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Autore: ciredefa    21/12/2021    5 recensioni
La notte fredda era immobile fuori da quelle pareti. L’inverno sarebbe durato ancora a lungo, i fiori assopiti sotto la neve avrebbero dovuto attendere ancora per un po’ il tepore del sole primaverile. Ma finché Guts avesse avuto quell’abbraccio, del resto del mondo non gli importava.
{ what if! | scena della natività rivisitata | #CalendarioAvvento2021 di Fanwriter.it }
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Casca, Guts
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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★★ Calendario dellAvvento 2021 by Fanwriter.it!
Data: 21/12/2021
Rating/Avvertimenti: Verde
Fandom: Berserk
Due righe (facoltative) sul cosa avete scritto: what if! Guts e Casca hanno lasciato i Falchi prima dell’eclissi, per ricominciare ed avere una vita insieme. Snippet estremamente melenso, una specie di scena della natalità rivisitata. Un po’ di gioia per i due che ne hanno sempre estremamente bisogno.
Link al vostro blog/twitter/quel che volete: https://twitter.com/ciredefa
Hashtag: #CalendarioAvvento2021 #CalendarioFanwriterit #Fanwriterit #XMASwriter

 

 

 

Ogni inverno ha le sue primavere

 

 

 

La neve cadeva incessante, lenta e aggrazziata come se ogni fiocco fosse impegnato in un’intricata danza. Ovunque si poggiasse lo sguardo di Guts, non incontrava altro che una distesa di coltre candida e soffice. I tetti delle fattorie erano incurvati sotto il suo peso, i rami dei sempreverdi pronti a spezzarsi ad ogni accenno di vento.

Il silenzio dell’inverno era la parte che preferiva. Gli animali già da tempo addormentati nel profondo delle loro tane, il tramonto frettoloso che precedeva il mantello scuro della notte assicurava una pace imperturbabile, interrotta in quel momento solo dai suoi passi pesanti, che facevano scricchiolare la neve sotto i suoi stivali di pelle.

Una catapecchia di legno, grande poco più di una stalla per cavalli, era la sua meta. La costruì lui stesso l’estate precedente, con il clima caldo e le giornate lunghe a suo favore. Scavò le fondamenta con il sole battente d’agosto sulla schiena, e con l’aiuto della sua fidata spada, tagliò e spaccò legna fino ad averne abbastanza per tirare sù una casa. Non era certo una reggia, come una di quelle in cui erano stati ospiti in quanto Falchi; ma un umile tana, abbastanza grande da ospitare tre persone.

Varcato l’uscio, Guts fu travolto da un tepore che scaldò immediatamente le sue membra infreddolite. Al centro dell’unica stanza vi era acceso un fuoco, e appeso sopra di esso una pesante pentola di ghisa rilasciava nell’aria un odore speziato di carne e verdure.

Con una mano, si sfilò il mantello scuro e lo appese ad un chiodo vicino alla porta. L’altra invece teneva stretto un sacco di tela, colmo di grano, uova e latte in previsione dei giorni a venire. La calma del panorama esterno, per quanto idilliaca, annunciava che presto una tempesta di neve avrebbe bussato alla loro porta; e Guts non voleva essere colto impreparato.

Avvicinandosi al focolare, notò la figura familiare di Casca. Era seduta sul pavimento, davanti al fuoco scoppiettante,  la schiena poggiata ai piedi del loro letto di legno e fieno. Aveva la testa inclinata, quasi poggiata sulla sua spalla, le palpebre chiuse in un’espressione distesa. Il suo respiro era lento ed intermittente, e nonostante il torpore del sonno, le sue braccia stringevano saldamente un fagotto di coperte. Un bambino.

Il loro bambino. Era venuto al mondo alle porte dell’autunno, quando gli alberi avevano cominciato a spogliarsi delle loro foglie, in quella stessa casa. Dopo interminabili ore di sofferenza, urla e sudore, quando Guts vide quel piccolo indifeso e ricoperto di sangue per la prima volta, rimase senza parole. Non che lui fosse mai stato un uomo dai grandi discorsi, ma dal momento che ebbe il neonato tra le sue braccia, i suoi pensieri si ammutolirono.

Aveva visto la morte. Anzi, la morte lo seguiva ovunque andasse, da che ne avesse memoria. I suoi occhi si erano abituati ad assistere alla vita che spirava via dalle labbra, spesso per mano della sua stessa spada; ma al primo vagito di quella creatura, il pianto disperato di una vita che comincia, capì che fino a quel momento aveva visto solo una faccia della medaglia. Lui che aveva conosciuto solo sofferenza e oscurità, convinto che il destino avesse in serbo solo questo per lui, venne contradetto dall’essere vivente più improbabile, dalla pelle morbida e scura come quella di Casca e i capelli neri, come i suoi.

Guts accennò un sorriso timido. Si avvicinò con passo silenzioso verso la sua amata, per evitare di svegliarla, e si sedette al suo fianco. Il bambino, che fino a quel momento era impegnato a poppare il seno scoperto di Casca, si staccò. Con i suoi occhi tondi e scuri guardò il padre, come ad intendere un saluto, un bentornato.

L’uomo allungò la mano per carezzare il viso di suo figlio. Le sue dita ruvide passarono con delicatezza sulla guancia vellutata, e quel tocco gentile causarono un gorgoglìo felice, che riecheggiò per tutta la casa. Una manina paffuta raggiunse l’indice di Guts e lo strinse, per poi venire trascinato nella bocca sdentata.

Il suono e il movimento improvviso svegliarono Casca, che si ritrovò spettatrice inattesa di quel momento intimo. Sorrise e rivolse il suo viso verso l’uomo: si dissero poche parole, e tra i sei tornato e mi sei mancato, si scambiarono un bacio lungo e dolce. Gesto che non fu apprezzato dal bambino, che con tutta la spavalderia del mondo, lanciò un lamento perché l’attenzione dei genitori tornasse su di lui.

Quando tornò a regnare il silenzio, Guts cinse in un abbraccio la donna e il bambino. Poggiò le labbra sui suoi capelli, mentre lei cullava il piccolo nel tentativo di addormentarlo. Il fuoco bruciava ancora vivido, ma il calore che l’uomo sentiva nel petto non era causato da nessun tizzone acceso.

La notte fredda era immobile fuori da quelle pareti. L’inverno sarebbe durato ancora a lungo, i fiori assopiti sotto la neve avrebbero dovuto attendere ancora per un po’ il tepore del sole primaverile. Ma finché Guts avesse avuto quell’abbraccio, del resto del mondo non gli importava.

   
 
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