Videogiochi > Detroit Become Human
Ricorda la storia  |      
Autore: AnarchyAmaryllis    22/12/2021    0 recensioni
Nines non era molto felice della situazione in cui si trovava: seduto sul divano di Hank, con Sumo che mordeva un giocattolo pieno di bava sulle scarpe lucide, appena comprate, mentre ascoltava con attenzione la lunga ed interminabile ramanzina del Tenente sulle “api e i fiori”.
Più volte Hank gli aveva urlato di ascoltarlo o gli aveva rifilato uno scappellotto quando gli aveva fatto delle domande e non aveva la ben che minima idea di che cosa rispondere, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua.
Sospirando pesantemente, rispose all’ennesima domanda del Tenente, guadagnando l’ennesimo scappellotto e un burbero rimprovero. Aveva sbagliato risposta, per la ventesima volta in dieci minuti.
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sumo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un tostapane e il suo umano '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nines non era molto felice della situazione in cui si trovava: seduto sul divano di Hank, con Sumo che mordeva un giocattolo pieno di bava sulle scarpe lucide, appena comprate, mentre ascoltava con attenzione la lunga ed interminabile ramanzina del Tenente sulle “api e i fiori”.

Più volte Hank gli aveva urlato di ascoltarlo o gli aveva rifilato uno scappellotto quando gli aveva fatto delle domande e non aveva la ben che minima idea di che cosa rispondere, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua.

Sospirando pesantemente, rispose all’ennesima domanda del Tenente, guadagnando l’ennesimo scappellotto e un burbero rimprovero. Aveva sbagliato risposta, per la ventesima volta in dieci minuti.

- Mi stai ascoltando o no, Conrad? Non sono qui per giocare a chi cazzo sa quale gioco!-

Sbuffando con fare infantile, l’androide dagli occhi azzurri incrociò le braccia al petto, incontrando per la prima volta lo sguardo furente ed infastidito dell’umano: - Hank, non sono un bambino, ho capito la prima volta che me lo hai urlato in un orecchio. A questo punto lo sanno anche i vicini che non devo fare sesso sul posto di lavoro, la smetteresti ora?-

Connor ridacchiò, più rumorosamente di quanto avesse calcolato, ma non poteva farci nulla: vedere il suo fratellino, che non combinava mai disastri e non veniva mai ripreso per qualunque cosa facesse durante un inseguimento, venire sgridato come un ragazzino ribelle che era stato scoperto con le mani nel sacco era qualcosa di esilarante, qualcosa di raro e non poteva permettersi di perderselo.

Aveva perso il conto delle volte che si era trovato nella stessa situazione di Nines, delle volte che Hank aveva mostrato un’infinita preoccupazione, delle volte che aveva sentito lo stesso tono paterno, delle volte in cui le sue emozioni erano così pesanti e soffocanti che si era trovato a piangere fra le braccia dell’umano, ma nulla di quello riusciva a cancellare il ghigno divertito dal suo volto: oh quanto amava essere il fratello maggiore che non era nei casini per una volta!

- Connor!- urlò Hank, guardandolo con fare omicida, mentre incrociava le braccia sul petto, cercando di sembrare intimidatorio. - Devo spedirti in camera tua o puoi stare zitto? Non mi serve un altro idiota che da man forte a questo!- aggiunse, indicando l’androide seduto sul suo divano, che si voltò indignato alla risatina del fratello, che se ne stava tranquillamente appoggiato al tavolo della cucina, con una tazza di thirium caldo, un’abitudine che aveva assunto dopo un anno di convivenza con Hank.

Se gli sguardi potessero uccidere quello di Nines lo avrebbe disintegrato in quell’istante, con ancora la tazza di thirium che nascondeva il suo ghigno. Okay, forse Connor aveva sottostimato l’intera situazione e si era lasciato guidare dai suoi sentimenti e dall’ironia di quel momento, senza calcolare che, se avesse riso troppo rumorosamente e lo avessero sentito, poteva ritrovarsi seduto sul divano affianco a Nines a subirsi una ramanzina su non sapeva cosa, ma era certo che Hank avrebbe trovato qualcosa per sgridarlo come un bambino monello.

Mise il broncio, annoiato dal tono pedante che l’umano stava usando per rimproverarlo mentre si passava una mano fra i capelli grigi; non era lo stesso tono che stava usando con Nines, ma lo infastidiva comunque: era la prima volta che vedeva il tanto perfetto fratellino finire in guai seri come quelli in cui finiva lui quasi quotidianamente, Hank doveva permettergli di godersi la scena che aveva davanti!

