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Autore: LaTuM    14/12/2021    3 recensioni
A Tokyo sono sempre tutti di corsa: lavoratori ed eroi tornano a casa tardi, stanchi e affamati. Per fortuna però esiste un luogo dove il tempo si ferma. E' la Tavola Calda di Mezzanotte, così la chiamano i clienti di quel piccolo locale pronto ad accogliere, tra mezzanotte e le cinque, chiunque abbia fame. Ci sono pochi piatti in menù, ma chiedete allo chef, se ha gli ingredienti vi preparerà qualunque cosa vogliate.
[BakuDeku, ispirata a Midnight Diner – future!fic – Pro Heros]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Boku no Hero Academia e Midnight Diner – Tokyo Stories non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.


Lo Chef di Mezzanotte

Hero Tales


Katsudon per tre. Anzi, per quattro.


Izuku poteva dirsi una persona nel complesso felice.

Era stata una lunga giornata e alle tre del mattino stava ancora camminando per le strade mediamente affollate di chi come lui aveva appena finito di lavorare e stava tornando a casa. Tutti i locali oramai erano chiusi e il profumo di cibo che si era disperso nell’aria nelle ore precedenti non faceva che far tormentare lo stomaco di Izuku oramai pronto all’auto-digestione.

Nonostante la fame e la stanchezza, l’odore delle strade, la gente che camminava tranquilla e che gli sorrideva quando lo riconosceva, erano cose che lo convincevano sempre di più del fatto che avesse ragione a considerarsi fortunato. Era un Pro Hero come aveva sempre sognato, nonostante fosse nato senza Quirk, le sue azioni e qualche coincidenza l’avevano portato a realizzare il suo (o quanto meno, uno dei) sogno più grande. Non solo era diventato un eroe come voleva, ma era diventato il successore di All Might designato dallo stesso All Might, il suo mito da che aveva imparato a parlare. Non che questo non avesse avuto ripercussioni sulla sua vita o quella degli altri – cicatrici sulla pelle di tutti, vite spezzate di cui spesso tendeva a incolparsi, città distrutte che ancora non erano state completamente ricostruite – ma alla fine aveva imparato a gestire quel turbinio di emozioni che più volte avevano rischiato di soffocarlo.


Ancora una volta era stato fortunato, i suoi amici, tutti i suoi amici gli erano stati accanto, lo avevano aiutato e si erano aiutati a superare gli orrori e i dolori. Per essere così giovani, avevano alle spalle una storia degna di quella di Harry Potter.

Izuku sorrise, in fondo ogni tanto si sentiva un po’ come il mago sfigato con gli occhiali che però aveva dovuto affrontare un nemico più grande di lui. Però doveva ammettere che il biondo della sua storia era meglio del Serpeverde, almeno Kacchan era suo amico, un amico dal carattere difficile e irascibile, ma comunque un amico. Soprattutto dopo il suo mese come Vigilante… alla fine era stato lui a farlo cedere e farlo tornare alla UA. Da quel momento le cose non erano state più le stesse. Sicuramente non per Izuku.


Il ragazzo sospirò e si tolse il guanto dalla mano destra per sfregarsi gli occhi che erano prossimi a chiudersi. Aveva finito tardissimo, sapeva sarebbe dovuto tornare in agenzia a finire i rapporti, ma era stanco e voleva andare a casa. Poi, durante il tragitto, ne era successa di ogni, e ora non aveva idea di come fosse finito – tre ore dopo la fine del suo turno –nel quartiere di Shinjuku, dove la notte sembrava non essere mai arrivata. Peccato fossero appunto le tre del mattino e la fame stava per riuscire lì, dove Shigaraki non era riuscito. Se Dynamight fosse rimasto con lui avrebbe finito decisamente prima, ma Kacchan era a dir poco rigido sui suoi orari: da un anno a quella parte, a costo di essere pagato meno e lavorare anche sette giorni su sette, lui avrebbe lavorato soltanto dalle quindici alle ventuno, non un minuto di meno, ma mai un minuto di più. Non aveva voluto dare spiegazioni in merito perché non erano fatti di nessuno. Stava camminando oramai per inerzia quando arrivò all’angolo di una strada con una piccola stazione di polizia (anche se sembrava più uno sgabuzzino), non c’erano auto ma solo un paio di bancarelle: una vendeva giocattolini in plastica e l’altra del ramen. Fu sul punto di ordinare una ciotola di ramen quando alle spalle gli giunse una risata.

