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Autore: Enchalott    13/12/2021    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Antica colpa
 
Il principe era talmente frastornato da omettere l’impersonale onorifico che aveva usato con la madre. Yozora pensò che il suo orgoglio avrebbe generato due solitudini anziché ricongiungere due creature travolte dall’egoismo di una terza.
«Rhenn.»
«Risparmiatevi! Non ho bisogno della vostra molesta morale salki!»
«Non ho parte in questi eventi, ma detesto vedervi infelice.»
«Cosa vi fa pensare che lo sia? Escludendo il sottoscritto, il mio clan è composto da fallimenti in veste mortale! Si tratta di comprensibile collera!»
«Essere adirato è conseguenza di ciò che vi cagiona dispiacere. Chiaritevi con vostra madre, sono certa che…»
«Preparatevi, ce ne andiamo immediatamente!»
«Non intendo muovermi da qui finché non proverete a comunicare.»
«Credete di poter ignorare i miei ordini? Li adempirete con i consueti incentivi!»
«È la vostra caparbietà che non ignoro! Perché non provate a capire le ragioni della regina? Non rinunciate a lei così!»
Rhenn la trascinò verso di sé.
«Non avete sentito? È morta, il lutto si è esaurito anni fa. Difendo il suo nome come mio dovere, ma quella che vedete è una miserevole immagine, con la quale non ho nulla a che spartire!»
All’affermazione spietata, nelle iridi ametista di Hamari riverberò una pena ineffabile e, nel percepire la profondità della crepa, Yozora si arrabbiò sul serio.
«Siete un idiota!»
L’insulto risuonò tanto inaspettato che Rhenn la fissò ad occhi sbarrati e non reagì.
«Avete una mamma e osate seppellirla da viva! Non sapete cosa significa afferrarvi alla speranza che non abbia sofferto mentre diveniva cenere! Guardarvi allo specchio per scoprire se avete qualcosa di lei! Sentirvi strappare le radici e non appassire perché lo avete giurato! Chiedete a vostro fratello, se non vi fidate di questa patetica salki! Dovreste prostrarvi agli dei, ringraziarli per averla conservata, anche se non è affettata sui dettami della vostra gente! Siete il primo a non sopportare gli stereotipi e ora entrate in contraddizione con voi stesso! Per cosa, uno stupido puntiglio?»
Scoppiò in lacrime, sovrastata dalle emozioni e dai ricordi.
Rhenn rinunciò al contradditorio.
«Perché piangete adesso?»
«Voi siete un Khai e non potete! Lo faccio al posto vostro!»
Per la prima volta in vita sua l’erede al trono si sentì vulnerabile e allo stesso tempo avvolto da un calore benefico. Una sensazione sconosciuta e confortante.
«Tutto ciò non vi riguarda» ribatté lapidario.
«Il fatto che i Khai non piangano non significa che non abbiano lacrime da versare» intervenne Hamari «Pur giunta da lontano ci comprendi, principessa. Il mio cuore gioisce nel sapere che sposerai Mahati. Chi ti ha scelta ha saputo guardare lontano. Quanto a me, ho sbagliato. Speravo che il carattere accomodante di Rasalaje riuscisse a placarti, Eirhenn. A confortarti. Che avreste incluso Mahati nella vostra famiglia, che l’unione creasse la forza. Invece le aspettative si sono trasformate in deprecabili lacci. A causa mia ti sei sentito costretto, defraudato d’ogni appoggio. La mia promessa è apparsa una sfida alle tue orecchie di guerriero, cercarmi simbolo di disonorevole necessità e proroga all’afflizione. Ti chiedo perdono, ōthysar
«Tentare di commuovermi è prova al tuo non conoscermi affatto.»
«Lontano non indica distante, mio prezioso. Ero con te quando sei partito per la guerra e tornato vincitore, con te quando hai preso moglie, quando sei diventato la fiamma di Belker. Ero al tuo fianco quando Kaniša ti ha messo in capo la corona di erede e con la sua malattia ti ha inflitto il peso del trono. Lo sarò quando diverrai re e padre, quando sarai libero di scegliere, libero dal giogo dell’uomo che ti ha posto nel mio grembo. Libero di esprimere ciò che provi.»
