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Autore: heliodor    11/12/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Andare oltre

 
“Amica mia” disse Quamara. La donna sedeva tra i due alberi all’ingresso del giardino, il corpo avvolto dalla nebbia grigiastra che si stava formando. “La prima pietra sta rotolando.”
Shi’Larra annuì distratta.
“Ma una seconda pietra deve essere messa in posizione.”
La guardò con apprensione.
“Cos’è che ti turba?” le chiese Quamara.
“Niente” disse. “Tutto in verità. Ma tu puoi sentire ciò che penso, non hai bisogno di chiedere.”
“Leggo solo quando penso che tu voglia dirmi qualcosa, ma se avverti fastidio, possiamo smettere in qualsiasi momento.”
Lo faresti davvero? Pensò Shi’Larra.
Quamara non reagì né cambiò espressione.
E se ora andassi via e non tornassi mai più qui? Si chiese ancora.
La donna rimase impassibile.
“Perché dici sempre che siete voi? Io vedo solo te.”
“Siamo molti, amica mia” rispose Quamara. “Ma abbiamo scelto di parlarti con una voce sola piuttosto che con cento. Ascoltare tante voci ti avrebbe confusa.”
Shi’Larra annuì anche se non era del tutto convinta. “Che cosa vuoi che faccia ora?” chiese rassegnata.
Quamara indicò lo spazio tra gli alberi. “Voglio portarti in un luogo.”
“Dove?”
“Lo vedrai.”
Shi’Larra si alzò e andò verso di lei riluttante. “È un luogo che esiste davvero o è come questo posto?”
“Anche questo luogo esiste.”
“Non è reale.”
“È reale nella tua mente, amica mia. Tu lo rendi tale. Mi sembrava di avertelo già spiegato.”
“Un sogno non è reale” disse.
“Quello che stai par fare non è un sogno.” Quamara fece un passo di lato.
“Che cosa devo fare?”
“Andare oltre” rispose la donna.
Shi’Larra si accigliò.
“Amica mia, per affrontare l’avversario devi imparare a usare tutti i tuoi poteri.”
“Io non ho poteri.”
“Il tuo potere è molto più grade di quanto tu possa immaginare” spiegò Quamara. “Da tempi insondabili noi registriamo ogni evento della storia. Solo due volte abbiamo incontrato una persona con il tuo dono.”
“Non è un dono” disse Shi’Larra.
È una maledizione, si disse.
Quamara non mutò espressione. “Giudicherai dopo, quando saprai tutto ciò che devi sapere. Adesso vieni con me e ti mostrerò quello di cui sei davvero capace.”
Shi’Larra sospirò e seguì la donna piazzandosi tra i due alberi. Oltre di essi, c’era solo un grigiore senza confini né limiti, come se l’intero giardino fosse immerso in un denso banco di nebbia.
“Chiudi gli occhi” disse Quamara.
Riluttante, Shi’Larra ubbidì.
“Ora riaprili” disse la donna.
Era al centro di una vasta pianura di erba gialla che ondeggiava al vento leggero. La distesa si estendeva fino all’orizzonte, dove si fondeva con un cielo di un azzurro chiaro.
Shi’Larra socchiuse gli occhi per cogliere qualche particolare che le permettesse di capire dove si trovava.
“Che posto è?” chiese a Quamara.
La donna ondeggiava accanto a lei, il corpo immerso a metà nella nuvola grigia.
“Il suo nome si è perso nel tempo” rispose con tono solenne. “Non siamo mai riusciti a recuperarlo, nemmeno attingendo ai ricordi di chi è vissuto prima di noi. Quello che vedi è ciò che siamo riusciti a ricostruire dai racconti di chi è venuto dopo.”
Qualcosa brillò sopra le loro teste e un rombo assordante squarciò la pace di quella terra. Shi’Larra guardò in alto e colse un oggetto brillante che sfrecciava nel cielo lasciandosi dietro una scia era e densa.
“Che cos’è?” domandò.
“Mauganeak” rispose Quamara.
Shi’Larra scosse la testa. “Non conosco il significato di questa parola. I popoli della valle la usano per indicare qualcosa?”
“Il suo significato è oscuro anche per noi” rispose la donna. “In questo caso, abbiamo usato i ricordi di chi è vissuto prima di noi per risalire al suo probabile significato. Noi pensiamo che voglia dire l’iniziatore, il principio. Se dovessi usare un termine a noi caro, è la prima pietra che è stata messa in moto.”
L’oggetto sfrecciò nel cielo dividendolo in due e superò l’orizzonte, qualche istante dopo un secondo sole sorse dal punto in cui era sparito.
“Che cosa è successo?” chiese sgomenta.
