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Autore: Siluvaine    16/12/2021    3 recensioni
Nei momenti più tranquilli, quando il lavoro stallava e le ore passavano languide, Inej avrebbe voluto potersi gettare tra le sue braccia e riposare sul suo petto, respirando il suo profumo. La realtà era che non c'erano molti momenti simili tra loro. Nonostante condividessero quasi ogni minuto insieme, la loro intimità non riusciva a fare passi avanti.
Una sera, le cose cambieranno improvvisamente.
Per colpa di un melograno.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Jesper Fahey, Kaz Brekker, Wylan Van Eck
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo mesi di mare, Inej era felice di essere tornata a Ketterdam. Stava passando un bellissimo periodo, senza dubbio il migliore che avesse mai trascorso nella città portuale. Quando Kaz era libero o aveva da sbrigare semplici lavori di ufficio, passavano quasi tutto il tempo insieme. Era come se non se ne fosse mai andata, con la differenza che ora era una donna libera. 

Anche il rapporto con Kaz scorreva liscio e nei momenti più tranquilli, quando il lavoro stallava e le ore passavano languide, Inej avrebbe voluto potersi gettare tra le sue braccia e riposare sul suo petto, respirando il suo profumo. La realtà era che non c'erano molti momenti simili tra loro. Nonostante condividessero quasi ogni minuto insieme, la loro intimità non riusciva a fare passi avanti.

Kaz sfilava sempre i guanti quando erano da soli nel suo ufficio, e le loro dita si cercavano istintivamente, Inej seduta sull'angolo della scrivania, lui che trascriveva i soliti conti del Club: erano momenti quasi domestici che Inej conservava come dei tesori. Finora era riuscita ad abbracciarlo un paio di volte, in totale. Non perché Kaz si tirasse indietro, assolutamente no, ma spesso il suo rifiuto per il contatto umano era così forte da impedirgli qualsiasi cosa di più di una semplice mano sulla spalla. Inej, dal canto suo, era stata felice dei loro progressi lenti e graduali, perché lei stessa si era sentita incerta delle proprie reazioni al contatto di un uomo, ma adesso iniziava a sentire che una stretta di mano non era più abbastanza. La situazione a volte la lasciava sveglia la notte, a rigirarsi nel letto e affondare il viso nel cuscino e a chiedere il perché ai suoi Santi, senza ricevere risposta.

Tornare a Ketterdam come Capitano Ghafa, senza i mille obblighi che le impegnavano le giornate in quanto Spettro, le lasciava dunque parecchio tempo libero. Quando Kaz era impegnato, o semplicemente se lei ne aveva voglia, si divertiva a girare per la città in una maniera spensierata come non aveva mai potuto fare. Si godeva tutto dieci volte di più adesso che non doveva costantemente controllare qualche casa di mercanti o qualche banca, e si rilassava a passeggiare per i vicoli più caratteristici, girare per mercati, respirare l'aria frizzante della sera dalla cima del tetto della Chiesa di Barter.

Quella sera Wylan e Jesper avevano organizzato una cena tutti insieme. Era già la terza da quando Inej era tornata e Wylan aveva anche rimandato degli incontri di affari per infilare nella sua agenda un’altra cena. Kaz si lamentava ogni volta di più, ma in fondo era chiaro che gli facesse piacere passare del tempo tutti insieme, esercitarsi a restare senza guanti di fronte ad altre e, per una volta, fare un pasto decente, anzi, assolutamente ottimo. 
Stavolta la cucina aveva prodotto uno sformato di patate e un arrosto con salsa di castagne, accompagnato da un ottimo vino direttamente dalla cantina di Van Eck. 

Jesper era già al sesto bicchiere e lo beveva ad ogni sorso con enfatiche manifestazioni di piacere. "Mmm, questo vino mi rende ancora più felice di aver mandato in prigione tuo padre". 
"Il giusto incentivo per non farlo uscire mai più." disse Wylan. Il cameriere gli sorrise appena, ritirando i piatti vuoti. L’intera servitù della casa era stata fin troppo felice di rivedere Wylan ed essere finalmente pagata con un giusto salario. Un ulteriore aumento era arrivato in concomitanza ad alcuni incidenti che avevano interessato la magione, come una piccola, insignificante esplosione nel seminterrato in piena estate (chi poteva immaginare che alcuni componenti chimici avrebbero reagito al calore di Ketterdam ad agosto?) e alcuni misteriosi fori di proiettile trovati sulle scale, la mattina dopo un’importante sbornia da parte di Jesper.

Wylan occhieggiò la tavola, soprappensiero. "Oh, giusto. Vado a prendere quei frutti esotici che ha portato Inej". 
"E un'altra bottiglia!" gli grido dietro Jesper, incurante dello sguardo preoccupato che gli lanciò il cameriere.
 
