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Autore: pilafchan    18/12/2021    1 recensioni
Riki non era stato che il primo di una lunga serie di vittime. Da allora, il movimento anti eunuchi si era organizzato. Lavoravano nell'ombra e non lasciavano tracce.
Il loro scopo era chiaro. Oltre a divertirsi, volevano lanciare un messaggio a tutti gli eunuchi: tornate ad Eos a servire gli Elites, non vi vogliamo. Smettetela di insudiciare le strade di Midas con la vostra presenza.
***
One shot del tipo 'Missing moment' appartenente alle serie "Risorgere dalle ceneri di Herbay"
Personaggi: Daniel, Iason, Riki, Katze, Kirie
Genere: Angst, Azione, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Iason, Iason Mink, Katze, Riki
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Risorgere dalle ceneri di Herbay'
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Questa fic si basa su eventi e personaggi della serie "Risorgere dalle ceneri di Herbay". Onde evitare spoiler indesiserati, ne consiglio la lettura solo a chi ha già letto la storia principale.

Capitolo inedito ambientato dopo la festa per la guarigione di Riki (Dick Party) e prima del suo trasferimento a Jupiter Tower per la ricostruzione della gamba di Iason.

***

Prima di andare da Giove affinché gli ricostruisse la gamba, Iason aveva qualcosa da risolvere all'insaputa di Riki.

Le indagini effettuate da Katze sulla banda anti-eunuchi erano da giorni bloccate in un punto morto, ma ciò che avevano scoperto durante la festa - cioè che il fornitore di Maxi avesse recentemente acquistato la moto di Riki da alcuni malviventi - cambiava tutto. Era un'informazione preziosa che andava sfruttata immediatamente. Dopo la ricostruzione della gamba, Iason sarebbe rimasto inabile - forse addirittura incapace di camminare - per svariate settimane. Non potevano aspettare tanto.

Così, la mattina dopo la festa Katze si recò da Maxi e prese nota di nome, indirizzo e recapiti telefonici del suo fornitore di pezzi di ricambio. Poi, andò da lui per farsi dare ogni informazione utile su coloro che gli avevano venduto la moto.

Rimediò tre nomi completi di cognome accompagnati da altrettante descrizioni fisiche sommarie. Quando provò a rintracciarli, ebbe però l'amara sorpresa che quei nomi non corrispondevano a nessun cittadino di Midas. Erano inventati.

Ne conseguiva che per gli adepti del movimento anti-eunuchi fosse prassi comune utilizzare dei soprannomi onde evitare problemi legali e lavorativi nella vita reale. Anche Boris - l’unico indizio posseduto da Iason del terribile giorno in cui avevano aggredito Riki - era, con molta probabilità, un nome fittizio; questo spiegava perché finora nessuna delle persone interrogate da Katze avesse potuto dare indizi utili su di lui.

In poche parole, anche la nuova pista fu un buco nell'acqua.

Nel frattempo, le aggressioni agli eunuchi diventavano sempre più frequenti. Il modus operandi era sempre lo stesso: avvistata la loro preda, aspettavano che fosse da sola in un luogo poco frequentato e la attaccavano in branco. I più fortunati se l'erano cavata con violenza sessuale e una prognosi di svariati giorni in ospedale per lesioni fisiche, ma tra di essi si potevano già contare un paio di anime che non avrebbero più visto il sorgere del sole.

Riki non era stato che il primo di una lunga serie di vittime. Da allora, il movimento anti eunuchi si era organizzato. Lavoravano nell'ombra e non lasciavano tracce.

Molti superstiti - forse per vergogna, forse per mancanza di fiducia nelle leggi Amoiane, forse per minacce ricevute - erano restii a raccontare i dettagli dei loro assalti e non volevano denunciare. Il motivo di tale silenzio era chiaro: si trattava di ex mobili, cioè ex schiavi abituati ad obbedire e a pensare a loro stessi come individui anonimi, privi di importanza e di diritti. Il fatto che ora possedessero un documento di identità e non appartenessero più a un Maestro, non era sufficiente per renderli uomini liberi. Non mentalmente, almeno.

Ad ogni modo, nessuno di loro aveva visto in faccia i suoi assalitori - che indossavano maschere, guanti e preservativi. Anche se avessero denunciato, non avrebbero potuto fornire prove o informazioni utili.