Rhenn restituì uno sguardo glaciale.
«Così agiscono gli hanran? Invocano l’emancipazione altrui per ottenere la propria. Perdonano per essere perdonati e non giudicano per ricevere lo stesso trattamento. Pusillanimi che adorano una dea mendace e ne fanno uno stendardo! Perché dovrei sentirmi legato a te? Per aver compiuto quanto richiesto? Per eredità di sangue? Non ci accomuna neppure l’avversione a mio padre, poiché tu non riesci a detestarlo!»
Hamari scosse la testa e i riccioli di fuoco raccolti sulla nuca si accesero come tizzoni.
«Per non odiarlo ho lasciato Mardan, traslando qui le spoglie di Naora. Ho pregato la somma Valarde affinché tu incontrassi chi avrebbe valorizzato tale difformità.»
Gli occhi cupi di Rhenn si posarono su Yozora: qualcuno in grado di stimare persino colui che aveva distrutto ogni granello della sua terra.
Un amico. È questo un amico? Il mio cuore pulsa poiché non sono soltanto il potente erede dei Khai?
«Hai portato con te vergogna e cenere. Non tramutarle in vanto» sibilò.
«Ho portato di ciascuno di voi qualcosa che vi avrebbe salvati, se aveste seguito le orme di vostro padre.»
Rhenn si lasciò andare a un’algida risata.
«Sono curioso. Forse riusciresti a smuovere Mahati brandendo l’urna di Naora, con me invece non hai appigli. Il fatto che desideri dissanguarmi in battaglia per espellere il sangue del re, non significa che sia disposto a tollerare i ribelli.»
«Ogni madre desidera proteggere il proprio figlio» intervenne Yozora «Solo chi non agisce evita di commettere errori, ma la stasi non è caratteristica khai.»
«Sembrate esperta» sferzò Rhenn «Immedesimarvi in una balia fa parte dei progetti matrimoniali come innamorarvi di mio fratello?»
Pronunciò di proposito il verbo in lingua salki, con asprezza, poiché lei si stava riferendo a Kelya. Era stanco di ascoltare allusioni e ricordi, storie nostalgiche di chi era polvere. Stanco e basta.
Hamari trasse dal baule un involto di seta blu chiuso da una nappa. Districò i nodi e spiegò la stoffa, rivelando l’oggetto custodito con evidente cura.
«Che… che significa!?» eruppe l’Ojikumaar alla vista del chakde.
«Lo sai, ōthysar
«Edifichi la tua assurda teoria su un vecchio giocattolo?»
«Sul suono che ne è uscito. Se sei in grado di riprodurlo, la tua anima è limpida nonostante Belker e la sua dispotica legge.»
«Allora brucialo! Belker apprezza le fiamme!»
Uscì sbattendo la porta.
Yozora rinunciò a seguirlo: sedette accanto alla regina e osservò lo strumento a fiato, lavorato a coltello da un tocco inesperto.
«Lo ha scolpito mio figlio. Lo ha usato una sola volta, prima che il re lo proibisse. La sua vera essenza è qui, non nelle spade che cinge al fianco, non nella corona che porta sulla fronte. Forse sono un’illusa che si nutre di fantasmi.»
«No! Sapeva della vostra presenza al tempio e mi ha esaudita per incontrare voi!»
Hamari sorrise con tristezza accogliendo le mani nelle sue.
«Ti sono grata. Eirhenn esorcizza così l’ultima goccia della nostalgia per me. Kaniša è in fin di vita, prenderà il suo posto, scioglierà ogni legame, non sarà più sfiorato dai sentimenti e Belker avrà vinto.»
«Gli resta Mahati!»