Inej bevve un sorso di vino a sua volta, mentre Kaz le lanciava uno sguardo penetrante. Lei non gli aveva detto di aver portato della frutta esotica e sapeva che Kaz non era in grado di trattenere la curiosità. In verità, quel giorno era stata sorpresa nel trovare dei melograni ad un banco di frutta. Erano un frutto che mangiava sempre con i suoi genitori quando era stagione, e a Kerch l'unica frutta locale erano delle pallide mele verdi, piccole e dure, aspre tanto quanto i kerchiani. Nulla a che vedere con i frutti baciati dal sole e temprati dal freddo di Ravka.
Wylan tornò con una ciotola di melograni che piazzò in mezzo al tavolo, e si rivolse subito a lei. 
"Ora ci vuoi dire cosa sono e come si mangiano?".
Jesper alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto, stiracchiando le braccia sopra alla testa. "Wy, è frutta. Si sbuccia e si morsica, quanto potrà mai essere difficile." 
Kaz posò il proprio bicchiere sul tavolo con un tud. “Tsk, è la stessa cosa che hai detto di quella serratura Vinyer ultimo modello. Ti ricordo com’è andata a finire”.
“Quella era tutta un’altra storia. Questi cosi sono semplice frutta”.
 Kaz allargò una mano verso la cesta. "Prego, è tutta tua". 

Con uno sbuffo, Jesper raccolse la sfida.
Inej cercò di mantenersi seria mentre l'amico tentava di sbucciare il melograno con insistenza, ormai deciso a non perdere l'onore, ma il tentativo finì quando il coltello di Jesper incappò con forza in un gruppo di succosi semi che esplosero all'istante, lanciando gocce rosse per tutto il tavolo. 
Wylan scoppiò in una rumorosa risata, mentre Inej nascondeva il viso in un fazzoletto per soffocare le risate all'espressione sconcertata e tinta di rosso dello Zemeni. Kaz lo guardava con un sorriso compiaciuto ed era sicuramente in procinto di dire qualcosa di acido. 
 "Oh, sta’ zitto!" Jesper afferrò un fazzoletto per pulirsi il viso, seccato. "State zitti tutti! Ci vorrà più tempo a togliere queste macchie dalla camicia che a insegnare a Wylan a caricare una pistola". 

Wylan normalmente si sarebbe offeso, ma stava ancora cercando di riprendere fiato dalla risata. 
"Vi faccio vedere come si fa" mormorò Inej, afferrando un frutto. Sentì lo sguardo di Kaz seguire le proprie dita nell’operazione, e qualcosa di imprecisato le si mosse nello stomaco. Improvvisamente si sentiva estremamente conscia dei suoi occhi scuri. Tagliò la parte superiore del melograno, poi lo divise ordinatamente in fette e lo aprì, rivelando la polpa di piccoli cristalli rossi.
 

Ne passò una parte a Jesper che la fissava davanti a lei. "Ora che non mi sta esplodendo in faccia, devo ammettere che ha un bell'aspetto." 
Kaz stava già aprendone uno, le dita nude che sgranavano con cautela i segmenti. Ne studiò un pezzo come a volerne assorbire ogni dettaglio, poi gli diede un morso e i suoi occhi brillanti indicarono a Inej che il gusto era di suo gradimento.
"Non so se lo mangerei ogni giorno" commentò "però ha un buon sapore". 
Wylan alzò un sopracciglio. "Tu già è tanto se ti ricordi di mangiare. Perché pensi che facciamo queste cene? Per controllare che tu non muoia di fame, nonostante tutte le kruge in cui navighi". 
"Ascolta, mercantuccio" disse Kaz, pulendo il coltello sul tovagliolo "Vuoi veramente provocarmi mentre sono armato?". 
"Kaz... " lo ammonì Inej, anche se il tono leggero e rilassato indicava che i due stavano solo scherzando. Non erano queste le vere minacce di Kaz Brekker. 
 Lui le lanciò uno sguardo, poi con un sospiro esagerato posò il coltello e torno a mangiare. 

 
"Inej, devi ancora raccontarci di quel mostro di mare che avete incontrato sulle coste di Shu Han" le ricordò Jesper, che cercava ora di mangiare i chicchi di melograno con una forchetta.
Inej sorrise e iniziò a parlargli di questa enorme creatura del mare, nera come la notte, e delle leggende che avevano sentito nei porti Shu. Si diceva che fosse un messaggero dell'altro mondo e che i marinai lo vedessero solo quando si stava avvicinando la fine. 

