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Autore: Pervicacia    17/12/2021    11 recensioni
Nell'attesa che l'ispirazione giunga per l'altra mia storia, in corso, ne carico un'altra, scritta più di un anno fa e mai pubblicata perché è, forse, un po' stravagante, sicuramente molto AU, sicuramente molto OOC.
A chi si sentirà smarrito: chiarirò il non-chiaro al termine del racconto.
Oscar e André si incontrano su un pullman ma tutto è al rovescio, tutto è al contrario e niente è come sembra...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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…Per andarmene a inventare un mondo diverso,

che poi sapessi indietro quanto tempo ho perso,

C'è una rivoluzione, fuori è tutto a pezzi,

ti metto sopra il cuore così non ci pensi […]

[…] E poi ti guardo mentre ridi e mentre ti addormenti
ho come l’impressione già ti conoscessi...

 

Il freddo di dicembre mi congela le mani, intorpidite e rosse. Le sfrego fra loro, in un frazionarsi di dita. Vi soffio dentro, cercando ristoro.

Attendo un autobus in ritardo, ma non c'è fretta. Sono paziente e in anticipo.

Inarco il collo, guardo in su, il cielo è bianco come la neve che sembra preannunciare.

Un sospiro, poi metto il viso controvento, in direzione di una folata ghiacciata e insolente che mi si scaraventa addosso. La accolgo, in questa mattina quieta.

 

 

L'umido del pullman in cui mi trovo, fatto di sospiri e fiati umani raccolti insieme, smorza un po' il freddo di questa mattina invernale. Mi stringo ad una sbarra, mi tengo fermo, cerco un equilibrio.

Non c'è cosa peggiore di una macchina il cui motore decida di fondersi proprio quando sei in ritardo. È folle, sono incazzato, ma va bene, facciamo finta che non sia niente. Studiare Marco Aurelio e Seneca servirà pure a qualcosa nella vita, no?

Un sospiro, poi mi lascio coinvolgere da una strada che, al di là di una lastra trasparente, scompare e ricompare in un lento ma perpetuo inseguirsi.

Ecco, ora siamo di nuovo fermi, l'ennesima tappa.

 

 

Il pullman è giunto, mi puntello sul gradino, eviterei di scivolare.

Cerco un posto libero, lo trovo, non è affollato, questo è un bene.

Mi metto comoda, afferro un saggio sgualcito sulla Rivoluzione Francese. Non lo devo studiare, è solo interesse; sono curiosa - anche se non ho ancora bel colto il legame d'interesse fra la mia dimensione interiore e questo periodo storico. Sarà che le rivoluzioni sono ovunque, dentro e fuori, ieri e oggi?

Prima di iniziare a leggere, però, mi guardo attorno. Chi c'è nello spazio insieme a me?

Sorrido al pensiero di questa piccola e frivola abitudine, per colpa o merito della quale debbo sempre, puntualmente, vagliare gli umani che mi circondano… Ma ecco, l'ho già detto, sono una donna curiosa, non posso farci molto.

 

 

Sei entrata da una porta alla mia destra, con passo sicuro perché attento, ti sei seduta in mia prossimità, ma ti vedo, posso guardarti, e ti guardo perché mi ricordi qualcuno, chi sei, dove ti ho già vista?

Sfili un libro da uno zainetto di pelle nera, cos'è? Richet? Sei una storica o solo un'appassionata?

Ti guardi intorno veloce, come se stessi spiando qualcuno o qualcosa e non volessi farti scoprire. È buffo, sei fra sconosciuti, puoi guardare chi vuoi, ce l'hai questa libertà...

Comunque qualcosa lo scopri sul serio, perché ti slacci un cappottino nero, rivelando un maglioncino che ha lo stesso colore...dei tuoi occhi?, ed io ti osservo ancora, perché diamine, che fastidio quando un viso ti pare familiare ed estraneo allo stesso tempo. Sono importuno, vero? Ora ritorno al mio finestrino, non temere.

 

 

Le lettere sulle quali ho deciso di fissarmi non mi catturano, sono distratta, mi sento osservata, io!, io che scruto proprio tutti, ogni volta, anche se mai con sfrontatezza e sempre con discrezione.

