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Autore: Starfallen    23/12/2021    2 recensioni
Parigi 1780
Marinette è un esponente della nuova nobiltà -noblesse de robe - e come tale, lei e la sua famiglia sono trattati dagli esponenti dell'alta società parigina come gente di poco conto. Dovrà imparare a farsi strada tra gli intrighi e le maldicenze di quella che è si la corte più bella d'Europa ma allo stesso tempo un pericoloso covo di vipere.
Adrien Agreste, au contraire, ricco rampollo di una delle famiglie più in vista della corte, nato e cresciuto alla reggia di Versailles, mal sopporta gli obblighi che il suo titolo gli impone, pur sapendo di far parte di un mondo crudele, cerca in tutti i modi di evadere da quella scomoda realtà che pare idilliaca dall'esterno, ma è dura e spietata all'interno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Marzo 1782
 
“Benvenuti miei diletti ospiti! Prego accomodatevi pure.” Esordì Athenaïs, la giovane marchesa de Chartesseaux, Audrey le andò incontro              e si salutarono da buone amichequali erano. 
La giovane marchesa aveva indossato il suo nuovo abito celeste per accogliere i suo amici nel suo sontuoso salone per un piccolo rinfresco prima di recarsi all’Operà tutti insieme. Da dama elegante qual era aveva fatto imbandire la tavola con ogni ben di Dio, biscotti caldi, panini al burro, ottimo vino proveniente che con ogni probabilità proveniva dai suoi vigneti e tortini al formaggio. Il tutto servito su deliziosi piattini in finissima porcellana di Sèvres, compratole da suo marito, il marchese, pochi giorni prima.
Infatti Audrey era sicura che Athenaïs li avesse invitati solamente per pavoneggiarsi, perché i commensali – lei compresa – erano più avidi di pettegolezzi che di cibarie.
 
“Allora diteci chére Audrey, sono vere le voci secondo cui vedremmo presto vostra figlia maritata al giovane Agreste?” – “Absolutment!Ormai è arrivato il suo momento.” – “Perdonatemi madame, ma da quello che sappiamo vostra figlia non è ancora in grado di generare un erede, quindi conoscendo Agreste dubito abbia dato il suo consenso, inoltre la fanciulla ha un corpo troppo secco, non credo sia adatto a sopportare una gravidanza.” 
A quelle insolenti parole del duca di Dairrent la donna si accigliò: “Giudicate quel corpo esile perché voi non siete quasi morto nel metterla al mondo! E credetemi, alla nascita era tutt’altro, persino le anatre che nuotano nelle fontane della reggia erano di dimensioni inferiori.” 
Quella sua osservazione aveva fatto calare il gelo nella stanza, ma fortunatamente intervenne con un escamotage che si rivelò vincente: “Non vedo la cioccolata!”
 
Esclamò con contrariata sorpresa, quasi a scusarsi con i presenti per l’assenza della bevanda più in voga.
Con lo sguardo severo si girò verso la cameriera che abbassò prontamente lo sguardo mortificata: S'il vous plaît excusez-moi madame. – “Non annoiarmi con le tue scuse, sciocca.” – la rimproverò severa la marchesa, alzando superbamente il mento – “Piuttosto sbrigati a rimediare al tuo errore e portala subito!” Mortificata, la cameriera si affrettò ad uscire alla sala per rimediare al suo errore.
Poco le importava sia della cioccolata che di quella cameriera, l’importante era che avessero smesso di parlare di quella viziata ingrata di sua figlia, se solo il suo primogenito non fosse venuto a mancare in maniera tanto ingiusta avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsi quella vana sofferenza che era stata la nascita di sua figlia.

