Per
Fran,
Spartito
incompiuto
“Ciao.”
Chloé sfugge lo sguardo di
Luka. Lo immagina sorpreso, nel vederla lì, o magari persino irritato – non
riesce a figurarselo, non ha mai visto Luka arrabbiato. Ricorda a tradimento il
suo volto ferito, l’ultima volta che ci ha parlato prima di quel momento, e per
un istante crede che le sbatterà in faccia la porta. È percorsa da un brivido,
nonostante la giacca pesante.
“Chloé?”
Percepisce l’incertezza nel
tono del ragazzo e prende coraggio. Alza lo sguardo e trova lo stupore che
aveva immaginato. Avverte un nodo alla gola e ingoia a vuoto; sono passati tre
anni ma Luka non è cambiato per nulla. Forse anche lei è rimasta uguale.
“So che domani è la vigilia
e che noi non parliamo da un po’, ma a casa mia i termosifoni non funzionano e
vorrei evitare di morire congelata. Tu sei l’unica persona che conosco in
questa stupida città. Posso entrare?” snocciola tutto d’un fiato, tornando ad
abbassare lo sguardo.
Non ha detto proprio tutta
la verità. Luka non è l’unica persona che conosce a Parigi e lui lo sa bene;
forse immagina che non sia andata al Grand Paris perché non vuole sorprendere i
genitori nell’ennesimo litigio, forse sa anche che Sabrina è fuori città per
lavoro. Molti suoi ex-compagni di scuola non ha idea di dove abitino, e quelli
che sarebbe in grado di rintracciare difficilmente la accoglierebbero. Ma non è
questo il vero motivo per cui si è presentata alle dieci di sera del 23
dicembre a casa di Luka. La verità le brucia sulla punta della lingua, ma non
ha nessuna intenzione di rivelarla ad alta voce. Forse lui sarà in grado di
leggergliela negli occhi.
Mi sei mancato.
Luka si sposta a lato della
porta per farla passare, invitandola con un cenno. Non dice una parola, ma
Chloé accetta l’invito ed entra. Nelle orecchie lo sente ancora pronunciare
incredulo il suo nome.
“Quando sei tornata?” le
domanda, spezzando finalmente il silenzio, dopo averle fatto posare la giacca
all’ingresso e averla guidata in salotto.
L’appartamento è
piacevolmente caldo, ma il freddo dentro Chloé non sembra intenzionato a
dissiparsi. “La settimana scorsa.”
Si chiede se Luka le
chiederà perché non l’ha cercato prima, e cosa dovrebbe rispondergli. L’ho
fatto è una mezza verità che non ha il coraggio di rivelare. Come
reagirebbe se sapesse che ogni singolo giorno della sua permanenza a Parigi si
è trovata a camminare per la città rivedendo la sua ombra, le loro ombre,
in ogni vicolo e vetrina? Troppo spesso l’istinto l’ha portata a imboccare la
strada che l’avrebbe portata da lui, qualche volta ha persino ceduto. Non ha
mai bussato, ha osservato dall’esterno aspettandosi di scorgere da un momento
all’altro qualcun altro nella vita di Luka, qualcuno che lo rendesse
felice come lei non ha fatto. Non è mai rimasta abbastanza a lungo da scoprire
quell’eventuale presenza.
Si accorge che Luka lascia
la stanza solo perché ne coglie il movimento con la coda dell’occhio. Si morde
un labbro, incerta su cosa fare. È venuta lì, ha ceduto, e ora? Tutte le parole
che vorrebbe – vorrebbe, davvero? – dire le sente incastrate in gola.
“È
difficile cambiare se nessuno crede in te, vero?”
“Tu
che cosa vuoi da me?”
“Niente.
Volevo solo dirti che io ci credo, in te.”
Luka rientra e poggia
qualcosa sul tavolo al centro della stanza, invitandola ad avvicinarsi. Lei l’accontenta.
“Prima parlavi di più” dice
Luka, accennando un sorriso. “Bevi questa, ti scalderà.”
