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Autore: Ode To Joy    17/12/2021    2 recensioni
[Akutagawa x Atsushi]

Si erano dati un limite di sei mesi.
Alla fine del quarto, Ryuunosuke si era ritrovato di fronte alla porta dell’Agenzia con tutte le intenzioni di lasciarsi la Port Mafia alle spalle. Ora, seduto sul pavimento dell’appartamento che Atsushi divideva con Kyouka, Ryuunosuke fissava il vuoto, chiedendosi il perché di quell’insano gesto.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Nakajima, Kyouka Izumi, Ryuunosuke Akutagawa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cose Da Donne 



Akutagawa Ryuunosuke sapeva di non poter incolpare nessuno per la tragica situazione in cui era incastrato, eppure non c’era giorno in cui non si chiedesse dove fosse inciampato per cadere tanto rovinosamente. Atsushi gli aveva strappato di bocca una promessa su cui non aveva riflettuto neanche un istante e tutto per poter dimostrare a se stesso, a Dazai e al mondo intero di essere il più forte tra i due.
Si erano dati un limite di sei mesi.
Alla fine del quarto, Ryuunosuke si era ritrovato di fronte alla porta dell’Agenzia con tutte le intenzioni di lasciarsi la Port Mafia alle spalle. Ora, seduto sul pavimento dell’appartamento che Atsushi divideva con Kyouka, Ryuunosuke fissava il vuoto, chiedendosi il perché di quell’insano gesto.
Non erano neanche le sette della mattina più gelida che Yokohama ricordasse e Atsushi, armato di cellulare, stava disseminando caos e panico da almeno due ore.
Kyouka non aveva avuto una bella cera già dalla mattina precedente, ma di tenerla a casa non c’era stato verso. La camminata in mezzo alla neve per arrivare in ufficio le aveva dato il colpo di grazia. Durante il turno di lavoro, la situazione era peggiorata velocemente: aveva cominciato a starnutire, gli occhi erano divenuti lucidi e la sua espressione si era fatta assente, come se fosse stata sul punto di collassare sulla scrivania da un momento all’altro.
Kyouka, ovviamente, non si era lamentata del suo stato con nessuno. Ryuunosuke se ne era accorto - e probabilmente anche Dazai - ma non aveva detto nulla perché la ragazzina si sarebbe distrutta pur di non ammettere sul posto di lavoro un momento di debolezza.
Tornati a casa, era andata a letto senza mangiare e si era addormentata subito, fino a che i suoi lamenti non li avevano svegliati.
Atsushi era stato bravo a mantenere la calma per i primi cinque minuti, poi Kyouka aveva vomitato sul pavimento ed era scattato l’allarme rosso.
La prima mossa disperata era stata scapicollarsi - Ryuunosuke lo aveva sentito scivolare sui gradini coperti di ghiaccio e fare tutta la rampa col fondo schiena - al piano di sotto a bussare alla porta di Dazai. Non gli aveva aperto e lo stato mentale di Atsushi era precipitato velocemente. Era tornato in camera correndo - rischiando una seconda rovinosa caduta sulle scale - e si era attaccato al cellulare come se l’influenza di Kyouka fosse una questione di vita o di morte.
“È pallida, si contorce, non riesce a stare in piedi!” Atsushi non la smetteva di urlare. Ryuunosuke si chiedeva di quante altre ottave la sua voce dovesse alzarsi per raggiungere tutti i palazzi del quartiere e invitare i vicini a chiamare la polizia.
Non sarebbe stata la migliore risoluzione per nessuno. Tutti e tre erano ricercati per motivi diversi, ma Ryuunosuke era pronto ad accettare la pena di morte pur di non dover sopportare quell’isterismo un minuto di più.
Non aveva chiesto a Kyouka la sua opinione, ma dal modo in cui si era accoccolata accanto a lui sotto la coperta, usando la sua gamba come cuscino, Ryuunosuke dedusse che Atsushi non stava facendo un gran lavoro nell’esserle di supporto.
“E ha vomitato!” Aggiunse quest’ultimo continuando a camminare da una parte all’altra della stanza. “Continua ad avere fitte allo stomaco! Non riesce a mangiare! Morirà per denutrizione così, dobbiamo fare qualcosa!”
Ryuunosuke non era certo di quale fosse il mistero più grande: il motivo per cui non lo aveva ancora ammazzato, oppure se Atsushi fosse a conoscenza dell’esistenza dell’influenza.
Kyouka si lamentò, tirandosi la coperta fin sopra la testa. Ryuunosuke vi appoggiò sopra la mano in segno di comprensione.