Beh, lo chef si è superato anche stasera, non mi sarei mai aspettata sarebbe riuscito a fare un ramen al curry con quei pochi ingredienti che aveva.”

La prossima volta gli voglio chiedere dei mochi piccanti, secondo me sarebbe capace di farli” commentò una seconda voce.

Con il piccante non è nemmeno più una sfida” rispose la prima voce.

Scusate!” disse Izuku avvicinandosi ignorando gli sguardi perplessi dei passanti, che di certo non mi aspettavano di vedere l’eroe Deku in giro per strada “Posso chiedervi di che posto state parlando?“

Di quel posto” disse la ragazza indicandogli una porticina non molto distante con una lanterna appesa davanti “Noi la chiamiamo la Taverna di Mezzanotte, ma in realtà non ha un nome, lo chef non glielo ha mai dato. Apre da mezzanotte alle cinque ed è un luogo ideale per chi finisce di lavorare tardi e ha fame. Ha pochi piatti in menù, ma puoi chiedere quello che vuoi allo chef, se ha gli ingredienti te lo prepara” continuò a spiegare senza riuscire a staccare gli occhi dal suo costume (sporco) e il volto (stanco).

“Vi ringrazio moltissimo. Vi auguro una buonanotte” rispose Izuku salutandoli con un breve inchino prima di dirigersi dove gli era stato indicato. L’entrata era proprio piccola e piuttosto bassa, la luce soffusa e - a giudicare dal silenzio - in quel momento non doveva esserci nessuno dentro. Izuku aprì lentamente la porta e si trovò davanti un ambiente decisamente piccolo con un bancone di legno che faceva da perimetro alla zona dove andava a veniva chi cucinava, alcuni sgabelli, qualche soprammobile acquistato con ogni probabilità nella bancherella di giocattoli di plastica che aveva visto prima e… basta. Definire quel luogo spartano era un eufemismo, ma sembrava estremamente caldo e accogliente nella sua frugalità. Izuku si richiuse la porta alle spalle facendo purtroppo più rumore di quanto avrebbe voluto, ma almeno in questo modo aveva segnalato al sua presenza

“Benvenuti” disse infatti una voce da dietro un paravento che nascondeva in parte la cucina.

Izuku fece un lieve inchino in direzione della voce e si sedette. Prese in mano il piccolo e semplice menù con pochissimi piatti a disposizione. Si sentiva monotono, ma aveva davvero voglia di katsudon.

“Cosa vi port-…?” chiese una voce gentile, anche se le parole andarono a morirono sulle labbra del proprietario senza che però Izuku ci facesse caso. Era stanco, aveva fame e aveva davvero voglia del suo piatto preferito in assoluto.

Alzò gli occhi per guardare in faccia lo chef e chiedere:

Un Kats...uki?!”

Io non sono nel menù” rispose il biondo con il suo solito tono ma con una punta di divertimento “E chiudi quella bocca Deku o il tuo katsudon te o infilo in gola ancora ustionante!”

Izuku chiuse la bocca che non si era reso conto di aver spalancato per lo stupore.

Cosa...” ci fai qui avrebbe voluto chiedere, ma il fatto che Bakugou Katsuki fosse lo chef della tavola calda di mezzanotte era piuttosto evidente. Non l’aveva riconosciuto. Come aveva fatto a non riconoscerlo?

