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Autore: Najara    08/12/2021    2 recensioni
La luce delle stelle punteggiava la notte, l’aria era fredda e i suoi passi sul tappeto di foglie, colorate dall’autunno, erano leggeri. Infilò le mani nel giubbotto alla ricerca di un calore ormai quasi dimenticato. Il suo cuore batteva lento, un eco del passato, come la luce delle stelle.
Esattamente 1000 parole per la storia partecipante all'iniziativa "Calendario dell'Avvento" del gruppo "LongLiveToTheFemslash", con il prompt speciale dell'8 dicembre: "Una delle ultime fredde notti d’autunno, quelle che sanno già d’inverno."
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cacciatrice
 
La luce delle stelle punteggiava la notte, l’aria era fredda e i suoi passi sul tappeto di foglie, colorate dall’autunno, erano leggeri. Infilò le mani nel giubbotto alla ricerca di un calore ormai quasi dimenticato. Il suo cuore batteva lento, un eco del passato, come la luce delle stelle.
Un refolo di vento le sfiorò il viso con una carezza fredda, poi andò a raccogliere una foglia e la cullò delicatamente a terra.
La morte poteva essere meravigliosamente bella.
Il bosco che costeggiava le case di giorno era un trionfo di colori, un ultimo bellissimo spettacolo prima del riposo invernale, quasi una sfida alla morte del sole, con quel suo tramontare così fulgido e colorato.
Le sembrava appropriato quella notte, come se la sua scelta fosse stata approvata e le fosse stato concesso un giorno malinconico, freddo, eppure bellissimo, un’ultima notte prima dell’inverno, prima del riposo.
La casa era buia, l’erba del giardino scricchiolò sotto i suoi piedi, irrigidita dal freddo, mentre lei si avvicinava alla parete.
“Sei qua.” Mormorò una voce nella notte e lei annuì, aveva sentito la donna molto prima che i suoi occhi potessero coglierne il profilo reso pallido dalla luce delle stelle.
Con agilità si issò lungo la parete fino ad arrivare alla finestra, la donna immerse le mani nel suo giubbotto e la tirò a sé, poi con disperato bisogno baciò le sue labbra fredde come quella notte.
Si ritrovò a chiudere gli occhi, rispondendo al bacio che riempì la sua mente di colori e il suo corpo di calore.
“Non farlo…” Mormorò la donna contro le sue labbra, cercando nei suoi occhi qualcosa che però non sembrò trovare, perché lasciò con rabbia la presa su di lei, separando i loro corpi.
Il vento freddo tornò ad impadronirsi del suo corpo.
“Mi dispiace.” Aggiunse poi, mentre una lacrima scivolava lungo il viso che le nascondeva. “Mi ero ripromessa di non chiedertelo.”
“Lo so.” Mormorò allora lei, per la prima volta e la sua voce era calma, ma non fredda. “Volevo…” Iniziò a dire, ma la donna scosse la testa e lei tacque. Rimasero in silenzio, lei appesa alla finestra, nel mondo freddo e autunnale, solo un’ombra tra le ombre, mentre la ragazza all’interno della stanza, concreta e calda, un ricordo della primavera nei capelli d’oro e dell’estate negli occhi azzurri era così piena di vita.
“Vieni.” Mormorò la donna e per la prima volta lei esitò. “Vieni da me.” Insistette e allora lei obbedì, varcando la soglia e riversando il suo freddo nell’accogliente stanza. Il vento la seguì, ma la ragazza chiuse la finestra e rimasero sole. Un istante, poi le mani della donna passarono delicate su di lei sfilandole il giubbotto e lasciandolo cadere a terra. Le loro labbra si incontrarono di nuovo e, come prima, il suo corpo fu riempito di calore e vita, il suo cuore prese a battere più sicuro, mentre la sua pelle si colorava. Le dita della giovane si fecero più frenetiche scorrendo sulla sua pelle, come a rincorrere il freddo, come se scacciarlo fosse la sua missione.
Si ritrovò a respirare il suo profumo, gli occhi chiusi mentre il loro bacio si faceva più profondo, più disperato. Con un rapido movimento sollevò la donna, portandola sul letto, le mani di lei ora erano perse tra i suoi capelli neri, poi lungo il suo viso, tracciandone linee invisibili.
Ansimò piano mentre lei spingeva il proprio corpo contro il suo, alla ricerca di quel calore che tanto spesso avevano condiviso. Per un attimo si perse ad osservare il suo volto, teneva gli occhi chiusi, la bocca leggermente aperta, i capelli sparpagliati sul cuscino, il corpo sempre più pallido mano a mano che cedeva il suo calore, i muscoli tesi, sempre di più verso il piacere, quel piacere che lei le stava procurando. Un ultimo disperato movimento e la donna gemette, per poi aggrapparsi a lei con disperata forza. Non disse nulla, ma tutto il suo corpo urlava quello che aveva promesso di non chiedere più.
Ma era pallida ormai e fredda, terribilmente fredda. Lei voltò lo sguardo, ricordando la carezza del vento, ricordando la bellezza della foglia che danzando cadeva a terra.
“Vi è bellezza nella morte.” Mormorò al suo orecchio, ascoltando il suo cuore che batteva lentissimo e il suo respiro che era lento e debole. “Vi è poesia nella morte.” Le ricordò. Le braccia della donna ora erano deboli, fragile era la sua presa. Sarebbe bastato così poco.
Con estrema delicatezza la lasciò andare. Dagli occhi della giovane scese una lacrima, ma le sue labbra rimasero chiuse.
Avrebbe voluto baciarla, eppure anche solo un altro bacio le sarebbe stato fatale.
Ruotò su sé stessa, dando le spalle al letto, le spalle rigide, il corpo caldo e pieno di vita.
“I poeti lo cantano da secoli, millenni: un amore per cui vale morire.” Disse, la voce ricca e calda. “Millenni di vite prese senza mai capire. Ma ora so.” Si voltò osservando la donna che aveva raccolto con le braccia il proprio corpo, fragile eppure bellissima. “Ora so cosa volevano dire i poeti.” Sorrise. “Grazie, mio dolce sole.” Mormorò, poi aprì le finestre e balzò nella fredda ultima notte d’autunno.
 
Il mattino dopo il suo corpo era ancora stanco, la notte prima aveva dato quasi tutta sé stessa alla creatura che aveva imparato ad amare. Con lentezza si alzò dal letto, poi raggiunse la finestra. L’inverno era arrivato, si rese conto, ma, nel suo giardino, vi era uno splendido roseto, dai fiori rossi come le labbra che aveva amato baciare e dalle spine nere come i capelli in cui tanto spesso aveva affondato le mani.
Era morta. Non sarebbe tornata mai più.
La cacciatrice era morta per la sua preda. Chiuse gli occhi e lasciò che il vento ormai invernale raffreddasse la sua pelle, un ricordo delle braccia di lei che fredde eppure dolci la accarezzavano. Un piccolo fiocco di neve scelse a posarsi sulla sua guancia: il bacio d’addio che non aveva potuto ricevere. Pianse.
  
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