Ma chi ne aveva davvero colpa? 
Di quella stupida domestica che non aveva fatto il suo dovere e che il mattino dopo era stata prontamente frustata e licenziata prontamente?   
O del vento che ululava talmente forte in quella tragica notte d’inverno che aveva fatto spalancare la finestra facendo entrare il gelo che le aveva portato via il suo povero piccolo Sébatien? 
O sua, che non si era premurata che tutto fosse al proprio posto prima di prendere parte a quella festa?
Quale che fosse la risposta giusta oramai non aveva più importanza, ormai erano passati quasi diciassette anni da quella tragedia insensata, ma una madre non dimentica mai, soprattutto queste cose: “Non siate tanto severa con quella servettamadame.” – le parole del conte De Linvorenne la distolsero dai suoi pensieri – “Fa del suo meglio, ma se la natura ha fatto di lei una serva non è di certo per le sue doti intellettuali. Io stesso sono circondato da domestici tanto ossequiosi quanto stupidi.” 
Tutti i presenti scoppiarono a ridere compresa lei, per non dare a vedere i suoi pensieri.
 
Poco dopo la domestica riapparve con un vassoio d’argento su cui vi era una graziosissima teiera di porcellana in abbinamento perfetto con il vezzoso servizio di tazzine. 
La ragazza versò velocemente la bevanda fumante a tutti i commensali, il dolce profumo della bevanda salì dritto alle narici di Audrey, fece per portarsi la tazzina alle labbra, ma ci ripensò dato che era bollente peccato che monsieurDe Linvorenne non fu altrettanto accorto, non appena si portò la tazzina alle labbra emise un lamento.
Come lei aveva giustamente previsto la cioccolata era rovente e il conte la lasciò cadere istintivamente la tazzina che finì in pezzi sul lungo strascico della marchesa: “Santo cielo! Ma nouvelle robe est ruiné à jamais!”
Le urla disperate di Athenaïs riempirono la stanza e tutti gli ospiti mimarono un dispiacere di circostanza.
“Che peccato, che disgrazia.” Disse Audrey ridacchiando sotto i baffi mentre si portava alle labbra la tazzina soffiandoci su, alzò lo sguardo e vide distintamente la domestica uscire dalla stanza sorridendo.
 
      

****

 
Adrien sorrise cordialmente alla cameriera che gli stava versando il thè nella tazzina, era proprio ciò di cui necessitava dopo l’estenuante cavalcata che si era protratta fino a mezz’ora prima.
Non era un’amante della caccia, anzi, la considerava vile e crudele, ma per sua sfortuna essendo uno dei passatempi prediletti da Sua maestà era stato obbligato da suo padre a prendervi parte, nella speranza che re o dal Duca D’Orléans rivolgessero lui il privilegio di una o più parole. 
Ma più estenuante di quella pantomima c’era solo la conversazione che aveva avuto con Nino al loro rientro nei suoi appartamenti, sulla solita dolce questione: “Nino, non so cosa fare. Da quella sera ho difficoltà a parlarle, guardarla, m’imbarazza persino pesare a lei. Davvero non so più come comportarmi.” – “È più che normale, soprattutto la prima volta che una donna ti si spoglia davanti, l’unico modo per farti passare il prurito è farla tua immediatamente. È sottinteso che serva il benestare della ragazza, ma in questo caso, bhe, tu non avresti nemmeno dovuto trovarti li.”
 
Per la prima volta l’espressione di Adrien fu si di sorpresa, ma dovuta al fatto che condivideva appieno il parere del suo amico, aveva sbagliato ad aver involontariamente spiato Marinette mentre si spogliava delle vesti bagnate, ma era rimasto impietrito, paralizzato, ammaliato da quella scena.
 
“Infatti non era mia intenzione spiarla e… vedere quello che ho visto.” – “Ma non ti è dispiaciuto farlo, ammettilo, adesso non ti viene poi così difficile immaginarla, nuda. ” Nino calcò volutamente sull’ultima parola, e il biondo distolse lo sguardo colpevole, da quella aveva colpevolmente osservato Marinette con più interesse di prima, quel tipo d’interesse.
Se ne vergognava e molto, non riusciva a comprendere cosa gli fosse capitato, mai aveva anche solo pensato ad una fanciulla in questo modo, era irrispettoso e poco cristiano desiderare una giovane su cui non aveva alcun diritto e che probabilmente mal tollerava la sua presenza, invece di pensare a Chloé che al contrario un giorno sarebbe stata sua moglie.
 