Certo, la divisa blu da chef, il grembiule e la stanchezza di Izuku non lo avevano aiutato, eppure Deku aveva osservato l’altro fin troppo bene per una vita intera da poterlo riconoscere ovunque, eppure aveva fallito. Ma lo stesso tono di Kacchan era completamente diverso: meno muori, muori, muori’ e decisamente più gentile, accogliente… il tono di voce che Izuku aveva sempre sognato sentir provenire dalla bocca dell’altro ragazzo.

Come facevi a sapere che avrei preso-”

Katsuki non lo lasciò finire.

Mi prendi in giro? Non prendi mai altro da che ti conosco, e ti conosco da vent’anni!” borbottò Kacchan allontanandosi dal bancone per andare a prendere una bevanda isotonica al lime dal frigorifero.

Ti servirei una birra, ma questo è meglio visto che hai appena staccato” mormorò il biondo per poi spostarsi nel piccolo angolo dedicato alla cucina con i fornelli e iniziò a prendere gli ingredienti per cucinare il piatto richiesto da Izuku.

La regola del suo ristorante era semplice: c’è il menù fisso che prevede curry, zuppa di miso e soba calda o fredda (grazie Metà e Metà). Se i clienti avessero voluto altro, dovevano chiederglielo, se aveva gli ingredienti glielo avrebbe preparato, altrimenti si sarebbero fatti andar bene quello che aveva. Di solito riusciva sempre a soddisfare le richieste, faceva in modo di avere più ingredienti di quanti gliene servissero per le sue ricette, ma a volte doveva improvvisare con quello che aveva.

Izuku bevve avidamente la bevanda datagli da Kacchan, rendendosi conto di avere molta più sete e di essere molto più disidratato di quanto pensasse. Come sempre Kacchan era riuscito a cogliere nel segno… era – e per Izuku lo sarebbe sempre stato – il migliore. Gli doleva ammetterlo, ma anche se erano quasi alla pari in classifica – a volte uno era un numero più avanti dell’altro o viceversa – per lui Kacchan era secondo solo a All Might: ce l’avrebbe messa tutta per raggiungerlo, ma non sarebbe mai stato davvero possibile.

Hai finito di borbottare o vuoi aspettare che la cena di freddi?”

Izuku sbarrò gli occhi: quanto poco gli ci era voluto?

Il riso era già pronto” spiegò Katszuki prima ancora che l’altro potesse porgli la domanda “Mangia” gli intimò poi restando lì a guardarlo finché non ebbe mandato giù il primo boccone.

Gli occhi verdi di Izuku divennero lucidi e un sorriso sincero apparve sulle sue labbra.

Kacchan, è il miglior katsudon che credo di aver mai mangiato! La frittura è croccante ma leggera, il riso caldo al punto giusto e la-”

MANGIA E SMETTILA DI PARLARE MERDEKU!

Ok, ora Izuku lo riconosceva. Ridacchiò ma fece come gli era appena stato… intimato? Ordinato?

E’ per questo che un anno fa hai preso i turni di pattugliamento fissi?”

“No, mi andava e basta...” rispose il biondo prima di alzare gli occhi al cielo “Ovviamente nerd, apro da mezzanotte alle cinque, un minimo di riposo me lo vorrai concedere?”

“Non è stancante? Per uno abituato ad andare a dormire alle otto di sera… lavorare sei ore da Hero e cinque da chef non è… estenuante?”

Il biondo alzò le spalle.

“Un po’, ma qui mi rilasso. Quando chiudo vado a comprare gli ingredienti freschi per la cena, mi alleno e poi dormo prima di iniziare il turno in agenzia.”

Izuku annuì continuando a mangiare con calma il suo katsudon… non mentiva quando aveva detto a Kacchan che era il più buono che avesse mangiato ultimamente. Era abbastanza evidente che la cosa lo rilassasse: i suoi muscoli erano meno tesi, dalle mani non era uscita nemmeno una scintilla neanche quando gli aveva urlato di mangiare, il suo volto era evidentemente sereno e Izuku poteva giurare che la sua espressione mal celasse un sorriso soddisfatto.