Jesper allora si ricordò di una storia che gli raccontava suo padre da piccolo, e improvvisamente ad Inej sembrò di essere di nuovo attorno al fuoco del caravan con la sua gente, a parlare e immaginare. Le si scaldò il cuore a ricordare tutto questo, e d'istinto si giro a guardare Kaz. In qualche modo, sentiva che lui faceva parte di entrambi i suoi mondi, adesso. 

Osservò il suo profilo assorto, mentre mordeva una parte di melograno, e del succo gli scivolò sul mento. Lo sguardo di Inej segui involontariamente la goccia che scendeva dall'angolo delle labbra lungo la mandibola, e spiccava, nel suo rosso rubino, sulla carnagione pallida di Kaz.
Improvvisamente erano solo loro due, e lei immaginò di avvicinarsi, togliergli lo spicchio di melograno dalle mani e premere le labbra sulle sue. Sarebbero state morbide, umide, e si sarebbero aperte sotto il suo bacio. Avrebbe spinto la lingua nella sua bocca, inseguendo la sua lingua, e mentre lo baciava furiosamente lui avrebbe avuto il sapore agrodolce dei suoi inverni a Ravka. 
"... Vero Inej?" 
Lei si voltò di scatto verso Jesper, che ora aveva un sorrisetto sulle labbra. 
"Cosa?" disse lei. 
Jesper si sporse in avanti con aria furba. "Non mi hai sentito? Eri per caso distratta da qualcosa?" 
"È stata una giornata stancante" glissò Inej, sentendo le guance andare a fuoco. 
Jesper stava ancora sorridendo, ma prima che potesse dire altro Wylan gli diede uno schiaffo sul collo. 
"Ouch! Ma perché?" 
"Lo sai benissimo perché" disse Wylan in tono calmo. 
Kaz si pulì le labbra con un tovagliolo. "Sai, mercante, forse avrei dovuto farti fare pratica per la lotta. Non sei male con le mani".
Gli occhi di Jesper si illuminarono "Oh, se è per questo, Wylan è molto bravo con le mani-Ouch!".
Wylan gli aveva tirato un altro schiaffo sul collo e ora se ne poteva vedere il segno arrossato nonostante la carnagione scura di Jesper. 
"Bene, si è fatto tardi, Jesper è nella sua fase di ubriachezza molesta e io domani ho una riunione." Disse il ragazzo alzandosi da tavola. "Kaz, come al solito, se vuoi rimanere puoi usare la stanza degli ospiti in fondo al corridoio." Wylan ripeteva questo invito ogni volta, ma non era mai stato accolto seriamente. Kaz amava tornare alla Stecca, nella sua stanza, tra le sue cose. Gli fece un semplice cenno del capo e si alzarono tutti per andare nelle proprie stanze.
Kaz e Inej si ritrovarono da soli, nel corridoio fuori dalla sala da pranzo.
"Dovrei andare" mormorò lui.
Inej alzò il viso per guardarlo negli occhi. "Dovresti".
C'era qualcosa nell'aria stasera che Inej non si riusciva a spiegare. Voleva di più, voleva qualcosa da lui, qualsiasi cosa. Il suo abito elegante sembrava così vicino che avrebbe potuto toccarlo semplicemente sporgendosi appena in avanti, e sarebbe stato caldo del calore del suo corpo. Sembrava a portata di mano, eppure era lontano anni luce da lei. Oh, quanto desiderava toccarlo. 
"Dovrei" ripeté Kaz, la voce roca che sussurrava nella penombra del pianerottolo. 
Inej si morse le labbra e abbassò il viso, osservando le sue dita nude sull’impugnatura del bastone. "Oppure, potresti restare. Domattina dobbiamo controllare la sicurezza della casa d'aste, giusto? Ed è solo a un isolato da qui."
Kaz la guardava adesso con un luccichio nello sguardo, come se non fosse del tutto sicuro di cosa stesse succedendo.
Si schiarì la voce. "Non avrebbe senso tornare alla Stecca". 
"No, non avrebbe senso".
Per un attimo rimasero fermi, in mezzo al corridoio, e Inej non aveva il coraggio di alzare gli occhi su di lui. Si sentiva andare a fuoco e non era sicura di quello che avrebbe provato, se Kaz le avesse guardato dentro adesso. 
"Seguimi" gli disse. "Ho una cosa da farti vedere". 
Kaz la segui, il rumore del bastone attutito dal legno del pavimento. 
"Spero non sia qualche icona di Santi". 
Inej sbuffò, soffocando in gola l'inizio di una risata.
"Non credo che la sapresti apprezzare" 