- Hank, dai, non sono io quello nei guai qui!- protestò Connor, roteando gli occhi, mentre metteva la tazza vuota nel lavello. Sedendosi con cautela e delicatezza su una sedia della cucina, con la leggera ansia di romperla se si fosse lasciato cadere come faceva molto spesso il Tenente, l’androide dagli occhi scuri sfoggiò il migliore dei sogghigni, aggiungendo: - Dovresti preoccuparti e assicurarti che Conrad impari la lezione.-

Nines lo fulminò con lo sguardo e fece per alzarsi, ma un potente colpo di tosse lo incollò al divano, una seconda volta. Odiava quella situazione, odiava dover spiegare a chiunque le ragioni dietro alle sue azioni, figuriamoci dire a colui che aveva iniziato a vedere come un padre, dopo lunghi mesi di “forzata convivenza”, che Connor gli aveva imposto dopo che lo aveva salvato dalla Torre della CyberLife qualche giorno dopo la rivoluzione, perché e come mai sia stato scoperto con “il cazzo dentro Reed nella fottuta sala degli interrogatori”, per citare le adorabili e dolci parole del Tenente.

Quello che odiava di più, però, era Connor che si faceva beffa di lui, ridacchiando e chiamandolo Conrad in quel modo, sibilando e allungando ogni dannata sillaba del nome per “mandarlo in bestia”, come direbbe Gavin.

- Sei un uomo morto, Connor!- dichiarò Nines, stringendo i pugni, guardando il fratello ridacchiare dal suo posto al sicuro su quella sedia che l’androide dagli occhi azzurri voleva spaccargli in faccia, con tutta la gioia che si poteva provare nel farlo.

- Mi dispiace, Conrad, sono un androide.- rispose il castano, trattenendo a stento il sarcasmo che impregnava il suo tono di voce, sedendosi comodamente sulla sedia, allungando le gambe sotto il tavolo.

- Figlio di puttana...- borbottò l’androide dagli occhi azzurri, ma quello che uscì dalle sue labbra fu tutto tranne che un sussurro.

- Conrad!- urlò Hank, oltraggiato. Sapeva benissimo che i due androidi non erano propriamente dei santi e che le parolacce erano qualcosa che avevano imparato appena ne hanno avuto l’occasione. Era come quando si imparava una nuova lingua: prima si studiavano le offese, le imprecazioni e le parolacce e poi il resto. Per i suoi due figli fu uguale, l’unica differenza stava nel fatto che stessero imparando come essere umani.

Fowler lo aveva incolpato, sostenendo che i delicati modi e le dolci parole del Tenente fossero la causa del continuo “fiume di parolacce” che conoscevano i due androidi, e che fosse colpa sua, con che audacia glielo disse poi, se i due RK non facevano altro che battibeccare e dimostrare di essere uno migliore dell’altro in una stupida gara a chi faceva il proprio lavoro il più in fretta e diligentemente possibile.

Hank li aveva chiamati “mocciosi impertinenti” un paio di volte e, se non fosse stato un ottimo detective e uno dei pochi, nel raggio di miglia, a comprendere le diverse espressioni di Connor e Nines, non avrebbe mai detto che quel nomignolo, detto prevalentemente come commento sarcastico o urlato quando i due lo esasperavano, fosse apprezzato dai due androidi, come se fosse un modo amorevole per dimostrare il suo affetto ai due disgraziati che la CyberLife aveva creato per rendergli la vita un inferno.

Certamente, era il suo unico modo di dimostrare i suoi sentimenti, ma il più delle volte usava quel soprannome con la speranza di imbarazzare e zittire quei due idioti che considerava come figli, ma mai i suoi desideri diventavano realtà.

- Oh mio dio, che paura, fratellino!- rispose alla provocazione Connor, sogghignando con fare quasi maligno. - Dovresti controllarti meglio o finirai in altri guai, testa di cazzo!-

- Connor!- urlò Hank, sconvolto dal primo dei suoi figli adottivi. Certo, Connor non esitava mai a dare nomignoli scherzosi a Nines, ma in quel momento non c’era traccia della solita e consueta simpatia nel tono dell’androide: il suo era pura e semplice malizia, intenta a dar fastidio e a creare dissapori.

- Cosa?- chiese Connor facendo spallucce, con fare fintamente innocente che sembrò solo infastidire il povero Tenente.