Alla fine, ormai col fiato corto, Atsushi si fermò al centro della stanza in attesa di ricevere un verdetto dal lato opposto della linea.
Dazai, rimasto in ufficio tutta la notte su costrizione di Kunikida - non fosse mai che il maniaco suicida usasse la scusa della bufera di neve per saltare il lavoro o farsi del male in modo originale - non fu molto utile alla causa. Se possibile, peggiorò la situazione.
“Non ho capito niente, Atsushi…” Ryuunosuke lo sentì dire attraverso il ricevitore.
Atsushi prese un respiro profondo, pronto a ripetere tutta la lista di sintomi mortali - per lui - che Kyouka manifestava. Istintivamente, Ryuunosuke ercò con lo sguardo il suo cappotto per salvare se stesso e la ragazzina da una simile tortura: era appeso all’entrata, non ci sarebbe mai arrivato senza ritrovarsi una tigre mannara al collo.
Sorprendentemente, Dazai fu svelto a porre rimedio al suo primo inciampo. “Ryuu è lì?”
Preso in contropiede dalla domanda, Atsushi non rispose subito. “Sì…?”
“Non devi domandarlo a me, Atsushi,” rispose Dazai con una dolcezza che di sincero aveva ben poco. “Ryuu è lì o si è dato alla fuga?”
“È qui!”
“Passamelo.”
La richiesta dovette ferire Atsushi nell’orgoglio, perché Ryuunosuke lo vide mettere il broncio, e nel lanciargli il cellulare mirò alla faccia. Fallì.
“Sì?” Disse Ryuunosuke, portandosi l’apparecchio all’orecchio.
“Non ho capito chi sta morendo,” disse Dazai con un’allegria completamente fuori luogo.
“Nessuno. Kyouka sta male. Influenza.”
“Sembrava che qualcuno fosse entrato nella notte e vi avesse massacrati.”
“Jinko è un isterico. È tutto sotto controllo.”
“Perché mi fai passare per pazzo?” Domandò Atsushi esasperato, inginocchiandosi accanto al futon di Kyouka.
Dall’altro lato della linea, Dazai sospirò. “Yosano non è ancora arrivata. Le riferisco la lunga lista di sintomi che Atsushi mi ha urlato nell’orecchio e le chiedo di prescrivervi qualcosa per Kyouka. Tu e Atsushi potete restare a casa per ogg-“
“Jinko viene,” lo interruppe Ryuunosuke, secco.
Dazai esitò un istante. “Non credo voglia venire.”
“Verrà.”
Le opzioni che Akutagawa Ryuunosuke era disposto a offrire erano due: o Atsushi se ne andava al lavoro e liberava lui e Kyouka dalla sua isterica presenza per il resto della giornata, o si sarebbe ritrovato costretto a sgozzarlo per farlo smettere di strillare.
Danzai canticchiò un va bene e riagganciò.
“Che ha detto?” Domandò Atsushi, prima ancora che riuscisse ad allontanare il cellulare dall’orecchio.
“Sta avvertendo Yosano,” rispose Ryuunosuke con tono incolore, sbirciando sotto la coperta che Kyouka respirasse ancora. “Si è addormentata.”
Atsushi sospirò. “Meno male!”
Gattonò fino al suo fianco e si sedette contro la parete, con le ginocchia strette al petto.
Ryuunosuke gli rivolse un’occhiata raggelante. “Che cosa credi di fare?”
Atsushi scrollò le spalle. “Aspetto,” disse. “Con te.”
“Tu vai al lavoro.”
“Ma che sciocchezza è mai questa? Kyouka ha bisogn-“
“Resto io con lei. Tu vai al lavoro. Dazai ha detto che non ti perdonerà, se non vai.”
Lo sguardo di Atsushi si fece esasperato. “Dazai è una parola magica che funziona solo con te, Ryuu!”
E con Chuuya, pensò Ryuunosuke.
“Non direbbe mai una cosa del genere, sapendo che Kyouka-“
Ryuunosuke non restò per sentire il resto. Depositò la testa della ragazzina sul futon e sparì nel cucinino. Quando tornò, brandiva la mannaia come se avesse seriamente intenzione di usarla.
Atsushi scattò in piedi, alzando le mani. “Ch-Che intendi fare?”
“Esci da questa casa di tua spontanea volontà e non dovrai scoprirlo,” sibilò Ryuunosuke.
“Quale sarebbe il piano?” Atsushi lo sfidò. “Colpirmi fino a che non guarisco più?”
“Non sei immortale. Potremmo approfittare di questa occasione per testare il tuo limite.”