"La apprezzerei per il suo valore di mercato. Ma non voglio rischiare di prendere fuoco toccandone una". 
Inej annuì con il sorriso, salendo le scale. Si sentiva terribilmente conscia della presenza di Kaz dietro di lei, come se il suo sguardo le stesse sfiorando la schiena. Sentì un rapido brivido correrle sulla pelle, ma lo ignorò con decisione. 
Inej entrò nella propria camera e si diresse alla cassettiera. Iniziò a cercare qualcosa nel secondo cassetto, Kaz dietro di lei che si sedeva senza cerimonie sulla panca imbottita che stava ai piedi del letto.
"Trovato" mormorò Inej, voltandosi e porgendogli una scatolina rettangolare. 
Kaz la osservò, il suo sguardo attento che ne studiava i bordi, poi lentamente la aprì. Ne uscirono una serie di carte spesse e colorate, che ricordavano le carte da gioco che avevano al Club dei Corvi, ma con disegni e segni differenti.
"Sono le vostre carte?" chiese Kaz con sincero interesse, tirandone fuori alcune e iniziando a pesarle sulle dita.
"Si. Le chiamano ganjifa, hanno una storia molto antica." Inej si sedette accanto a lui sulla panca, ben attenta a non avvicinarsi troppo. Non si poteva mai sapere quando i demoni di Kaz avrebbero deciso di fargli visita.
Rimasero in un confortevole silenzio, Kaz che faceva scorrere le carte tra le mani e si fermava a osservare dei disegni o dei dettagli in oro. Inej aveva sfilato le scarpe e tirato su le gambe, appoggiando i calzini sull'imbottitura della panca. 
Kaz lanciò uno sguardo ai suoi piedi, a pochi centimetri dalla sua gamba. Lentamente, posò una mano nuda accanto al suo calzino.
Inej sentì il cuore battere forte nel petto. Era una stupidaggine, si disse. Kaz non la stava toccando. Non lo avrebbe fatto. 
Quasi a smentire i suoi pensieri, Kaz mosse di poco le dita, appena più vicine. 
Una tempesta di pensieri si scatenò nella mente di Inej. Sopra a tutti, il desiderio disperato di sentire il suo contatto, la sua mano, il suo corpo, qualsiasi cosa che fosse lui. Come un'onda, veniva sommerso brutalmente da ricordi del Serraglio, ricordi che Inej cercava di spingere via rapidamente ma tornavano indietro. Un uomo che la spingeva sul letto, puttana, il volto di cento persone diverse, i propri piedi nudi bloccati in una dolorosa stretta e il rumore delle campanelle, ad ogni spinta... 
Si accorse di avere il respiro pesante, e Kaz aveva posato le carte e la stava osservando, catturando in uno sguardo sicuramente più di quanto Inej stessa avrebbe voluto mostrare. 
"Inej..." la chiamò con la sua voce bassa e roca, gli occhi neri che la cercavano e provavano a tirarla fuori dalla sua testa.
Un groppo in gola le impediva di dire qualsiasi cosa. Era certa che se avesse aperto bocca sarebbe successo qualcosa di terribile, se si fosse mossa sarebbe stato ancora peggio.
Kaz chiamò ancora il suo nome, ed era il suono più dolce del mondo. Inej sapeva che non se lo meritava. Inej sapeva che nulla di tutto questo poteva essere vero sul serio, i suoi occhi scuri, la delicatezza della sua voce, era tutto falso. La realtà era che lei era ancora bloccata in quel maledetto posto, ancora con quelle campanelle alle caviglie come una catena da detenuto ai piedi, e niente l'avrebbe mai fatta uscire. Quello sarebbe stato il suo passato, il suo presente e il suo futuro. La verità oltre a questo sogno era ciò che era diventata: un oggetto vuoto senz'anima.
I suoi occhi non volevano vedere, sentiva solo il proprio respiro pesante, e temeva cosa avrebbe visto una volta svegliatasi da tutto questo. 
 Non era sicura di quanto tempo Kaz avesse passato accanto a lei a questo punto, sapeva che aveva cercato di parlarle, ma lei non voleva davvero ascoltare. A che pro? Erano solo le parole di una tentazione di speranza che le sarebbe stata portata via, probabilmente dall'ennesimo cliente che sarebbe venuto nel suo letto, a farle complimenti per la sua pelle e a prendere tutto quello che voleva, come sempre, per sempre.