“L’inizio di tutto” rispose Quamara. “Come ci è stata tramandata dalle leggende. Da questo punto in poi inizia la nostra storia. Chiudi gli occhi per favore.”
Shi’Larra obbedì di nuovo con riluttanza.
“Ora puoi riaprirli.”
Al posto della distesa di erba adesso vi era una foresta rigogliosa tagliata in due da un fiume. Sulla destra sorgeva una catena di monti dalle vette grigie e appuntite e ai piedi di questi intravide una valle. Al centro, un oggetto si innalzava sopra gli alberi superandoli di venti o trenta volte.
“Cos’è?” chiese.
“Dara Virren. La città di luci e meraviglie. Una delle tante di cui si parla nelle leggende.”
“È reale?”
“Lo era. Molto tempo fa, prima che persino la storia avesse inizio. Tutti gli uomini e le donne vivevano lì, in armonia e fratellanza.”
“Tutti? Non c’erano altri” esitò. “Villaggi e città di pietra e legno?”
“Tutti” disse Quamara. “Ma sappiamo molto poco di questo periodo. Dara Virren poteva essere una delle tante torri che esistevano al mondo. Forse oltre quell’orizzonte ne erano state edificate a decine.” Scosse la testa in un gesto affranto. “Non lo sapremo mai.”
Shi’Larra sospirò. “Perché mi stai mostrando tutto questo?”
“Tra poco lo capirai. Chiudi gli occhi.”
Shi’Larra ubbidì e quando li riaprì, la scena era cambiata di nuovo. La foresta era in fiamme e il cielo stesso sembrava bruciare. La torre giaceva in rovina, fatta a pezzi e disseminata per la valle.
“Che cosa è successo?” domandò sgomenta. “Chi ha potuto fare una cosa così terribile?”
“I Demoni” disse Quamara. “E i loro accoliti.”
“Chi?”
“Gli uomini e le donne che avevano scelto di servirli.”
“Sono stati loro a fare questo?”
Quamara annuì grave.
“Perché? Vivevano in pace e armonia.”
“Solo dove c’è equilibrio c’è pace” rispose la donna. “Ai Demoni non piace la pace e per questo si insinuano nel mondo, seminando la discordia. Chiudi di nuovo gli occhi.”
La scena successiva mostrava la stessa valle. La foresta era ricresciuta e ora, al posto della torre, vi era un gruppo di abitazioni che sorgevano raccolte su di una collina. Da quella distanza poteva persino scorgere delle minuscole figure muoversi su e giù per le strade.
“Dara Virren due secoli dopo la catastrofe che distrusse la torre” spiegò Quamara. “I nostri ricordi ancestrali risalgono più o meno a questo periodo. È da qui che inizia la nostra storia.”
“Quelle persone ora vivono in pace?”
“Pace, guerra, sono concetti relativi, amica mia. Nessuno è mai in pace, se non quando è morto. Nessuno è mai in guerra, se non ha assaporato la pace per una volta nella sua vita. Andiamo avanti, abbiamo ancora molto da mostrarti.”
Nella scena successiva Dara Virren si era allargata e mura di legno erano state costruite attorno alle abitazioni. Torri difensive erano state erette per difendere la città, ognuna delle quali era sormontata da qualcosa che sembrava emettere un leggero lucore.
“Che cosa sono?” chiese.
“Armi costruite per compiacere i Demoni” rispose Quamara. “Scoprirai che siamo piuttosto bravi nel fare entrambe le cose.”
La scena dopo Dara Virren era ridotta a un cumulo di macerie fumanti e le torri erano state abbattute da una forza poderosa che non sembrava aver lasciato loro scampo.
“Cos’è successo? Un’altra guerra?”
“Molte guerre” rispose Quamara. “O una sola, impossibile dirlo. Da questo punto in poi Dara Virren verrà dimenticata e diverrà polvere, ma non importa. La storia è andata avanti e con essa la follia delle persone.”
Nella scena dopo era in cima su di un’altura e guardando di sotto poteva osservare un fiume e le sue anse farsi strada attraverso le gole di una montagna. Poco lontano, vicino a uno dei gomiti del corso d’acqua, si intravedevano delle figure muoversi attorno alla parete di una montagna. C’era un foro al suo interno e quelle figure entravano e uscivano da esso.
“Che stanno facendo?” chiese.
“Scavano per raggiungere il cuore di Nerizira.”
“Cos’è?”
“Un Demone.”
Shi’Larra deglutì a vuoto. “Tu hai detto che i demoni sono malvagi. Perché allora scavano per raggiungerlo?”
“Alcune persone sono attratte dalla malvagità” rispose Quamara.
Quando la scena cambiò era buio e la valle era inondata dalla luce di tre grandi oggetti che dominavano il cielo.