“Hai tanti clienti?”

“Più di quelli che mi sarei mai aspettato. Spesso sono clienti abituali o loro amici, ma ho sempre un buon numero di coperti. Arrotondo bene, anche se come potrai intuire, non è esattamente un discorso di soldi.”

“E cosa dicono di te?”

“Che sono un bravissimo chef.”

“E di Dynamight?”

“Sanno chi è, ma non sanno che sono io. Non perché non ci vedano, ma credo che non riescano a sovrapporre le due figure” ammise i biondo consapevole che in quel momento era difficile associarlo a Dynamight.

Izuku parve rifletterci, ma comprese il discorso: lo chef di questa tavola calda era calmo, rilassato, gli piaceva cucinare e gli piaceva vedere le persone felici mentre assaggiavano un piatto delizioso che gli faceva riaffiorare ricordi o che li colpisse per i sapori incredibili. A lui era successo lo stesso e il sorriso di Kacchan quando si era complimentato con lui non se lo sarebbe dimenticato facilmente, anche perché – finalmente - non si era minimamente preoccupato di nasconderlo.

“Sanno solo che ogni tanto non posso esserci, quindi mando un amico a cucinare al posto mio.”

“Un amico?”

“Il figlio di una cliente abituale. Gli piace cucinare ed è bravo. Lui mi ha riconosciuto subito ma quando gli ho chiesto di non dire nulla, non ha fiatato. Così se non posso, viene lui al mio posto e tiene per sé metà dell’incasso che di solito spende in libri universitari o manga.”

Izuku annuì con una punta di gelosia. L’idea che Kacchan avesse un altro amico importante, una persona di cui si fidava ciecamente come solo con lui era solito fare (dietro tutti gli insulti e le urla, negli ultimi anni le cose erano decisamente cambiate, e nonostante la loro rivalità, la stima, il rispetto e a fiducia erano diventati la base della loro collaborazione) un po’ lo infastidiva, ma si rendeva perfettamente conto che lui non era nessuno per essere geloso della vita di Kacchan. Con dispiacere dovette ammettere che di lui sapeva molto meno di quanto pensasse visto che fino a meno di un’ora fa non aveva idea che il suo amico, il suo collega, avesse un secondo lavoro così lontano da quello di Hero che aveva sempre voluto fare.

Katsuki prese una tazzina da dietro il bancone e la riempì con un po’ di saké caldo prima di metterla davanti a Izuku che lo guardò perplesso. Era strano che uno così attento al regime alimentare come lui gli servisse dell’alcool.

“Ti scalderà… devi andare a casa a dormire Deku, se no domani non ti reggerai in piedi.”

“E l’alcool come dovrebbe aiutarmi per quest’ultima parte?”

“Ti aiuterà a dormire. Ora bevi e vai. Stasera la cena la offro io, ma la prossima volta portati del contante. E non dire a nessuno di questo posto.”

Izuku bevve il saké tutto d’un fiato, si alzò a dopo aver ringraziato Kacchan con un inchino, se ne andò verso casa e, come aveva previsto il biondo, una volta a letto, prendere sonno fu questione di pochi attimi, ma abbastanza per non dimenticare il sorriso sul viso di Katsuki. Aveva detto la prossima volta porta i contanti e Izuku sarebbe tornato, per gustare la sua ottima cucina e perché sì, aveva voglia di rivedere l’amico sorridere così.