Le servì diverso tempo per alzare di nuovo il viso, per vedere davvero Kaz davanti a lei. Le aveva avvolto una coperta sulle spalle, e ora era in piedi, appoggiato alla cassettiera. Sembrava più pallido di quanto fosse mai stato. 
Inej sentiva ancora tutto lì, dentro di sé. Pian piano si stava riuscendo a convincere che questa, questa era la sua realtà adesso. Era a capo di una ciurma. Era libera e abbastanza ricca da non aver bisogno di piegarsi a nessuno. Aveva degli ottimi amici. Aveva Kaz. Sembrava tutto ancora così falso, così lontano, mentre le mani di quegli uomini erano così reali da farle venire voglia di tornare nel suo angolo oscuro.
Si sforzò di alzare lo sguardo sul viso di Kaz e i suoi occhi le fecero ancora più male. Ci vide preoccupazione, ci vide una dolcezza che al momento non riusciva a convincersi di meritare. Per un istante dovette ancora combattere con sé stessa per restare nel presente, per accettare che ciò che aveva se lo era guadagnato, e che ora poteva difendersi. E vivere libera.
"Va meglio?" le chiese Kaz, studiando la sua espressione. 
Inej si limitò ad annuire, e lui sembrò soddisfatto. Prese il bastone e zoppico fino all'altro lato della stanza, per poi tirare la corda del campanello. Un momento dopo, era sulla porta, a sussurrare qualcosa ad uno dei servitori. 
Inej voleva chiedere che gli aveva detto, ma allo stesso tempo sentiva che non le importava. Era come essere in balia del mare ed aver appena trovato un debole appiglio. Non si sentiva ancora in grado di lasciare la presa. 
Kaz rimase vicino alla porta, di tanto in tanto lanciandole uno sguardo per assicurarsi che stesse bene.
Dopo alcuni minuti, il servitore rientrò con un piccolo vassoio che lasciò sulla consolle vicino alla porta.
Inej sentiva che il caldo della coperta la stava in qualche modo aiutando, ma quando le arrivo al naso l'odore di cioccolata calda sentì un calore che le infiammò il petto. Kaz che le ordinava una cioccolata calda dopo averla vista svanire le fece provare una gratitudine e un affetto che non avrebbe mai creduto possibile. Non te lo meriti, puttana. Affondò di scatto il viso tra le ginocchia, respirando con forza, il profumo della bevanda che la calmava e la teneva ancorata al presente. Recitò mentalmente i nomi dei suoi pugnali, dei suoi Santi, sperando che funzionasse.
"Se non hai intenzione di berla, me la bevo io".
Kaz le sistemò accanto la tazza con il sottopiatto e tornò ad appoggiarsi alla cassettiera.
Senza darsi il tempo di riflettere, Inej prese la tazza e bevve una generosa sorsata. Si scottò immediatamente la lingua, ma non le importava. Anche il dolore aiutava.
"Grazie" mormorò Inej quando si sentì finalmente meglio. 
 Kaz la guardò negli occhi, poi voltò appena il viso. 

