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Autore: Star_Rover    08/12/2021    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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32. Bray

Parte I
 

James si destò avvertendo una presenza nella stanza, riconobbe il profilo del nuovo arrivato appena i suoi occhi si furono abituati alla luce.
«Tenente…»  
Radley rimase ad osservarlo con distacco, freddo e inespressivo.
Il giovane comprese immediatamente le ragioni di quella visita: «ero certo che avresti scoperto la verità»
«Temo che non ci sia molto da dire a riguardo, ma c’è una cosa che proprio non riesco a comprendere…»
Donnelly mantenne apparentemente la calma.
«Che vuoi sapere?»
«Perché hai rischiato la vita per salvarmi? Tutto stava procedendo secondo i piani dell’IRA, non avevi più motivazioni per continuare a proteggere un agente della Corona»
James distolse lo sguardo: «deve esserci una ragione per ogni cosa?»
«La tua scelta non è stata quella di un traditore»
«Io…volevo solo fare la cosa giusta. Per una volta ho scelto di agire secondo la mia volontà e non per obbedire agli ordini»
Hart rifletté su quelle parole, il suo istinto gli suggeriva che egli fosse sincero.
«Sei stato un abile doppiogiochista, ma sei caduto nell’errore più grave che potessi commettere, hai dimenticato tu stesso quale parte servire»
«Credevo che l’IRA avrebbe potuto liberare l’Irlanda, ma mi sbagliavo. Tutto ciò che i ribelli sono riusciti ad ottenere è stato un inutile spargimento di sangue»
Hart ripensò alla riluttanza del suo compagno tra la polvere e i detriti delle caserme McKee e davanti al cadavere del giovane informatore. Il suo turbamento non era stato determinato dall’emotività o dall’inesperienza, ma dai sensi di colpa e dai rimorsi.
«Dunque riconosci e ammetti i tuoi errori»
«Non è così semplice. Ritieni che abbia sbagliato a credere nei valori del mio popolo?»
«No, non sto dicendo questo. So bene cosa significa combattere per un ideale, non posso biasimarti per aver permesso alla speranza di offuscare la ragione»
Donnelly non si aspettava tanta comprensione da parte del tenente.
«Le cose si sono rivelate diverse da quel che pensavo. L’IRA ha solo cercato di sfruttarmi a suo piacimento, mentre per l’Esercito non sono mai stato altro che l’ombra di mio padre»
«E tu? Che cosa volevi veramente?»
James trovò particolarmente difficile trovare una risposta a quella domanda, ormai temeva di aver dimenticato chi fosse in realtà.
«Il mio unico intento, nel bene e nel male, è sempre stato quello di fare il mio dovere per l’Irlanda»
Hart non restò indifferente davanti a una simile dichiarazione.
«Che significato ha adesso il tuo dovere?»
Il ragazzo abbassò lo sguardo con evidente sconforto: «non lo so…»
«Devi tornare a prendere il controllo di te stesso, senza più dare ascolto al volere dell’IRA o all’eredità di tuo padre»
James non capì: «perché ti ostini a fidarti di me dopo tutto quello che ho fatto?»
«In un modo o nell’altro ho avuto prova delle tue capacità. Sarebbe un peccato perdere un agente così promettente»
«Non sono un agente dei servizi segreti, sono soltanto un vile traditore»
Il tenente scosse il capo: «hai dimostrato di essere migliore di quel che credevi»
«Che importa? Ormai è troppo tardi»
Hart sospirò: «in realtà ci sarebbe ancora una possibilità, ma per questo dovrai essere tu a decidere. Questa volta non potrai avere dubbi o ripensamenti, sarà la tua scelta definitiva»
Donnelly rivolse al suo vecchio compagno uno sguardo sospeso tra la diffidenza e la speranza.
 
«Spero che tu decida con il giusto buon senso» concluse l’inglese dopo aver avanzato la sua proposta.
James non osò ancora esprimere alcun parere a riguardo.
Hart si rialzò dalla sua postazione: «non so se ci rivedremo, in ogni caso voglio che tu sappia che non mi sono pentito per averti protetto. Sono consapevole di aver fallito nel mio ruolo, forse per una volta anche io ho creduto di fare la cosa giusta disobbedendo agli ordini»
Il giovane si stupì, nonostante tutto il tenente aveva deciso di confidarsi con lui con estrema sincerità.
«Che hai intenzione di fare adesso?»
«Devo portare a termine la mia…la nostra missione» rispose con estrema determinazione.
Donnelly ebbe un lieve sussulto: «sei riuscito a scoprire il nascondiglio del tedesco?»
«Sappiamo che l’Aquila tenterà la fuga dall’Irlanda questa notte, resta l’ultima occasione per catturarla»
James non riuscì a nascondere del tutto la sua preoccupazione, sapeva che Hart era intenzionato fermare il nemico ad ogni costo e questo pensiero continuava a turbarlo profondamente.
 
