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Autore: Shireith    15/12/2021    3 recensioni
[AtsuHina]
Se questa storia fosse una barzelletta inizierebbe con “Cosa fanno Atsumu Miya, una ragazza che nella vita vuole solo rimorchiare, un vecchio, un metallaro e l'Inquilino in un condominio?”
O anche: c’è un condominio, da qualche parte a Tokyo, in cui uno degli appartamenti è maledetto. Il numero 21. E se non ci credete, la storia di Atsumu Miya vi farà cambiare idea.
‣ Storia partecipante all’iniziativa Regali di inchiostro tra i tavoli del pub organizzata dal gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta.
Per Cora/Kodama e time_wings.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Shouyou Hinata
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il prompt che ha ispirato questa storia è il seguente: “Personaggio A ha affittato un appartamento accanto a quello del personaggio B, e siccome i muri sono praticamente fatti di cartapesta ogni giorno B sente A e il suo partner scherzare e ballare, il letto cigolare, eccetera eccetera. B li detesta perché non riesce più a dormire né a godersi un po' di tranquillità. All’improvviso però arriva il silenzio e alla vigilia di Natale B si decide a bussare alla porta di A perché è preoccupato”.
“Accanto” è diventato “sopra” perché sì. Pensavo che un simile cambiamento non sarebbe stato un problema, il prompt poteva comunque considerarsi rispettato, ma tanto non sono riuscita a postare in tempo (il 9 dicembre) E QUINDI jokes on me. Però insomma, questa storia era troppo scema per rimanere nel mio computer.
Buona lettura; e visto che siamo “già” al 14, quasi 15, vi auguro pure buone feste!


A ogni pescatore la sua calzamaglia


 Questa storia inizia con due verità che vi lasceranno perplessi e finisce con il suo stesso titolo: un detto che non è davvero un detto, perché fino ad oggi nessuno l’ha ancora detto.
 La prima verità (ed è vero) è che c’è un condominio, da qualche parte a Tokyo, in cui uno degli appartamenti è maledetto. Il numero 21.
 La seconda verità (ed è verissimo) è che voi Atsumu Miya non lo conoscete. Si potrebbe contestare, a questo punto, che è normale non conoscere Atsumu Miya: poiché a questo mondo ci sono sette o otto miliardi di persone (quattordici o sedici miliardi di gambe, ci avete mai pensato? E chi cazzo se ne frega, direbbe Atsumu – e vagli a dare torto) che corrono come folate di vento impazzite, e sono tanto frenetiche che si scontrano senza nemmeno guardarsi in faccia per chiedere scusa. Pensate che stronze.
 Atsumu ne fa parte. Non degli stronzi, delle folate di vento. Anche se chiunque l’abbia conosciuto direbbe che stronzo lo è, soprattutto se ti chiami Osamu Miya. Solo che Atsumu Miya è stronzo e mille altre cose messe tutte assieme, è una ricetta di dolce e salato e quello che ti pare che in bocca a qualsiasi altra persona farebbe schifo. In bocca ad Atsumu Miya ha lo stesso sapore di una doccia fredda nella giornata più calda dell’anno, o di una doccia calda nella giornata più fredda dell’anno. Fa lo stesso. Insomma, Atsumu Miya è una persona fighissima. Un vincente.
 Non è che voi non abbiate mai conosciuto Atsumu Miya, è che non avete mai conosciuto nessuno come lui.
 Quando va in metro o al bar o al supermercato, o semplicemente cammina per strada, non vi guarda neanche. Potreste pensare sia un peccato, addirittura un insulto, ma – fidatevi – è un privilegio. Perché siete solo pesci nel mare e potete fare quel che vi pare mentre lui nuota, nuota, nuota (nuota un po’ scocciato, perché questo cavolo di mare è sempre lo stesso e come fai a non stancarti?) finché non trova un pesce che gli piace, che attira la sua attenzione. E tu non puoi fare niente. Non puoi decidere se abboccare o meno, non spetta a te.
 Atsumu Miya, che in questa inusuale presentazione possiamo figurare come pescatore, smette di nuotare, esce dall’acqua e se ne torna sulla sua barchetta nel bel mezzo del blu spruzzato di bianco. Il pesce è ancora lì, invitante come un divano a tre piazze dopo il cenone di Natale dalla nonna che cucina pesante: con tutta la calma del mondo,  Atsumu cala l’amo e il pesce abbocca.
 Solo che, davvero, questo pesce è tosto.
 
*
 
 Il pesce non aveva nome né volto. Atsumu Miya sperava quantomeno fosse bello, ancora meglio se bellissimo, perché se devi svegliarlo alle sei del mattino manco fossi sua madre quando aveva quindici anni e non voleva alzarsi per andare a scuola, almeno, ti prego, sii bello. Perché se sei fastidioso, rumoroso, maleducato e pure brutto, caro inquilino dell’appartamento di sopra, vaffanculo.
 Questo Atsumu non glielo disse, perché bussare alla porta di qualcuno che nemmeno conosci e dirgli “Senti, hai rotto il cazzo” è da maleducati, e a quel punto sarebbe ipocrita, da parte di Atsumu, accusare il coinquilino di mancata educazione, se lui è il primo a infrangere l’etichetta.
 Se pensate che Atsumu Miya sia uno stronzo perché va di porta in porta a insultare la gente, aspettate prima di giudicare: perché la persona in questione (il pesce di cui Atsumu Miya ancora non sapeva nulla) era l’archetipo dell’inquilino che nessuno, nemmeno Satana e parenti, vorebbero avere.
 (Questo almeno era il pensiero di Atsumu Miya prima del 24 dicembre; io preferirei l’inquilino del piano di sopra, a Satana e parenti.)
 
