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Autore: Nao Yoshikawa    12/12/2021    5 recensioni
Soulmates!AU - Inizi a vedere i colori quando incontri la tua anima gemella.
Rey ama dipingere, ma per lei il mondo è tutto grigio. Ben ha la passione per la fotografia, ma per lui il mondo è tutto grigio.
Ben e Rey si sedettero accanto, ordinarono qualcosa da bere, ma in realtà lasciarono quasi tutto intonso. Quando due anime gemelle s’incontravano, non solo tutto diventava colorato, ma sparivano anche tutti gli altri. Rey si ritrovò ad osservare i colori di Ben, l’oscurità dei suoi occhi così dolci, il nero dei suoi capelli, il bel rosato delle sue labbra. Stava imparando ad associare i nomi ai colori e se una cosa la sapeva per certo, era che le sarebbe piaciuto riportare su carta quelle tonalità. L’incontro con Ben le aveva dato nuova ispirazione.
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Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Kylo Ren, Poe Dameron, Rey
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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A Cress.
 


Casa di Rey era tappezzata da fogli e tele attaccate ai muri.
Sulle tele e sui fogli c’erano disegni realizzati in carboncino o con la matita, i soggetti ritratti erano spesso animali, paesaggi, più raramente persone.
Per Rey non c’era cosa più paradossale che disegnare pur non riuscendo a vedere i colori. Sapeva che esistessero e conosceva i loro nomi, ma non li aveva mai visti e per questo stesso motivo non avrebbe potuto usarli nei suoi disegni: per lei era tutto grigio. Certo, esistevano grigi più scuri e grigi più chiari, ma per il resto era tutto un grande mistero.
La finestra era aperta e il vento aveva fatto volare dal tavolo fino al pavimento alcuni fogli. Rey si era addormentata sul divano in un improbabile posizione e sarebbe rimasta indisturbata se solo non fosse caduta.
«Aaah…» si lamentò, alzandosi per chiudere la finestra. I fogli erano ovunque, disegnava sempre. Quando era triste, arrabbiata, ansiosa o nervosa. Ma, secondo il suo modesto parere, quelle rimanevano opere per metà vuote, incolore come la sua vita, del resto.
Sul cellulare, tre messaggi da parte di Finn, che le chiedeva dove fosse finita,.
Chissà quanto sarebbe dovuto passare prima di vedere il mondo a coloro.
 
Gli alberi erano grigi, lo erano le strade e le persone. Il cielo era di un grigio un po’ più chiaro, quasi bianco. Era un mondo triste, pensava spesso Rey. Ed era ancora più triste pensare che solo trovando la sua anima gemella – lì in quel vasto mondo di sette miliardi di persone – avrebbe potuto vedere i colori. Vent’anni in quelle condizioni le sembravano tanti, quanto ancora sarebbe dovuto passare? Come avrebbe potuto vivere della sua passione?
Ogni mattina, mentre si trovava stipata dentro la metro, si domandava perché non potesse avere una passione più sensata. Ma no, lei amava il disegno, voleva dipingere e creare. Si sentiva come se avesse un handicap, ma non ne avrebbe parlato, perché quella era la normalità, dopotutto.
«Qualcuno è rimasto di nuovo sveglia fino a tardi a disegnare» Finn l’accolse così quando Rey arrivò. Lei frequentava l’Accademia d’Arte, lui una facoltà d’ingegneria il cui edificio si trovava vicino al suo.
«Di che parli?» domandò Rey, ansimando per la corsa. Finn le indicò le dita sporche di carboncino. Anzi, macchiate, a dire il vero. Lei cercò di pulirsi sui jeans.
«Ero ispirata, c’era una bella luna. Cioè… almeno credo che lo fosse, per me era solo un cerchio di un grigio chiaro, ma avevo voglia di disegnarla.»
Rey non lo avrebbe detto ad alta voce, ma invidiava Finn, che la sua anima gemella l’aveva trovata e che da qualche mese a quella parte poteva vedere il mondo a colori.
Un’altra persona forse l’avrebbe vissuta con meno angoscia, pensava Rey.
Un’altra persona, non lei.
«Ci vediamo dopo? Viene anche Poe.»
«Non voglio fare il terzo incomodo.»
«Oh, non succederà di certo.»
Rey sgranò gli occhi, ma Finn si era già allontanato prima che potesse avere qualcosa da ridire. Era timida e spesso non sapeva come approcciarsi a persone nuove, ma Finn insisteva tanto affinché facesse amicizia.
