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Autore: mortifero    04/12/2021    1 recensioni
"Piove dal cielo, piove dai suoi occhi. Tutto si allaga, le grondaie non pulite e ingombrante dalla spazzatura si fanno pesanti. La mente crolla a terra, il cuore è straripante, Morty non ce la più. Deve farla finita."
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Morty Smith, Rick Sanchez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
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NdA

Ciao! A quanto pare amo troppo farmi ispirare dalla musica mentre scrivo ff, e oggi la mia musa è stata Rain, la canzone di Mika. I mean, è bellissima, sia in versione originale che acustica *.*. Ascoltatevela, dovete.

Scherzi a parte, faccio una piccola avvertenza: questa OS parla di un tema delicato, ovvero il suicidio. Se non ve la sentite, meglio se non leggete.

Per chi invece è intenzionato a proseguire: buona lettura! <3

Rain

Morty è stato fin da subito condannato ad una vita mediocre. Non ha mai imparato alcuna abilità che servisse anche al di fuori delle avventure. Nient’altro che lo rendesse un membro utile nella società, o abbastanza interessante da fare venire voglia a qualcuno di fare conversazione con lui.

Morty ha sempre più paura che non potrebbe lasciare altro al mondo che non sia polvere, di essere soltanto solo un’altra anonima ombra il cui passaggio sulla terra non avrebbe significato nulla per nessuno. In lui il desiderio di non essere solo uno dei tanti fili d’erba che niente fanno, e nulla hanno. Di non essere un individuo lì in quel mondo, in quella vita che non ha chiesto per l’egoismo di due persone che dovevano dimostrare agli altri, ma soprattutto a sé stessi, di amarsi ancora. Non importa quanto la loro prova vivente ne risenta.

Un’esistenza validata solo se le sue parole possono diventare capro espiatorio di tutti. I bulli a scuola, che quel giorno hanno avuto la fantastica idea di gettargli addosso la minestra in mensa, facendogli bruciare il petto; la sua famiglia, che con indifferenza gli ha risposto “son cose che succedono" con l’aggiunta di un “È colpa tua se ti fai trattare così”. Summer che gli ha voltato le spalle, Rick che è semplicemente sé stesso, per cui parlare di lui ci vorrebbe un’infinità di tempo e spazio.

Rick che, pur di tenerselo stretto, l’ha frammentato in così tanti pezzi che non li riesce più a contare.

Rick che ogni tanto gli dà l’illusione di libertà, di poter fare qualcosa che non lo riguardi, e poi meschinamente gliela porta via, facendolo ritornare al proprio posto: baciare la terra dove il dio cammina.

Rick che è luce e ombra, male e cura, sbigottimento e gioia, tortura e amore torbido.

Rick che lo ha rinchiuso nella mediocrità, senza batter ciglio ai lamenti del giovane; nessun appartenete dolore passava nel suo sguardo, incuria pulsava nel suo vecchio cuore malandato.

Morty deve essere arrabbiato con lui, odiare quel vecchio sacco di ossa che puzza di sofferenza rinnegata, emozioni addormentate; eppure non ci riesce, perché la rassegnazione l’ha fatta da padrone. Al contempo corroborante e sconcertante.

Tanto Morty è stupido, mediocre, inutile. Lo è sempre stato, lo diventa ogni giorno con parole sempre uguali.

Vuoto, perso, spreco di spazio e ossigeno. Cretino, troppo grasso, troppo magro, brutto, incapace di socializzare e avere amici; non amato, o amato talmente male da sentirsi spossato, distrutto. Soffocato dalle grandi mani della vita che premevano con forza e rabbia sulla sua trachea, con il solo scopo di sopprimerlo.

Morty è stanco di ogni parte della vita, soprattutto di sé stesso. Vuole dormire. Appisolarsi e non svegliarsi mai più.

È talmente tanto privo di qualunque linfa vitale che non vuole più sforzarsi a guardare a colori il suo mondo altresì grigio. Nel voler cercare l’umanità nelle persone, come la commessa che continua a masticare la sua gomma mentre passa sotto lo scanner le lamette da barba. Il moro si limita a sospirare sommessamente, mentre guarda fuori il cielo oscurato dalle nubi grigie, il clima che sicuramente è diventato umido e piovoso.

Gli ci mancava solo quello.

Piove dal cielo, piove dai suoi occhi. Tutto si allaga, le grondaie non pulite e ingombrante dalla spazzatura si fanno pesanti. La mente crolla a terra, il cuore è straripante, Morty non ce la più. Deve farla finita.