La maggior parte dei pestaggi si era svolto in strada, in un vicolo appartato come accaduto con Riki, ma alcuni ex mobili erano stati portati in un capannone, dove avevano abusato di loro per tutta la notte prima di scaricarli in strada. Le vittime del capannone erano le più maltrattate. Lì si riuniva tutto il movimento e anziché cinque o sei carnefici ce n'erano una trentina.

Lo scopo degli eunuco-fobici era chiaro. Oltre a divertirsi, volevano lanciare un messaggio a tutti gli eunuchi. Tornate ad Eos a servire gli Elites. Non vi vogliamo. Smettetela di insudiciare le strade di Midas con la vostra presenza.

Ogni vittima era stata ritrovata col motto ‘Gli eunuchi ad Eos, gli uomini a Midas’ scritto a chiare lettere sul pube col pennarello indelebile.

***

Questa faccenda del movimento anti-eunuchi era riuscita a scuotere anche la pacifica relazione tra Katze e Daniel, che raramente litigavano o erano in disaccordo.

Per Daniel si trattava di una questione che andava risolta subito anche a costo di correre dei rischi. Ogni giorno perso poteva decretare l'abuso - o forse addirittura la morte - di un altro loro collega ex mobile che aveva avuto il coraggio di lasciare la protezione di Eos in favore di una vita indipendente nella società.

Il movimento anti-eunuchi aveva già ottenuto l'effetto voluto, cioè infondere paura. Ormai, gli ex mobili evitavano di uscire di casa da soli, soprattutto nelle ore serali e notturne.

Katze, invece, non che se la prendesse con calma, ma voleva risolvere il problema in modo prudente senza mettere a rischio l'incolumità di nessuno. La soluzione proposta da Daniel era assolutamente inaccettabile. Non avrebbe mai messo un eunuco in strada come esca per attirare i colpevoli e coglierli in flagrante. Era troppo pericoloso.

“Sei un egoista!” Lo accusò Daniel. “In questo stesso momento, qualcuno dei nostri amici potrebbe essere nelle loro mani. Non possiamo aspettare che commettano un passo falso, Kat! Quando questo accadrà, sarà troppo tardi. Dobbiamo fermarli subito!”

Il leader del mercato nero sbuffò. Non gli piaceva contrariare il suo compagno, ma davvero non poteva cedere su questo punto. Sacrificare uno di loro - col rischio che poi non riuscissero a intervenire in tempo per salvarlo incolume - era fuori discussione. Quando si metteva in testa qualcosa, Daniel riusciva ad essere tremendamente testardo e lottava con tutte le sue forze per ciò che credeva giusto senza arrendersi fino a raggiungere il suo obiettivo.

Si accinse a lasciare l’ufficio, aspettandosi che come al solito Daniel lo seguisse. “Non vieni?” Chiese, vedendolo rimanere seduto d'avanti alla scrivania.

“Tra poco,” rispose il giovane. “Ho del lavoro da finire.”

“Dani, sai che non posso lasciarti tornare da solo…”

L'altro sospirò. Certo che lo sapeva, era proprio per questo che dovevano intervenire prima possibile. Per smettere di vivere nella paura! “Tornerò con Reinold, non preoccuparti.”

“Va bene, non fare tardi.”

Non appena Katze si fu allontanato, Daniel prese il telefono. Mostrò a Reinold e Cal - che lo stavano osservando allarmati, era ovvio che quella telefonata si stava svolgendo in segreto - un dito indice appoggiato sulle labbra, accompagnato dalla raccomandazione “Mi raccomando, non una sola parola con Katze su ciò che state per sentire,” e marcò un numero.

Una voce calma e setosa sostituì il segnale sonoro: - Iason Mink. -

- Buonasera, Lord Mink. sono Daniel, il compagno di Katze. Ho avuto un idea per risolvere quel problema che le sta particolarmente a cuore e avrei bisogno della sua collaborazione… -

***

“Ma come non puoi venire? I bambini ci tenevano molto, ne saranno delusi.” Riki mostrò la sua espressione più imbronciata mentre lanciava i biglietti dello spettacolo di burattini di quella sera sul tavolo. A quanto pare, non avrebbero potuto andarci.