Il giorno seguente Izuku si svegliò stanco, ma la cosa non lo stupì minimamente: aveva dormito sì e no quattro ore prima di alzarsi, allenarsi e poi andare in agenzia. In teoria aveva dei turni, ma erano più le volte che arrivava prima e staccava dopo, ma non gli importava. Non è che avesse davvero molto altro da fare, oltre allenarsi, le alternative erano stare in casa a studiare gli eroi (non aveva smesso di portare avanti questo suo hobby e il quaderno su cui stava scrivendo ultimamente recitava un bel 42 in copertina) o allenarsi, ma preferiva di gran lunga dedicarsi al lavoro che gli sembrava un’attività molto più utile. In fondo per lui fare l’eroe non era mai stato veramente un lavoro: gli servivano licenza e contratto per poterlo fare ma in fondo la sua era una vocazione, quello che era stato ed era diventato il sogno di una vita. Non che fosse sempre rose e fiori, ma abbastanza per non sentire il peso di trascorrere ore in più per le strade o in agenzia a scrivere rapporti.

Quella giornata voleva fargliela pagare per essersi attardato al locale di Kacchan fino alle prime luci dell’alba (o l’aver staccato tre ore dopo la fine del suo turno) quindi fu un continuo intervenire: appena iniziato il suo turno di pattuglia aveva sventato una rapina da parti di qualche ladruncolo che aveva sfruttato il suo Quirk di mimetismo per portare via un gran numero di gioielli (ma perché i Villain si ostinavano a rubare nelle gioiellerie non l’aveva ancora capito visto che venivano sempre colti in flagrante…), poi per tre volte, aveva dovuto arrampicarsi su vari alberi per recuperare tre gatti che quel giorno avevano deciso di sentirsi delle scimmie ma che poi avevano iniziato a piagnucolare perché non ce la facevano a scendere (o saggiamente non ci provavano). Nel mentre, durante il salvataggio del gatto numero due che era metà bianco e metà nero e che era stato chiamato – con assai poca sorpresa d Izuku – Todo, aveva trovato tra i rami un pappagallino e una tartaruga. Aveva compreso il primo, ma dopo aver afferrato la seconda, decise di non fare domande e portò giù lo strano bestiario che aveva raccolto tra i rami.

Per quanto assurde o noiose potessero sembrare quelle attività, a Deku piaceva aiutare, anche semplicemente ricevere un grazie dalla persona di turno dopo avergli restituito il quadrupede disperso (mammifero o rettile che fosse) era una motivazione non smetteva mai di convincerlo che quella era davvero la sua strada.

Dopo aver restituito il terzo gatto a un ragazzo dall’aria burbera ma comunque gentile, Deku si avviò verso una strada un po’ più trafficata. Davanti a una vetrina vide un bambino accompagnato dalla madre che la tirava per un braccio perché voleva vedere le gesta di Dynamight che, nonostante le sue esplosioni apparentemente solo distruttive, era appena riuscito a creare un varco in un capannone in fiamme e portare in salvo quelli rimasti intrappolati. Entrare in luogo così caldo e pieno di fuoco era pericoloso a prescindere... per Kacchan, che era nitroglicerina allo stato puro, poteva essere quasi mortale (Deku notò con sollievo che si era tolto le granate dai polsi per fortuna), ma lui non aveva esitato un solo istante ad aiutare chi era in difficoltà. Dynamight poteva sembrare un Villain, ma era più eroico di chiunque altro. Ed era estremamente intelligente, agiva sempre nel modo migliore, velocemente ma con attenzione. Izuku si ritrovò a sorridere stupidamente davanti al bambino e a se stesso che guardavano in televisione le gesta del loro eroe, ma non poteva farci nulla. Sentendo un borbottio allo stomaco di fermò in una bancarella a prendere un okonomiyaki e una limonata frizzante al litchi e andò a mangiare il suo pasto ancora caldo sulla cima di un edificio da cui poteva godere un bel panorama. Non era in una zona particolarmente centrale, ma almeno era tranquillo e poteva pranzare senza sentirsi in colpa per quella breve pausa. Addentò un pezzo di frittata godendosi i sapori carichi e e avvolgenti e non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe potuto essere l’okonomiyaki cucinata da Kacchan. Forse avrebbe potuto chiederglielo. Magari sarebbe potuto tornare quella sera stessa al suo ristorante per farlo, ma forse era meglio di no. Probabilmente gli avrebbe solo dato fastidio considerato che aveva scelto un luogo e un lavoro dove era difficile incontrare amici e colleghi, perché mai avrebbe dovuto essere felice di rivederlo?