Devo alzare gli occhi, vero? Maledetta curiosità, a cosa mi costringi... allora lo faccio e, sorpresa!, la fonte di questa indagine visiva cui mi sento sottoposta la trovo immediatamente, come un ago attirato verso il suo polo magnetico, come se sapessi già dove guardare. Ti vedo, ti osservo, ti noto ad un incrocio di sguardi, il mio che si innalza e il tuo che sfugge via. Cos'è accaduto? Ti sei fatto cogliere di sorpresa oppure questa fuga è un lascia-passare, un modo per dirmi che sono io, adesso, a poterti investigare indisturbata?

Sei alto, sei muscoloso, sei tonico. Sei un bell'uomo: una parte della mia vanità è lusingata, una parte della mia insicurezza è perplessa. Proprio io ho catturato la tua attenzione?

 

 

Hai alzato di scatto i tuoi occhi felini mentre io li rivolgevo altrove. Adesso sei tu a fissarmi, lo so, lo sento, questa volta sei anche un po' più indiscreta. Posso quasi immaginarmi il tuo sguardo di sconosciuta affilarsi con circospezione, come a voler capire cosa mi abbia spinto a guardarti tanto. Dovrei approcciarmi e dirtelo, forse? “Mi sembra di averti già vista, ma non ricordo chi sei”. Mi crederesti? Mi credi?

 

-Scusami, non vorrei essere inopportuno, ma sono in difficoltà: mi sembra di averti già vista, però non ricordo chi sei. Forse ci siamo già conosciuti da qualche parte?

 

 

Strabuzzo un po' gli occhi, di riflesso e inavvertitamente, perché sono sorpresa, ti sei girato verso di me così all'improvviso ed io adesso non so se stupirmi di più per il fatto che tu mi abbia parlato, o per il fatto che tu mi abbia scoperta così, a guardarti assorta...

 

-Non ti preoccupare. Credo di no, a dire la verità. Anche se pure a me il tuo viso dice qualcosa...

-Forse abbiamo degli amici in comune? Magari ci siamo visti senza mai presentarci.

-Probabile. Ma potrebbe essere difficile risalire a chi e a dove.

-È vero. Sa di impresa vana. Però credimi, mi ricordi proprio qualcuno.

-Ti credo.

-Menomale.

-Menomale?

-Ho temuto potessi fraintendermi.

-...pensando che fosse una scusa per approcciarmi? Non sono così presuntuosa.

-No, perché non sono il tipo.

 

 

Taci, non parli più. Hai annuito, poi sei ritornata al tuo libro. Ma non lo apri, forse vorresti proseguire questa assurda conversazione? Chissà cosa pensa chi ci sta ascoltando...

Dal canto mio, io penso solo che qualcosa mi costringe a parlarti ancora.

 

 

-Cosa leggi di bello?

-Un saggio. Sulla Rivoluzione francese.

-Sei una storica?

-Non proprio. Lavoro in una libreria.

-Invidiabile.

 

 

Il tuo viso si apre in un sorriso leggero, sei bella.

 

 

-È vero. Tu cosa fai?

-Sono un ex-militare.

 

 

Taccio. Avrei tante domande per te, sconosciuto in una mattina d'inverno.

Ora cosa fai? Perché non fai più cosa facevi prima? Cosa ti è accaduto?

Però io non sono nessuno, e devo frenarla per forza, questa mia curiosità affamata...

 

 

-Ora dove vai?

-Devo incontrare una persona.

-Chi?

 

 

Rido quando le tue mani si fiondano su una bocca che avrebbe dovuto tacere prima. Ti è sfuggita quest'ultima domanda, sì?

 

 

-Scusami. Non ti voglio sembrare invadente.

 

 

C'è un modo giusto in cui mi vuoi apparire? O sei solo educata?

 

 

-Tranquilla. Dove scendi?

 

 

Mi guardo attorno perché ho perso il senso del tempo e dello spazio, in movimento su questo bus ciondolante. Poi ecco, un indizio in strada.

 

 

-Scendo fra due. E tu?

-Fra tre.

 

 

Pondera bene quello che stai per proporre, Oscar...