“Mi dispiace, Riki, ho ricevuto una convocazione urgente alla torre di Giove e non posso mancare.”

“Quel Giove è un tostapane guastafeste,” sbuffò il meticcio. “Beh, già che sarai lì, non dimenticarti di dirgli della gamba.”

Iason gli accarezzò la guancia. “Potete andare senza di me.”

“E come? Io non posso guidare la macchina, e anche se prendessi un taxi non riuscirei a star dietro sia a Kirie che a Riki con una sola mano.”

“Potresti chiedere a qualcuno di accompagnarti,” propose il Blondie.

“Chi? Jenny è impegnata, e a Sid non lo chiedo dopo il brutto scherzo della festa!”

“Lascia fare a me.” Iason andò nel suo studio e fece un paio di telefonate. “Tutto risolto,” annunciò, tornando in soggiorno. “Verrà Katze a prendere te e Kirie stasera. Vi accompagnerà prima a casa di Richie e poi a teatro.”

“Katze?! Guarda che lui non è più il tuo leccapiedi tuttofare. Sei sicuro che voglia venire? Lui si sente sempre in dovere di dirti sempre di sì a tutto, ma forse non ne ha voglia.”

“Gliel'ho chiesto come favore,” rimarcò il Blondie. “È felice di darti una mano e di trascorrere una serata a teatro.”

“Allora va bene,” acconsentì Riki. “Anche se mi dispiace un po' che tu non possa accompagnarci. È tanto che non andiamo insieme da qualche parte.”

***

“Andrai a vedere i burattini a teatro?” Esclamò Daniel divertito.

“Sì, Iason mi ha chiesto di accompagnare Riki per dargli una mano col figlio e con Kirie,” spiegò Katze, “ma se ti dispiace, posso tirarmi indietro. Avrei preso un biglietto anche per te, ma erano tutti sold out.”

“Assolutamente non mi dispiace. Divertiti e non preoccuparti di nulla. Osserva bene lo spettacolo, perché poi dovrai farmi un riassunto.” Il cuore di Daniel batteva all’impazzata. Era fatta! Lui e Lord Mink avrebbero potuto agire indisturbati.

***

Iason non aveva dubitato un solo momento quando aveva accettato la proposta del compagno di Katze. Voleva gli assalitori di Riki, e quella era un'ottima opportunità. Se se la fosse lasciata sfuggire, non ce ne sarebbe stata un'altra fino a completa guarigione della sua nuova gamba. I biglietti per lo spettacolo di burattini comprati casualmente giorni prima, si erano rivelati un'eccellente scusa per evitare che Riki e Katze mettessero loro i bastoni tra le ruote.

Daniel controllò per l’ultima volta che il suo equipaggiamento funzionasse prima di scendere dall'auto. Si trattava di un sottilissimo braccialetto color carne, che monitorava i suoi parametri vitali e dotato di localizzatore, con cui poteva comunicare in tempo reale con Iason, come una ricetrasmittente.

Scese ad Ainis, lo stesso quartiere in cui Riki era stato aggredito, e iniziò a distribuire sia in strada che nei locali volantini con informazioni sui vari corsi formativi per eunuchi da lui stesso organizzati. Appuntata sulla camicia, portava la vistosa spilla colorata a forma di farfalla che era il simbolo dell'orgoglio eunuco.

Nella sua auto, attento e concentrato, Iason non perdeva un solo dettaglio dei suoni provenienti dal comunicatore connesso col braccialetto di Daniel.

***

Camminò per oltre un'ora, sorridendo affabilmente a tutti quelli che incontrava e fornendo informazioni a chi si mostrava interessato. Il grande orologio olografico proiettato al centro della piazza principale di Ainis marcava le 10. Se entro le 11 non avesse ancora raggiunto il suo obiettivo, sarebbe tornato a casa.

‘Se sono da queste parti, devono avermi già notato,’ pensò, ‘ora è il momento di rendermi più vulnerabile.’ Daniel lasciò la strada principale e si immise in una di quelle secondarie.

Alla vista di due individui - con un cappuccio tirato sulla testa che copriva loro parzialmente il volto - avvicinarsi velocemente, il coraggioso eunuco capì subito che erano quelli giusti. Non poté fare a meno di constatare quanto la loro strategia fosse lodevole. Avevano scelto il momento perfetto, privo di testimoni e in una zona non sorvegliata da videocamere.