“Non guardarmi come se volessi farlo sul serio!”
“Voglio farlo sul serio!”
“E state zitti!” Si lamentò Kyouka, nascondendosi sotto il suo cuscino.
Ryuunosuke abbassò l’arma impropria e si beò dell’espressione colpevole che comparve sul viso di Atsushi. “Allora?” Lo spronò.
“C’è una tempesta di neve in corso.”
“Sei sopravvissuto a me, sono certo che troverai il modo di cavartela anche stavolta.”
La tigre mannara lo guardò, rabbioso. “Ti odio.”
“Sentimento reciproco. Ora fuori di qui.”
Atsushi non tentò di obiettare oltre. S’inginocchiò per salutare Kyouka e, mentre usciva di casa, si assicurò di lanciare al suo secondo coinquilino una lunga occhiata storta.
Non appena la porta si richiuse, Ryuunosuke lasciò cadere la mannaia per terra e tornò al suo posto, accanto al futon.
Silenzio.
Non sapeva più che cosa fosse da quando aveva lasciato la Port Mafia. Era impossibile quando il suo nuovo posto di lavoro era un covo di dementi. Aveva già diviso degli spazi con Kyouka, la sua presenza non lo disturbava in alcun modo. Al contrario, Ryuunosuke alle volte dimenticava che dormiva accanto a lui.
Bastava Atsushi a fare rumore per tutti!
Perché non lo aveva ammazzato quando ne aveva avuto l’occasione? Quello era un altro mistero su cui doveva fare luce.
“Se ne è andato?” Kyouka fece capolino da sotto il cuscino.
“Sì,” rispose Ryuunosuke, fissando la porta d’ingresso come se un nemico potesse varcarla da un momento all’altro. “Te la senti di mangiare qualcosa?”
Gli occhi di Kyouka erano stanchi e lucidi. “Mi fa male la pancia.” Per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, dimostrava la sua età. “Mi capita spesso, ma ero riuscita a nasconderlo ad Atsushi fino a oggi.”
Ryuunosuke sbatté le palpebre un paio di volte. “Che cos’è che hai nascosto?”
Le guance pallide di Kyouka si colorarono appena. “Prima di venire qui, tu vivevi con tua sorella, vero?”
La confusione di Ryuunosuke durò un istante. Non appena mise insieme i pezzi, la condizione in cui versava Kyouka gli parve tanto chiara da sentirsi stupido. Non era influenza, ma qualcosa di cui Atsushi probabilmente non sospettava nemmeno l’esistenza.
“C’è un medico all’Agenzia,” le ricordò Ryuunosuke. “È una donna.”
Kyouka non gli diede spiegazioni a proposito, nemmeno uscì dal suo nascondiglio sotto il cuscino.
Ryuunosuke alzò gli occhi al cielo. “Non esiste solo Jinko a cui chiedere aiuto.”
“Lo sto chiedendo a te,” replicò Kyouka.
E Atsushi non lo avrebbe più lasciato vivere per quello. Ci mancava solo che la ragazzina divenisse oggetto di contesa tra loro due e Ryuunosuke si sarebbe ritrovato a dormire sotto le scale del palazzo, neve o non neve.
“Aspetta,” disse, alzandosi in piedi. Kyouka lo seguì con lo sguardo, mentre spariva di nuovo nel cucinino. Tornò indietro cinque minuti dopo con il cappotto addosso e una tazza fumante tra le mani. “Tieni.” La posò accanto al futon. “Dovrebbe aiutare mentre vado al negozio in fondo alla strada a recuperare quello che ti serve.”
Kyouka si mise a sedere e accettò il tè caldo, mormorando un grazie appena udibile.
Ryuunosuke si allacciò il cappotto e uscì senza dire altro.

 

La voce preoccupata di Atsushi lo raggiunse dal fondo delle scale. Ryuunosuke si fermò sul primo gradino, chiuse gli occhi e s’impose di tenere a bada i suoi istinti omicidi.
“Dove sei stato?”
Non appena varcò la porta dell’appartamento, quella domanda accusatoria lo raggiunse come la prima pietra di una lapidazione. “Sono stato via mezz-“
“L’ho affidata a te!” Atsushi era seriamente arrabbiato. “Dovevi restare con lei!”
Kyouka era tornata a nascondersi sotto il cuscino, schermandosi dalla valanga di ansia che la tigre mannara gli stava gettando addosso.
Ryuunosuke sbuffò, aprì la porta del bagno e lasciò cadere sul pavimento la busta con cui era tornato dal negozio. “Ho preso quello che ti serve, Kyouka.”