***

La stazione era ormai deserta, l’ultimo treno diretto a Wicklow era fermo sui binari.
Hans continuò a camminare mantenendo la testa china e le mani in tasca, Declan restò al suo fianco per tutto il tragitto.
I due si fermarono sulla banchina, non volevano dare l’impressione di avere troppa fretta di salire su quel vagone, c’era ancora tempo prima della partenza.
Declan si accese una sigaretta e approfittò di quell’occasione per guardarsi intorno. Non notò nulla di allarmante e nessuna presenza sospetta.
Il tedesco si sistemò il berretto cercando di imitare il suo compagno.
«Sembro ancora uno di quei jackeen di Dublino?» domandò.
Declan ricordò il modo in cui l’aveva schernito al loro primo incontro.
«No, adesso sembri proprio un vero irlandese» rispose con un sincero sorriso.
 
Il vagone era quasi vuoto, i pochi viaggiatori non prestarono alcuna attenzione ai due giovani, i quali presero posto scegliendo la zona più isolata e appartata. Entrambi si guardarono introno con circospezione, in quei casi la prudenza non era mai troppa. Quando furono certi che nessuno potesse ascoltarli tornarono a discutere del piano.
Il tedesco non esternò i suoi dubbi per non allarmare il compagno, ma l’altro intuì con una certa facilità i suoi pensieri.
«In ogni caso non saremo soli» rivelò Declan per rassicurarlo.
«Che significa?»
«La zona sarà sorvegliata da una squadra di Wicklow»
Hans non fu sorpreso: «è stato il capitano Maguire a organizzare tutto?»
Egli annuì.
«Le autorità potrebbero essere a conoscenza del piano?»
Declan non poté fornire una risposta certa.
«Il porto di Bray non è un posto sicuro, ma è la nostra unica possibilità»
Hans cercò di non esternare la propria preoccupazione. Ovviamente era intenzionato a fare tutto il necessario per portare a termine la sua missione, ma allo stesso tempo si sentiva responsabile per la sorte di Declan. Aveva promesso a se stesso di proteggere quel ragazzo,
Declan aveva già dimostrato più volte di essere disposto a rischiare la vita per salvarlo, non pretendeva altre prove della sua fedeltà. Ora i ruoli si erano scambiati, doveva essere lui a salvaguardare l’incolumità dell’irlandese. Se a Bray la situazione si fosse rivelata troppo pericolosa non avrebbe esitato a impedirgli di seguirlo nella sua fuga, anche a costo di tradire la sua fiducia.
Dopo aver preso quella sofferente decisione Hans tornò alla realtà, tentò di distrarsi dai pensieri più cupi e opprimenti cercando un’ultima volta conforto in quegli intensi occhi verdi.
 
Il viaggio proseguì tranquillamente fino alla fermata di Dalkey, dove salirono alcuni poliziotti. Hans controllò la situazione dal finestrino, l’espressione sul suo volto rimase impassibile. Declan decise di stare al gioco, esternare ansia o preoccupazione avrebbe soltanto peggiorato la loro condizione. Ancor peggio sarebbe stato tentare la fuga.
Il tedesco scambiò uno sguardo d’intesa con il suo compagno, quella era la prova definitiva che avrebbe stabilito se l’IRA aveva realmente rispettato gli accordi.
Gli agenti della Garda iniziarono a perlustrare i vagoni, non sembravano cercare qualcuno in particolare, ma qualcosa pareva turbarli.
Un poliziotto si fermò davanti ai due giovani.  
«Biglietti e documenti, prego»
Senza alcuna esitazione il tedesco gli mostrò i documenti falsi forniti dall’IRA.
L’uomo non si soffermò più del necessario, a stento si assicurò che la foto fosse abbastanza somigliante alla persona davanti a sé. Con la stessa superficialità controllò le carte di Declan.
«È successo qualcosa?» domandò Hans fingendo ingenua curiosità.
«No, si tratta soltanto delle nuove procedure di sicurezza. Sembra che tutti siano impazziti a causa della guerra…ad essere sincero io non comprendo tutto questo allarmismo»
«I giornali sono convinti che la guerra arriverà presto anche qui»
«Non credo che ciò sia possibile. Noi siamo neutrali e la Corona non può più sfruttarci come ai tempi della Grande Guerra, dico bene?»
«Già, sarebbe assurdo» commentò Declan nella speranza di concludere al più presto quella conversazione.
Il poliziotto riconsegnò i documenti nelle loro mani, sembrava che tutto fosse in regola.
«Godetevi il fine settimana, dicono che il tempo sarà perfetto per la pesca!»
Hans rispose con un rassicurante sorriso, Declan invece rimase serio scambiando soltanto un lieve cenno per congedarsi.
L’uomo si allontanò di qualche passo, poi all’improvviso si fermò e frettolosamente tornò indietro.
«Signori, scusate ancora un momento…»
Declan sfiorò la pistola all’interno della giacca, pronto ad estrarla in caso di necessità.
Il poliziotto poggiò una mano sulla spalla del tedesco: «per caso avete una sigaretta? Temo di aver finito la mia scorta»
O’ Riley si rilassò, cambiò taschino e tirò fuori una delle sue Sweet Afton.
«Grazie, molto gentile. Mia moglie non sopporta il fumo e dice che dovrei smettere, ma sapete com’è…i turni di notte sono così estenuanti!»
 