Per Rey sarebbe stata una lunga giornata, con ben tre lezioni in tre aule diverse. Era incredibile il numero di persone dedite all’arte, anche se molte delle quali non erano in grado di vedere i colori. Questo in parte la rasserenava, ma dall’altra non poteva che deprimersi, in quanto non aveva mai avuto un ragazzo ed era arrivata all’età di vent’anni senza nemmeno avere mai avuto un primo bacio.
Dopo l’ultima lezione, con le mani cariche di fogli arrotolati e lo zaino pesante sulle spalle, Rey camminava in corridoio con il rischio di urtare o essere urtata, talmente era diventata invisibile dietro tutta la roba che teneva in mano.
E come aveva immaginato, andò a sbattere contro qualcuno e a quel punto tutti i fogli caddero.
«I miei disegni» mormorò, più per la paura che qualcuno potesse vederli che per altro. Tendeva a essere ancora molto timida, da quel punto di vista.
«Mi dispiace, sono mortificato. Aspetta, lascia che ti aiuti.»
«No, è colpa mia. Non ho visto dove stavo andando e la mia goffaggine non ha aiutato.»
Quella voce era gentile, eppure Rey non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo. Piuttosto si chinò e vide che delle mani molto più grandi delle sue che cercavano di raccogliere in fretta i fogli.
«Questi li hai fatti tu?» domandò.
Sembrava curioso e Rey non si sentì a disagio all’idea di rispondergli.
«Sì, ma non sono un granché. Non posso fare altro.»
«Ti capisco. Io studio fotografia.»
Fotografia. Un’altra passione per la quale era indispensabile una vista completa, in grado di percepire i colori.
«Questo sembra… forte… credo…» sussurrò, rossa in viso. La paura di fare brutte figure le faceva fare brutte figure, davvero ottimo. Si rimise in piedi e il ragazzo le stette addosso quasi avesse paura che cadesse.
«Non è che per caso vuoi una mano?»
Rey si scostò i capelli dal viso. Avrebbe voluto dirgli che non ce n’era bisogno, che aveva già fatto troppo la figura dell’idiota. Ma si dimenticò di guardare verso il basso e invece incrociò i suoi occhi.
Per un attimo si sentì una bambina davanti a lui, che rispetto a lei era un gigante ma dall’espressione più buona e dolce che avesse mai visto.
Quando quella mattina Ben solo era arrivato alla facoltà di Belle Arti, aveva pensato con ogni probabilità di perdersi tra i corridoi, cosa che di fatto era successo. Quello che non aveva immaginato, era di incontrare una piccola ragazza con le braccia cariche di disegni, un’artista come lui che, incrociando il suo sguardo, gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
«Come ti chiami?» domandò Rey, quasi ipnotizzata. E dire che di solito le ci voleva un po’ anche solo per chiedere il nome.
«Ben» rispose il ragazzo, altrettanto attonito. «Tu…?»
«Sono Rey» sussurrò.
Poi ci fu un battito di ciglia e un grido da parte d Rey stessa. Non si trattava di un grido di paura o rabbia, ma di felicità, stupore. Le grida di chi poteva finalmente vedere il mondo per la prima volta, così com’era realmente.
«Oh, mio Dio. Io ci vedo, vedo i colori… quanti!» gemette, con le mani sul viso.
Sembrava che migliaia di colori diversi esplodessero attorno a lei, senza lasciarle un attimo di respiro. Ben batté le palpebre, la sua reazione era ben diversa anche se stavano vivendo la medesima situazione, senza saperlo ancora. Gli ci volle qualche istante prima di capire cosa stesse succedendo, prima di capire che il blu, il verde e il giallo di cui aveva tanto sentire parlare, fossero luminosi ora davanti ai suoi occhi.
«Ma cosa…?»
Rey finalmente di degnò di nuovo di guardarlo. Per un attimo aveva dimenticato che riuscire a vedere i colori voleva dire aver incontrato la propria anima gemella, le due cose arrivavano insieme e per molti era il momento più magico della propria vita, quello in cui la propria esistenza cambiava in modo drastico. O almeno, in molti dicevano che era così, per Finn era stato così quando aveva incontrato Poe. E anche per Rey e per Ben, sembrò che il mondo si fosse fermato un attimo, per poi ripartire.
«Tu sei…» lo indicò con la mano un po’ tremante.
Ben allungò una mano, poggiandola sulla sua testa quasi fosse una bambina.
«Tu sei la mia anima gemella, allora.»
Ma non era possibile. Rey non credeva l’avrebbe mai incontrata… non così, non in quel momento. Ed era ancora sconvolta da quel mondo colorato che stava scoprendo per la prima volta
«Io… tu…» sussurrò, poi abbassò lo sguardo e fece una smorfia. «Non so come si chiamino questi due colori che indosso, ma è un abbinamento che fa a cazzotti!»
