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Autore: elenatmnt    14/12/2021    8 recensioni
"Non ho saputo ricambiare l'attenzione che mi hai regalato, non potrò nemmeno guidarti o guardarti le spalle quando crescerai e diventerai il guerriero che sei destinato ad essere e di questo ti chiedo perdono, ma sappi una cosa, io credo in te, sono fiero di te. Lo sono sempre stato e sempre lo sarò".
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Mi hanno definito irascibile, focoso, permaloso. È vero!
Tutti hanno sempre temuto la mia rabbia, mio padre, i miei fratelli, i miei amici. Non perché loro avessero paura di me, figuriamoci, sanno benissimo che li amo e che darei la mia vita per loro.
 

Eccoci giunti a… ora.
Mentre mio padre mi abbracciava ho ripercorso il mio ultimo anno di vita, mi è sembrato un istante veloce come la luce, un flash di ricordi. Il susseguirsi di scene come in una vecchia pellicola di un film in bianco e nero. È questo che intendono quando dicono che ti scorre tutta la vita davanti quando si muore? Probabilmente sì, probabilmente no. So solo che questo è ciò che è capitato a me.
C’è un dettaglio, la mia ora non è giunta. Non ancora.
Sono qui in silenzio, respirando il profumo di mio padre a godermi sereno questi ultimi momenti con lui, un piacere fanciullesco mi abbraccia e mi culla, sono felice di aver avuto questo confronto con lui.
Gli occhi grigi di mio padre incontrano i miei mentre si ritira su, ci guardiamo rasserenati, ci siamo detti tutto; finalmente i due fuochi della famiglia si sono spenti con le nostre stesse lacrime, la dolcezza ha legato in una stretta indissolubile il nostro amore.
Con le dita mi asciuga le lacrime che mi segnano il viso, nessuno dei due prova vergogna in questo gesto. Poi col dorso della mano asciuga le sue.
Ci guardiamo, siamo pronti.
Rialzandosi stancamente, dolorante, con un corpo che di giorno in giorno si prepara alla vecchiaia, apre la porta della camera e fa entrare i miei fratelli; nonostante quello che sta per succedere li vedo molto tranquilli, col volto pacifico, addirittura mi sorridono benché in modo discretamente forzato.
Michelangelo è alla mia sinistra che subito mi stringe la mano, appena dietro di lui c’è Leonardo che mi mette una mano sulla gamba. Donatello invece è alla mia destra, sta riempiendo una siringa di un medicinale, quel medicinale. Ha la bocca serrata mentre lo fa, credo stia trattenendo il respiro, nonostante ciò nel suo volto vedo la determinazione di mantenere la sua promessa. Mio padre è di fianco a Don, anche lui con una mano sulla mia gamba. Tutti sono colti da questo irrefrenabile bisogno di toccarmi, di tenermi ancora un po’ di più con loro. O forse lo fanno per me, per farmi sentire che mi sono vicini. Lo trovo piacevole, ricambierei il gesto se potessi, voglio sentire il loro calore fino all’ultimo.
Rivolgo la mia attenzione sui dettagli della mia camera, quelli che mi hanno tenuto compagnia per tutti questi mesi, poi getto uno sguardo alle mie armi e alla maschera rossa, il mio essere, la mia esistenza sono girati attorno ad essi per tutta la vita. La maschera, divisa di un ninja; i sai le estensioni delle mie braccia ‘addio miei fedeli compagni’ penso mentre distolgo lo guardo dalla parete.
“Ragazzi, c’è una cosa che non ho fatto. Non vi ho dato i vostri regali di natale” gli sorrido compiaciuto, sono sicuro che apprezzeranno.
“Perdonatemi se non gli ho incartati, non ho avuto tempo” mi scappa una battuta e li sento piacevolmente ridacchiare, mi fa bene all’anima sentire quel simpatico mormorio di sottofondo.