Però Izuku non riusciva a smettere di pensare all’assurdità della situazione in cui si erano ritrovati solo poche ore prima. Aveva visto Dynamight in azione e non gli era sembrato aver perso minimamente lo smalto, nonostante la stanchezza che poteva accusare per via delle ore di lavoro notturno. Eppure vedendolo così rilassato Izuku si era chiesto se forse, davvero, quel secondo lavoro non fosse un modo per scacciare via il fastidio, il cattivo umore e la pesantezza che certi giorni essere un Hero comportava. Perché non era sempre salvare gatti (e tartarughe) dagli alberi; come era appena successo a Kacchan dovevano intervenire in situazioni pericolose e mettere in gioco la loro stessa vita. Vero che dal momento in cui avevano sconfitto Shigaraki e All for One il pericolo dei Villain si era ridotto parecchio, ma criminalità e incidenti erano il loro pane quotidiano. Chissà se quella sera avrebbe aperto comunque, considerato gli interventi di oggi…

Deku finì il pranzo e prima di finire il suo giro di pattuglia, si fermò a un bancomat. Così, se gli fossero serviti dei contanti. Era sempre meglio avere del contante con se, no?


Non ci aveva creduto nemmeno per un istante che quella sosta al bancomat fosse solo per precauzione.

Era tornato a casa non troppo tardi e, dopo essersi fatto una meritata doccia (presentarsi di nuovo vestito da Hero, sporco e puzzolente non era il modo migliore in cui voleva farsi nuovamente vedere da Kacchan, non in quel contesto dove comunque l’amico cercava di mantenere il più possibile l’anonimato) indossò un semplice paio di pantaloni, le sue immancabili scarpe rosse (quelle più nuove), felpa grigia e una maglietta di All Might. L’unica cosa in più che decise di mettersi fu un anonimo cappellino grigio che lo aiutava a nascondere quella zazzera dal colore un po’ troppo inusuale. Non che fosse così anomalo avere dei tratti somatici variopinti (nella loro classe c’era Mina che era rosa, con le corna e gli occhi neri come… beh sì, Kacchan non la chiamava occhi da procione mica per niente, o Tsyui, che era in tutto e per tutto una rana) però voleva non dare troppo nell’occhio. Per rispetto a Kacchan e al suo desiderio di non far sapere ai suoi clienti chi fosse.

Arrivò davanti al ristorante dell’amico che era l’una di notte e, a differenza della sera precedente, vedeva delle persone muoversi all’interno e delle lievi risate provenire da oltre la porta. Sentì anche la voce dell’amico dire qualcosa di irriverente ma con tono gentile a uno degli avventori, cosa che fece ridere tutti gli altri.

Izuku fece un respiro profondo: non gli andava molto di entrare e obiettivamente nessuno lo stava obbligando a farlo. Non sapeva nemmeno se Kacchan avrebbe apprezzato, ma non gli importava, aveva voglia di entrare, mangiare qualcosa di buono e, perché no, scambiare due parole sul tempo.

“Benvenuto” lo accolse la voce di Katsuki quando entrò e lui gli rispose con un inchino prima di sedersi a un lato del bancone, osservando le altre persone già intente a mangiare e bere di gusto.

“Una birra, per favore” chiese Izuku e Kacchan annuì, prendendo una birra fresca dal frigorifero e, dopo averla stappata, gliela posò davanti insieme a un bicchiere di vetro.

“Quindi è tornato… cosa le porto?” domandò lo chef, rivolgendosi a lui in tono formale, come se non volesse far vedere che si conoscessero, ma ad Izuku non sfuggì lo sguardo divertito dell’amico, che un po’ si aspettava la richiesta dell’altro.