Per non perdere credibilità, si girò e iniziò a correre, ma riuscirono facilmente a detenere la sua fuga, spingerlo in un vicoletto e sbatterlo contro un muro. Preso dal panico per la rudezza di quella spinta, il primo istinto di Daniel fu quello di premere subito il pulsante per le emergenze installato sul suo braccialetto, che avrebbe fatto intervenire d'immediato la sua bionda guardia del corpo, ma la razionalità ebbe il sopravvento. Il suo scopo era far arrestare quanti più membri del movimento possibile; due erano troppo pochi.

L’accordo tra lui e Iason era chiaro. Il Blondie sarebbe rimasto nelle vicinanze, avrebbe costantemente controllato la sua posizione, i suoi parametri vitali e ascoltato i suoni provenienti dal trasmettitore, ma sarebbe intervenuto sono in tre casi: se Daniel richiedeva il suo intervento, se la situazione diventava troppo pericolosa e la sua vita era in pericolo, oppure se il segnale si interrompeva.

I volti dei due uomini - Daniel riuscì a vederli solo quando furono abbastanza vicini - erano avvolti in una calzamaglia. Ciò li rendeva ancora più terrificanti, come mostruosi demoni deformi dalle sembianze sfumate. Come se la loro faccia fosse liquefatta.

“Non ti hanno detto che per quelli come voi è meglio non andare in giro a quest'ora,” sussurrò uno di loro, affondandogli bruscamente le dita nelle guance e abbassandogli la mandibola per aprirgli la bocca, in cui infilò un mucchio di stracci lerci appallottolati. “Temo che tu sia nei guai. È un gran peccato, una statuina di porcellana carina come te con dei tipacci come noi.”

Il secondo assalitore aprì la patta dei pantaloni di Daniel e ci infilò la mano. “Sì, è un altro di quei bastardi!”

“Ma certo che lo è. Non vedi che corpicino morbido e senza peli che ha.” Il primo uomo si sollevò la calzamaglia sopra il naso e leccò il lobo dell’orecchio di Daniel, mentre l’altro si metteva in contatto coi compagni.

- Abbiamo un altro di quegli stupidi damerini effemminati. Andava in giro a distribuire volantini, l’idiota. Veniteci a prendere nell’angolo nove. -

“Sei fortunato, stronzetto, ti portiamo a divertirti.”

Divincolandosi, Daniel provò a dire qualcosa, ma gli stracci che aveva in bocca - oltre ad essere disgustosi e fargli venire una gran voglia di vomitare - non gli permettevano di comporre nessuna parola. Solo un angustiato “Mmmm, mmmm”.

Gli bloccarono le braccia dietro alla schiena e lo spinsero lungo viuzze scure e dimenticate da Giove; ad attenderli c'era un’auto aperta e coi motori accesi. Lo buttarono dentro e partirono.

Subito iniziarono a spogliarlo. Per fortuna, non notarono il braccialetto, o non gli diedero importanza. “Non ha niente addosso, solo quegli stupidi volantini e un vecchio telefono. Nessun’arma.” Il telefono venne lanciato con sdegno fuori dal finestrino.

Daniel respirava affannosamente col naso. La palla di stoffa lo stava soffocando; le braccia gli facevano male per quanto gliele avevano tirate e strette; la testa, che aveva sbattuto malamente contro il muro, sanguinava un po’.

Cercò di alzarsi e guardare fuori per capire dove lo stessero portando, ma quel tentativo gli fece guadagnare un pugno sullo stomaco che gli tolse il poco respiro che aveva. “Collabora, ragazzino, e forse ne uscirai vivo.”

I suoi polsi vennero legate dietro alla schiena, i suoi occhi bendati. L’infausto pensiero di aver avuto una pessima idea e che Lord Mink non sarebbe venuto a salvarlo, si impossessò per la prima volta del giovane.

***

Il segnale luminoso riportante la posizione del localizzatore di Daniel, ben visibile nella mappa sul cruscotto, iniziò a muoversi velocemente. Senz’indugio, a debita distanza per evitare di essere scoperto, Iason pedinava il suo obiettivo.