"Non avrei dovuto" mormorò dopo un attimo di silenzio. 
Inej si sentiva meglio, ma non si sentiva ancora così bene da reagire in maniera equilibrata. Era stanca. Era spezzata. E lui le diceva che non avrebbe dovuto.
"Cosa? Non avresti dovuto cosa?" la voce le tremava. "Non avresti dovuto toccarmi?" 
Kaz le lanciò uno sguardo, la mascella serrata, ma non disse nulla. Era già una risposta sufficiente, per Inej.
"Perché pensi che ti abbia offerto di rimanere qui stanotte?" disse Inej. Non smise di fissarlo, gli occhi che scivolavano sul suo viso e cercavano di catturare i suoi pensieri. "Certo che avresti dovuto. Non voglio passare la vita a starti lontano. Per tutti i Santi, non vorrei passare lontano da te neanche un minuto". 
Kaz strinse le dita sul bastone, gli occhi scuri che volavano ai suoi. 
 Per qualche minuto nessuno dei due aggiunse una parola, le dita di Kaz tese sul bastone, le dita di Inej ancora aggrappate alla tazza.

"Posso dormire qui stanotte. Se vuoi." disse lui. 
Inej prese un respiro. Era ciò che voleva, ma fu costretta a chiedersi rapidamente se sarebbe stata in grado di dormire con Kaz nel suo stesso letto.
"Sì. Resta." disse. Non era importante quante volte sarebbe caduta nell'abisso, era più importante averlo accanto quando fosse successo e rivedere i suoi occhi appena risalita.
Lentamente, Inej si alzò in piedi, la coperta ancora stretta sulle spalle, e gli si avvicinò. Si fermò a pochi centimetri da lui, superando il confine del suo spazio personale, e lo guardò dritto negli occhi. Kaz rimase immobile, il petto che si alzava e abbassava. Lasciò andare il bastone contro il mobile, e le fece un cenno col capo.
Inej non era sicura di essere pronta a toccarlo di nuovo, ma era sicura di volerlo. Ne aveva bisogno come l'aria. Si appoggio cautamente al suo petto, il viso premuto contro l'abito, e prese un profondo respiro. Kaz si tese sotto di lei, ma qualche attimo dopo le sue dita le sfioravano i capelli, e di colpo Inej era in paradiso. Il profumo dei suoi vestiti le riempiva il naso, un odore che sapeva di casa e sicurezza. Il suo petto solido le scaldava il viso, e ora non riusciva a fare a meno di chiedersi come sarebbe stato abbracciarlo senza vestiti e poter sentire il calore della sua pelle tra le dita. 
Una mano di Kaz le si posò sulla schiena, e lo sentì sospirare a sua volta.
Ormai lo sapeva, era tutto troppo e allo stesso tempo era troppo poco.
Ora che il suo animo era tornato calmo, Inej iniziava a pensare sempre di più ad averlo nudo sotto di sé, a baciare la sua bocca, il suo collo. Era una confusione di sentimenti che non riusciva a tenere a bada.
La mano di Kaz sui capelli la accarezzava dolcemente. La senti muoversi dietro le orecchie, poi lentamente sfiorarle l'angolo della mandibola. Il cuore di Kaz batteva rapido sotto la giacca, riuscì a sentirlo mentre le sue dita le toccavano il viso e le sollevavano il mento. 
Quando vide la sua espressione, capì che gli stessi, identici pensieri erano passati anche nella sua mente. Gli occhi di Kaz dardeggiarono sulle sue labbra, le dita che tremavano appena.
"Fallo" mormorò Inej. Un istante dopo, le sue labbra toccavano quelle di lei.
La bocca di Kaz tremava impercettibilmente. Le sue labbra erano morbide come le immaginava, e le scatenavano qualcosa dentro che faticava a tenere a bada. Inej si accorse di aver trattenuto il respiro, e lentamente lo lascio andare, ricambiando a sua volta il bacio.
Kaz si allontanò, e i suoi occhi la studiarono, controllando se stesse bene.
Il suo braccio era ancora sulla sua schiena, l'altra mano posata sulla guancia. 
Era tutto così confortevole, così eccitante, così normale.
Se Inej avesse potuto davvero lasciarsi andare... 
Istintivamente abbassò le palpebre e sporse il viso verso il suo, in una silenziosa richiesta.
Sentì Kaz inspirare, quella stessa inquietudine in lei che scuoteva dentro anche lui, e quelle labbra si posarono sulle sue una seconda volta.
Inej non sapeva cosa era sicuro per loro. Neppure Kaz lo sapeva e, ad essere onesti, nessuno avrebbe mai potuto dirlo. 
Quindi l'unica possibilità per lei di sapere se stava facendo un'idiozia era semplicemente farla. 
Inej schiuse le labbra contro quelle di Kaz e spinse dolcemente la lingua lungo la rima della sua bocca. Santi, la semplice sensazione era già sufficiente ad accenderle qualcosa dentro. Ma poi Kaz aprì le labbra, e un attimo dopo la sua lingua scivolava sulla sua, il suo respiro ansimante le riempiva la bocca, e questo era esattamente ciò di cui aveva bisogno.
 Kaz sapeva sul serio di melograno. Sapeva di casa.