- La vuoi smettere di dar fastidio? Se lo desideri così tanto, puoi unirti a Nines.- sbottò Hank, facendo spallucce, imitando il primogenito androide, facendolo sbuffare quasi indignato da tali parole.

Nines sogghignò a quelle parole, non perché il suo caro fratellone stava marciando in direzione di qualsiasi rimprovero o punizione che il Tenente potesse inventare su due piedi, probabilmente qualcosa che avesse a che fare con Sumo o con le sue uscite con i suoi amici di Jericho, ma era felice che Hank era passato dall’usare il suo vero nome a chiamarlo con il suo soprannome.

Era un grande passo verso la sua libertà.

- Ma non sto facendo nulla! È lui che è nei casini!- protestò il castano, con un tono di sfida mal celato dietro ad un’espressione offesa, indicando il fratello che continuava a fissarlo in modo truce, come a promettergli una lenta ed agonizzante vendetta.

- Va in camera tua, allora, o va a fare una passeggiata con Sumo!- urlò di rimando l’umano, esasperato dalla situazione che non era l’ideale, con Nines che sembrava sempre meno interessato alla sua preoccupazione da padre e Connor che non faceva altro che infastidire il fratello, come se volesse litigare.

Indignato, il castano si alzò dalla sedia, facendola cadere per terra e creando un forte rumore che spaventò Sumo, che mugolò terrorizzato, rannicchiandosi contro la gamba di Nines. Guardò colui che considerava un padre con sguardo tremendamente testardo e con impertinenza mormorò un piccolo “vecchio scorbutico del cazzo” e fece per andarsene in camera sua, calpestando rumorosamente, come un bambino capriccioso.

Tali parole, però, non furono così sommesse come Connor credeva e Hank fu più veloce id quanto fosse mai stato durante un inseguimento e in pochi secondi aveva afferrato il polso del figlio voltandolo di lato a sufficienza per potergli affibbiare un forte scapaccione. Il tenente era a conoscenza del fatto che molto probabilmente l’androide non aveva sentito il minimo dolore, ma sapeva benissimo che tale punizione aveva avuto il giusto risultato che Hank desiderava: mettere a tacere il figlio ed imbarazzarlo abbastanza per stare fuori dai guai ed evitare di tormentare il fratello minore.

Alla fine, era la punizione che erano giunti, in comune accordo, a scegliere in momenti in cui il ragazzo non lo ascoltava o si metteva in pericolo. Hank non l’amava come non l’amava Connor, ma era l’unico modo che conosceva che potesse fargli capire la gravità delle sue azioni e l’ultima opzione quando nulla sembrava impartire una lezione in quel testone del figlio.

Il tenente si schiarì la gola, cercando di calmarsi e, con dolo calmo, chiese: - La smetti di dare fastidio a tuo fratello?- Non staccò mai gli occhi dal primogenito, osservandolo attentamente, rendendosi conto che l’androide evitava, timidamente, di incrociare lo sguardo con quello del padre, un lieve rossore azzurro che gli solcava le guance.

Connor annuì, incapace di rispondere verbalmente all’umano e in pochi attimi si ritrovò seduto sul divano affianco a Nines che lo fissava ancora infastidito dal suo comportamento.

Hank si schiarì la gola, una seconda volta, silenziosamente incitando il primogenito a parlare e a scusarsi con l’androide dagli occhi azzurri, ma dopo qualche secondo di silenzio, aggiunse un leggero “Su, forza, Connor”, primo da ogni fastidio o rabbia che prima impregnavano la sua voce, scompigliando i capelli castani del figlio, con fare affettuoso.

- Uhm … Scusa, Nines.- borbottò imbarazzato il castano senza mai guardare il fratello, continuando a fissare le sue mani che giocherellavano con l’orlo della felpa.

- Sei stato una vera testa di cazzo, Con.- rispose Nines, con tono freddo e impassibile, quasi non volendo perdonare il fratello, ma in realtà voleva solo farlo soffrire ancora un po’ più a lungo.

- Lo so e mi dispiace...- Connor alzò gli occhi e guardo il fratello negli occhi azzurri, cercando di fargli capire quanto forse mortificato per quello che aveva detto e fatto precedentemente.