*
 
 Se questa storia fosse una favola inizierebbe con “C’era una volta un affascinante ragazzo molto sfortunato che abitava sotto all’inquilino più fastidioso del pianeta” – ma questa non è storia adatta a libri per bambini perché le parolacce che quell’inquilino ha strappato alle labbra di Atsumu Miya, credetemi, non volete che i vostri figli le ascoltino.
  Tutto ebbe inizio il 6 dicembre 2021 alle 5:37.
 Cinque e trentasette.
 Cinque.
 E.
 Trentasette.
 Del mattino, sì. Perché è importante sottolineare la cattiveria dell’inquilino del piano di sopra. E il 6 dicembre era un lunedì. Davvero perfido, quest’inquilino, un genio del male.
 Un lunedì come tanti, Atsumu Miya si sarebbe svegliato alle sette e mezza con la prima imprecazione sulla lingua rivolta alla sveglia del telefono che lasciava sempre sul mobiletto dall’altra parte della stanza, non sul comodino, perché così aveva la scusa per alzarsi la mattina. Solo che ogni mattina se ne pentiva, s’insultava da solo mentre si alzava e insultava qualche altra anima innocente mentre tornava a dormire. Poi daccapo finché non aveva il coraggio di accettare che doveva lasciare il letto e fare il bravo soffio di vento che in metro si sarebbe scontrato con mezza Tokyo. Perché Atsumu Miya era del Kansai ma viveva a Tokyo, ci si era trasferito con la famiglia (mamma, papà e fratello gemello che però era più brutto di lui) durante l’ultimo anno di liceo.
 Un lunedì come tanti, questo sarebbe stato il personale rituale di Atsumu Miya.
 Il 6 dicembre 2021 alle 5:37 (fottiti, inquilino del piano di sopra), la monotonia dei lunedì scialbi come minestra riscaldata si spezzò come un debole ramoscello.
 Qualcuno stava bussando alla porta.
Vattene, pensò Atsumu.
 Insomma, era certo che qualcuno stesse bussando alla porta, perché era un rumore regolare e fastidioso come… be’, come qualcuno che venga a bussare alla tua porta alle 5:37 di lunedì mattina. Quella povera persona non sapeva che Atsumu non sarebbe andato ad aprire nemmeno se fosse stato il tizio delle pizze che prometteva di regalargli dieci pizze gratis. Per quindici o venti forse si poteva fare, ma per dieci proprio no.
Vattene, pensò Atsumu.
 Solo che quello non se ne andò. Continuò a bussare, si fece più insistente. Il ticchettio delle nocche sul legno sembrava più un tonfo di qualcosa che cadeva. No, non era abbastanza rumoroso da passare per qualcosa o qualcuno che cadeva, ma era comunque rumoroso.
Vattene, pensò Atsumu.
 Quasi a volerlo sfottere (che leggesse nel pensiero, il tizio a cui piaceva così tanto bussare?), quello prese a bussare come un matto, il ritmo accelerato come fosse un pover’uomo in cerca di riparo e tutto dipendesse da Atsumu.
Non me ne frega niente, pensò Atsumu.
 “Ah, sì?” gli rispose il tizio che bussava. “E io rimango qui. Non mi schiodo. Continuo a bussare. Contento?”
 No, ovviamente. Atsumu Miya, che a stento s’alzava per andare a spegnere quella maledetta sveglia che gli trapanava i timpani dall’altra parte della stanza, si trovò a marciare a piedi nudi per l’appartamento masticando imprecazioni e il tizio che bussava doveva ritenersi fortunato che non gli andava ad aprire con un coltello in mano.
 Atsumu, sprovvisto di coltello e di qualsiasi altra arma, andò ad aprire, ma il tizio fortunato che bussava non c’era. Non c’era, però continuava a bussare. Solo non alla sua porta.
 I neuroni dovettero girargli nel cervello come ruote su una superficie scivolosa prima che Atsumu capisse che no, non stava bussando – a meno che uno non bussi dal pavimento (pavimento che sarebbe il tuo soffitto), e una persona che ti sveglia alle 5:37 del mattino potrebbe essere capace di tanta perversione.
  Erano le 5:53, tuttavia, quando Atsumu comprese che l’appartamento al piano di sopra era stato affittato.
Non di nuovo.
 