Le loro lingue si sfiorarono in movimenti cauti, entrambi cercando di dominare quell'impulso che li spingeva l'uno verso l'altro.
La bocca di Kaz era calda e accogliente, le sue labbra umide sfregavano avidamente sulle sue, e senza sapere come Inej si trovò a succhiare il suo labbro inferiore.
I respiri non erano più abbastanza. Kaz ansimava apertamente, la sua voce roca spezzata dall’eccitazione. Le sollevò ancora il mento e le spinse ancora la lingua in bocca, strappandole un mugolio e facendola sciogliere tra le sue braccia.
Di scatto, smise di baciarla, e la fissò a occhi spalancati, respirando affannosamente.
"Dobbiamo smettere".
Inej lo guardo interdetta. Kaz non dava segni di disagio, e di sicuro smettere non era una parola che Inej voleva nel suo vocabolario, al momento.
"No, non dobbiamo..." rispose, avvicinandosi e spingendo ancora la bocca sulla sua. Kaz emise un mugolio e per un istante le loro labbra si cercarono ancora, umide di saliva.
"No, dico sul serio" disse lui una seconda volta, la mano sulla guancia di Inej che ora le accarezzava dolcemente la pelle.
Inej si sentiva la testa leggera e il corpo in fiamme, e tutto quello che riusciva a pensare ora tra le braccia di Kaz era no, ti prego, non fermarti.
"Spiegami perché" mormorò allora, senza allontanarsi di un millimetro.
Kaz si mosse appena, voltando lo sguardo da un'altra parte.
"Non voglio che tu svanisca di nuovo. So quando è il caso di fermarsi" disse. Le sue mani continuavano ad accarezzarla e, per tutti i Santi, era una tortura a cui Inej non avrebbe mai messo fine. 
Alle sue parole, Inej posò la fronte sulla giacca, sospirando. Aveva capito benissimo qual era il problema, e anche se faceva fatica ad accettarlo, in effetti, fermarsi era l'idea migliore. Non riusciva neanche a pensare a cosa sarebbe successo se avesse spinto i fianchi contro quelli di Kaz adesso, se avesse sentito la sua erezione contro di sé... Sarebbe potuto andare tutto improvvisamente molto male e non voleva avere questo ricordo dopo il loro primo bacio.
"Okay" sospirò ancora, cercando di ritrovare una certa pace nel suo tumulto interiore. "Mi vado a cambiare, tu puoi indossare qualcosa di Jesper. Il terzo cassetto è pieno di roba sua". 
"Fammi indovinare, ha così tanti abiti che non entrano in un solo armadio?" 
Inej sorrise contro la sua giacca. "Vorrei difenderlo, ma purtroppo i Suli non dicono bugie".
Senti una bassa risata scuotere il petto di Kaz. "Questa è nuova. Sei una persona retta, Inej, ma da quando ti conosco hai mentito fin troppo". 
Inej si allontanò da lui, pentendosi immediatamente di aver perso quel contatto.
"Ma guardati, Kaz Brekker che dà lezioni di integrità morale" lo prese in giro, recuperando la propria camicia da notte. "Questa sì che è una cosa che non avrei mai pensato di vedere in vita mia". 
 