- Scuse accettate.- borbottò Nines, sorridendo appena al fratello, con fare simpatico, cercando di non metterlo ancora in imbarazzo, consapevole di aver assistito alla “famigerata punizione” che sembrava essere efficacie sia per Connor sia per Gavin quando serviva una mano ferrea per tenerli fuori dai guai. Anche se per il caro Detective Reed potevano servire anche altri metodi, molto più perversi…L’androide dai bei occhi azzurri fu riportato alla realtà dalla possente voce di Hank, che era tornato a guardarlo con quella luce paterna che gli illuminava gli occhi: - Bene, ora, posso continuare a parlare con Nines?-

- Devi proprio, papà?- protestò il secondogenito, coprendosi il volto con le mani. Non ce la faceva più ad ascoltare il Tenente parlare non stop su come bisognava fare sesso e altri argomenti simili.

Era imbarazzante.

Sapeva che Hank era preoccupato per lui e che lo faceva solo perché lo vedeva come un figlio, ma ormai non ce la faceva più ad ascoltarlo, soprattutto quando voleva solo solo terminare questa sua tremenda tortura e tornare da Gavin e sperimentare qualche nuova fantasia.

- Eh, ragazzo, non sono io che faccio sesso quando voglio e dove mi pare. Usi le giuste protezioni?-

- Stai scherzando vero? Dimmi che stai scherzando!- dire che Nines divampò, assumendo una scura tonalità di blu, sarebbe un eufemismo. Non ci credeva, non poteva aver sentito suo padre chiedergli tale cosa, così imbarazzante.

Lì, in quel momento e su quel divano, avrebbe perfino accolto la morte come una cara e lontana amica al posto di essere torturato ancora con altre domande sul sesso!

- Allora?- chiese quasi spazientito Hank.

- Se ti dico di sì, la smetti con questa follia?- implorò Nines, senza mai togliere le mani dal suo volto, sentendo le sue orecchie iniziare a bruciare dall’imbarazzo, immaginando solo che tonalità di blu fossero in quel momento.

- Bene. Ora passiamo alle cose serie, Conrad.- iniziò l’umano, sogghignando appena, nella speranza di riuscire a nascondere il proprio imbarazzo. Non aveva mai dovuto affrontare a famosa “Discussione” prima che la sua vita fosse stravolta dai due androidi e non si era mai preparato un discorso in testa su quello che doveva dire, nemmeno quando pensò che fosse giunto il momento di farla al suo primogenito di latta. Con Connor era stata così imbarazzante, anzi, il castano era stato accondiscendente e aveva dimostrato poco interesse, se non nullo, per quell’aspetto della vita da “essere umano”.

Connor si era definito come asessuale e, dopo un’infinità di tempo passato ad avere un attacco di panico perché temeva in un rifiuto da parte del Tenente, si era calmato e aveva, con gioia, appreso che Hank lo ama lo stesso e che accettava qualsiasi cosa con cui Connor si identificasse e che nulla lo avrebbe spinto a non volerlo più nella sua vita e a rinunciare ad un figlio così speciale ed unico.

Sarebbe morto piuttosto che perdere i suoi figli e al loro amore.

Con Conrad le cose erano diverse: il secondogenito era più testardo e, mentre Connor aveva ascoltato Hank, Nines sembrava non avere la minima voglia di prestare attenzione, come se la sua testa fosse da un’altra parte, come se stesse costantemente pensando a Gavin e alle cose che voleva fargli e il Tenente non sapeva più su che muro sbattere la testa.

Sospirando, l’umano appoggiò le mani sulle spalle del figlio più piccolo, sorridendogli appena, sussurrando con tono calmo e tranquillo, quasi rassicurante: - Nines, figliolo, dimmi almeno quello che devi fare e siamo apposto, okay?-

- Consenso, ma quello ce l’ho dal primo momento che Gavin ed io abbiamo iniziato questa relazione; le protezioni, anche se sono stupidamente inutili perché sono un cazzo di androide, ma va bene così; niente sesso sul lavoro perché se mi becchi una seconda volta potrei pentirmene e dubito siano solo degli scappellotti quelli che potresti implicare in quella minaccia.- rispose tutto d’un fiato Nines, pregando RA9 che davvero quella discussione potesse giungere ad una fine.

Hank scosse il capo, sorridendo: - Non avrei usato tali parole, ma va bene. Vedo che hai appreso la lezione, ragazzo.-

Connor lo guardò confuso e stupito, come se non credesse alle parole del Tenente, mentre il fratello dava voce ai suoi pensieri: - Sei serio? Usi “cazzo” come intercalare fra le frasi … Sei ubriaco?-

Hank rise, scompigliando i capelli dei figli, prima di dirigersi verso la cucina, mormorando qualcosa sul fatto che era tardi per cucinare la cena e che doveva scongelare qualcosa di veloce, insinuando che possibili proteste a parte dei due “mocciosi impertinenti” lo avrebbero fatto impazzire quella sera.