La ragazzina si fiondò in bagno, stando attenta a non incontrare gli occhi di Atsushi. Ryuunosuke si fece da parte per farla passare, godendosi lo sguardo smarrito della tigre mannara. “Che cosa le hai preso?” Domandò.
“Come hai fatto a uscire dall’ufficio?”
“Ti ho fatto una domanda!”
Ryuunosuke assottigliò gli occhi. “Come hai fatto a uscire dall’ufficio?”
Atsushi sbuffò. “Ho fatto un casino! Ho messo il sale nel caffè di Kunikida, ho rovesciato quello di Dazai sul portatile di Ranpo! Kunikida mi ha dato del moccioso idiota e mi ha rispedito a casa…” Concluse, mortificato.
Ryuunosuke si tolse il cappotto. “Avevi la testa altrove.”
“Ero preoccupato. Kyouka ha la febbre.”
“Non ha la febbre,” replicò Ryuunosuke, sedendosi accanto alla tigre mannara.
Atsushi inarcò le sopracciglia. “Ha vomitato.”
“Non per l’influenza.”
“Le ha fatto male qualcosa?”
“No…”
“E smettila di fare il bel tenebroso ammantato di mistero!” Esclamò Atsushi, esasperato. “Se ti ha detto che le è successo, dimmelo!”
“Te lo dirà lei quando avrà voglia di farlo.”
La tigre mannara si sporse verso di lui e se non lo avesse conosciuto bene, Ryuunosuke avrebbe detto che stava meditando di sbranarlo. “Cos’è questa vostra alleanza contro di me?”
“Paranoico oltre ad ansioso!”
“Ryuu!”
“Non urlarmi nelle orecchie, Jinko!”
Atsushi gli afferrò il braccio e parlò a voce più bassa. “Sul serio, che cos’ha?”
Ryuunosuke prese un respiro profondo. “Non c’erano…” Esitò. “Non c’erano delle bambine nel tuo orfanotrofio?”
Atsushi sbatté le palpebre un paio di volte. “Sì, ma che ha che fare questo con Kyouka?”
“Avranno compiuto diciotto anni come te, prima o poi.”
“Ryuu, non parlavo con le bambine e nemmeno con i bambini. Te l’ho già raccontato.”
Ryuunosuke lo guardò di traverso. “Quindi non sai cosa succede alle bambine quando crescono?”
Atsushi aprì la bocca, poi la richiuse, poi fissò un punto del pavimento con aria riflessiva. “Le bambine quando crescono diventano donne.”
Ryuunosuke lo fissò, facendo una lista mentale di tutti i motivi per cui massacrarlo non gli avrebbe fatto comodo, poi si azzardò a parlare. “Non farmiti chiedere cosa succede alle bambine quando diventano donne.”
Atsushi divenne paonazzo. “Vuoi farmi lezioni di anatomia, adesso?” Una pausa. “E da quando sei diventato un esperto di donne?” Aggiunse, offeso - da cosa, era un mistero che l’altro non aveva voglia d’indagare.
“Ho una sorella,” gli ricordò Ryuunosuke. “Il mio braccio destro era una donna.”
Atsushi stirò la bocca in un sorriso che preannunciava l’inizio di un’altra discussione senza senso. “L’esperto di donne…” Borbottò con un gesto della mano che tradiva un’irritazione fuori luogo. Si alzò in piedi. “Vado a vedere come sta Kyouka.”
Spazientito, Ryuunosuke lo afferrò per la cinta e lo fece cadere faccia avanti sul futon di lei. “Dalle spazio, Jinko.”
Atsushi si sollevò sui gomiti, lanciandogli un’occhiata di traverso da sopra la spalla. “Non dirmi che cosa devo fa- Ryuu! Smettila!”
Per nulla intenzionato ad alzarsi, Ryuunosuke lo trascinò per la cinta fino a che non se lo ritrovò tra le gambe. “A cuccia, Jinko.”
Arresosi, la tigre mannara appoggiò la tempia alla sua gamba, fissandolo da sotto la frangia diagonale. “Starà bene?”
Ryuunosuke appoggiò la nuca alla parete. “Starà bene,” confermò. “Dobbiamo solo convincerla a parlare con la vostra dottoressa.”
Atsushi sgranò gli occhi, allarmato, ma una mano atterrò violentemente sulla sua bocca prima che potesse dire qualcosa.
“Non significa che sia qualcosa di grave,” ringhiò Ryuunosuke. “Ma è giusto che ne parli con una donna, tanto meglio se medico,” aggiunse, concedendo di nuovo ad Atsushi il diritto di parola.