*
 
 Se questa storia fosse una barzelletta inizierebbe con “Cosa fanno Atsumu Miya, una ragazza che nella vita vuole solo rimorchiare, un vecchio, un metallaro e l'Inquilino in un condominio?”. E un po’ una barzelletta lo è, questa storia: lasciate che ve la racconti partendo dal principio.
 Atsumu Miya aveva una sfiga incredibile con gli inquilini. Se fosse passato sotto una scala con in tasca mille specchi rotti e cinquanta gatti neri in braccio (di quelli carini, perché i gatti sono tutti carini), la sorte sarebbe stata comunque più magnanima.
 Il primo inquilino, o meglio inquilina, era stata una ragazza che aveva tre obiettivi nella vita: rimorchiare, rimorchiare e rimorchiare. Il quarto era portarsi a letto quelli che rimorchiava. Non che Atsumu non la capisse, eh.
 “Però, bella mia”, le avrebbe detto se mai le avesse rivolto la parola (non l’aveva mai fatto: e chi vuole parlarci con gli svitati?), “regolati, quel letto che cigola lo sentono pure in Russia.”
 E non solo il letto. Anche le voci e tutto il resto.
 Una volta, per ripicca, Atsumu si era portato dietro un ragazzo e aveva fatto di peggio. Si aspettava che la ragazza andasse da lei nera di rabbia e urlasse fino a farsi sentire da mezzo condominio. Invece, quando l’aveva incontrata per le scale, gli aveva fatto l’occhiolino. Come a dire: “Bravissimo, siamo uguali”.
 E no, eh. Atsumu Miya non era come lei. Era un po’ stronzo, questo sì, ma mica disturbava mezza Tokyo la notte. Piuttosto cambia letto!
 Per sua fortuna, la ragazza aveva seguito il suo tacito consiglio cambiando direttamente appartamento. La padrona del 21 gli aveva detto che aveva finito l’università ed era tornata dai suoi in campagna.
 Atsumu Miya 1, inquilini pazzi svitati 0.
 Il secondo inquilino, sopraggiunto due mesi dopo, era un vecchio che dimostrava vent’anni per ogni pelo di cane che aveva attaccato ai pantaloni di velluto. Le sue rughe sembravano pieghe di un lenzuolo che non fosse mai stato stirato in vita sua, e di vita quello ne aveva. Se vi sembra una descrizione cattiva, il vecchio un po’ se la merita, perché se Atsumu da principio aveva pensato che, nonostante le rughe e l’odore di vecchio, il signore ispirasse simpatia, si era presto ricreduto. Il vecchio era un pescatore maligno che ti catturava nella sua rete se solo ti sentiva respirare in un raggio di un chilometro (e per esser vecchio ci sentiva eccome, quello lì); a quel punto ti raccontava storie appartenenti al Giappone di mezzo secolo fa, e lo faceva con lentezza estenuante, partendo dall’alba dei tempi, e nel mezzo ci buttava qualche aneddoto sui giovani d’oggi che hanno perso ogni valore. Ai miei tempi i treni arrivavano in orario, eccetera eccetera.
 Atsumu credeva che quel vecchio avesse sviluppato un radar su misura per lui, qualcosa del tipo: “Atsumu Miya è uscito di casa! Si dirige in corridoio! Alzati, vecchio, alzati! Corri, vecchio, corri! Non troppo, ché sennò ti si spacca l’anca in due, però corri, e dai dai dai!” – perché, davvero, non era possibile che lo incontrasse su per le scale o nel corridoio ogni singola volta; e, davvero, a sentire storie sulle fanciulle ora ultra centenni che il vecchio aveva rimorchiato all’epoca, Atsumu non ci teneva.
 Per sua fortuna, il vecchio si era trasferito. La padrona del 21 gli aveva detto che si era trasferito dall’altra parte della città per stare più vicino a sua figlia che aveva appena dato alla luce il tredicesimo nipote.
 Poiché qualcuno potrebbe pensare che la donna, pover’anima, avesse partorito tredici volte, tocca una precisazione: il vecchio aveva sette figli, quattro maschi e due femmine. Il settimo era il cane, che il vecchio considerava più come primo, viste le foto che conservava nel portafoglio e nelle tasche dei suoi cardigan da vecchio. Per ogni foto di un nipote ne aveva quattro del cane. Atsumu sapeva questo e tante altre cose perché ogni mattina di ogni giorno di ogni settimana, per mesi, il vecchio e il suo prezioso radar lo scovavano da qualche parte nel condominio e il vecchio gli raccontava un aneddoto dei suoi duecento o trecento anni di vita.
 Atsumu però aveva resistito, e aveva vinto. Il vecchio aveva fatto le valigie e ora era da qualche parte a tediare Shouto, Shunpei e gli altri restanti undici nipoti (e sì, Atsumu conosceva i nomi l’età e tante altre cose di ognuno di essi). Comunque non era più importante, perché aveva vinto.
 Atsumu Miya 2, inquilini pazzi svitati 0.
 E se ancora pensate che il cattivo, qui, sia Atsumu, lasciate che introduca il terzo coinquilino. Le parole atte a descriverlo sono ben poco eleganti. Era un metallaro, per farla breve: lungi dal voler giudicare le persone sulla base di pregiudizi e luoghi comuni, questo era proprio pessimo. Si tingeva i capelli di mille colori diversi perché voleva fare il figo, e va be’: pure Atsumu Miya era tinto. Solo che Atsumu Miya non si era mai messo a strimpellare chitarre alle due del pomeriggio o alle nove di sera. Non aveva mai costretto l’intero condominio a convivere con quelle povere corde che ti urlano nei timpani: “Ti prego, salvami, questo suona di merda e ha pure le mani unte. Non ho fatto nulla di male, sono una bravissima chitarra”.
 Atsumu non sapeva quanto sarebbe riuscito a resistere prima di correre in loro aiuto. Per sua fortuna, questa volta tutto il condominio si era accorto del matto che viveva al numero 21 e l’avevano cacciato in quattro e quattr’otto.
 Atsumu Miya 3, inquilini pazzi svitati 0.
 Atsumu abitava in quel condominio da un anno. Dodici mesi, tre inquilini. Ne erano passati quasi due da che il metallaro aveva fatto le valigie al suon di “Quando sarò famoso ve ne pentirete, ve ne pentirete tutti!” (Atsumu era sicuro che il massimo cui potesse aspirare era suonare sotto i ponti, e pure da lì l’avrebbero cacciato). Quasi due mesi, insomma, da che il maledetto 21 era vuoto.
 Finché non lo era più.
 
