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Autore: crazy lion    06/12/2021    1 recensioni
[I pilastri della terra]
[I pilastri della terra]In questa storia parlerò di un momento non raccontato nel libro, in cui Aliena riflette su tutte le cose che perderà del figlio andando a cercare suo padre, Jack, dato che deve affidare il bambino alla nonna Ellen.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Ken Follett.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL MIO BAMBINO

 
Quella mattina Aliena si svegliò con il corpo tutto indolenzito. Eppure, aveva dormito su un letto comodo, non su un pagliericcio come quando era stata sposata con Alfred. Dio mio, se ripensava a quei mesi le veniva la nausea. Lui l'aveva trattata malissimo facendola riposare lì, e quando lei era rimasta incinta, la pancia si era ingrossata e lei aveva fatto di tutto per nasconderla, aveva dormito ancora peggio. Il bimbo si svegliò piangendo e lei lo prese in braccio per capire quale fosse il problema. Ma ormai aveva imparato a conoscere i suoi bisogni a seconda del pianto, e quello voleva dire che doveva essere cambiato. Lo appoggiò nella cesta che gli faceva da culla, prese una striscia di lino, gli tolse i pantaloncini e il pannolino sporco e lo gettò in un cestino. Poi, mentre il bambino sgambettava, lo pulì con un asciugamano umido, che mise fra i panni sporchi, e gli mise le fasce pulite.
"Ecco fatto," disse, "anche se avresti potuto stare più fermo."
Lo prese in braccio dopo essersi tolta la camicia da notte e lo allattò. Il bambino succhiò con avidità. Il bambino passò da solo da un seno all'altro. Il primo risucchio fece male ad Aliena, come accadeva ogni volta, ma poi tutto fu più tranquillo. Dopo che anche lei ebbe mangiato qualcosa per colazione - una fetta di pane con del miele e un'altra con la marmellata di fragole - prese la culla del bambino per il manico e uscì. Si diresse verso il bosco. C'era una cosa che doveva fare. Mentre passava per il villaggio tutti facevano i complimenti al bambino.
"È bellissimo!" disse una donna. "Come si chiama?"
"Non lo so" rispose Aliena.
"In che senso non lo sapete?"
"Aspetto suo padre per dargli un nome."
"E quando tornerà?"
"Presto."
Chi può dirlo? pensò la ragazza. Mai, forse. E allora dovrò dare un nome al bambino per forza.
Quella notte lei aveva dormito un sonno profondo e, se il piccolo si era svegliato, non aveva pianto. Aliena, dopo aver venduto il cavallo da guerra, aveva ottenuto molto denaro, così se n'era portata via un po'. Comprò una pagnotta dal panettiere e alcune fette di tacchino dal macellaio. Tornò a casa, tagliò il pane e si fece un panino, che mangiò con gusto. La colazione non l'aveva soddisfatta del tutto e non era stata sufficiente a riempirle lo stomaco. Certo, mangiare salato a quell'ora era strano, ma non le diede la nausea.
"Mmm" fece il bambino.
Ormai aveva quattro mesi, era cresciuto tantissimo dal giorno in cui era nato.
"Mmm, brr" disse il piccolo.
"Tesoro?" lo chiamò la ragazza e il bambino si girò verso di lei.
In quel mese aveva iniziato a girarsi se qualcuno lo chiamava in qualche modo, osa che aveva stupito Aliena. Non ne sapeva niente di bambini, aveva imparato a conoscere il bambino giorno per giorno, anzi, ora per ora. Il bambino rotolò su un fianco per poi finire a schiena in su. Da un po' aveva imparato a mettersi in quella posizione, solo quando era sveglio. Nel momento in cui dormiva rimaneva a pancia in su. Quando si voltò e vide la madre cominciò a lanciare gridolini di gioia.
"Ciao, tesorino!" esclamò Aliena chinandosi sulla culla.
Lui aprì e chiuse una manina vicino al naso della mamma, poi glielo prese e le chiuse le narici.
"Che fai?" domandò Aliena e la sua voce uscì stranissima-
Il bambino la liberò dalla stretta e prese a sgambettare da sotto le coperte, per quanto queste potessero consentirglielo. Non era più estate ma l'inizio dell'autunno, cominciava a far fresco, così Aliena aveva coperto ancora di più il bambino in modo che stesse caldo.
"Ora usciamo di nuovo" gli disse.
Presse ancora una volta la culla e uscì di casa.
"Dove vai?" le chiese Richard, che ritornava in quel momento, probabilmente dopo una serata passata con gli amici e una nottata chissà dove e con chi. Ma suo fratello era un uomo perbene, Aliena non avrebbe mai pensato male di lui.
"Nel bosco" gli rispose.
"Perché?"
"C'è una cosa che devo fare. Anzi, in realtà sono due."
Detto questo si avviò fino all'uscita di Kingsbridge, sentendo ancora complimenti rivolti al bambino, del quale potevano vedere solo il viso e i capelli rossi. Il dondolio della culla l'aveva fatto addormentare. Aliena lo guardò. Aveva un volto angelico e dolcissimo mentre riposava. Non era la prima volta che lo vedeva, ma quando accadeva si commuoveva sempre per quanto era tenero. Arrivò al limitare del bosco e ascoltò gli uccellini cinguettare. On erano molti, ma nel bosco era normale. Gli animali restavano nascosti, timorosi degli umani. Sapeva che era pericoloso inoltrarsi nel bosco, perché avrebbe potuto incontrare fuorilegge malintenzionati, ma aveva la sensazione che quel giorno non sarebbe successo. E poi, cosa potevano volere da una donna sola e un bambino? Avrebbe anche potuto incontrare Ellen. Avevano parlato proprio qualche giorno prima. Mentre si inoltrava nel sottobosco, Aliena ripensava alla loro conversazione. Lei aveva detto che non poteva lasciare il bambino a Ellen, perché lo amava troppo.

