L’eterno ritorno del sé stesso originale è la condanna per chi, come noi
vive delle proprie scelte, e, senza neanche troppo accorgersene anche nelle scelte degli altri,
soprattutto quelle che fanno male.

Giochi di coscienze che non valgono la candela,
ma che di certo rappresentano la nostra verità:
disertare dalla via decisa a priori da un’entità invisibile,
la mano che tutto muove, impostaci sotto pelle come un marchio da macello.

Siamo figli dell’indecisione, nani sulle spalle di nani sulle spalle dei giganti.

Piccoli e ottusi ricerchiamo la felicità nelle questioni routinarie,
dimenticando che il bene nasce dal bene,
e il male creato porta a male moltiplicato.

Potremmo tutto ma, pigri,
conduciamo le esistenze alla deriva di un mare senza fondo,
quello dell’inadeguatezza,
che gli altri ci hanno portato a credere fosse l’unica via.

E, accecati dalla nostra irritante bontà, non vediamo oltre il nostro modo di agire.
Egocentrici pali della luce che illuminano miseramente il proprio metro quadrato di spazio vitale.

Eppure, anche se lentamente, muoviamo
entescamente, i nostri passi verso il futuro...

Sentiamo di essere inopportuni col nostro modo di essere,
ma prepotentemente siamo, unici, discendenti del credo che
“essere è molto meglio che essere accettati perché si appare”.

Siamo creature di epoche diverse,
nati dall’entusiasmo e dalla volontà di chi ci ha desiderato,
racchiusi dallo stesso bisogno:
capire qual è il nostro posto nel mondo.

Ma la realtà, la presa di coscienza, è uno schiaffo secco.

Non esiste “un posto” per noi, perché alla fine siamo noi il posto.
Siamo noi ad essere la nostra stessa ancora di salvezza.
Anche volendo proiettarci sugli altri, resteremo sempre attaccati ai nostri desideri.

Se gli altri soffrono per le nostre scelte,
anche se soffriamo per le nostre stesse scelte,
almeno abbiamo la creanza di aver scelto con la nostra testa.


Odiati per essere sempre noi stessi.
Amati per essere noi stessi.
Sottoposti ad uno stressante gioco di forze contrapposte.

Per quanto ogni viaggio porti ad una nuova consapevolezza,
non è lo spostarsi da un punto A ad un punto B a compiere il miracolo.
Ma la magia nasce quando si capisce il senso del viaggio:
godersi il viaggio, affrontare il nuovo, accettare il vecchio,
consapevoli di ciò che eravamo per giungere,
nell’incessante divenire, all’eterno ritorno di noi stessi.