«Ho timore che la loro rivalità sia insanabile. Venuto meno il comune odio per il padre, la frattura si allargherà nel peggiore dei modi.»
Yozora impallidì. Era inconcepibile che si detestassero a tal punto. Anche lei e Hyrma erano sorelle e non c’era stato un momento in cui l’una avesse desiderato il male dell’altra.
«Mahati è al corrente di ciò che avete esposto?»
«Sì. Era molto piccolo quando gli ho consegnato il pendente di Naora. Sa che è sepolta qui, ma non è mai venuto.»
«Oh… lo porta sempre al collo.»
Hamari le riservò un’espressione sorpresa e confortata.
«Anche la sua anima è pulita dunque e può contare su di te. Tu non hai paura di amare, un Khai può accettarlo se viene da una straniera. Scegli il modo consono, lui ti seguirà. Il sangue reale non parla, si esprime altrimenti.»
La principessa abbassò lo sguardo con vivo imbarazzo.
«Lo prometto. Rimarrò vicino a entrambi, invisibile, conosco la fierezza del popolo demoniaco. Desidero sappiate che, nonostante le drastiche convinzioni di Rhenn, Rasalaje gli vuole bene. Nemmeno lui è solo.»
La regina sorrise alla familiarità con cui la ragazza pronunciava il diminutivo di suo figlio. Se lui lo aveva permesso, era disposto ad ascoltarla e quindi a mantenere un barlume di umanità. I ribelli avevano ragione a ritenerla una discriminante.
«Pregherò la dea della Montagna, la speranza non può morire.»
Yozora rimase in silenzio, meditando sulla domanda che avrebbe voluto porre senza apparire fuori luogo.
«Che ne è stato del principe Kujul? Stento a credere che sia scomparso in battaglia.»
«Il dubbio è fondato. I testimoni dicono di averlo visto precipitare, non è provato che sia stato abbattuto dal nemico. Quella mattina la visibilità era ridotta, Kaniša ha intimato l’attacco a discapito del buonsenso e ha voluto che fosse il fratello a guidarlo. Puoi giudicarmi astiosa e prevenuta, sono convinta che mio marito ne abbia ordinato l’esecuzione. Kujul era deciso a troncare l’aikaharr e si era procurato degli alleati. Non so altro.»
«Non avete avuto paura? Anche voi avete espresso aperto dissenso.»
«Potrei risponderti che un Khai non ha paura, la verità è che sarei stata disposta a uccidermi pur di tutelare mio figlio. Per Kaniša non sono mai stata una minaccia, poi la mia kalhar se n’è andata e una mia “scomparsa” ha perso d’utilità.»
«Non parlate così, maestà! Morire per accontentare un tiranno!»
«Pensieri dimenticati. Prego la divina Valarde, che abbraccia con gioia ogni affanno, e la ringrazio per la tua presenza. Mio marito mi giudicava deleteria per la formazione di Eirhenn: se fossi rimasta, sarebbe stato lui a pagarne lo scotto, l’ho realizzato quando gli ho permesso di suonare il chakde. È stato straziante lasciarlo, ci sono riuscita sapendo che senza di me non sarebbe stato punito, oltraggiato, piegato con la coercizione alle regole del nostro popolo. Le avrebbe seguite senza perdere la facoltà di ragionare. Ora la tempra che ho invocato per lui lo condurrà lontano da me.»
«Mia signora, lasciatelo decantare. È stato l’orgoglio a parlare. Tornerà, vi rispetta e vi ritiene preziosa. Sa che per voi è impossibile vivere accanto all’erkhem, suppongo lo sia per tutti.»
«Dopo l’aikaharr mi sono rifiutata di dividere l’amplesso con Kaniša. Ho lasciato gli appartamenti reali e gli ho negato le visite, anche quando Naora è stata accolta dal Custode. Ce l’avevo con me stessa per essermi lasciata ingannare, per essergli stata fedele nonostante la sua depravazione, perché una parte di me ha continuato… dèi, me ne vergogno!»