“Mikey, Don… voglio che voi due abbiate i miei sai, uno ciascuno. I vostri sono solo pezzi di legno in fondo, avrete bisogno di un po’ di metallo ogni tanto” li prendo in giro. Mi aspettavo una risposta, anche solo un grazie, ma capisco che aprire bocca significa esplodere in lacrime, così entrambi a labbra serrate e leggermente sorridenti pronte a lasciar sfuggire dei gemiti, annuiscono in segno di gratitudine.
“Leo, so che sei un pivellino e un fifone, ma a te regalo la mia moto. Trattala bene, non graffiarla!” gli ammicco divertito; lui a differenza dei miei fratellini mi risponde a tono. “Sarò un pivellino con la moto, ma non un fifone. Ti prometto che la tratterò bene” la voce trema, anche se la camuffa con un tono fiero, tipico di Leo.
“Sensei, padre… ti rendo la mia maschera. È stata il simbolo del guerriero che sono stato, senza non ero me stesso. Voglio che te la riprenda, voglio che sia tua” sto rischiando di lasciarmi andare, lui mi stringe la mano e mi dà la forza di cui ho bisogno.
“Sei un guerriero e sempre lo sarai, con o senza machera” corregge benevolo le mie parole.
Ho fatto tutto quello che dovevo. È il momento di salutare un’ultima volta la mia famiglia, è ora.
Li riguardo uno per uno, grato a tutti loro per la vita che mi hanno regalato, è stata un’avventura, un sogno, abbiamo lottato contro la nostra stessa natura, ci siamo nascosti al mondo, siamo cresciuti nelle fogne di questa lugubre, sporca, macabra ma stupenda città.
Abbiamo vissuto insieme imparando gli uni dagli altri, siamo cresciuti con caratteri diversi, uniti però dallo stesso spirito d’onore che nostro padre ci ha insegnato, insieme siamo una squadra, un tutt’uno. La forza più potente del mondo che io chiamo famiglia.
Gratitudine?
Certo che sono grato.
Ringrazio Michelangelo per ogni momento in cui è sgattaiolato nel mio letto frignando perché aveva avuto un incubo, per tutte le volte che sulla pizza aggiungeva ingredienti disgustosi, benedico ogni gavettone d’acqua, ogni cianfrusaglia lasciata davanti ai piedi che più volte mi ha fatto inciampare. Sono riconoscente di ogni colazione e leccornia che lui abbia mai preparato, di ogni lattina toccata col piede ogni qual volta dovevamo essere furtivi, delle bibite che nascondeva dietro il frigorifero ignorando che io conoscevo il suo segreto.
Ringrazio Donatello per tutte le volte che mi ha ascoltato, che mi ha medicato le ferite con cura, anche di nascosto da nostro padre, per non farmi mettere in punizione. Per tutte le volte che ha riparato qualcosa che irrimediabilmente ho rotto. Per tutte le macchie di caffè in cucina, per aver terminato l’acqua calda in bagno, per avermi regalato la mia amata moto, per aver sopportato le mie angherie nei suoi confronti.
Ringrazio Leo, colui che ha tollerato il mio carattere irascibile e le mie provocazioni, per tutte le circostanze in cui mi rinfacciava di essere il leader, per tutti i momenti in cui ha bruciato qualcosa in cucina, per ogni rimprovero, per tutte le volte che si è preso la colpa al mio posto, gli sono grato anche di tutte le volte che mi ha rubato il telecomando o mi nascondeva le chiavi della moto.
Ringrazio il mio Maestro, mio padre, il mio papà per avermi cresciuto come figlio, di avermi regalato l’amore, di avermi donato una famiglia.
Mi guardano.
Ognuno combatte con i propri sentimenti, ciascuno a suo modo affronta i propri demoni. Sono certo che loro saranno forti, che avranno un futuro meraviglioso e felice. Mi spiace di non poterli accompagnare nel loro cammino, di non poter guardar loro le spalle. So che se la caveranno alla grande. 
“Sei pronto?” è la voce appena percettibile di mio padre che mi sorride dolcemente, io ricambio il suo sorriso, mi manca la forza di parlare, ma il mio gesto è passato come consenso.