***

L’agente Flanagan si massaggiò i polsi doloranti e arrossati finalmente liberi dalla stretta delle manette. Il collega con le chiavi in mano non osò guardarlo in volto, probabilmente ancora dubitava della sua completa innocenza. Nonostante ciò aveva obbedito agli ordini del detective Sullivan, quell’uomo restava senza dubbio un nazista, ma non era lui il traditore.
L’agente McKenna restò ad osservare la scena con le spalle al muro e le braccia incrociate al petto. Scosse il capo con aria delusa e affranta, l’espressione severa sul suo viso era prova della sua disapprovazione per la decisione del suo superiore.
Flanagan si fermò davanti a lui: «credo proprio che lei mi debba delle scuse»
Devin alzò lo sguardo senza riuscire a nascondere l’astio nei suoi confronti: «in ogni caso ci saranno delle conseguenze»
«Non sono un criminale»
«Ha mentito durante un interrogatorio ufficiale e la sua condotta ha compromesso le indagini, non penso proprio che potrà continuare ad indossare questa divisa ancora a lungo»
«Potrei supporre lo stesso per lei e il suo caro detective se non riuscirete a risolvere il caso in tempo. La sparatoria dell’altra notte ha aumentato il numero delle vittime, ricordo anche l’attentato alla caserma McKee…almeno io non ho morti sulla coscienza»
Il poliziotto al suo fianco avvertì la tensione, con impeto trascinò via Flanagan spingendolo verso il corridoio prima che la situazione potesse degenerare.
Ancora scosso per l’accaduto Devin si incamminò nella direzione opposta in cerca del suo compagno, aveva bisogno di una spiegazione più che convincente per giustificare il rilascio di un simile sospettato.
 