 

 

-Scendi con me. Poi te la fai a piedi.

 

 

Abbiamo pensato la stessa cosa, fanciulla curiosa? Chi sei, tu, che pensi le mie stesse cose nello stesso istante, e mi anticipi in questo modo che mi disarma (a me! che abbraccio le armi da sempre!)?

 

 

-C'è della curiosità da soddisfare, qui...

-Hai indovinato.

-È un vizio. Ma anche la più bella delle virtù.

-Penso che Ulisse sarebbe d'accordo.

-Anche Dante.

-Cos'hai studiato, nella vita?

-Scienze strategiche. Ma sono appassionato anche di letteratura antica. E tu? A te piace?

-Io...io studio per diventare un'astrofisica. Sì, piace anche a me. Mia madre è stata un'insegnate di greco e latino.

-Un'astrofisica? Ah, sei una mente scientifica... fortunata per tua madre.

-Vero. Comunque sì, mente scientifica, ma il cuore va spesso verso le lettere. Oltre che alle stelle. Anche tu, però... sei una mente logica?

-Sì, direi di sì. Ma anche al mio cuore piacciono le humanae litterae.

-Quando sei nato?

-Scusa se rido: è proprio una domanda da curiosa senza scrupoli.

-No, scusa se rido io: perché mai?

-Perché è senza criterio. Tirata fuori dal niente.

-Ti disturba?

-No, affatto. Sono nato il 25 dicembre.

-Davvero? È una bella data.

 

Prima fermata. Ci giriamo entrambi a guardare altrove, verso la strada che si è immobilizzata di fronte a noi. Pochi secondi. Poi il bus ricomincia la sua tratta.

 

-Ha i suoi pro e i suoi contro. L'atmosfera della festività mi investe con prepotenza tutta insieme, sai, festeggiando Natale e compleanno insieme. Ma si esaurisce in pochi giorni dell'anno.

-Però ci sono molte figure storiche cui si attribuisce questo giorno di nascita...

-Dici che dovrei inserirmi nella lista? Insieme a Gesù Cristo?

-Se te la senti... sei credente?

-No. Ma...

-Ma…?

-In alcune occasioni ho avuto bisogno di pregare, non so nemmeno bene chi. Tu credi?

-No, nemmeno io.

-E quando sei nata?

-Il 26 agosto.

-Siamo ai due lati opposti dell'anno.

-È vero. Qual è il tuo colore preferito?

-Il bianco. Il tuo, Signorina Curiosità?

-Il verde.

-Ti sta bene il verde.

-Grazie. Ma non adularmi.

-Non ti adulavo. Però... un po' ti sei sentita lusingata, vero?

-No, no...

-Bugiarda?

-Non lo saprai mai.

-Misteriosa.

-Dai giudizi affrettati.

-Hai ragione, scusa. Sono io l'invadente.

-Facciamo che nessuno dei due lo è, se vuoi. Pensa, io stavo per chiederti in che occasione...avessi avuto bisogno di... beh, di pregare, ecco.

-Beh...Ah, no. Ecco.

 

 

Eccola, la mia (la nostra?) fermata. Rinfodero un libro che non ho mai letto, mi alzo e Dio, come sei alto. Mi sei vicino, e sai di buono. Ti guardo negli occhi, e...Dio, che begli occhi.

 

 

Ti sei alzata ed eccoti, di fronte a me. Nel tuo movimento, che da seduta ti ha portato eretta, ho avuto l'impressione di un fiore che germoglia fiero in mezzo ad un prato tutto all'improvviso.

Ora sei a portata del mio sguardo, posso indagarti più da vicino e... pure tu sembri fare lo stesso. Stai studiando le fattezze del mio viso? Ho questo presentimento: ci piacciamo, non è vero?

 

 

Le porte dell'autobus si aprono, mi lasci passare, sei galante, ma no, non serve... E mi segui, scendendo insieme a me.

 

 

-Dove vai ora?

-A lavoro. La libreria è qui vicino.

-E ti trovi bene?

-Molto. Il mio capo è un'amica gentile.

-Le racconterai di questo sconosciuto che ti ha importunato stamattina?