Ben aveva riso e Rey si era sentita stranamente a suo agio.
 
Seguirono infiniti minuti di silenzio. Dopo il suo entusiasmo iniziale, Rey era tornata a essere timida e silenziosa e anche Ben Solo – la sua anima gemella – sembrava piuttosto timido. Era assurdo non riuscire a trovare un argomento di conversazione, avrebbero avuto mille cose da domandarsi, da scoprire. Dopotutto erano destinati l’uno all’altro.
Rey si fissava le scarpe, mentre se ne stava poggiata al muro e Ben le stava accanto, altrettanto silenzioso.
Ma fu proprio lui, ad un tratto, a interrompere il silenzio.
«Era così che te lo aspettavi?»
«Eh?» sussurrò.
«Intendo… l’incontro con la tua anima gemella.»
Le stava chiedendo se si era immaginata di finire addosso alla sua anima gemella, dando prova della sua immensa goffaggine?
«In realtà non credevo sarebbe mai successo. Sì, lo so che è irrazionale da dire, tutti hanno qualcuno destinato a loro, però…» scosse la testa.  «È stata una sorpresa.»
«Sì. Sei delusa?» Ben era rosso in viso e il suo corpo era teso. Rey arrossì a sua volta.
«No! Affatto. Mi dispiace, è che sono sotto shock. Per la prima volta vedo il mondo a colori e questo vuol dire tanto per una appassionata di pittura come me. E poi ho incontrato la persona destinata a me. È un bel po’ da metabolizzare.»
Le tremavano le mani. Anzi, stava tremando tutta e si sorprese che Ben non se ne accorgesse.
Ben si mise le mani in tasca, guardando il soffitto.
«Sono venuto qui per un progetto. Sai no, fotografia e pittura spesso vanno di pari passo. Tutto mi aspettavo, meno che il mio mondo divenisse colorato. Pensa appena lo dirò a Poe.»
Rey sgranò gli occhi a quel nome.
«Intendi Poe Dameron?»
«Lo conosci?»
Tutto ciò era una coincidenza piuttosto inquietante. Rey saltò su all’improvviso.
«Cavolo! Mi sono dimenticata di Finn!»
 
Finn però non si era affatto dimenticato del loro appuntamento. L’aveva chiamata, le aveva mandato dei messaggi, ma Rey sembrava sparita nell’etere.
«Ma dov’è finita…?» domandò, seduto di fronte a Poe.
«Non ti agitare, magari ha incontrato qualcuno. E intendo qualcuno» disse divertito.
«Non può esserci qualcuno, perché se ci fosse, io lo saprei.»
Anche Ben Solo, l’amico di Poe, era in ritardo. Ma nessuno dei due avrebbe mai immaginato di vederli arrivare insieme. Ben con lo zaino di Rey su una spalla – lui aveva insistito tanto per portarlo e alla fine lei aveva ceduto, anche lusingata. Finn si alzò di scatto, facendo cadere la sedia.
«Non. Ci. Credo.»
«Io te l’avevo detto» fece eco Poe.
Spiegare cosa era successo non fu difficile. Rey era andata incontro a Finn e gli aveva mormorato che adesso vedeva. Adesso vedeva il mondo per com’era davvero, con le sue mille sfumature. E Ben raccontò a Poe la stessa cosa, raccontando più nel dettaglio il loro goffo incontro.
«Non posso crederci» disse Poe. «Ci avete battuto sul tempo, avevamo in mente proprio di farvi incontrare, allora ci avevamo visto giusto.»
Rey arrossì. Ah, quindi Finn le aveva organizzato un appuntamento al buio senza dirle niente? Di certo però non poteva arrabbiarsi. Anzi, le veniva da ridere al pensiero di come il destino si divertisse a mescolare le carte.
Ben e Rey si sedettero accanto, ordinarono qualcosa da bere, ma in realtà lasciarono quasi tutto intonso. Quando due anime gemelle s’incontravano, non solo tutto diventava colorato, ma sparivano anche tutti gli altri. Rey si ritrovò ad osservare i colori di Ben, l’oscurità dei suoi occhi così dolci, il nero dei suoi capelli, il bel rosato delle sue labbra. Stava imparando ad associare i nomi ai colori e se una cosa la sapeva per certo, era che le sarebbe piaciuto riportare su carta quelle tonalità. L’incontro con Ben le aveva dato nuova ispirazione.
«Così tu gli sei caduta addosso» commentò Poe. «Proprio come nei film.»