 

La giornata che avrebbe passato da Hank si trasformò in due interminabili settimane, di totale astinenza e costante desiderio di poter mettere le mani su Gavin e “sbatterselo” come non mai, ma non poteva farlo perché sul lavoro era proibito e a casa del Tenente era qualcosa di impossibile da fare, anche perché condivideva la camera con Connor e quell’infame lo aveva scoperto la sera della tormentata discussione, mentre faceva entrare in stanza un voglioso Gavin che non aveva perso tempo a far navigare le sue mani su tutto il corpo dell’androide, mordendogli e baciandogli il collo. Inutile dire che Connor era corso da Hank per dirgli del misfatto, trasformando la sua stupia punizione in due maledette e fottute settimane!

Cazzo, quanto odiava Connor in quel momento!

Guardò Gavin uscire dalla sala degli interrogatori, un espressione disgustata sul volto mentre correva in bagno, seguito immediatamente da Connor che preoccupato lo incitava ad aspettarlo.

Ah, la magnifica idea di Hank: invertire i propri partner per evitare che si crei una situazione simile a quella di due settimane prima.

Una magnifica idea del cazzo!

- Conrad!- lo richiamò Hank quando lo vide seguire Gavin in bagno e con un pesante sospiro aggiunse: - Il sospettato ha confessato degli atroci omicidi, ogni fottuto dettaglio, e Reed non ha avuto lo stomaco per continuare ad ascoltarlo.- ridacchiò aspramente, afferrando il secondogenito per un braccio e mettendolo a sedere alla scrivania di Connor, dando una leggera pacca sulla schiena del figlio. - Sta bene, fidati, è solo nauseato da quanto schifo fanno gli esseri umano. Connor si assicurerà che non stia morendo e se sta davvero male, lo obbligherà ad andare a casa.-

Quello era il suo compito: assicurarsi che Gavin stesse bene.

Sapere che non poteva farlo e che fosse Connor a prendersi cura del suo fidanzato gli faceva venire il voltastomaco, oltre che una crescente rabbia, accompagnata da un’insensata gelosia.

Connor non provava attrazione per nessuno, glielo aveva confidato una notte prima di entrare in modalità stasis quando ancora viveva con il Tenente e il fratello maggiore, ma la situazione lo faceva comunque star male.

Voleva stare con Gavin, voleva prendersi cura di lui e voleva essere lui ad assicurarsi che stesse bene dopo quel orrendo interrogatorio, non Connor.

- Uhm, certamente ...- borbottò Nines, iniziando a lavorare, incapace di poter prestare la massima attenzione sui documenti che doveva compilare, troppo preoccupato per Gavin.

- Hank!- urlò Connor all’improvviso, correndo verso la scrivania del Tenente, con uno sguardo così preoccupato da spaventare l’androide dagli occhi azzurri. - Non riesco a tranquillizzare il detective Reed! Sta peggiorando e rischia di soffocare se non si calma e supera il momento di panico!-

- Dannazione!- urlò Nines, alzandosi in piedi di scatto, facendo cadere la sedia su cui era seduto e correndo verso il bagno degli uomini, con uno sguardo così preoccupato che poteva far commuovere chiunque.

- Aspettami, Nines, ti do una mano!- urlò Connor cercando di seguirlo, ma un’occhiataccia di truce e fredda risolutezza da parte del fratello lo fece rimanere fermo dove stava, come congelato da quegli occhi color del cielo.

- Su, Connor, torniamo a lavorare.- lo spronò Hank, rassicurandolo che Nines aveva tutto sotto controllo e che non doveva preoccuparsi perché il suo fratellino sapeva cosa fare e come calmare quel pazzo idiota di Reed.

 

Nines non esitò ad entrare nel bagno e a spalancare ogni porta che vedeva aperta, sentendosi sempre più ansioso quando non vedeva Gavin in nessuna delle cabine WC.

Dov’era il suo amato Detective?

Un piccolo gemito, seguito da un piccolo colpo di tosse attirò la sua attenzione, spingendolo ad avvicinarsi al piccolo spazio fra l’ultima cabina e il muro dalle fredde piastrelle, e li lo vide: Gavin, rannicchiato in una balla, tremante e incapace di calmarsi, con le lacrime che gli rigavano il volto e il respiro sempre più affannoso, mentre si dondolava appena, le braccia avvolte strette intorno a sé.