Quando Inej tornò in camera, Kaz si era cambiato in un pigiama di Jesper che gli stava leggermente lungo, e la aspettava seduto sul bordo del letto. Inej sentì il suo sguardo posarsi sui capelli sciolti e percorrerle il corpo, e la camicia da notte che le scivolava sul seno e sui fianchi le sembrò di colpo troppo rivelatrice.
Si infilarono nelle coperte, cercando di mantenere le distanze, e quando furono entrambi stesi Inej si lasciò andare ad un sorriso. Era tutto così inaspettato. Dividere il letto con Kaz era un fatto molto intimo, e improvvisamente si sentiva fin troppo cosciente della sua presenza. Si voltò verso di lui e vide che la stava guardando. 
Restarono fermi in questo momento di pace, il calore delle coperte e dei loro corpi vicini che li cullava al sonno. 
"Prova a dormire" le disse Kaz, gli occhi scuri che brillavano di dolcezza. 
"E tu?" 
Kaz alzo le sopracciglia. "Io probabilmente non chiuderò occhio." si voltò a pancia in su. "I demoni non dormono, cara Inej".
Allungò una mano a spegnere la lampada, e con un sussurro le augurò la buonanotte. 
Inej affondò subito in un sonno profondo. 
Quando si risvegliò, le bastò un istante per ricordare la sera prima. Si voltò lentamente, ancora assonnata, e vide Kaz seduto sul letto accanto a lei, appoggiato alla testiera imbottita, le gambe stese sul materasso. Aveva dei fogli appoggiati sulla coperta. 
"Dovresti smetterla di lavorare così tanto" gli disse. La voce le uscì ancora impastata e sentiva che i capelli le erano andati da tutte le parti.
Kaz traccio qualcosa su un foglio e si voltò a guardarla. Un sorriso gli attraversò le labbra, per poi sparire.
"Questi conti non si fanno da soli, Spettro."
Inej sbuffo, affondando la guancia nel cuscino e osservando la sua figura stagliata contro la luce acquosa del mattino. 
"Tra i Suli, quando un uomo ha dormito nel tuo letto, poi ti deve chiamare per nome."
Kaz alzò un sopracciglio, senza voltarsi.
"E se un uomo non dorme nel vostro letto, non può chiamarvi per nome?” scrisse ancora qualcosa. “È stupido."
"Ehi, non offendere!"
Kaz continuò a sfogliare i documenti, poi li riordinò e li poso sul comodino. Si stese accanto a lei e Inej non poté fare a meno di sorridere.
"Inej, luce dei miei occhi, mi faresti il piacere di lasciarmi lavorare in pace?" 
"Decisamente no. Dovresti riposare Kaz, lo sai benissimo. Da noi si dice: la formica che lavora tutto l'inverno..."
"Fammi indovinare: muore?" 
Inej lo guardò turbata. "No, dorme tutta l'estate. Vuol dire che se non ci si riposa poi non ci si gode i frutti del proprio lavoro". 
Kaz la fissò perplesso, ma non disse nulla. Invece, allungò una mano pallida verso il suo viso. Inej sentì il cuore accelerare, mentre gli faceva segno di andare avanti. Le sue dita erano fredde quando le sfiorarono le tempie. Lentamente, Kaz le accarezzò i capelli, respirando piano. 
Inej non poté fare a meno di pensare che sarebbe rimasta in quel momento per sempre. 
"Non voglio svanire, Kaz" mormorò, chiudendo gli occhi sotto il suo tocco. 
"Mm. E cosa vuoi?" 
Il contatto di Kaz, il suo respiro così vicino, il calore del suo corpo attraverso le coperte...
"Restare qui. Baciarti." Inej sentì le sue dita insinuarsi tra i capelli e sfiorarle l'orecchio. "Toccarti". 
La mano di Kaz le accarezzò una guancia, soffermandosi come la sera prima. 
Inej aprì gli occhi e vide che la stava guardando. Le studiava il volto e le sue iridi scure saettavano sulle sue labbra.
Kaz si avvicinò appena, come a testare se potessero farlo, se il loro passato glielo avrebbe permesso di nuovo.
Quando non successe niente, si sporse verso di lei e le sue labbra furono di nuovo su quelle di Inej.
Questa volta la cautela fini subito alle ortiche. Le loro bocche iniziarono a cercarsi avidamente, labbra su labbra, respiro su respiro. Kaz le prese il viso con entrambe le mani e inclinò appena il capo, affondando la lingua nelle sue labbra e godendosi eccessivamente il mugolio che produsse Inej. 
Lei si aggrappò al suo pigiama, gli occhi socchiusi che cercavano i suoi, mentre scosse di piacere le attraversavano il corpo. Ora era dolorosamente consapevole di essere quasi nuda sotto la camicia da notte. Una parte di lei di cui non era a conoscenza sembrava essersi risvegliata, e tutto ciò che chiedeva era di attrarre Kaz a sé, di sentire il suo corpo contro il proprio e lasciare che si unissero in un vortice di piacere e di ansiti.
Le labbra di Kaz lasciarono la sua bocca e si spostarono sulla sua mandibola, scendendo poi lungo il collo. Quando si fermò a baciarle la pelle, Inej non poté fare altro che lasciar andare un gemito e si aggrappò più forte alla sua camicia del pigiama.
"Oh... Inej" mormorò Kaz contro il suo collo, prima di tuffare ancora le labbra su di lei e baciarla ancora.
Inej si lasciò sciogliere sotto la sua bocca, finché non scese ancora più in basso, troppo vicina al bordo della camicia da notte. Strinse tra le mani il tessuto del suo pigiama e lo costrinse ad alzare il viso.
Oh Santi, pensò appena vide i suoi capelli scompigliati, i suoi occhi neri per il desiderio, le sue labbra turgide. Senza riflettere, lo attirò a sé e spinse la bocca sulla sua, catturando quelle labbra morbide tra le proprie e lasciando andare un mugolio di piacere. Quanto avrebbe voluto poter scivolare sopra di lui e... 
Un bussare alla porta li fece sussultare.
"Inej? Lo so che sei sveglia." disse la voce di Wylan da dietro la porta. "Abbiamo finito il tuo tè, ti preparo quello di mia madre. Purtroppo ti dovrai accontentare".
"Va bene" rispose Inej. La voce le uscì strana, ma sperò che lui non se ne fosse accorto. Kaz la fissava, ancora con quell'espressione che le faceva venire voglia di saltargli addosso. Oh, per tutti i Santi, doveva aver perso la ragione. 
"Ehi..." Wylan sembrò esitare. "Ho visto che la stanza degli ospiti è intatta. Alla fine Kaz è tornato alla Stecca ieri sera?"
Kaz le lanciò uno sguardo, poi prima che lei potesse fermarlo rispose con la sua voce roca 
"No, Kaz non è tornato alla Stecca ieri sera" Dal rumore dietro la porta, Wylan doveva aver sussultato. "Kaz beve del caffè nero a colazione, sempre che non sia finito anche quello". 
Ci fu un attimo di silenzio, poi Wylan rispose frettoloso "Okay, caffè nero. A dopo", e Inej fu sicura che fosse andato a raggiungere Jesper e raccontargli che lei e Kaz avevano dormito insieme. 
Il sorriso spavaldo di Kaz le catturò di nuovo lo sguardo. Si accorse di non aver ancora lasciato andare la camicia, ma prima che potesse farlo Kaz le stava di nuovo spingendo le labbra sulle sue. "Un ultimo bacio" sussurrò, prima che entrambi affondassero in un groviglio di eccitazione.
 

  
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