«Ti prego, possiamo non infierire? È stato abbastanza imbarazzante» si portò una mano davanti la bocca, arrossendo. Poi sentì uno strano suono, come un click. Ben aveva tirato fuori la macchina fotografica e a tradimento le aveva scattato una foto.
«M-ma…» balbettò. «Mi hai scattato una foto? Non ero neanche in posa e poi sono in disordine.»
«Io ti trovo bellissima» dichiarò Ben, abbassando poi lo sguardo, tutt’ad un tratto timido. «E poi volevo vedere com’era a colori.»
Rey arrossì. Non pensava di essere fotogenica, ma l’idea non la infastidiva. E poi le aveva detto che era bellissima. Lei, che si sentiva sempre così normale e insulsa.
Finn tossì
«Se volete vi lasciamo soli.»
«Anche perché qui non serviamo più a niente!» aggiunse Poe, zittito dal suo ragazzo con una gomitata. E in realtà, l’idea di rimanere da soli non dispiaceva a nessuno dei due.
 
Stare in mezzo alla città e alle persone risultava strano, quasi provocava in loro confusione. Anche se mai niente avrebbe battuto la confusione e lo stupore di ritrovarsi davanti la propria anima gemella.
«Perché ami il disegno?»
La domanda di Ben non le era nuova, erano in tanti a chiederglielo. Ma a lui avrebbe potuto dire il vero perché, che andava oltre il semplice “perché mi piace”.
«Perché è una delle poche cose della mia vita» sussurrò.
Fino a quel momento.
«Questo mi sa che è un po’ patetico» aggiunse subito. Si erano seduti su una panchina e il vento muoveva le foglie sopra di loro.
Le foglie erano verdi. Il cielo era blu, ma non sempre. Rey voleva subito mettersi a dipingere, ma voleva anche parlare con Ben.
«Non penso sia patetico, è… profondo» Ben si portò una mano tra i capelli. «Certo siamo stati sfortunati. Vedere un mondo grigio e avere queste passioni. Anche se questo valeva fino a qualche ora fa…»
Gli sorrise e Rey distolse lo sguardo. Forse anche lei avrebbe dovuto chiedergli se fosse deluso. Lei era così fragile ed era destinata a lui.
«Posso vedere alcuni dei tuoi scatti?» domandò all’improvviso. Ebbe paura di essere stata sfacciata ma a Ben quella richiesta piacque.
«Certo che sì. Ma temo non siano un granché, è difficile scattare delle foto quando non vedi i colori. Nella mia macchina fotografica ce ne sono alcune.»
Rey si fece più vicina mentre Ben gliele mostrava: aveva fotografato di tutto, persone, mai in posa e sempre in situazioni normali, alcuni paesaggi, animali. C’era sempre qualcosa di speciale in quegli scatti. Mentre Ben parlava, Rey si soffermò a guardarlo e per un attimo si chiese se fosse possibile percepire il colore dell’anima di qualcuno. Perché ebbe l’impressione di poterlo fare e quella di Ben era sicuramente bianca come la luce, un po’ rossa ma anche un po’ nera.
«E comunque a casa mia ne ho altre. Le più belle le stampo, di solito.»
«Posso vederle?» domandò con troppa foga. Non voleva che Ben pensasse male, dopotutto si erano appena conosciuti. Ma lui, ancora una volta, non sembrò infastidito. La guardava in un modo che le faceva intendere che difficilmente si sarebbe arrabbiato e questo le piaceva molto. La faceva sentire protetta.
«Con molto piacere.»
 
Ben non viveva distante dall’Accademia e Rey si rese conto che viveva proprio vicino all’appartamento di Poe. Per certi versi, casa sua le ricordava la propria: c’era una gran confusione, rullini ovunque, libri, appunti, pareti tappezzate di fotografie. Rey si soffermò su quella che forse ritraeva la famiglia di Ben. Riconobbe lui nel bambino col ciuffo di capelli neri che stava al centro.
«Non è un granché» disse Ben. Oh, forse avrebbe potuto mettere in ordine, se avesse saputo.
«Somiglia a casa mia, mi piace» Rey si guardò intorno e poi sorrise quando vide un collage di foto in salotto. Foto scattate in varie parti del mondo. Riconobbe la Torre Eiffel e il Colosseo. Poi c’erano dei paesaggi che non avrebbe saputo collocare, forse nel nord-Europa.
«Non sapevo avessi viaggiato così tanto!» esclamò Rey facendo un salto per osservare meglio le foto.
È piccola, ma veloce, pensò Ben.