 

 

Beh, sei un po' sfrontato, non c'è che dire. Che poi, mica mi ci sono sentita, importunata. Più... scossa, oserei dire.

 

 

-Non so nemmeno il tuo nome.

-Mi chiamo Oscar. E tu?

-Mi chiamo André.

 

 

Sono un po' sorpreso. André?

 

 

-Curioso.

-Perché è un nome da uomo, vero?

-Devono dirtelo tutti, eh?

-Succede spesso, in effetti.

-E qual è il motivo di questo nome?

-Un nonno scomparso prima del tempo, mentre mia madre mi attendeva. Una sorta di omaggio.

-André deriva dal greco.

-Sì. È ironico: significa “uomo”. Ed io sono una donna.

 

 

Una donna colta, penso. Colta e bella.

Siamo ad un incrocio.

 

 

-Io giro a destra. La libreria è di là.

-Io vado dall'altra parte.

-Allora... Ciao, Oscar. Non dirò niente al mio capo.

-André, aspetta. Ti posso rivedere?

-Solo se prometti che al prossimo turno soddisferai qualcuna delle mie domande.

-Lo prometto.

-Il nome della libreria è La rose blanche.

-Lo terrò a mente. Ti verrò a trovare lì, allora.

-Allora ti attenderò.

-Ciao André.

-Ciao Oscar.

 

 

Giro a sinistra e me ne vado, con due occhi verdi e una cascata di lunghi capelli bruni stampati in testa e la sensazione, fortissima e mai provata, che i legami siano capaci di travalicare e trascendere epoche, spazi, tempi, generi e confini.

 

 

 

-André, eccoti.

-Ciao Rosalie, scusami. Sono in ritardo?

-No, due minuti non contano. Come stai?

-Tu come stai?

-Io bene. Stai evitando la mia domanda?

-No, affatto. Prendevo tempo.

-È successo qualcosa di brutto?

-No, non di brutto.

-Di bello?

-Sì. Bello e strano.

 

Temporeggio e ripenso a quegli occhi azzurri, i capelli corti e biondi, due labbra di rose.

 

-Beh?

-Scusa, è che è strano sul serio.

-André...

 

-Va bene, va bene, te lo dico. Ho incontrato un uomo, prima, sul pullman. Ci credi che mi sembra di averlo già incontrato in una vita passata?

 

 


A conti fatti, non credo di essere troppo riuscita a rendere l'idea che avevo in testa, perché non sono affatto un'abile scrittrice (però a volte mi viene da giocare, e lo faccio). L'ispirazione è giunta grazie a Cloud Atlas, un film delle Sorelle Wachowski nel quale si intrecciano svariate storie, distribuite in epoche storiche diverse ma tutte collegate dal legame che stringe i protagonisti fra loro. In qualche modo, tutti loro finiscono sempre per rincontrarsi, in ogni vita diversa, anche se è possibile che essi cambino insieme ai tempi che vivono. Le fattezze possono mutare, pure in modo radicale. Ad esempio: chi è stato un uomo nel XVII secolo può essere donna trecento anni più avanti. È come se il fulcro della propria identità rimanesse intatto, seppur cambiando di segno. Questo non muta niente nell'economia dell'universo, perché chi è destinato ad incontrarsi in qualche modo lo farà, a dispetto dei contesti diversissimi. Ne deriva una conseguenza dolcissima: una vita precedente, tragica e dolorosa, può essere riscattata da una vita successiva, in cui le cose invece finiscono bene. Questo è un po' quello che ho immaginato per la mia piccola storiella: nel 1700 Oscar e André non hanno avuto modo di godere del loro amore, perché la Storia ha fatto la sua chiamata e va bene così. È accaduto in questo modo e forse non avrebbe potuto essere altrimenti. Ma è il XXI secolo a dare loro la possibilità di una rivalsa, facendoli incontrare lo stesso. Loro si riconoscono comunque, perché sentono nelle viscere questo legame che va oltre i confini del tempo, anche se in questa vita è André ad essere incastrato in un corpo femminile, mentre Oscar è un uomo a tutti gli effetti. Contano solo le anime, nient’altro. Spero sia piaciuta! E, come sempre, non abbiate pietà.
  
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