Cammina verso casa, mentre dentro di sé assomiglia alle foglie che non riescono a stare a galla nell'acqua piovana.

Appena rientrato, ad accoglierlo sono le grida dei suoi genitori. Litigano, litigano e litigano tirando fuori discorsi vecchi e sepolti, avvenimenti che non hanno senso di star lì. Litigano solo per il gusto di farlo, perché non hanno mai imparato a fare altro.

Summer non si fa vedere, così nemmeno Rick. Sono partiti in una di quelle che Morty nella sua mente chiama “Avventure della vendetta", perché a Rick non va mai giù che il ragazzo voglia passare del tempo per sé e non partire per qualche bizzarro viaggio nello spazio, per questo suo nonno decide di portare con sé non lui ma sua sorella.

Morty pensa che se il suo piano andrà bene, almeno Rick non avrà più a che fare con dei “no" difficili da digerire.

Completamente fradicio, si dirige su di sopra per prepararsi un bagno caldo. Apre il rubinetto della vasca e inizia con lo spogliarsi.

A Morty non sono mai piaciuti i fantasmi e ne riceve conferma ogni volta che si guarda allo specchio. Il suo corpo è scarno, la carne mal nutrita e giallastra, lo sguardo spento e i suoi occhi sono appesantiti dalle scure occhiaie che ormai ha da qualche mese. È un morto che cammina, errante senza scopo, senza una vera e propria via.

Tempo di odiare il proprio riflesso allo specchio e il bagno è pronto. Ora è il suo turno di immergersi. L’acqua è fastidiosamente piacevole e calda.

Gioca con la lametta, la fa volare nell’aria come da bambino faceva con gli aereoplanini, tergiversa perché la parte più ingenua di lui spera ancora in una manna dal cielo, un angelo custode che arrivi e lo salvi dalla sua pessima decisione. Non succede nulla di tutto ciò.

Quel giorno si è preannunciato e confermato come l’ennesima replica di una settimana che non sarà altro che il susseguirsi di avvenimenti poco piacevoli, che come uno scalpello avrebbe inciso nelle carni e nella psiche di Morty, lasciando un segno, modificando irrimediabilmente una parte di lui. Perchè continuare a vivere, se alla fine tutto è uguale? Perchè illudersi in un cambiamento che non arriverà mai?

Dà un’occhiata al polso della mano sinistra, vede una vena apparire verdognola per via del suo incarnato giallastro, per poi chiedersi se quella è l’arteria. Se fosse più bravo in biologia, se avesse le stesse conoscenze che ha Rick, sicuramente lo saprebbe. Morty immagina di sì, e con la lametta inizia a tracciare il taglio, senza farlo realmente. Deve essere netto, pensa. Tutto deve essere breve e indolore.

Sta ancora tergiversando nella speranza di qualche salvatore che arrivi proprio in quel momento, spera che la fredda lametta sulla pelle venga strappata via da qualcuno che gli ricordi che lo ama, che la sua vita vale. Non succede nulla di tutto ciò, ovviamente, e Morty ammattisce.

Stupido, stupido, stupido!

Si urla addosso e fa il primo taglio. Poi il secondo, il terzo, il quarto. Dà dolore, secco e crudo, Morty trattiene un piagnucolio; dà soddisfazione che non ha nulla di sano in corpo.

Fa lo stesso con l’altro polso, il dolore raddoppia, ma se questo è il prezzo da pagare per essere veramente libero, così sia. Chiude gli occhi e si lascia in ammollo nell’acqua sporca del suo stesso sangue che ora gli bagna la pelle.

A mai più, è l’unico messaggio che vuole lasciare alla sua famiglia.


Asciutto.

La prima cosa che sente è l’asciutto, poi arriva il morbido e infine il calore.

È sdraiato su qualcosa di morbido e non è più nudo. Sente la stoffa della maglietta sul suo petto, i pantaloni della tuta che riscaldano la carne delle gambe, perfino i soffici calzini ai piedi. Ormai fa buio e Morty ha una sensazione ingombrante, come se qualcosa di caldo stesse sopra di lui e un altro peso gli stesse accanto. La prima, si accorge, è una coperta, ma qualcosa gli sta affianco e non capisce. Si guarda intorno alla ricerca di indizi, ma è buio e vede poco e niente.

Se questo è l’inferno, allora assomiglia parecchio alla sua cameretta di notte.