*
 
 Potremmo star qui le ore a decantare le lodi di Atsumu Miya e a ribadire come lui non fosse affatto un tipo rancoroso, ma la verità è che lo era: non vi stupirà dunque sapere che il 6 dicembre, di pomeriggio, Atsumu Miya si fosse fermato in una cartoleria per comprare un misero quaderno arancione sulla cui copertina aveva scritto a caratteri cubitali:
 
 L’INQUILINO DEL 21
 
 A partire da questo punto, potrei essere io a raccontarvi come si comportò l’inquilino del piano di sopra fino al 24 dicembre, giorno fatidico in questa storia, ma poiché trovo che le personali annotazioni di Atsumu Miya abbiano un fascino tutto loro, ecco a voi i momenti salienti.
 Una precisazione: anche se quest’accozzaglia di annotazioni senza capo né coda prende il nome di “L’inquilino del 21”, per Atsumu Miya è “L’Inquilino”. Con la I maiuscola, perché è un inquilino cattivo.
 
6 dicembre
 21:46
 L’Inquilino non si sente da stamattina dopo che ha smesso di fare casino attorno alle 10:21. Che si sia trasferito? Che l’abbiano già cacciato? Che sia già morto?
 Spero una delle tre. Indifferente quale.
L’ultima se la meriterebbe.
 
 23:14
 L’Inquilino è vivo purtroppo ancora qui. Ha ripreso a fare casino. Lo ammazzo di botte.
 
7 dicembre
 12:17
 Il vecchio che ha abitato al 21 mesi fa aveva come amico delle vecchie un po’ meno vecchie di lui. Stamattina erano in gruppo a parlare e quando mi hanno visto arrivare una di loro ha alzato appositamente la voce e ha detto: “Il ragazzo del 21 è proprio un giovane educato e rispettoso, non come altri ragazzi”.
 Gli altri ragazzi sono io. Una volta mi sono rifiutato di badare al suo pestifero nipotino di quattro anni perché dovevo andare al lavoro e lei l’ha presa sul personale, pensava fosse una scusa. Come se non sapesse che lavoro faccio. Stupida vecchia. Stupido Inquilino che piace alle vecchie.
 
 18:19
 Ovviamente non poteva non fare casino. Che cazzo.
 
8 dicembre
 15:45
 Oggi l’Inquilino fa un tipo di casino diverso. Le altre volte, a giudicare dal tipo di rumore, sembra saltelli in giro come un cretino. Oggi sembra stia spostando i mobili. Almeno è un orario decente.
 
11 dicembre
 19:20
 Sono stato fuori casa due giorni. ‘Samu aveva bisogno d’aiuto a montare delle cose, si è trasferito in un appartamento più grande. Più bello del mio, ma visto che è il suo fa schifo.
 Comunque non so se l’Inquilino abbia fatto rumore. Conoscendolo, sono sicuro di sì. Idiota.
 
12 dicembre
 8:13
 La stupida vecchia dell’altra volta ha appena fatto la stessa cosa: mi vede nell’atrio e urla dicendo quanto sia bravo e simpatico l’Inquilino. E certo, brutta vecchiaccia, non sei tu ad abitare sotto di lui e a sentire rumori manco stesse nascondendo dieci scimmie in casa.
 Sono l’unico, qui, ad essersi reso conto che al 21 vanno ad abitare solo pazzi svitati?
 La ragazza e il vecchio erano insopportabili. Il metallaro stava sulle scatole a tutti perché la sua musica schifosa rimbombava in tutto l’edificio. L’Inquilino, invece, evidentemente lo sento saltare solo io. E certo che poi pensano che sia tanto educato e gentile.
 
 22:54
 Sono passato davanti al 21 per puro caso (ovvio) e ho sentito che il l’Inquilino mette anche della musica quando salta come una scimmia. A sua discolpa mi tocca ammettere che si sente appena, devi trattenere il respiro e avvicinarti tantissimo alla porta per sentirla.
 Al numero 5 abita una delle poche non pazze svitate di questo condominio. Che lei sappia, nessuno che abiti a fianco al 21 si è lamentato di musica troppo alta o roba strana. Anzi hanno detto che l’Inquilino è gentilissimo perché i primi giorni si è offerto di aiutare la signora del 19 con la spesa e ha badato al cane del signore del 20.
 