«Sì, beh… ho viaggiato un po’, è vero. Certo, vedere questi posti così come sono realmente, deve fare un altro effetto.»
«Chiamami per il prossimo viaggio. Io non sono mai andata in nessun posto» sussurrò Rey. Sembrava una bambina in grado di stupirsi davanti anche alle cose più semplici e questo fece sorridere Ben.
«Mi piacerebbe. Ah, volevo chiederti… ti darebbe fastidio se tenessi la foto che ti ho scattato?»
Rey si voltò a guardarlo di scatto.
«Non mi da fastidio, ma… non è un granché, vero?»
Come poteva lui trovarla bellissima? Lei, così bassa e minuta, la felpa e le mani sempre impiastricciate di colori. Di rosa, verde e blu e chissà cos’altro.
«A me piace molto» sussurrò Ben, sincero. Rey si sentì ad un tratto divenire gelatina e le sue mani decisero di cedere, facendole cadere lo zaino in terra.
«Oh, cavolo. Scusami» mormorò, inginocchiandosi. Stare con Ben non la metteva a disagio. Stava incredibilmente bene e questo era strano. Ben si abbassò per aiutarla e Rey si accorse poco dopo di aver dimenticato nello zaino dei vasetti di acrilici che, aprendosi, avevano impiastricciato tutto. Poteva esserci mai fine al peggio?
«Oh, no! Oh, no, no! Che idiota, me n’ero dimenticata, e dire che sono anche nuovi!» si scusò. Li aveva comprati a inizio semestre, pur non potendoli vedere per davvero.
Magari mi porteranno fortuna, aveva pensato. Adesso sul pavimento il rosso si mischiava al verde, il giallo al rosa e via dicendo.
Lei invece era rossa in viso.
«Mi dispiace, giuro che pulisco tutto.»
«Non è una tragedia. Visto che possiamo vedere i colori, tanto vale goderne.»
E poi aveva riso. E quando aveva riso sembrava che la sua anima avesse preso a brillare ancora. Rey si dimenticò di quanto si sentiva stupida e lo indicò con un dito.
«La tua anima è bianca e rossa e anche un po’ nera» mormorò. Ben smise di ridere e la guardò, serio.
«La mia anima?»
«Io… sì…» si morse il labbro. «Se dovessi immaginare il colore della tua anima, avrebbero questi tre colori. So che il bianco è il colore della purezza e il rosso quello della passione. E il nero…» abbassò lo sguardo. «Rappresenta l’ombra. Il lato oscuro che tutti abbiamo.»
Aveva paura di aver detto una sciocchezza. Ben sembrava star riflettendo molto sulle sue parole.
«Rosso, nero e bianco? In effetti, se dovessi immaginare il colore della tua, direi che è lo stesso. Ma forse ci sono anche molte altre sfumature che non conosciamo.»
Ben allungò una mano e Rey chiuse gli occhi. Sentì poco dopo qualcosa di freddo sul viso e si rese conto che Ben le aveva colorato la fronte. E lei decise di stare al gioco, sentendo la timidezza sparire.
«Ah, tipo così?» Rey colorò le sue guance di verde e giallo e i due colori si mischiarono. Ben si finse sorpreso.
«Una cosa del genere. Sei molto buffa.»
Rey rise, nascondendosi dietro ad una mano. E poi le venne da dire.
«Sono contenta che sia tu la mia anima gemella. Però, lo ammetto, io non so come si fa ad avere una relazione di questo tipo.»
Ben le afferrò i polsi.
«Nemmeno io, mi sento un totale incapace. Ma non dobbiamo correre, se non lo vogliamo. Per ora mi basta conoscerti.»
Sarebbe stato un onore, per lui, poter conoscere Rey, la persona che aveva reso il suo mondo più bello. E per Rey sarebbe stato altrettanto. Fu lei che annuì e poi si avvicinò, posando un bacio sulle sue labbra. Un contatto lieve, quasi sfuggente, ma che li scaldò e li emozionò tanto da far tremare entrambi. Si staccò subito dopo, rossa in viso ma con un’espressione più maliziosa che timida.
«Sono d’accordo. Ho visto che hai una parete totalmente vuota, potrei darti qualcuno dei miei dipinti.»
Ben tossì, l’aria gli era andata di traverso.
«Sì, Rey. Certo, tutto quello che vuoi.»
Il suo muro sarebbe stato riempito dai suoi quadri coloratissimi e dalle centinaia di foto che avrebbero scattato insieme.




Nota: Ci sono infiniti modi di declinare l'elemento Soulmates, ma questo è uno dei miei preferiti. Spero che la storia vi sia piaciuta :)
   
 
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