Sente i polmoni esplodere alla ricerca d’aria, il cuore martellare impazzito per pompare il sangue, alla ricerca di vita. Il suo corpo grida la sua brama di vivere. La sua mente è delusa, affranta, incredula e si tormenta; si domanda cos’è successo, cosa ha fermato l’emorragia, chi gli ha bendato i polsi, perché ha deciso di salvarlo e di dare importanza alla sua vita. Chi l’ha rivestito, restituendogli dignità e cure?

Forse non è solo nella sua mente, infatti dalla gola gli esce un rantolo grezzo, secco e sommessamente gracchiante.

Il peso caldo affianco a lui si sposta leggermente e Morty spalanca le palpebre, apprendendo con sgomento che in realtà c’era un qualcuno lì. Trema, iniziando a percepire il corpo estraneo vicino al proprio, il sospiro profondo che fa chi è accanto a lui.

“Brutta merdina", lo dice tra i denti, che Morty percepisce così vicini che ha paura di venire morso. La voce è rozza, gutturale. Non ha bisogno di presentazioni, e il riconoscimento non tranquillizza Morty, per nulla.

Trema ancora, così Rick lo stringe accanto a sé. Il viso dell’uomo è vicino e Morty percepisce dell’umido. Non è la solita disgustosa bava, non ha una consistenza viscosa. No, è bagnato e caldo.

Lacrime.

Rick ha pianto — o magari lo fa ancora, in silenzio —  abbandonatosi alla sua umanità; Morty è confuso e schiude le labbra, ma è lo scienziato a parlare ancora.

“Bastardo egoista, stronzo del cazzo, coglione che non sei altro".

Sono i classici insulti di Rick, quelli che fanno male e lacerano come sempre.

Eppure mentirebbe se dicesse che non prova un certo piacere. Morty in qualche modo sa che ha toccato un tasto dolente con Rick; dà la stessa soddisfazione dell’infilare la lama nella carne. Morty è finalmente riuscito a tagliare qualcosa dentro Rick e gode alla vista del sangue, del prodotto ultimo delle sue gesta.

Perché è successo tutto questo è una domanda che si vogliono rivolgere entrambi, ma solo Morty ha il coraggio di dire il motivo.

"È colpa tua, Rick", dice, il cuore sulle labbra.

È un’accusa diretta, senza tentativi di tergiversare o balbettii a farlo inciampare tra le parole.

Non è vero, o almeno è falso in parte. Sarebbe bello che ad ogni problema susseguisse una linea dritta, con già scritta una risposta, una ragione. Se solo esistesse una tabella con su scritte cause, risoluzioni.
L’intelligenza emotiva di Morty però gli fa vedere che la linea non è dritta, per nulla; è un enorme scarabocchio che si intreccia sempre più su se stesso, con mille sbocchi: non c’è solo una ragione, non c’è solo Rick. Suo nonno, Morty lo sa, è solo il capro espiatorio.
Non è stato lui a creare il vuoto dentro Morty, ha solo aiutato a scavare.

Il silenzio incombe e per un attimo Morty si pente, poi si ricorda quando un Rick ubriaco e in piena voglia di distribuire massime di vita gli ha asserito: “M-meglio s-se ti penti di ciò che hai fatto, che-che di quello che non hai fatto. Anzi, non-non pentirti e basta”.

Morty non si pente più, o almeno prova a non farlo. Tanto è inutile, come piangere sul latte versato, le parole sono state lanciate all’aria, ora devono solo essere raccolte.

Rick lo artiglia per un braccio, preme sulla carne, protegge e possiede, feroce e struggente. Strofina il naso sulla guancia di Morty, le sue lacrime si fondono con quelle del moro.

Per un’intelligenza emotiva sarebbe stupido addossarsi tutte le colpe, perché non è possibile che al dolore ci sia solo una causa, ma Rick da quel punto di vista potrebbe essere considerato ingenuo ed egocentrico, perciò risponde: "Lo so".

Non è una scusa, ma almeno un’ammissione di colpa, un accollarsi anche di qualcosa che non gli appartiene. Con Rick è davvero un gran passo avanti, è raro come qualche gemma preziosa. Morty potrebbe farsi accecare dalla bellezza di quella pietra, rimirarla e sciogliersi nelle belle e precarie sensazioni che prova, eppure non sarebbe altro che il semplice raccogliere le briciole. Se il quattordicenne deve restare a forza nel mondo dei vivi, non lo farebbe sicuramente per dei premi con le stesse dimensioni di una pulce.

"Non farlo mai più. Cazzo, Morty, se ci-ci riprovi… non hai pensato al nonno, eh? No, brutta merdina, tu - tu non pensi mai, e-e tocca sempre a me tirarti fuori dai guai. Non rifarlo mai più, cazzo, mi senti?".