13 dicembre
 6:18
 Sono in piedi a quest’ora. Cosa è diventata la mia vita?
 
14 dicembre
 Non so che ore sono SMETTILA DI SALTARE CAZZO
 
15 dicembre
 16:53
 Osamu dice che sono fissato con l’Inquilino e che la mia fissazione inizia a diventare sospetta. “Indice di qualcos’altro”, ha detto. Lo avrei ascoltato volentieri se non fosse il gemello più brutto e scemo che non merita di essere ascoltato. Ma cosa ne sa lui, che si è portato a letto un solo tipo in tutta la sua vita e solo perché erano mezzi ubriachi.
 
 17:18
 Fissato, io?
 Per favore.
 
 17:53
 Scrivere un diario su quanto ti sta antipatico qualcuno è considerabile fissazione? No.
 
 18:19
 Non so nemmeno com’è fatto. Magari è brutto.
 
 19:03
 Ah, certo. Anche la personalità conta. Magari è brutto e antipatico. E chi lo vuole uno così.
 
16 dicembre
 14:35
 Sì, l’Inquilino sta facendo casino. La musica oggi era più alta del solito e infatti qualcuno è andato a bussare alla sua porta per chiedergli di abbassarla. Ho sentito parlare l’Inquilino per la prima volta, anche se i rumori erano ovattati dal pavimento e tutto. Credo si sia scusato trecento volte prima di abbassare la musica. A sua discolpa, non l’ha più rialzata.
 Forse la vecchiaccia ha ragione, è abbastanza educato. Questo non significa che sia meno svitato o maleducato nei miei confronti, che poi sono quelli più importanti.
 Comunque, il casino non è una novità. Purtroppo per me.
 
 16:17
 Dopo aver sentito la sua voce per la prima volta riflettevo sul fatto che io e l’Inquilino non ci siamo mai incontrati nemmeno per sbaglio. E non perché io stia cercando di evitarlo. L’unico che volevo evitare era il vecchio che abitava al 21 prima del metallaro, eppure quello che mi beccava sempre, spuntava da tutte le parti peggio dei funghi. La ragazza che c’era ancora prima del vecchio non ho mai davvero cercata di evitarla, e infatti ci siamo incontrati poche volte su per le scale o all’entrata. Invece, di questo qui nemmeno l’ombra. Non l’ho mai visto nemmeno di sfuggita.
 
 17:43
 Che mi stia evitando?
 
 17:48
 Impossibile.
 
17 dicembre
 9:44
 Impossibile, appunto.
 Ho scoperto grazie alla ragazza del numero 5 (l’ho incontrata al bar dietro l’angolo, e ovviamente l’argomento è saltato fuori per caso) che l’Inquilino è molto mattiniero. Cioè, in realtà si sforza di esserlo. Mette tantissime sveglie finché non si alza (queste per fortuna non le ho mai sentite). Dice che deve farlo, altrimenti non diventerà mai bravo. Il migliore. Di cosa, non lo so.
 Questa te la devo, Inquilino: sei fastidioso, antipatico, rumoroso, egoista, maleducato, ma almeno hai fegato. Non è da tutti alzarsi prestissimo la mattina contro la propria volontà. Io, per esempio, ci tengo al mio sonno. Quindi smettila di fare rumore.
 
 16:49
 Forse sarebbe più intelligente dirglielo di persona. Cioè, non può leggere quello che scrivo, quindi non è che sia proprio colpa sua…
 
 18:05
 Ho cambiato idea. È assolutamente e inequivocabilmente colpa sua. Non puoi fare rumore quando ti pare e dimenticarti di pensare “Oh, forse al tizio che abita al piano di sotto dà fastidio!”.
 Che si fotta.
 
18 dicembre
 14:22
 La ragazza del 5 ha detto anche che è carino, ma che non crede di essere il suo tipo. Nel senso che non gli piacciono le donne bionde o che non gli piacciono proprio le donne in generale? O comunque gli piacciono anche gli uomini?
 Non gliel’ho detto, ma, fossi in lei, mi terrei alla larga da un futuro fidanzato che mi sveglia alle sei del mattino di domenica perché vuole fare la scimmia.
 Piuttosto prenditi il metallaro.
 
19 dicembre
 5:48
 È domenica.
 Sono le 5:48.
 È domenica.
 Sono le 5:49.
 Inquilino, hai rotto il cazzo.
 Ti odio.
 Non so se mi leggi nel pensiero, se leggi quello che scrivo e quindi hai pensato fosse divertente svegliarmi davvero alle sei del mattino di domenica, ma, ti prego: basta. Trovati un hobby. Un hobby che non sia saltare e fare rumore.
 Non ce l’hai una ragazza? Un ragazzo? Degli amici? Una famiglia? Un animale domestico? Un qualunque essere vivente che ti tenga impegnato?
 Forse dovrei prendere il gatto più bello e coccoloso che trovo, metterlo in un cartone, lasciarlo davanti alla porta del tuo appartamento e scappare subito dopo aver suonato il campanello, così magari saresti troppo impegnato a prenderti cura del gatto per scassare così tanto a me.
 
