quell'antidoto?).

"Ai miei genitori", riempie il silenzio prima che inizi una conversazione che non è pronta ad affrontare. Akemi è sua, non importa che Shinichi ne abbia vissuto gli ultimi istanti e abbia udito i suoi ultimi respiri.
Importa che ha il suo sangue sulle mani, anche se è un pensiero che si affretta sempre a scacciare - è un'arma crudele, letale, sleale, ma ci sono volte in cui sente le parole arrotolarsi in gola e si fa violenza per rimandarle indietro: perché non sei stato più veloce, perché, invece di ascoltare la sua confessione, non hai pensato solo a salvarla?

*

Sono in tre dentro la sua testa e tutte piangono in questi momenti e non c'è bianco o nero, ma solo grigio, solo Akemi e il vuoto che ha lasciato.

(Si dice che siamo formati da luce e ombra e che dobbiamo trovare un equilibrio, ma come si fa quando la luce è un'utopia da abbandonare e l'ombra è una geniale mente criminale e l'equilibrio è un fantasma che non esisterà mai?

Ci pensa a volte, a cosa accadrà quando prenderà l'antidoto, a quando dovrà rispondere per morti ed esperimenti che ha scelto di commettere - anche se una scelta non ha mai saputo d'averla.
Si chiede se a Shinichi importerà, dopo, di cosa toccherà a lei, che ha terminato il suo compito ed esaurito la sua utilità.
Ai dice sì, Sherry dice no, Shiho dice che non ha importanza).

*

Sono in tre dentro la sua testa, una cacofonia di urla, pianti, passati, futuri e follie. Sono in tre, vestono di rosso, corrono via da lupi dal manto biondo che fiutano la sua paura e si beffano delle sue lacrime. Sono in tre, sono geniali, hanno il cuore lacerato da troppi dolori e troppe mancanze, da accuse che non sono mai state ritirate e che non muoveranno mai. Sono in tre, non sono uno - è un segreto che si porterà nella tomba.

L'amello appassisce, ma lei non lo butta. Aspetta che muoia del tutto, petalo dopo petalo - aspetta il suo addio - e poi li strappa tutti - m'ama, non m'ama; vivi, muori - ed è donna e ombra e bambina e nessuno scava mai abbastanza da poterlo notare.
   
 
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