***

Lo calciarono fuori dall’auto, facendolo cadere sul selciato gelido. L’aria fredda della notte sulla sua pelle nuda era pungente. Lo presero da sotto le ascelle e lo obbligarono a camminare.

‘Lord Mink sarà sulle mie tracce?’ Con i polsi legati così stretti, anche se avesse voluto farlo, Daniel non avrebbe potuto premere il pulsante sul braccialetto.

Le sue dita dei piedi intirizzite si scontrarono contro la superficie marmorea di uno scalino, facendolo gemere di dolore e quasi cadere, ma le mani che lo sostenevano e un paio di calci ben assestati sulle gambe lo obbligarono a salirlo. Le voci intorno a lui - non solo quelle dei due uomini che l'avevano catturato, se n'erano aggiunte altre - gli sputavano addosso insulti intercalati da risate e battute sarcastiche.

L'ambiente circostante cambiò all’improvviso. Il vento della notte fece spazio a un clima più mitigato, i rumori si ovattarono e il suolo divenne più liscio e meno umido. Era entrato in un luogo chiuso.

“Bravi, ne avete trovato un altro! Facciamoli fuori tutti questi bastardi!”

“Non riesco a credere che siano così stupidi da continuare a mostrarsi in giro. Distribuendo volantini. Che idiota!”

“Finalmente! Ci voleva un po' di divertimento!”

“Guarda che bel culetto tondo che ha!”

Un calcio ben piazzato sull’inguine lo fece piegare in avanti e uno spintone lo buttò a terra. Non potendo parare la caduta con le mani, fu il suo mento a toccare il pavimento per primo. La pelle si ruppe, ma non ebbe tempo per assimilare il dolore perché venne immediatamente rigirato a pancia su.

Le braccia, schiacciate tra la schiena e il pavimento e forzate in una posizione innaturale, tiravano e facevano male. Gli stracci in bocca - intrisi di vomito, sudore, sporcizia, sangue e saliva - si riempirono delle sue grida, che per orecchie esterne non erano altro che mugugni ridicoli e inoffensivi.

Più calci sui fianchi. Le possibilità di movimento di Daniel, in quel momento, erano quasi nulle. Poteva solo cercare di tenere le gambe chiuse, ma fu inutile perché innumerevoli mani gli spalancarono le cosce.

“Chi va per primo?”

“L'altra volta è toccato a Boris, oggi inizio io.”

“Non romperlo subito, lasciane un po' anche agli altri.”

Un peso sul suo bacino. La sensazione di un pene eretto che gli sfiorava il pube. Stavano per violentarlo!

Sotto alla benda che gli copriva gli occhi, Daniel iniziò a piangere inconsolabile. Perché si era ficcato in quella situazione? Perché non aveva dato retta a Katze? Perché si era fidato di un Elite?

In quel momento così disperato, stranamente gli venne in mente Lord Fleur, il Sapphire che lo aveva scartato dopo soli pochi mesi di servizio e spedito a consumarsi tra i mobili di tipo D.

Lord Mink non era diverso da lui. Era il Blondie che aveva sfregiato il volto di Katze, come aveva potuto essere così stupido da affidargli la sua vita?

Katze, il suo amato Katze. E se stava per morire? Se non l’avesse più rivisto?

‘Mi dispiace, Kat. Perdonami. È tutta colpa mia. Non avrei mai voluto farti soffrire.’ Pensieri silenziosi gridavano tra le tempie di Daniel, rimbombando e martellando sulla sua coscienza resa pesante dal rimorso, negli infiniti istanti in cui uno sconosciuto stava per violentarlo.

Ma nessuna verga eretta riuscì mai a penetrare il suo corpo. Piuttosto, il peso che lo opprimeva si incorporò, allontanandosi da lui. “E tu chi cazzo sei? Chi ti ha dato il permesso per entrare?”

‘Guarda, un Blondie. È un Blondie. Sì, è un Blondie,’ echeggiava per la sala.

“Chi di voi è Boris?”

“Sono io. Ti conosco?”

Un grido lancinanti seguito da pianti disperati invase l’aria. Fischi di arme laser, piedi che correvano. Per paura di essere calpestato, Daniel si raggomitolò su sé stesso.