«Vi siete affidata alla somma Valarde affinché alleviasse il vostro cuore ferito. Non avete nulla da rimproverarvi. L’affetto per un uomo immeritevole non è un peccato.»
Hamari sorrise commossa.
 
Rhenn terminò di spennare il volatile e gettò le interiora a Delzhar. Il maestoso vradak le afferrò al volo. La sua mole gettava un’ombra allungata sulle pietre sconnesse del cortile, schermando l’attacco del Sole Trigemino.
Incastrò la legna e innescò le fiamme con movimenti bruschi ma precisi. Quando si sentiva rodere si teneva impegnato in attività fisiche: si portava a letto una femmina, sfidava qualcuno a un fytarei. Lì, approntare lo spiedo era l’unica opzione, considerando poi che il malumore non lo privava dell’appetito.
Dannati hanran, cercano di prendermi per fame!
Passi leggeri lo distolsero dal borbottio mentale e dallo stomaco vuoto. L’olfatto captò l’odore inconfondibile della principessa salki.
L’unica opzione, eh? Per gli dei, Rhenn, sei un rammollito!
«Sapete cucinare?» esordì lei.
«Sopravvivere.»
«Alludete al cibo?»
«Ovvio, per la siesta e il sesso sono a posto. Per ora.»
Yozora si accomodò, avvezza alle battute maliziose e fuorvianti.
«Avete le mani sporche.»
Rhenn sollevò i palmi imbrattati di sangue rappreso.
«Capita quando si eviscera qualcuno o qualcosa.»
Lei versò un po’ d’acqua in una pietra concava, gli prese le dita e cominciò a ripulirle.
«Faccio da solo. Se vi tagliate con i miei artigli sono dolori, il veleno è fatale.»
«Starò attenta. Con Mahati non è mai successo.»
«Tsk! I continui parallelismi iniziano a infastidirmi! E l’acqua è torbida!»
«È quella che bevono quaggiù. Però non si lamentano.»
Rhenn arrotolò le maniche e scostò i bracciali: la mezzaluna spiccò sul polso.
«Diventare hanran mi pare una lagnanza di un certo livello!» brontolò.
«Ah, allora ne siete consapevole! Potreste rimediare.»
Lui rivoltò le braci, sollevando un flutto di faville.
«Lo farò, non concorderete sul sistema.»
Yozora deviò il discorso per impedirgli il solito proclama di minacce e autoritarismo. Non era quello che stava cercando di tirargli fuori.
«Avete messo il sale?» domandò divertita.
Il principe impiegò poco a capire le sue remote intenzioni. Indicò un sacchetto.
«Non ce n’è traccia in questo posto inutile. Ho risolto altrimenti, non mangerò carne insipida per compiacere Valarde!»
«Non ditemi che avete sottratto le spezie alle offerte!?»
L’espressione beffarda di lui fu più che eloquente.
«Siete un sacrilego! La dea vi punirà!»
«Cosa volete che se ne faccia un’Immortale di una manciata di grani secchi! Ho fatto di peggio e sono in perfetta forma! Piantatela con le scaramanzie!»
«Chi li ha portati non aveva altro! Cosa c’è di peggio che rubare una preghiera?»
«Volete davvero saperlo?»
Yozora resse a stento lo sguardo magnetico.
«No. Riguarda voi e la vostra coscienza.»
«Giusto. Quindi non ne siete la voce?»
I giri di parole non erano la via per il cuore di Rhenn. Meglio il confronto diretto.
«No. Scusatemi, desidero pranzare in vostra compagnia e consegnarvi questo.»
Lui fissò impassibile il chakde e gettò una manciata di foglie tra le fiamme. La ragazza ebbe un ripensamento e lo strinse al petto.
«Guai a voi se lo buttate nel fuoco!»
«La ricetta non lo prevede.»
«Smettetela di scherzare!»
«Potete tenerlo.»
«Appartiene a voi, io non sono capace di suonarlo.»