 5:59
 Ti piacciono almeno i gatti, sì?
 
 6:03
 Ma chi se ne frega. Torno a dormire.
 
20 dicembre
 7:44
 Sto uscendo di casa. Nessun rumore finora. Strano.
 
 21:19
 Sono stato fuori tutto il giorno. Ho aiutato ‘Samu in negozio visto che sotto Natale il suo ristorante è sempre pieno di clienti e ho mangiato da lui. Sono tornato da poco. Ancora nessun rumore.
 
21 dicembre
 8:37
 L’inquilino è morto si è trasferito!
 
 11:17
 Ah, no, è vivo è ancora qui.
 Che dire. È bello finché dura.
 
 17:18
 Avrei solo preferito che durasse di più, ecco.
 
22 dicembre
 4:49
 STAI SCHERZANDO?!
 
 5:26
 TI AMMAZZO.
 
 5:48
 Ne ho avuto abbastanza. Esco di casa e non rientro fino a stasera. Vaffanculo.
 
 16:14
 Sì, sono stato fuori casa tutto questo tempo.
 Sì, l’Inquilino sta ancora facendo casino. Non so se non abbia mai smesso o se abbia fatto una pausa per poi riprendere e non mi interessa saperlo.
 Ho approfittato dell’uscita per andare in giro per negozi e fare un regalo ai miei genitori, e anche a me. C’è troppa roba che mi sta bene, vorrei essere ricco per potermi permettere tutto.
 Abbiamo dei parenti francesi alla lontana, lì il Natale è più sentito e quest’anno mamma e papà hanno deciso di fargli visita. Rifiutare un viaggio gratis in Francia sarebbe da matti, ma i parenti in questione sono tutti vecchi e so già che non riuscirei a sfuggire alle cene di famiglia e cose varie nemmeno volendo. Comunque il viaggio è di soli quattro giorni.
 
 16:31
 Ah, ho comprato anche dei tappi per le orecchie. Avrei potuto pensarci prima, in effetti.
 
 18:19
 Ho fatto un regalo pure a ‘Samu.
 
23 dicembre
 9:49
 I tappi alle orecchie si stanno rivelando utili.
 
 11:24
 Ho scoperto che dopo un po’ i tappi alle orecchie iniziano a far male. Non so se sia solo questione di abitudine. Comunque me li sono tolti aspettandomi i soliti rumori, e invece niente. È troppo sperare che, almeno questa volta, l’Inquilino sia morto si sia trasferito?
 
 14:12
 Pranzato. Nessun rumore da parte dell’Inquilino.
 
 17:09
 Ancora niente.
 
 19:24
 Che bella la vita.
 
 21:37
 La vita è stupenda.
 
 22:41
 Davvero, amo la vita.
 
24 dicembre
 8:19
 È da ieri mattina che l’Inquilino non fa alcun rumore. Né salti, né musica. Niente.
 
 9:21
 Ho vinto.
 Atsumu Miya 4, inquilini pazzi svitati 0.
 
 11:13
 Non sono preoccupato.
 
 13:09
 Per niente.
 