Una voce filosa e terrificante coprì ogni altro suono. “Ora, voglio che tutti quelli che tre settimane fa, ad Ainis, hanno aggredito un uomo dai capelli scuri con una mutilazione genitale diversa da quella degli altri eunuchi, si facciano avanti.” Pochi secondi di silenzio generale. “Se non mi dite chi c’era, mi toccherà tirare a indovinare.”

Suoni confusi. Un lamento supplicante. “No, no. Io non c'entro con quella storia. Non farmi quello che hai fatto a lui. Sono stati quei quattro laggiù in fondo. Ti prego, lasciami andare!”

Rumore di lotta e carne strappata. Più urla e pianti di dolore. Odore di sangue, oggetti che sbattevano, corpi che cadevano. In un tentativo di fuga, qualcuno inciampò sopra di lui.

Infine, venne sollevato da braccia forti e portato fuori. L'aria fredda nuovamente sulla sua pelle era quasi confortante, significava che era ancora vivo.

Iason posò Daniel a terra e si tolse i guanti insanguinati. Bloccò il portone dall’esterno con una pesante spranga d’acciaio. Si chinò sul ragazzo, gli tolse la benda dagli occhi, la palla di stoffa dalla bocca e gli liberò i polsi. “Hai resistito. Sei stato bravo.”

Scosso dai singhiozzi, Daniel appena riuscì a balbettare il suo nome. “Lord … Lord Mink.”

Iason gli sfiorò la guancia con una carezza. Quindi, si allontanò, per tornare pochi minuti dopo con una tanica di benzina, che iniziò a versare sulla porta.

“Lord Mink, cos'ha intenzione di fare? Non vorrà dar fuoco all’edificio con loro dentro?” Gridò il giovane, riunendo chissà come le forze per alzarsi in piedi.

“Ovviamente,” rispose freddamente l’Elite. “Questo era un deposito di carburanti e prodotti chimici industriali, ne ho approvato io stesso i progetti edilizi, molti anni fa, e non ci sono altre uscite. Contiene abbastanza materiale infiammabile da assicurare che non ne rimanga che cenere.”

Per quanto scosso, arrabbiato e sotto shock, Daniel non poteva permetterlo. Si aggrappò con disperazione al braccio del Blondie. “Lord Mink, questi non erano i patti. Dobbiamo avvisare le autorità!”

“Autorità!?” Tuonò l’Elite, la cui espressione era diventata più buia del nero notturno che lo circondava. “Loro non avrebbero avuto pietà di te. Avrebbero compiuto uno scempio del tuo corpo così come hanno fatto con quello di Riki!”

“Lo so,” rispose Daniel, con gli occhi rigati di lacrime, mentre cercava disperatamente di impedire che Iason premesse il grilletto dell’arma laser con cui stava per detonare l’incendio. “So che non si sarebbero fermati, ma questo non significa che dobbiamo essere come loro. La prego, Lord Mink, non lo faccia. Non si macchi di così tante vite umane!”

‘Non voglio vederti compiere una carneficina!’ Le parole del suo meticcio - pronunciate subito dopo lo stupro, col corpo ancora in fiamme per il dolore - risuonarono nella testa di Iason. Se ora avesse premuto il grilletto, avrebbe dimostrato di essere ancora il demone di ghiaccio di un tempo. Riki non gliel’avrebbe mai perdonato.

Ma lui non era più così, era cambiato, e l’aveva fatto solo per amore. Ripose l’arma nel fodero ed estrasse un telefono.

Dopo aver chiamato le forze poliziali - sia di Midas che di Tanagura, sarebbero venuti entrambi - si concentrò sul ragazzo in piedi di fronte a lui, nudo, spaventato e infreddolito. Daniel tremava; aveva il volto attraversato dalle lacrime, le labbra gonfie, il mento sanguinante, e numerosi lividi e segni di percosse su tutto il corpo.

“Vieni. La polizia sta arrivando, non farti vedere da loro in questo stato.” Iason lo prese per mano e lo portò in macchina, dove gli diede una coperta e un po’ d’acqua da bere. Dal kit del pronto soccorso, estrasse delle salviettine medicate e disinfettò le sue ferite.