Ma Marinette, lei aveva risvegliato qualcosa in lui che non sapeva descrivere, l’unica cosa che sentiva era un fuoco che gli cresceva dentro quando lei gli era vicino, e tutto era iniziato da quella sera.   
“Ma lei non è mia, e non lo sarà mai perché il mio destino è già segnato ricordi? Si chiama Chloé Bourgeoise non merita tutto questocosì come Marinette non merita di essere compromessa per un mio capriccio. Vedrai che quando mi sposerò questa storia passerà in secondo piano.” – “Non sai quanto ti sbagli, è nella natura umana anelare sempre ciò che non si può avere.” – prese un sorso della calda bevanda che aveva di fronte – “E tu lo sai perché quella giovane ti sta facendo sudare più del previsto?” 
 
Lo sbeffeggiò appena, sapeva dell’interesse di Nino per una domestica, ma la ragazza era furba e teneva il suo amico al lazzo, e lui non riusciva a togliersela dalla testa: “Già, non ho mai dovuto faticare tanto, ed è diventato anche piuttosto frustrante perché….” – “Perché…?” Incalzò ulteriormente Adrien – “Hai presente Pauline?” – “Mademoiselle de Forneau?” – “Elle, exactement! Insomma noi due eravamo, bhè, presi dal momento, ma…” – “Ma?”

Nino lo guardò imbarazzato: “Non so cosa mi sia successo, ma… mi sono inceppato.”
Adrien scoppiò a ridere a quella confessione: “Non ci credo Nino Lahiffe che manca il colpo?” – “Suvvia, tu sei l’ultimo che può canzonarmi, fanciullino.” Rise sadico ed Adrien arrossì

“Sai.”- riprese poi Nino – “Solo a titolo informativo, le donne sono creature tanto meravigliose quanto complicate, ma non è necessario comprometterle per dare loro piacere. Bisogna solo conoscerne i segreti.” 
Sorrise beffardo il moro guardando il suo amico che di contro lo guardò sconcertato, ma con un interesse mal celato. 
Finse totale disinteresse per la questione – ringraziando mentalmente di aver ereditato le doti d’attrice della madre – e sorseggiando la sua bevanda calda: “E sentiamo,  o gran rubacuori quali sarebbero questi arcani misteri?” Ovviamente era ironico, sicuramente non si sarebbe mai aspettato un discorso del genere.  
 
 

****

 
 
“Ma Gaston tutto questo non ha alcun senso! È solo un libro perché non mi permettete di acquistarne una copia? ” – “Non esiste che io venda ad una donna un libro del genere. È fuori discussione, se il vostro padrone lo vuole può venire ad acquistarlo da se. ” – Alya si parò davanti al libraio, erano venti minuti che stavano discutendo perché questi si ostinava a non volerle vendere il manoscritto fresco di stampa ‘Les liaisons dangereuses’ che Marinette l’aveva mandata a comprare, ma le cose avevano preso una piega inaspettata.
 “Il mio padrone mi frusterà se mi presento a mani vuote.” – Non era vero ma le restava solo quella carta da giocare: “Non è affar mio mademoiselle. Buona giornata.” 
Alya uscì frustrata come non mai dalla bottega del libraio senza aver concluso l’acquisto che Marinette le aveva chiesto di fare per lei. 
Quel libro che aveva creato tanto scandalo ai piani alticome li definivano sempre lei e Nora, ora i librai si rifiutavano quasi di parlarne, tantomeno venderne delle copie. E ne aveva appena avuto la prova, Gaston, che pur di vendere qualcosa si sarebbe inventato le storie più assurde adesso non osava, quasi timoroso di essere trascinato sul patibolo. 
Doveva però ammettere che tutto quel clamore aveva incuriosito anche lei, infatti quando la sua amica aveva invitato a casa le sue ‘amichette’ altolocate per un pomeriggio di giochi e pettegolezzi, avendo lei udito parte dei loro discorsi a riguardo mentre serviva la merenda al tavolino si era inevitabilmente incuriosita.
 