Sul tavolo c’è una tazza fumante;
a giudicare da colore e odore si tratta di una cioccolata calda. Luka non è
uscito dalla stanza perché non vuole vederla, ma per prepararle qualcosa. L’ennesima
immeritata gentilezza acuisce i suoi sensi di colpa, ma Chloé non è il
tipo che rifiuta qualcosa che vuole. Si siede e soffia sulla tazza prima di
iniziare a sorseggiarla.
“Non mi chiedi com’è andata
a New York?” domanda, trovando snervante il silenzio denso che è calato tra
loro. Ha quasi finito la cioccolata.
“Ne vuoi parlare?” replica
Luka, e Chloé si acciglia perché in effetti no, non ne vuole parlare. O
forse sì. Non ne è certa; c’è stato un tempo in cui riusciva ad aprirsi, con
Luka, come non faceva nemmeno con Adrien. Se c’è qualcuno a cui può raccontare
quanto si senta amareggiata per il completo disastro che è stata la sua esperienza
a New York, quello è – era? – lui. Con Sabrina si è lamentata criticando
registi e stilisti incapaci di vedere il suo valore, fingendo quasi
indifferenza di fronte ai loro rifiuti, ma la verità è che dentro si sente
vuota. Ha sprecato tre anni – Adrien le ha detto che non è così, che ogni
esperienza è in qualche modo utile almeno per crescere, ma lei non è riuscita a
credergli – inseguendo sogni che non è nemmeno certa le siano mai appartenuti
davvero, ottenendo solo fallimenti da aggiungere alla sua lista. Si è chiesta
mille volte che senso avesse avuto lasciare Parigi, lasciare Luka, solo
per finire a New York a vedersi bocciare un provino dopo l’altro. Ha provato anche
a svolgere lavori part-time nel frattempo, ma non le sono riusciti meglio. Non
è in grado di fare la cameriera o la commessa, non ne ha minimamente l’indole. Tre
anni sono svaniti in un battito di ciglia, lasciandole solo negatività e un
senso d’incompiuto.
“No” risponde a Luka, che
non ha insistito nei minuti che ha lasciato passare prima di decidere. Altro
silenzio. Anche quello la fa star male: possibile che non abbiano più niente da
dirsi?
“Andrò
a New York a trovare la mia strada.”
“Pensi
che ti aiuterà andare così lontano a cercarla?”
“Mi
aiuterà più che perdere tempo qui con te.”
“Perché sei tornata, Chloé?”
Mi mancavi. Mi dispiace. Sono
caduta e l’ultima volta sei stato tu a tirarmi su.
“Avevi ragione.”
Chloé si alza e si volta
verso di lui. Sa che dovrebbe scusarsi, ma non è per quello che è lì. È lì
perché sa ciò che vuole, con più chiarezza di quanto le sia mai capitato a New
York.
“Pensavo
ci fosse qualcosa, tra noi. O che potesse esserci.”
“Ti sbagliavi.
Forse ti sei sempre sbagliato, su di me.”
“Andare a New York non mi ha
aiutata. Quello che volevo davvero è rimasto qui.”
Luka l’osserva in silenzio;
le sembra che il suo sguardo penetri le sue difese, ma nulla nell’espressione
del ragazzo tradisce comprensione ora. Chloé muove un passo in avanti.
“Voglio te, Luka. Anche se è
egoista volerlo.” Non mi importa.
Chloé avanza ancora, Luka
indietreggia d’un passo. “Ne sei certa?” domanda, continuando a scrutarla. Lei
si chiede che cosa veda, che cosa le legga negli occhi. Si sta rendendo
ridicola? Forse. Se c’è una persona da cui non si è mai sentita giudicata,
tuttavia, è proprio il ragazzo che ha davanti.
“Mi hai dimenticata?”
“No.”
Il cuore prende a batterle
più forte. Forse quella risposta non vuol dire niente, forse è solo un’altra
gentilezza. Forse vuol dire tutto, forse qualcun altro non c’è ancora nella sua
vita.
“È difficile dimenticare chi
ti ferisce.”