Rhenn le sedette accanto, rigirando tra le dita il sacchetto vuoto. L’aroma penetrante esalava dal cibo in cottura, l’odore di sangue era scomparso. Le riservò uno sguardo profondo: il concetto di seconda opzione gli sfrecciò per la mente in infinite forme.
 

 
Amshula non contenne la reazione viscerale. Il fragore del braciere rovesciato sul pavimento rimbombò per la reggia.
«Com’è possibile!?»
«Maestà, vi imploro…»
Danyal congedò con un cenno le ancelle e gli attendenti accorsi allo sconquasso, cercando di arginare le emozioni fuori controllo della regina.
Lei si afflosciò su una sedia, le lacrime sgorgarono sul volto tirato.
«Non avrei dovuto lasciare Shaeta al tempio!»
«Condivido la vostra angoscia ma, per quanto immane, non deve rubarvi la lucidità. I Khai attendono una reazione dettata dall’apprensione.»
«Osate parlare, generale?! L’idea è vostra! Siete voi che mi avete convinta!»
«Mi ritengo responsabile tuttavia pretendo di pensarla come la soluzione migliore. Il castello non è inespugnabile: se il principe fosse rimasto, Minkar sarebbe un rogo d’innocenti. Invece è vivo e l’ultima parola non è stata pronunciata.»
«Vivo? Avete visto cos’hanno fatto al re! Credete gli riserveranno un trattamento di favore? Quel ribelle ha detto che ai demoni non importa se è un ragazzino! Come conservate tale freddezza!?»
Danyal posò un ginocchio a terra. I capelli castani scivolarono avanti.
«Devo. Mio malgrado agisco come un’àncora, mia signora. Per il bene dell’erede al trono, che mi è caro come fosse del mio sangue. Come devo rammentarvi che l’Irravin dipende da voi.»
Amshula si levò con rabbia e lo affrontò per infierire su di lui con tutta la rabbia che aveva in corpo. Quando incontrò i suoi occhi scuri, carichi di sofferenza, ricominciò a piangere in silenzio.
«È colpa vostra, solo vostra.»
«Quando Shaeta e il regno saranno salvi, offrirò la testa al boia. Ora è imperativo che mi ascoltiate.»
«Voi non capite! Sono sua madre… se sapeste cosa si prova!»
Si accasciò priva di forze, lui la sorresse al volo. Aveva le mani gelate, rabbrividiva nonostante il camino acceso. Danyal allargò il mantello e la accolse con riguardo.
«Vi comprendo alla perfezione.»
La regina lo fissò a occhi sbarrati.
Impossibile. Lui non sa, non può sapere!
«Mia moglie e mia figlia» continuò il generale, intavolando un argomento di cui non gradiva conversare «Lei aveva tre anni meno di Shaeta.»
«Sono prigioniere? Sono…?»
«Tra le braccia del Custode. Non permetterò che accada al mio principe. Perciò sfogate il vostro dispiacere su di me se ciò lo allevia, ma non lasciatevi offuscare. Come me, non potete permettervelo.»
Amshula esalò il fiato e appoggiò il capo contro il suo petto. Gli percosse le spalle con i pugni e singhiozzò senza pudore, rannicchiata tra le sue braccia. I ricordi si riversarono a sprazzi nella mente provata.
Quale antica colpa stiamo espiando in questo dolore senza fine?
«È un colpo basso, Danyal. Così non riesco a detestarvi.»
«Vi chiedo perdono.»
«Non meritereste che gratitudine. Sono un’egoista, ma non mi resta scelta.»
L’uomo l’aiutò a rialzarsi.
«È necessario informare Elefter. Mi metterò in contatto con i ribelli, di sicuro hanno agganci all’accampamento. Chiederò loro di proteggere l’erede al trono.»
«Con Shaeta in ostaggio abbiamo le mani legate. La nostra alleanza subirà un duro colpo. Siamo ricattabili, non lo gradiranno affatto.»
«Dimenticate che anche noi abbiamo un prigioniero.»
   
 
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