 
 E qui terminano le memorie di Atsumu Miya (non allarmatevi, non è mica morto: si fa per dire).
 Cosa fece subito dopo è semplice: richiuse il quaderno e lo buttò sul divano, prese le chiavi di casa, si sistemò i capelli di fronte allo specchio all’entrata (importantissimo) e uscì. Abitava al numero 13, perciò dovette salire due rampe di scale per arrivare al piano superiore, dove c’era il numero 21.
  Prese fiato, sfoggiò la sua faccia più disinvolta – e bellissima, perché la sua faccia era sempre bellissima – e bussò.
 Silenzio.
 Bussò.
 Silenzio.
 Bussò.
 Silenzio.
 E insomma, dopo un po’ capì che era inutile: l’Inquilino non era in casa. In Giappone il Natale non è particolarmente sentito, ma forse il tipo era a festeggiare con degli amici o con la famiglia.
 Atsumu fece dietrofront e scese le scale per tornare al suo appartamento. Stava meditando se elemosinare informazioni dalla ragazza del 5, quando proprio per le scale incontrò un ragazzo che non aveva mai visto. Aveva i capelli sparati in tutte le direzioni ed erano di un arancione vivo, gli ricordavano l’autunno. Le guance erano accese di rosso e aveva la pelle sudata per lo sforzo di portare la bicicletta su per le scale. O forse più per la pedalata in sé, perché a pedalare ti stanchi e a stancarti sudi. Almeno Atsumu immaginava fosse quello il motivo. Non era tipo da bicicletta, prediligeva mezzi di trasporto che non richiedessero nessuno sforzo fisico se non forse l’accavallamento delle gambe, e solo quando aveva voglia di fare lo spaccone. Cioè quasi sempre.
 Quando lo sguardo di Atsumu incrociò lo sguardo del ragazzo sudato, Atsumu poteva già indovinare cosa stava per succedere e non sapeva come evitarlo.
 «Mi dai una mano?» gli chiese il ragazzo sudato.
 E sì, Atsumu Miya era stronzo, ma non così tanto. Tuttavia sarebbe intellettualmente disonesto tralasciare il dettaglio che, prima di rispondere, Atsumu considerò l’ipotesi che dire no, in futuro, avrebbe potuto rivelarsi un grattacapo più grande di un sì che gli richiedeva un po’ di fatica e cinque, massimo dieci minuti del suo tempo. Tempo che comunque non aveva da spendere in modo migliore, perché Osamu lavorava e lui no e non sapeva davvero che fare; e visto che rintanarsi in un bar gli sembrava ancora più triste, biascicò un «okay» accompagnato da un’alzata di spalle e si sistemò per sollevare la parte posteriore della bici. Insieme, Atsumu e il ragazzo sudato riuscirono a portarla su in pochissimo tempo che ad Atsumu bastò per decretare che il suo umore era già migliorato e allora tanto valeva sfruttare la situazione a suo vantaggio.
 Se vi state domandando se Atsumu Miya fosse tipo da rapporti occasionali, la risposta è sì. Magari il ragazzo sudato aveva buon gusto e gli piacevano gli uomini. Se però gli piacevano gli uomini ma non Atsumu Miya, allora non aveva buon gusto.
 Atsumu lo seguì in corridoio.
 «Abiti qui? Non ti ho mai visto in giro», snocciolò per attaccare bottone.
 Il ragazzo sudato annuì energicamente. Poi si fermò, estrasse un mazzo di chiavi, e ad Atsumu bastò leggere il numero scritto sulla porta per provare l’impulso di salire sulla bici e investirne il proprietario.
 «Qui al 21», disse il proprietario che non era stato investito, tanto per concretizzare i peggiori incubi di Atsumu.
 Fermiamoci un attimo, perché questo passaggio è importante. Quello che successe in quell’istante nel cervello di Atsumu Miya fu dapprima come un fiammifero che gli si accese sul retro della nuca e prese a pizzicargli dandogli un po’ fastidio.
 Atsumu disse “Oh” e in barba a tutti i convenevoli girò sui tacchi e lasciò il ragazzo sudato – che a queto punto della storia diviene l’Inquilino – a fissargli le spalle mentre spariva giù per le scale. Pensate che l’Inquilino, per ringraziarlo, aveva pure pensato di invitarlo dentro a prendere qualcosa da mangiare. Poverino.
 Intanto al piano di sotto divampava un incendio. I ricordi di Atsumu su cosa era diventata la sua vita a partire dalle 5.37 di lunedì 6 dicembre avevano gettato benzina sul fiammifero e le sue scintille avevano dato vita alle fiamme che gli infuocavano il petto. Allora Atsumu uscì nuovamente di casa, salì di fretta e furia le scale e bussò alla porta del 21. Questa volta era arrabbiato, non preoccupato. Non che prima fosse stato preoccupato.
 L’Inquilino aprì. Non fece nemmeno a tempo a spiccicare sillaba che Atsumu entrò a passo di carica senza nemmeno chiedere il permesso. E non aveva nemmeno portato i cioccolatini o qualche pensierino. Che persona crudele.
 «Senti», iniziò solenne, «come ti chiami?»
 L’Inquilino sbatté i grandi occhi nocciola. «Shouyou Hinata.»
 «Hinata, no, Shouyou.» Già lo chiamava per nome e nemmeno gli aveva chiesto il permesso. Che essere orribile. «Ti hanno mai insegnato che non si salta alle 5:37 di mattina? Di lunedì mattina? Perché…»
 Fermiamoci. Di nuovo. Atsumu Miya disponeva di un arringa straordinaria al cui interno avrebbe addirittura infilato un J’accuse! perché le cose dette in lingua straniera ti fanno sembrare un grande intellettuale, anche se in francese Atsumu sapeva solo chiedere ai professori di andare al bagno e dire ai ragazzi che erano bellissimi e alle ragazze che erano bellissime. E se vi sembra poco, badate bene che alle ragazze diceva Tu es très belle, mentre coi ragazzi cambiava in Tu es vraiment beau. Conosceva insomma ben due avverbi in una lingua che non era la sua e il cui alfabeto era più ridicolo della lingua stessa.