Furono necessari solo pochi minuti perché la polizia di Midas e le guardie di Giove, guidate dal loro capitano, arrivassero quasi simultaneamente. Iason spiegò loro velocemente la situazione e tornò in macchina. “Hai bisogno di cure mediche?”

“No, Lord Mink, sto bene.”

“Allora ti porto a casa.”

***

Lo spettacolo dei burattini era stato divertente. Kirie e Richie, estasiati dalla rappresentazione, avevano riso, applaudito e interagito con gli attori per tutto il tempo. Dato che si era rivelato impossibile convincerli a rimanere seduti al loro posto per più di pochi minuti di seguito, a metà spettacolo Riki diede loro il permesso di sedersi sul pavimento sotto al palcoscenico. Per fortuna, c’era Katze a dargli una mano. Da solo non ce l’avrebbe fatta.

Dopo aver riportato il piccolo Richie a casa, provarono a mettersi in contatto coi rispettivi partner per avvisarli che stavano tornando, ma nessuno rispose alle loro telefonate. Ciò era abbastanza strano.

Dato che Apathia era di strada, Katze decise di fare un salto a casa per controllare che Daniel stesse bene. Non trovandolo, chiamò immediatamente Reinold per chiedergli se fossero tornati insieme. L’ex animale domestico boccheggiò qualche spiegazione poco credibile e arrampicata sugli specchi, ma non riuscì a mantenere il segreto a lungo e confessò tutto ciò che sapeva sulla telefonata udita il giorno prima.

Nell’immediata comprensione di essere stati ingannati, Katze e Riki si guardarono l’un l’altro scioccati.

***

Quando la porta del lussuoso appartamento si aprì - mostrando un Blondie vestito in abiti scuri, e un eunuco pallido e contuso in piedi di fianco a lui, scalzo e con solo una coperta addosso - Kirie dormiva sul divano, Katze era sull’orlo di una crisi nervosa e Riki stava cercando di tranquillizzarlo.

“Daniel!” Il leader del mercato nero si alzò in piedi e corse incontro al suo compagno senza degnare Iason di un’occhiata.

La gioia nel rivedere colui che amava fu così grande, che Daniel lasciò andare tutta la tensione accumulata nelle ultime ore e si sciolse in lacrime, aggrappandosi alle sue spalle. “Mi... mi dispiace. Io...” Senza mai smettere di sorreggerlo, Katze lo portò in camera e chiuse la porta dietro di loro.

Riki diresse a Iason uno sguardo truce. “Sei uno stronzo. Sei andato a far fuori quei bastardi, no? Quanti ne hai ammazzati?”

“Non ho ucciso nessuno,” rispose freddamente l’androide. “Anche se probabilmente qualcuno di loro non potrà più fottere nessuno.” Aggiunse con un sorriso eloquente.

“Gliel’hai tagliato?” Esclamò il meticcio sorpreso.

“Sì, e li ho consegnati alla legge. Mi assicurerò che le pene a loro destinate siano in linea coi crimini commessi.”

“Davvero non li hai ammazzati?” Riki era incredulo. Era convinto che, se Iason fosse mai riuscito a mettere le mani sui suoi aggressori, li avrebbe smembrati e fatti a pezzi uno dopo l’altro.

“Neanche uno, non farmi ripetere,” ribadì il Blondie. “Ora dimmi, Riki, mi terrai il broncio o accetterai che quello che ho fatto stasera era necessario?”

Il meticcio arricciò le labbra. “Beh, non è stato molto carino da parte tua avermi mandato a vedere uno spettacolo di burattini con l’inganno, ma suppongo di capire i tuoi motivi. Se l’avessi saputo, non ti avrei permesso di farlo. Sono contento che... quagli stronzi siano fuori combattimento.”

Per Iason fu un sollievo, ma la possibile reazione di Riki non era in quel momento il suo problema principale. Dopo essersi assicurato che Daniel non avesse niente di rotto, ferite gravi e non fosse stato violentato - non glielo chiese direttamente, si limitò ad osservarlo, a lavarlo delicatamente con l’acqua calda e a studiare il suo comportamento - lo fece stendere sul letto. Gli diede un bacio e uscì dalla stanza.

Furioso, si lanciò addosso all'androide e lo spinse contro il muro. Iason glielo lasciò fare.