Appena raggiunse l’ufficio del detective entrò con impeto senza nemmeno bussare.
«Flanagan è un uomo libero»
L’altro si limitò ad annuire senza lasciar trasparire alcun genere di coinvolgimento.
«Che cosa ha intenzione di fare? Avevamo un uomo pronto per essere condannato e lei ha voluto rilasciarlo!» protestò Devin con irruenza.
«È questo il suo ideale di giustizia? Condannare il primo sospettato che capita sottomano? Dannazione, non si vergogna per quel che ha appena detto?»
McKenna tentò di giustificarsi: «egli non è innocente»
«Non sia così impulsivo agente, sappiamo entrambi che Flanagan è un bastardo, ma questo non ha nulla a che fare con il caso»
«È un nazista» insistette.
«Questo dimostra soltanto che non è lui la spia dell’IRA. Il nostro uomo è un repubblicano infiltrato nei servizi segreti, non un esponente del partito»
«Sta pensando al sottotenente Donnelly?»
Paul confermò.
«La sua sarebbe una copertura perfetta, ma quale motivo avrebbe per collaborare con l’IRA? Perché avrebbe scelto di tradire gli ideali del padre? Insomma, potrebbe avere quel che ognuno di noi desidera, chiunque lo considera come il degno erede di un eroe di guerra. Perché rinunciare a tutto questo?»
Sullivan rifletté qualche istante prima di rispondere.
«Perché il sottotenente Donnelly non è un sostenitore del Trattato, per lui suo padre non è un eroe, ma un traditore»
Il suo sottoposto rimase perplesso: «come può saperlo?»
«Ho avuto modo di indagare a fondo sul nostro sospettato. Donnelly non prova né stima né rispetto per suo padre, tanto da non voler nemmeno ricordare la sua figura»
«Questa è una prova?» domandò Devin con evidente scetticismo.
«È un indizio che non possiamo trascurare»
«E il tenente Hart? Se Donnelly fosse davvero la spia di certo l’IRA avrebbe già attentato alla sua vita»
«Certo, sarebbe così, a meno che l’IRA non fosse interessata a conoscere le intenzioni dell’Intelligence. Questo spiegherebbe anche perché quell’inglese non è ancora riuscito a catturare l’agente tedesco: hanno saputo anticipare le sue mosse»
«Pensa che un agente esperto e competente come il tenente Hart non abbia avuto alcun sospetto?»
«Vuole sapere la mia opinione? Io sono convinto che Hart conosca già da tempo la verità, ma che non abbia parlato per portare avanti indisturbato le sue indagini»
«Sono solo altre supposizioni»
«Un agente britannico non rifiuterebbe protezione in Irlanda se non nascondesse qualcosa»
«È tutto così…complicato»
«No, non è complicato quando si intuisce il meccanismo. Ognuno ha il suo obiettivo ed è disposto a tutto per portare a termine la sua missione, in certi casi anche a collaborare con il nemico»                                                                              
Devin si arrese: «d’accordo…allora…qual è la nostra prossima mossa?»
«Aspettare»
McKenna non capì: «aspettare che cosa?»
«Ho dato l’ordine di arrestare Julia Hannigan in quanto collaboratrice dell’IRA»
Devin collegò rapidamente quel nome al caso.
«Possiamo farlo?» domandò con esitazione.
«Da quando l’Irlanda si trova in Stato di Emergenza è stato stabilito che chiunque sia sospettato di avere rapporti con organizzazioni illegali possa essere arrestato e internato per garantire la sicurezza della Repubblica»
McKenna percepì un brivido di inquietudine.
«Ritiene di poter ottenere una confessione tramite il ricatto?»
Sullivan si accese una sigaretta con aria soddisfatta.
«Ne sono certo»
 
***

Il tenente Hart osservò il profilo delle colline in lontananza dal finestrino dell’automobile.
«Siamo quasi arrivati signor tenente» lo informò l’agente alla guida.  
«Bene, non abbiamo molto tempo. Una squadra dell’Unità Speciale dovrebbe già essere sul posto…»
«Sì, signore. Sono tutti in attesa dei suoi ordini»
Hart parve soddisfatto da quella notizia. Per una volta sembrava che tutto stesse procedendo come previsto. Quella volta non poteva concedersi errori, era disposto a giocarsi il tutto per tutto per catturare quella spia. Sapeva che se avesse semplicemente circondato il porto avrebbe soltanto permesso all’Aquila e ai suoi alleati di scoprire il suo piano. Sarebbe stato un fallimento, non avrebbe avuto un’altra occasione per scoprire i futuri piani dell’IRA senza il prezioso aiuto di James.
La soluzione migliore sarebbe stata illudere la spia di poter fuggire, ciò significava che avrebbe dovuto esporsi a un maggior rischio senza un’adeguata copertura. Ma questo non aveva molta importanza, non era di certo la prima volta che si trovava ad affrontare una simile situazione, non aveva mai temuto il pericolo.
Doveva anche ammettere di provare un certo appagamento nel pensare di trovarsi faccia a faccia con l’Aquila, in fondo ormai quella era diventata una questione personale. Dopo tutto quel tempo e infiniti sforzi avrebbe potuto mettere fine a quella storia.
Era inoltre convinto che la cattura di una pericolosa spia nazista avrebbe potuto permettergli di riconquistare la stima e la fiducia dei suoi superiori. Dopo l’incidente di Liverpool non aveva più avuto l’occasione di dimostrare a pieno il suo valore. Sentiva di dover rimediare agli errori del passato per redimere se stesso.
Era consapevole che in gioco c’era la sua reputazione, il suo destino come agente dell’Intelligence si sarebbe deciso quella notte. Il suo futuro dipendeva dall’esito di quella missione. Non poteva nemmeno pensare di fallire, ciò non avrebbe solo segnato la fine della sua carriera, sarebbe stata una sconfitta personale impossibile da sopportare.
 