 Ma per tornare all’arringa, questa era nata in modo assolutamente naturale, d’altronde Atsumu Miya era un giovane come tanti e gli capitava spesso nella doccia di immaginare scenari conosciuti in gergo come film mentali. E a questo punto della storia già sapete che Atsumu disponeva di un quaderno in cui erano annotati tutti gli sgarri dell’Inquilino e sarebbe potuto andare avanti a elencarli all’infinito. Altro che film mentale, poteva dar via a un’intera trilogia.
 L’Inquilino non glielo permise.
 «Oh!» esclamò spalancando gli occhi. «Mi sentivi?»
 Atsumu assunse un’espressione che urlava: “Mi prendi per il culo?”.
 Era pronto a lanciarsi nella sua arringa che iniziava rinfacciandogli i giorni in cui era stato più rumoroso, per la precisione il 14 dicembre, il 16 dicembre, il 19 dicembre e infine il 22 dicembre.
 Di nuovo, l’Inquilino lo interruppe.
 «Perché non me lo hai detto?»
 Ormai avete capito che Atsumu Miya era un pescatore, di quelli però poco convenzionali. Atsumu Miya pescava pesci, ma questi pesci erano inquilini pazzi svitati che gli rendevano la vita impossibile. Li prendeva all’amo senza che potesse far nulla per evitarlo, ma di solito si trattava solo di insistere un po’ e prima o poi il pesce di turno si stancava e se la dava a gambe. O meglio, a pinne. O qualsiasi altra cosa per i pesci corrisponda alle gambe umane. Questo pesce – il ragazzo sudato, l’Inquilino, Shouyou – era tosto, ed è ironico che, tra i due, fu Atsumu a rimanere a bocca aperta con una faccia da pesce lesso, come si suol dire. E la faccia di Atsumu Miya era generalmente bellissima, non di certo da pesce lesso.
 «Eh?» disse con poca eleganza.
 «Perché non ti sei venuto a lamentare?» indagò l’Inquilino piegando la testa di lato. Sembrava che ogni volta che poneva una domanda i suoi occhi si spalancassero un po’ di più. «Cioè, sapevo che qualcuno abitava sotto di me, ma visto che nessuno ha mai detto niente pensavo che non mi sentissi!»
 Ad Atsumu si presentò davanti agli occhi la versione alternativa di questa storia.
 “Ehi, sono l’inquilino del 13, ti sento saltare dalla mattina alla sera e vorrei tagliarmi le orecchie, puoi smetterla?”
 “Certo!”
 “Grazie.”
 “E di che!”
 Fine.
 Insomma. Si sarebbe risparmiato quasi un mese di esaurimenti nervosi, un quaderno e l’inchiostro di una penna. Mica male.
 A sua discolpa Atsumu avrebbe potuto esporre all’Inquilino la teoria della maledizione che affliggeva il numero 21, ma la sua materia grigia gli suggerì che non era la scelta migliore: meglio farsi amiche le persone, prima di rivelar loro che sei un po’ pazzo.
 «Sei tu che non dovresti fare casino!» fu tutto quello che Atsumu riuscì dunque a dire, e c’era della logica nel suo ragionamento. Non vedi gente che spara ad altra gente giustificandosi con “Non sapevo che una pallottola in testa facesse male, nessuno me l’ha mai detto!”.
 «Perché cazzo salti tutti i giorni come una scimmia?»
 Una parolaccia in casa di un estraneo. Il Grinch in persona, Atsumu Miya.
 «Mi esercitavo per un saggio», rispose l’Inquilino, che in verità non sembrava offeso dall’essere stato paragonato a una scimmia.
Mi sembri tutto fuorché saggio, gli avrebbe risposto Atsumu. Che battuta fantastica. Che umorismo pungente. Si trattenne solo perché la sua materia grigia gli ricordò che è meglio farsi amiche le persone, prima di rivelar loro che sei un po’ pazzo e hai un senso dell’umorismo pazzesco.
 «Sei un ballerino?»
 L’Inquilino annuì. «Di danza classica!»
 Esistono tante battute e luoghi comuni sui ragazzi in calzamaglia. Atsumu non si servì di nessuno dei due per minare l’autostima dell’Inquilino, perché Atsumu era sì un po’ stronzo ma mica scemo né tantomeno ignorante: in calzamaglia, lui, sarebbe stato proprio uno schianto. Molto più dell’Inquilino.
 Si ricordò del 17 dicembre, giorno in cui la ragazza del 5 gli aveva rivelato che l’Inquilino si alzava prestissimo tutte le mattine perché voleva diventare il migliore. Forse Atsumu poteva perdonargli i salti, le bestemmie che gli aveva strappato e le mattine che gli aveva rovinato, se si scopriva che erano serviti a qualcosa.
 
*
 
 Lo scoprì mai? Sì.
 Il giorno dopo, la mattina di Natale. Perché vedete, la nostra storia termina il 25, ma poiché il finale di una storia è relativo e dipende dal momento in cui chi la scrive decide di mettervi un punto, in realtà va avanti per molto tempo. Il 25 dicembre fu solo il giorno in cui l’Inquilino bussò alla porta del pescatore, non viceversa, e con un sorriso che gli scopriva tutti i denti lo invitò ad assistere al suo saggio che si teneva due ore dopo.
 Per sfuggire alla maledizione del 21, Atsumu avrebbe semplicemente dovuto lasciare la presa sull’amo e fare qualsiasi altra cosa: ignorare il pesce, remare dalla parte opposta, abbandonare la barchetta e tuffarsi in mare proseguendo a nuoto.
 Invece continuò a tirare, e per tentare di giustificare quell’“Atsumu Miya 3, inquilini pazzi svitati 1” che gli si presentò in mente a mo’ di sfottò, Atsumu s’inventò un detto.
 Prese il giubbotto, il cellulare e le chiavi e seguì Shouyou.
 E una voce intanto gli disse: “A ogni pescatore la sua calzamaglia”.
   
 
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