“Come hai usato servirti di lui per i tuoi scopi?!” Sibilò l’ex mobile, con gli occhi che brillavano di luce omicida, mentre stringeva il bavero della giacca del suo ex Maestro nel pugno. “Ti ho dato tutto di me. Ti ho offerto la mia vita incondizionatamente. Ho lasciato che mi rompessi e umiliassi in tutti i modi possibili. Non ti ho mai detto di no o tradito, neanche col pensiero. Ti ho tirato fuori da quell’inferno di Dana Burn, mettendo a rischio la mia stessa vita, ma tu… tu...” Le emozioni erano tante e così forti, che nonostante la rabbia un paio di lacrime scesero dai suoi occhi. Il tono della sua voce si alzò, trasformandosi in un grido. “Lui non devi toccarlo! Lui non è tuo! Daniel è puro, non puoi insudiciarlo coi tuoi giochetti!”

Katze sapeva che il piano era stata elaborato da Daniel - non parlava di altro da giorni - ma non avrebbe mai creduto possibile che Iason accettasse di usarlo come un’esca per pesci. Di servirlo su un piatto d’argento a delle bestie senza cuore come una carogna per avvoltoi. Iason aveva tradito la sua fiducia.

“Kat, basta! Sono stato io a chiederglielo!” Richiamato dalle voci, Daniel si era infilato una vestaglia e alzato dal letto. Era in piedi sulla soglia e cercò di avvicinarsi ai due contendenti, ma Riki lo detenne. Era una faccenda tra Katze e Iason, nessun altro.

Lord Mink avrebbe facilmente potuto far volare il suo ex mobile con un solo movimento del braccio, ma rimase immobile e si limitò a guardarlo fermamente negli occhi.

“Rispondimi, cazzo, come hai potuto farlo?” Gridò ancora l’eunuco, reggendo il suo sguardo, stringendo ulteriormente la presa sulla stoffa e scuotendo la giacca del Blondie.

Iason annuì solennemente. “Hai ragione, non avrei dovuto lasciarglielo fare. Ti chiedo perdono, non accadrà più.”

“Se gli fosse successo qualcosa di grave… giuro su Giove che ti avrei ucciso!” Pronunciò l’uomo a denti stretti.

“Lo so. Non l’avrei mai permesso.”

Katze lasciò la stoffa. Il tono della sua voce si calmò, pur rimanendo sostenuto. “Ti perdonerò, Iason, ma è l’ultima volta. Non accetterò un altro tradimento da parte tua. Ricordatelo!”

“Me lo ricorderò.” In silenzio, Iason prese Kirie ancora addormentato in braccio e uscì dall’appartamento seguito da Riki.

***

Quella notte, Katze non si arrabbiò con Daniel. Questa parte del suo carattere - testarda, di buon cuore e disposta a tutto pur di ottenere giustizia, anche a sacrificarsi - era ciò che più amava di lui. Non poteva rimproverarlo per essere stato semplicemente sé stesso. L’ascoltò e confortò a lungo, assicurandosi di curare ogni sua ferita sia del corpo che dell’anima.

Sebbene a prima vista non lo sembrasse, Daniel era un ragazzo molto forte. L’esperienza vissuta era stata al di sopra della sua portata e per un momento - pensando di non avere via di scampo e che Lord Mink non sarebbe venuto a salvarlo - aveva vacillato. Ma ora che tutto si era concluso per il meglio, non poteva che gioire al pensiero che nessun altro dei suoi fratelli eunuchi avrebbe più dovuto vivere nella paura. Ne era valsa la pena. Non avrebbe riportato traumi, solo il ricordo di una grande paura.

Anche Riki, disteso sul letto, sotto le coperte, abbracciava il suo amante con sincero affetto. Il fatto che Iason fosse riuscito a controllare i propri istinti primari e a non essere l’artefice di un bagno di sangue, era un grande passo avanti. Così come che avesse mostrato umiltà, ammettendo di aver sbagliato e chiedendo il perdono di Katze.

Tutto ciò dimostrava che Iason stava lavorando un po’ su sé stesso ogni giorno per acquisire umanità e diminuire le distanze tra loro. Un passo avanti che li avvicinava al giorno in cui avrebbero registrato formalmente la loro unione davanti a Giove.

   
 
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