“Ryuu.” La tigre mannara pronunciò il suo nome come se fosse la premesse all’ennesima lagna. “Mi puoi spiegare che cos’ha Kyouka, per favore?”
Ryuunosuke scrollò le spalle. “Cose da donne.”
Atsushi non replicò e l’ex mafioso quasi s’illuse che come spiegazione gli fosse sufficiente. Solo dopo la tigre mannara nascose il viso contro la sua gamba, le spalle tremanti.
“Adesso perché ti prendi gioco di me?” Ringhiò Ryuunosuke, afferrandolo per il colletto della camicia per guardarlo in faccia.
Atsushi rideva, divertito. “Cose da donne, eh?”
“Stai zitto…”
“Dato che sei tanto esperto potresti essere così gentile da spiega-“
“Non sarò io a spiegartele.”
Atsushi scrollò le spalle. “Chiederò a Dazai.” Lo disse solo per provocarlo.
“Non te le spiegherà nemmeno Dazai,” replicò Ryuunosuke, secco. “Serve un adulto responsabile per questi discorsi.”
“E tu lo sei, Ryuu?” Lo prese in giro Atsushi
“Ti ho detto di stare zitto.”

 

Ranpo fu l’ultimo ad arrivare in ufficio quella mattina e, una volta varcata la porta, esordì con un: “sì, sono in ritardo. No, non chiederò scusa perché il più grande crimine che si può commettere in un giorno come questo è venire al lavoro.”
Solo dopo essersi seduto alla sua scrivania, si rese conto che nessuno aveva notato la sua entrata in scena. Kunikida era seduto di schiena, vicino alla finestra, chino su di un cellulare, come se volesse nascondersi. Non stava raggiungendo lo scopo, dato che Dazai, seduto al suo posto, lo fissava da sopra il suo adorato libro dei suicidi, tremando da capo a piedi per le risate che non riusciva a trattenere. Yosano era in piedi alle sue spalle, divertita quanto lui ma molto più sobria nel dimostrarlo.
“-E queste cose si ripetono all’incirca ogni venti…” Kunikida si voltò verso la dottoressa, che sollevò otto dita per suggerirgli. “Si ripetono ogni ogni ventotto giorni,” ripeté il matematico con più sicurezza, aggiustandosi gli occhiali sul naso. “Quindi, Atsushi, facci l’abitudine perché la cosa accadrà il mese prossimo, quello dopo e quello dopo anco-“
Annoiato dal discorso, Ranpo aprì il primo cassetto della sua scrivania e prese il primo sacchetto di patatine della giornata.
Yosano lo avvicinò. “Tu lo sapevi già, vero?” Domandò, anche se conosceva perfettamente la risposta.
“Da ieri,” rispose Ranpo, sgranocchiando una patatina.
“Ovviamente.”
Kunikida chiuse la chiamata, prese un respiro profondo e restò immobile per un lungo istante… Poi si voltò e lanciò il cellulare contro Dazai, colpendolo in testa. “Quando hai la folle idea di raccogliere degli orfani dalla strada, ti devi premurare che siano a conoscenza di tutte le informazioni basilari della vita!”
Dazai si lamentò come una cane a cui avevano pestato la coda, massaggiandosi la fronte. “Kunikida, la nostra piccola Kyouka è divenuta una donna, dobbiamo festeggiare!”
“Non importa che Kyouka diventi una donna, sono quegli altri due a essere e restare dei mocciosi!”
Dazai scrollò le spalle, come se fosse una cosa da poco. “I maschi sono più lenti a crescere.”
Kunikida lo afferrò per il colletto della camicia. “E tu quando ti deciderai a diventare un adulto?”
I lineamenti di Dazai si contorsero in un’espressione esageratamente drammatica. “No, la vecchiaia, lo sfiorire della giovinezza. Non fanno per me. Col mio suicidio rimarrò giovane in eterno!”
Kunikida lo lasciò andare di colpo, facendolo cadere sul pavimento. Lasciò andare con un sospirò frustrato e recuperò il cellulare finito a terra.
“Inoltre,” Dazai si sollevò a sedere. “Kunikida è più che sufficiente a invecchiare precocemente per tutti!”
Nessuno lo salvò dall’apparecchio telefonico che venne scagliato contro la sua testa una seconda volta.
Kunikida emise un ringhio a bassa voce. “Il prossimo che prova-“
Ranpo alzò la mano ma non aspettò che qualcuno gli desse il permesso di parlare. “Possiamo giocare con le palle di neve?”
“E crescete un po’!”
   
 
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