Shi’Larra sgranò gli occhi. “È sbagliato” disse. “Dovrebbero esserci solo due Lune, Vi’Lora e Ma’Tion.”
Senza rendersene conto aveva usato i nomi che il suo popolo dava alle Lune. Secondo la leggenda erano due sorelle, la più bella delle quali era l’astro più grande e sfolgorante, mentre l’altra, Ma’Tion, era considerata meno avvenente e più pudica e per questo più piccola e meno appariscente.
Quamara annuì. “Un tempo esistevano tre lune maggiori e dodici minori.”
“Dodici? Dove sono finite le altre?”
“Due precipitarono” disse Quamara. “Provocando molti danni. Le altre sparirono col tempo o si allontanarono al punto da non essere più visibili.” Alzò il braccio verso il cielo indicando la luna più piccola delle tre. “Fu il destino di Isarell. Così la chiamavano all’epoca. Apparve all’improvviso e sparì secoli dopo. Nessuno ha mai saputo perché accada.”
Nella scena dopo una dozzina di uomini e donne sostavano in un recinto di legno, nudi. Erano così vicini che Shi’Larra poteva leggere la paura e la sofferenza sui loro volti.
“Chi sono?” chiese.
“I loro nomi ci sono ignoti” rispose Quamara. “Ma non le loro sofferenze. A distanza di migliaia di anni, possiamo ancora sentirle” aggiunse con espressione sofferta.
I loro sguardi impauriti vagavano per il recinto.
“Possono vederci?” chiese Shi’Larra.
“Quello a cui stai assistendo sono ricordi” disse Quamara. “Niente di ciò che vedi è reale, anche se è accaduto centinaia di volte. Noi abbiamo raccolto e sublimato quei ricordi dentro di noi attraverso le generazioni. Guarda.”
Il gruppo di persone si era radunato al centro del cortile mentre una figura avanzava verso di loro. Osservandola da vicino Shi’Larra ebbe un sussulto.
Era alta poco più di lei, la vita sottile che si allargava in un busto di forma triangolare. Le braccia e le gambe erano più lunghe del normale e meno robuste di una persona comune.
La testa era di forma rotonda ma era il viso ad atterrirla. Gli occhi erano tondi ma le iridi erano simili a quelle dei gatti, lunghe e sottili anche se messe in orizzontale. I capelli erano scuri e lunghi, raccolti in trecce elaborate che formavano una corona attorno alla testa. Il naso, piccolo e triangolare, aveva una sola apertura invece di due e la bocca era sottile e priva di labbra.
Indossava una tunica di panno leggero che gli arrivava fino alle inocchia stretta in vita da una cintura di cuoio nero. Appesa a questa vi era una spada ricurva.
“È un mostro” esclamò sgomenta Shi’Larra.
“Noi li chiamiamo Vaeli” disse Quamara. “Ma avevano molti nomi. Comparvero poco dopo la scomparsa di Isarell, come se quell’evento li avesse evocati.”
Il vaeli scavalcò il recinto con un gesto agile e puntò verso il gruppo di persone al centro.
“Che cosa vuole da loro?” chiese Shi’Larra.
“Da quello che sappiamo” rispose Quamara con tono calmo. “I vaeliti amavano avere molti schiavi. Li compravano dagli Orgoci, un’altra razza di mostri che davano la caccia agli uomini e alle donne dell’epoca.”
“È terribile” disse Shi’Larra.
Dal gruppo al centro si staccò un uomo che agitò i pugni contro il vaeli.
Il mostro estrasse la spada con un gesto fluido e la mostrò all’uomo. Questi non indietreggiò e gridò qualcosa al suo indirizzo.
Il vaeli scattò in avanti muovendosi sulle gambe sottili e colpì l’uomo al ventre con un fendente della sua spada. Dalla ferita zampillò il sangue e la vittima si accasciò al suolo.
Quelli che si trovavano al centro del recinto si strinsero tra di loro, gli sguardi terrorizzati.
“Tutto questo è orribile” gemette Shi’Larra. “Non possiamo fare niente per loro?”
“Ciò che vedi è già accaduto migliaia di volte, amica mia. Fu la giusta punizione per i servitori dei Demoni.”
“Punizione?”
Quamara annuì grave. “I servitori dei Demoni vennero puniti da altri mostri. Ma non durò a lungo. I nostri ricordi parlano di una persona che fece un patto con i Demoni.”
“Un patto?”
“Un accordo scellerato. Il suo nome era Arn.”
“Arn” ripeté lei. “Che cosa fece di così terribile?”
“Ne riparleremo un’altra volta. Ora devi prepararti.”
“Per cosa?”
Quamara sorrise per la prima volta da quando avevano iniziato quel viaggio nei ricordi. “Per far rotolare le pietre come avevamo stabilito.”

 
  
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