Pensa che una pugnalata
avrebbe fatto meno male. Di che si stupisce? Sapeva di averlo ferito, oh se lo
sapeva.
“Sei sparita per tre anni.”
Non avverte un rimprovero
nel suo tono, ma a questo punto non è più certa di saperlo dire. Magari sente
quel che vuole sentire. Inizia a tremare. “Sei andato avanti?”
Luka esibisce un sorriso
stanco. “Se vuoi sapere se mi vedo con qualcuno, no, Chloé. Negli ultimi anni
mi sono dedicato alla band. Abbiamo fatto dei piccoli concerti, sai? Stiamo
andando bene.”
Chloé lo sa, questo, e
decide di essere sincera – parzialmente, almeno. “Lo so. Seguivo la band anche
da New York.” Non dice che era per seguire lui, che i social li usa poco e
nulla se non per la sua musica. Non dice nemmeno che un po’ l’ha invidiato, per
ogni piccolo successo spiato dopo aver ricevuto un rifiuto.
“Sei stato il primo a
credere in me, Luka.”
La fissa in silenzio, ma lei
non ha intenzione di fermarsi. Si avvicina ancora e stavolta Luka la lascia
fare, non mantiene la distanza. “Ti chiedo di crederci ancora.” Non fugge più
il suo sguardo. Gli ha rivolto parole terribili, in passato, definendo perdere
tempo i momenti passati insieme; non crede di meritarsi un’altra chance,
non da lui. La vuole ugualmente.
“Va bene.”
Sulle prime crede di averlo
immaginato. Il sorriso – non luminoso come quelli che ricorda, ma nemmeno
forzato – sul volto di Luka le suggerisce che l’ha detto davvero.
Luka colma l’ultimo passo
tra loro e la stringe in un abbraccio che sa di rimpianto. “Mi sei mancata
anche tu, Chlo.”
Chlo. È un
banale soprannome, ma non le è sfuggito che prima di quel momento aveva sempre
usato il nome intero. Le ultime remore svaniscono e Chloé ricambia l’abbraccio,
ritrovandosi a piangere sulla spalla di Luka.
Aveva dimenticato quanto
potesse essere confortante.
♫
Luka è seduto a gambe
incrociate sul pouf, pizzica le corde della chitarra. In lontananza risuonano i
rintocchi della chiesa più vicina.
“Buon Natale, Chlo” mormora.
“Sono contento che tu sia tornata.” Sembra pensare a qualcosa e piega le labbra
in un sorriso divertito. “Non c’era davvero bisogno di inventare una scusa
tanto fantasiosa, però.”
Chloé, sul divano, si
avvolge meglio nella coperta. “Non era una scusa.” È vero che i termosifoni da lei
si sono rotti… con un piccolo aiutino. Sorride. “A proposito, ti
dispiace se rimango qualche giorno in più?”
Non è davvero una domanda.
NdA
Ho scritto questa storia
come regalo per Shireith; spero davvero che ti sia piaciuta, Fran!
La Luka/Chloé (con Chloé
redenta, ovviamente) mi intriga ormai da un bel po’, ma ancora non ero mai
riuscita a scriverne. Spero che il risultato non sia stato un disastro.
Ho preso ispirazione dal
prompt: “Ciao, so che domani è la vigilia e che noi non parliamo da un po’,
ma a casa mia si sono rotti i termosifoni e vorrei evitare di morire congelata. Tu
sei l'unica persona che conosco in questa stupida città, posso entrare?” del
Calendario dell’avvento indetto da Coraline sul forum Ferisce
più la penna (passate a dare un’occhiata!).
Spero che il senso del
titolo (odio dare titoli, quanto ho sbattuto la testa su questo…) sia chiaro:
lo spartito incompiuto è quello di Luka e Chloé, rimasto incompleto quando lei
se n’è andata. Ora potranno riprenderlo insieme, anche se non sono riuscita a inserire
questo punto nel titolo [ma sarebbe stato spoiler, giusto? Mi consolo così XD].
Grazie per aver letto!
Mari