"Se lo ami, vai a cercare suo padre" le aveva risposto la donna.
Ma l'idea di separarsi dal bambino la faceva piangere. Lo stava facendo anche in quel momento, mentre camminava. Arrivò in un punto in cui vide del muschio e si asciugò gli occhi. Prese una spatola e iniziò a staccarlo dalla corteccia sulla quale era cresciuto. Mise il bambino addormentato sul morbido tappeto di foglie e lui non fece un fiato, continuò a dormire come se nulla fosse. Lo mise nella culla, sui bordi, anche nel posto dove si sarebbe trovato il viso del bambino. Poi lo rimise nella culla.
"Amore materno" disse. "Musco significa amore materno. E so che tu sai che ti amo, ma volevo fartelo capire anche così."
Il bambino si svegliò e guardò oltre i rami degli alberi. Chissà cosa vedeva. Forse sprazzi di cielo o il sole che filtrava tra i rami.
Lo portò in una radura passando per alcuni cespugli.
"In questa radura io e tuo papà venivamo spesso qui a leggere e a parlare. Siamo diventati amici in questo modo."
"Il signore e re di tutta la Francia, Carlomagno, sette lunghi anni ha combattuto in Spagna,
ha conquistato altopiani e pianure
e davanti a lui non rimane una fortezza una città o un villaggio da conquistare, tranne Saragozza, su un'alta montagna dove regna Marsilio il saraceno.
Marsilio serve Maometto, adora Apollo, ma neppure lassù sarà al sicuro" recitò.
"È la prima stanza della Canzone di Rolando" continuò. "Tuo papà la sapeva a memoria. Era come un trovatore."
"Eh?" disse il bambino.
Aliena rise.
Sembrava che la stesse ascoltando e che le avesse appena domandato cos'era un trovatore.
"Un trovatore è una sorta di cantastorie. Uno che gira il mondo raccontando. Anche tuo nonno paterno era un trovatore."
"Eh, ah" disse il bambino e sorrise.
"Tuo padre è un uomo buono, dolce, gentile, sensibile. Ti amerà tantissimo quando ti vedrà. La prima volta che ci siamo incontrati è stato a Shiring. Io avevo diciassette anni e lui dodici. Ci siamo conosciuti a Earlscastle, quando mio padre era ancora conte e Tom, con i figli, Ellen e Jack era venuto a cerare lavoro."
In quel momento rabbrividì, non per il freddo ma per il ricordo della violenza perpetrata da William Hamleigh. A quel tempo aveva pensato che le avrebbe fatto schifo avere un figlio da lui, sarebbe stato orribile. Aveva pensato a come avrebbe fatto ad amare quel bambino, che forse sarebbe stato non di William ma dello stalliere, Walter. E si ricordò anche che aveva preso la decisione di abbandonarlo al freddo non appena fosse nato. Ma ora, ora che guardava quel bambino nato dall'amore e non dalla violenza, si diceva che non sarebbe mai riuscita ad abbandonare il suo bambino, nemmeno se fosse nato da uno stupro. Non ne sarebbe stata capace. Abbandonarlo al freddo era una delle cose più vigliacche che le fosse venuta in mente. Al massimo l'avrebbe dato a qualche famiglia, o se lo sarebbe tenuto. Ma non era più il caso di pensarci, ormai, perché non era rimasta incinta di William o di Walter ma di Jack.
"Ho incontrato tuo padre quando lui aveva dodici anni e io diciassette. Mi sembrava così piccolo in confronto a me, eppure ci siamo innamorati lo stesso. Te lo prometto" gli disse, mentre sistemava meglio il muschio nella culla, "troverò tuo padre e tu lo conoscerai. Te lo giuro."
"Mmm, eh!" esclamò il bambino, scalciando.
Chissà cos'aveva capito. Di sicuro le parole di Aliena erano suoni incomprensibili per lui. Lo baciò sulla fronte.
"Ciao, piccolo. Non so quando tornerò, ma lo farò, è una promessa."
Poi, presa di nuovo in mano la culla, tornò a casa e la sistemò nell'angolo della stanza, accingendosi a preparare il pranzo. Se ne sarebbe andata senza il piccino. Si sarebbe persa il suo primo dentino, la sua prima parola, i suoi primi passi e chissà quante altre cose. Si mise di nuovo a piangere, silenziosamente, e si accasciò su una sedia mentre lo stufato cuoceva. Avrebbe potuto convincere Ellen e lasciarle portar via il bambino. No, il viaggio sarebbe stato troppo rischioso per lui. La soluzione migliore era lasciarlo a lei, per quanto dolore ciò le provocasse.
Quel giorno, a pranzo, Aliena informò Richard dei suoi progetti.
"Sei sicura di voler partire?" le chiese il fratello.
"Sicura. Devo dare al bambino un padre, devo trovare Jack."
Il ragazzo assentì.
Nei giorni seguenti Aliena trovò una nave a Wareham e la notte prima della partenza non dormì. Rimase a guardare il bambino mentre uno spicchio di luna illuminava i loro volti. Avrebbe dovuto proteggerlo, e l'unico modo per farlo era affidarlo a Ellen.
"Ti amo!" esclamò, dandogli un leggero bacio sui capelli rossi.
E l'avrebbe fatto per sempre.
 
 
 
CREDITS:
la citazione della prima stanza della Canzone di Rolando è tratta dal libro I pilastri della terra, di Ken Follet.
   
 
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