Morty non risponde, non promette nulla. Se ha imparato qualcosina con Rick, è che a volte è meglio segregate certe cose nel proprio cuore e non dirle. Il vecchio Morty probabilmente avrebbe pigolato un “Ti voglio bene", avrebbe guardato Rick con i suoi dolcissimi ed enormi occhi marroni, scuri come la notte, e avrebbe ricevuto in premio un bacio sulle labbra. Non si sente più simile al vecchio sé, ma una parte di lui vorrebbe abbracciare Rick, ritrovare la vita nel calore del suo corpo, perdersi e fondersi. Ma non può più permettersi di farlo. Non vuole concedere a suo nonno il lusso di controllare non solo la sua vita, ma perfino la sua morte.

Rick non deve prendere più nulla da lui.

"Non pensavo saresti stato capace di farlo", è un sussurro; la voce è velata, quasi cheta. Morty non l’ha mai sentito parlare così sottile, come se le parole faticassero ad uscire. Forse è anche in preda alle allucinazioni uditive, pensa, perché ha sentito un "Mi dispiace" così basso che sembrava impercettibile. Un’altra paracusia ancora, probabilmente: “così tanto, così -”.

Le parole muoiono in gola e Morty non lo sprona a continuare. Non servono parole, per curare il macello nei loro cuori. Nessuna sgridata, nessuna ammissione di colpa, nessuna supplica di perdono a metà cambierà il passato, riuscirà ad impedire a Morty di provare a togliersi la vita nella vasca da bagno dei suoi.

Un vaso di vetro rotto non può essere rimesso a posto con del semplice scotch. La voragine che è in Morty non può venire riparata così rapidamente.

Il silenzio diventa in quel momento la miglior medicina, il tempo il loro aiutante smemorato, per iniziare a ignorare. Morty sente il rumore del proprio battito e del respiro di Rick. Sembrano sincronizzarsi.

È quasi bello.

Morty si accoccola ancora di più a Rick, finalmente arriva il bacio sulla guancia.

È dolce, triste.

È l’indugiare sulla pelle del viso di Morty che fa fare clic nel ragazzo. Anche lui inizia a piangere, non è timido nel farlo o silenzioso. Singhiozza fragorosamente e non gliene importa nulla. Voleva morire ma è ancora vivo, respira, il cuore continua a battere. Rick l’ha salvato dal suo potere decisionale, l’ha costretto a vivere, a stare di nuovo accanto a lui, volente o meno. Rick è uno stronzo. Lo stesso prezzo di merda che ora si sente morire dentro ogni volta che abbassa lo sguardo verso gli esili polsi fasciati di Morty, che appena ha visto il corpo pallido del moro nella vasca da bagno l’ha subito preso in braccio, e finalmente il sangue che gli ha sporcato i vestiti l’ha fatto rabbrividire, venire i conati di vomito per la colpa. Rick che ha urlato la una rabbia, svuotando tutta l’aria nei polmoni, che ha pianto, nascondendosi nel buio di una stanza e concedendo a una sola persona il privilegio di vedere la sua umanità.

Rick, quello stronzo che gli sta accanto, stanco tanto quanto lui, se non di più.

Tra loro vittima e carnefice diventano ruoli interscambiabili che convivono in un’unica dolorosa realtà. Niente è giusto, o sbagliato; non c’è bianco o nero, solo un miliardo di colori che se mischiati formano il grigio; esistono solo il dolore e l’illusione.

La realizzazione gli fa venire voglia di sprofondare sottoterra e al col tempo è straordinariamente l’unica cosa che lo calma. I suoi singhiozzi rallentano, c’è una nuova musicalità nel suo pianto. Piano. Pianissimo. Un respiro, seguito da altrettanti altri, fa alzare e abbassare il petto di Morty, che non sente più il battito aggressivo del suo cuore schernirlo perché ancora in vita.

Non può farci più nulla. Il mondo è teatro di soprusi e sopraffazione, ma Morty è solo un insignificante filo d’erba, che il vento ogni tanto si diverte a spostare di qua e di là. Riassicurante.

Pace, beatitudine.

Finalmente le percepisce, e non ha nemmeno dovuto morire davvero per farlo.

Rick inizia a scompigliargli i ricci simili a morbide nuvole, le dita delle sue mani che sfiorano quelle del moro, bacia e annusa la sua giovane pelle. Lo culla e in sottofondo ci sono solo i loro respiri e la pioggia, che non li abbandona ancora.


   
 
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