- Gavin?- lo chiamò dolcemente l’androide, inginocchiandosi sul pavimento pulito, cercando di trovare uno spiraglio libero per poter osservare il suo amato negli occhi ma il suo sguardo era vacuo, perso nel vuoto, incapace di focalizzarsi su qualsiasi cosa.

- Oh, Gavin ...- mormorò Nines, avvicinandosi al suo fidanzato, abbracciandolo forte contro il suo possente e metallico petto, accarezzandogli i capelli dolcemente, sussurrandogli rassicuranti parole, con la speranza di riuscire a calmarlo.

- Respira, amore. Cinque dentro e cinque fuori, fai come me.- gli sussurrò in un orecchio, iniziando a respirare lentamente, inspirando ed espirando con un ritmo conciliante, incitando il Detective a fare lo stesso.

Ci vollero all’incirca venti minuti e cinquantatré secondi per tranquillizzare completamente Gavin.

- Bastardo...- mormorò il castano fra qualche colpo di tosse, lasciandosi completamente andare contro il petto del suo androide, lasciando scappare un sospiro che non sapeva di aver trattenuto fino a quel momento, provando un’improvvisa stanchezza.

Si sentiva a casa fra le braccia di Nines, si sentiva protetto, al sicuro, calmo.

Era finalmente a casa.

- Mi dispiace, Gavin- sussurrò Nines, abbracciando il suo compagno più forte di prima, come se avesse la paura di perderlo da un momento all’altro. - Avrei dovuto essere lì in quella stanza insieme a te ed ignorare Hank e il suo stupido ragionamento...-

- Conrad ...- mormorò con voce rauca il Detective, cercando di assumere un’espressione seria, ma tutto quello che riuscì ad ottenere fu uno sbadiglio e degli occhi più rossi e infiammati che mai.

- No!- lo interruppe l’androide, scuotendo il capo fra il collo e la spalla dell’umano, i capelli soffici e profumati che solleticavano la pelle abbronzata. - Avrei dovuto spiegare a Hank la situazione, avrei dovuto dirgli che soffri di depressione e che ti vengono degli attacchi di panico quando sei troppo agitato o stressato e che ti calmi solo con me. Avrei dovuto insistere e non accettare le sue condizioni!- Nines prese un grosso respiro e sussurrò un piccolo “Mi dispiace” che Gavin non avrebbe sentito se non fosse stato così vicino alla sua lattina della CyberLife.

Reed si schiarì la gola e aggiunse: - Non hai nulla di cui scusarti, quel testardo di Anderson potrebbe aver avuto ragione, ma ...-

- Non è come stare a casa, lo so.- completò la frase l’androide, baciando dolcemente la tempia dell’umano, prima di scendere con delicatezza lungo la sua mascella, tracciando il suo contorno con piccoli baci, prima di afferrare il volto del castano e avvicinarlo al suo, appoggiando le loro fronti, come in una silenziosa connessione fra le loro entità.

- Ti amo, Gav, e mi sei mancato.- gli baciò la fronte e con delicatezza si mise in piedi, aiutando il Detective a stare in equilibrio, mentre il mondo gli sembrava girare tremendamente, il chiaro segnale che gli stava per arrivare una forte emicrania da stress.

- Quei cazzo di gatti hanno sentito la tua mancanza, lattina!- iniziò con tono ironico Reed, cercando di sembrare spavaldo, ma era troppo stanco ed emotivamente drenato, a tal punto da sussurrare, con tono sommesso e sofferente: - L’appartamento non era più il solito senza di te, non lasciarmi mai più, ti supplico.-

- Non lo farò mai più, lo prometto, amore.- disse Nines, abbracciando per l’ennesima volta il suo amato Detective che non pere tempo per stritolarlo fra le sue braccia, nascondendo il volto nel maglione blu scuro dell’androide, inebriandosi del profumo della colonia che aveva comprato qualche mese prima insieme quando Nines aveva dimostrato un certo interesse per i profumi.

Il panico lo stava lentamente abbandonando, la stanchezza si stava impossessando del suo corpo, ma Gavin era felice.

Era di nuovo con l’unica persona che sapesse come prendersi cura del vero Gavin, l’unico che lo aveva visto sia nei suoi momenti migliori sia in quelli peggiori.

Nines era l’unico che amasse e stare con lui era bellissimo.

Sì, ora era davvero a casa.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Detroit Become Human / Vai alla pagina dell'autore: AnarchyAmaryllis