“Raph…” Don inspira profondamente e poi espira piano prima di continuare “la medicina avrà un effetto quasi immediato… sarà come… come…” cede.
“Sarà come addormentarti, non sentirai nulla” continua mio padre.
Il genietto si ricompone da quell’attimo di debolezza, sta per afferrare la siringa, però la mano calma e sicura di mio padre lo ferma immediatamente, con un gesto lieve lo invita a scambiarsi di posto “lo faccio io” afferma sereno prendendo la siringa.
Per una frazione di secondo vedo il volto deluso di Don, capisco che sente di aver fallito nei miei confronti, lo avrebbe fatto lui, me lo aveva promesso. Da parte mia non ho alcun motivo di biasimarlo, glielo faccio sapere, devo lasciarlo tranquillo con sé stesso “è tutto ok. Va bene così” lo rassicuro. Ora anche lui mi tocca la gamba.
Sento che dovrei dire qualcosa, una frase finale d’effetto, di addio. Qualsiasi cosa, ho la mente annebbiata non riesco a pensare a niente, guardo solo i loro volti, sento il loro tocco, tutto il resto è una fitta nebbia.
Non dico niente.
“Ti amiamo fratello” è la voce di Mikey. “Sei il migliore” seguita Don. “Tienici d’occhio Raph” conclude Leo.
Li scruto tutti e tre, i nostri occhi si parlano, si scambiano un ultimo sguardo d’intesa, scatto una foto nel mio cuore.
Ora punto i miei occhi verso mio padre, questo è il mio regalo di Natale, il mio ultimo sguardo è per lui, lui solo. Ci osserviamo e cerca il mio consenso per tirare giù il sipario della mia vita, richiudo e riapro gli occhi per annuire.
Una pausa, i loro respiri si fermano. La loro presa è più salda su di me.
Il ticchettio dell’orologio suona gli ultimi battiti della mia vita, posso sentirlo come un tamburo vichingo, un rimbombo eterno, quel momento si distende si allunga in una linea temporale senza fine.
No, finita.
Avverto l’ago che mi pizzica la pelle, che si insinua nella mia carne, non mi ha fatto male, l’ho solo percepito.
“Riposa figlio mio”. Con quelle parole lo vedo premere lo stantuffo della siringa che irradia dentro il mio corpo un forte calore, è una sensazione stranamente piacevole, sento che sto scivolando via, ogni fibra del mio corpo si abbandona, ogni istante mi sento più lontano, assente, distante.
Papà mi sorride, mi stringe la mano, la sento vagamente come un batuffolo di cotone; sto per addormentarmi, si voglio dormire.
È questa la morte?
Mi rimangono le ultime energie e sento un improvviso bisogno impellente di dire un’ultima cosa, faccio per parlare, è difficile, sto andando, ma devo farlo. Non posso andarmene senza dire almeno un’ultima parola, solo una… Mio padre mi conosce più di me stesso, lo capisce e si avvicina per ascoltare il mio ultimo alito di vento “… grazie…”.
Ora è finita.
Sono felice, giuro sono veramente felice. È quello che voglio, che ho sperato per tanto tempo, ora posso volare via.
Come lo Spirito del Natale presente, me ne sono andato un minuto alla mezzanotte.
Il mio desidero si è avverato.

 
“…e come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose”.
 
Al mio amico Nicolas.
 
 
………………………………………………………………………..

 
Note dell’autrice:

Ebbene sì, ultimo capitolo. Sono commossa mentre scrivo queste righe, è stato bello condividere questa storia con voi, un’emozione completamente nuova. Io ho fatto del mio meglio, ci ho provato, mi auguro che questa storia vi abbia emozionato almeno un po’.
Vi ringrazio con tutto il cuore e anche di più per avermi dedicato il vostro tempo.
Made of Snow and Dreams e Ciarax, che dirvi? Siete stupende, mi avete spronata a continuare e chissà, magari tra non molto sarò di nuovo qui con una nuova storia.
Vi abbraccio tutti!! Ciaoooooooooooooooooooooo!!!

elenatmnt
   
 
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