***

Bray era un piccolo villaggio di pescatori, un luogo tranquillo e isolato sulla costa orientale. Percorrendo le stradine deserte e avvertendo la brezza marina Hans ripensò alle parole del poliziotto, sicuramente in altre circostanze quel paesino sarebbe stato l’ideale per una vacanza.
Il tedesco non ebbe molto tempo per perdersi in quelle fantasie, ben presto scorse il primo segnale di pericolo. Immediatamente avvertì il suo compagno.
«Guarda, laggiù ci sono delle luci»
Il giovane notò il bagliore delle torce elettriche.
«Potrebbe trattarsi della polizia del porto, qui sono più preoccupati del contrabbando di astici che della guerra» ipotizzò Declan.
«In ogni caso è meglio cercare un’altra strada e tenere gli occhi aperti»
L’irlandese concordò con lui, rapidamente individuò un percorso alternativo per raggiungere il molo. I due scavalcarono un muretto di mattoni e cautamente scesero verso la baia seguendo un sentiero sterrato. Muoversi nell’oscurità su un terreno scosceso non era affatto semplice, ma non c’erano alternative se volevano raggiungere la loro meta senza farsi notare.
Erano ormai giunti alla spiaggia quando all’improvviso udirono l’eco di uno sparo. Declan trasalì.
«Non credo affatto che quei poliziotti abbiano trovato un ladro di aragoste!» fu il commento del tedesco.
«Proveniva dal lato opposto della baia, devono essere i militanti di Wicklow»
«Credi che il loro sia un diversivo?»
«Lo spero…avanti, dobbiamo raggiungere la nave al più presto!»
Hans si lasciò guidare dal suo compagno fino agli scogli, i due dovettero arrampicarsi sulle rocce per superare quell’ultimo ostacolo.
In quel momento sembrò che tutto fosse tornato alla tranquillità, l’unico rumore che potevano avvertire era il costante infrangersi delle onde.
Declan allungò un braccio verso il tedesco, egli strinse saldamente la presa accettando il suo aiuto.
«Svelto, riesci a vedere la nave? È quella laggiù» disse il giovane indicando una sagoma galleggiante ben distinguibile dagli altri pescherecci.
Hans annuì: «sì, certo…non è molto distante»
Declan stava per riprendere la loro corsa, ma il tenente lo bloccò. Aveva avuto prova che le autorità fossero a conoscenza dei piani dell’IRA, se la polizia avesse organizzato un’imboscata non avrebbero avuto alcuna via di fuga.
«Da qui in poi proseguo da solo» affermò con decisione.
«Hans…»
«Torna indietro e raggiungi i tuoi compagni, loro hanno bisogno di te» continuò imperterrito.
Il ragazzo protestò: «no, non posso abbandonarti qui!»
Egli continuò ad insistere: «non te lo sto chiedendo, il mio è un ordine!»
«Tu non sei un mio superiore!»
«Ma anche io sono un tuo compagno, non è così?»
Declan non poté ribattere.
«Per favore, ascoltami. Devi fidarti di me»
Il giovane irlandese dovette ricorrere a tutta la sua volontà per restare lucido e razionale, sapeva che ogni istante era prezioso e che discutere non avrebbe risolto nulla. Alla fine, seppur a malincuore, fu costretto a cedere.
«D’accordo, ma…ti prego, cerca di stare attento»
Hans rispose con un cenno, era certo che quello sarebbe stato un addio, ma non era il momento di abbandonarsi ai sentimentalismi. La missione restava la sua priorità, l’unico modo in cui poteva esprimere il suo amore per quel ragazzo era proteggerlo dal pericolo.
 
Schneider si addentrò da solo nel piccolo porto, tentando di muoversi il più velocemente possibile da un nascondiglio all’altro senza farsi notare. Cercò di non pensare a Declan, non era così che avrebbe voluto lasciarlo, ma in fondo era certo di aver fatto la scelta giusta.
Il tenente era quasi giunto a metà strada quando si accorse di non essere solo. Il sospetto si tramutò rapidamente in certezza. Schneider si guardò intorno con attenzione, ma non riuscì a scorgere nulla oltre ai mucchi di reti aggrovigliate e alle barche a remi abbandonate a riva. Eppure percepiva un’ombra furtiva muoversi nelle vicinanze, invisibile e silenziosa.  
Si domandò se non fosse soltanto una suggestione, ma proprio in quell’istante distinse il rumore di alcuni passi sulle assi scricchiolanti. Hans si voltò di scatto, ma non fu abbastanza rapido. Ancor prima che potesse puntare l’arma avvertì un’intensa fitta al braccio. La Browning scivolò dalle sue dita e cadde a terra.
Il tedesco si accasciò con un gemito di dolore, stringendo al corpo l’arto ferito. Una figura si mosse nell’oscurità, la canna di una Webley brillò al chiarore della luna.
Hans non fu in grado di scorgere il volto dell’avversario, ma udì chiaramente la sua voce.
«L’Aquila ha un’ala spezzata, temo proprio che in queste condizioni non potrà più alzarsi in volo»
  
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