“Il kats-sudon era molto buono” rispose e le labbra del biondo s’incurvarono in quello che era un ghigno divertito ma gentile.

“E katsudon sia...”

“Come mai non lo aggiunge al menù chef? E’ un piatto che prepara sempre” gli chiese una donna di circa quarant’anni che stava mangiando un tan-men senza spaghetti.

“E’ un piatto per le occasioni speciali” fu l’unica risposta che diede Katsuki prima di allontanasi verso la piccola cucina e iniziare la preparazione.

“E’ uno dei suoi piatti migliori, ma non è nel menù” gli spiegò la donna.

“Sì, sembra quasi che lo prepari sempre nel caso in cui arrivasse qualcuno di speciale a cui servirlo...” commentò l’uomo seduto accanto a lei.

“Chiudi quella dannata bocca Takashi!” gli intimò la voce un po’ arrabbiata di Katsuki.

“Andiamo chef! Sa bene quanto tutti noi amiamo il suo katsudon! E’ il piatto che le riesce meglio!”

Izuku si sentì improvvisamente avvampare e si versò della birra, bevendone una lunga sorsata. Non ne andava matto, ma in effetti era una bevanda che si prestava perfettamente all’ambiente in cui si trovava, ai profumi che lo circondavano e al cibo delizioso che sapeva a breve avrebbe mangiato.

“Ecco qua” disse poco dopo Kacchan, porgendogli una scodella calda e fumante.

“Itadakimasu” disse Izuku congiungendo le mani e accettando volentieri le bacchette che l’amico gli stava porgendo. Non doveva essere un gesto abituale, a giudicare dagli sguardi degli altri avventori, ma non se ne preoccupò. Quella piccola gentilezza rese ancora più delizioso quel primo boccone che gli scaldò lo stomaco e il cuore.

“Com’è?” gli domandò Katsuki.

Anche da sotto la visiera del cappellino era impossibile non vedere gli occhi di Izuku brillare.

“Squisito!”

“Chef, potrei avere anch’io un katsudon, per favore?” domandò la donna.

“Ne prepari due” disse il famigerato Takashi.

“Faccia direttamente tre!” aggiunse il terzo uomo che fino a quel momento aveva solo mangiato e osservato la scena.

“Altri tre katsudon in arrivo” disse Kacchan e sparì in cucina prima di fare l’occhiolino a Deku, che si sentì arrossire senza alcuna ragione apparente.

“E’ da molto che viene qua? Non l’abbiamo mai visto...” gli chiese la donna incuriosita. A differenza di molti altri posti, quel ristorante sembrava voler rompere i tabù solitari della loro tradizione.

“In realtà sono capitato qui per caso ieri sera. O forse dovrei dire questa mattina. Avevo appena finto di lavorare e morivo di fame. Non mi aspettavo di trovare un posto del genere dove trovare il mio…”

“Piatto preferito” disse Kacchan dalla cucina, bloccando sul nascere qualsiasi possibile errore.

“Esatto, il mio piatto preferito.”

“Allora è stato proprio fortunato.”

Izuku annuì… si, era stato proprio fortunato.


Note dell’autrice:

Ho visto Midnight Diners su Netflix (tratto da La taverna di mezzanotte di Yaro Abe) ed è un capolavoro (ho ovviamente fatto alcune modifiche necessarie ai fini di questa trama).

E niente, durante la visione ho pensato troppo a Kacchan nel ruolo dello chef ed eccomi qua.

Il 42 sul quaderno di Deku è citazione di Guida Intergalattica per Autostoppisti mentre Yaro prende ovviamente il nome dall’autore de La Taverna di Mezzanotte.

Ogni capitolo – come la serie – sarà incentrato su una ricetta. Non sono un’esperta né di Giappone né di cucina giapponese, ma viste le mie attitudini, spesso ricorro alla cucina orientale :)

Alla prossima!

LaTuM


   
 
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