Infatti non appena avevano avuto modo di stare sole era partita all’attacco: “A quanto pare le tue ‘amiche’ sembrano parecchio sconvolte da questo nuovo libro.” – “Ho notato, ma dubito lo abbiano letto per davvero. Stando a quanto dice mademoiselle Beauréal, suo padre gliel’ha strappato davanti agli occhi per poi buttarlo nel camino.” – “Che razza di bruto!” Dallo sguardo che le rivolse capì che anche lei era d’accordo con quell’affermazione.
“Però se ha avuto quella reazione deve aver avuto una motivazione valida.” Aveva ribadito la corvina mentre sorseggiava il restante del thè insieme alla sua amica: “Mi pare di averla sentita affermare una cosa del tipo ‘Monsieur de Laclos l’ha combinata grossa questa volta!’” – “Ci stavi spiando per caso?”- “Jamais chéri. Ma sai, non è colpa mia se l’udito umano percepisce i discorsi fino a certe distanze.” Aveva ribattuto furba come una volpe.
“E ti dirò di più.” – aveva affermato probabilmente con quella che Marinette definiva ‘luce malandrina’ nello sguardo, perché vide distintamente la corvina prestarle un’attenzione particolare – “In verità sono assai curiosa di leggerlo!”Ammise ridacchiando, seguita a ruota dalla sua amica: “E se ti dicessi che anch’io muoio dalla voglia?” 
Vide distintamente un lampo di malizia attraversare gli occhi azzurri di Marinette: “Però se i miei lo scoprissero…” – “Non ti preoccupare, a quello ci penserò io!”
 
E così si era giunti a quel freddo pomeriggio di metà Marzo, in cui Alya si era recata in città con la scusa di prendere latte e uova si era recata anche alla bottega del libraio per ritirare il famigerato libro.
Ora che la missione principale era stata abortita non le restava altro che cominciare ad incamminarsi per andare a ritirare le uova per poi avviarsi tristemente verso casa, dove lei e Marinette avrebbero pranzato insieme quel giorno, data l’assenza dei genitori della giovane. 
Si strinse nella mantella di lana sorpresa da un gelido alito di vento, per quanto adorasse la magia dell’inverno proprio non sopportava il gelo, ma c’era di positivo che spesso e volentieri Marinette metteva la sua carrozza a  disposizione sua e della sua famiglia, ovviamente quando vi era la possibilità.
Cosa che quel giorno non era stato possibile, visto che madame Dupain si era recata a casa di una marchesa per il pranzo, con sommo dispiacere di Alya.
Le strade in quella stagione erano impraticabili, tutto quel nevicare aveva reso gran parte del terreno una poltiglia di fango e i suoi piedi affondavano ad ogni passo, rovinando irrimediabilmente scarpe e l’orlo dell’abito, meno male che non aveva indossato quelle ad casa. Era talmente concentrata sull’affrettarsi per raggiungere la locanda di Nora che non si accorse di un cavallo che la stava affiancando: Avez-vous besoin d'aide mademoiselle?” Quella voce, sapeva chi era, non lo guardò subito in volto fingendo di fare la sostenuta: “Siete un maleducato, un gentiluomo che si approccia ad una fanciulla per prima cosa le rivolgere un saluto.”
“E se al posto di un saluto le offrissi un mezzo di spostamento più confortevole.” Lei lo guardò e le ammiccò seducente, in quello stesso istante ad Alya venne in mente un’idea .
 
“Devo ammettere che sapete usare argomenti convincenti monsieur
Lahiffe” – 
Il giovane le tese una mano ed Alya l’accettò, con un rapido movimento la ragazza si ritrovò in sella al destriero. 
Il giovane si fece più indietro permettendole di accomodarsi davanti
“E credetemi mademoiselle, non sono bravo esclusivamente con le argomentazioni verbali.”La ragazza avvertì distintamente una mano del giovane stringerle audacemente la vita e scendere, corrucciò lo sguardo e si scansò appena da lui: “Questo è ciò che dite. Ma io non vi credo.” – voltò lo sguardo di modo da non farsi accorgere da lui ed esibì un sorriso furbo – “Cosa intendete mademoiselle?” – “Dite di essere bravo a parole, quindi dimostratemelo!” – “E come?”
Alya si voltò a guardarlo dritta negli occhi, sfoderando i suoi occhioni da cerbiatta: “Ho avuto una discussione col libraio. Si è rifiutato di vendermi un libro, vista la vostra bravura con le parole, non vi sarà difficile aiutarmi.” – “Un momento mademoiselle,io cosa ne avrò in cambio?” – “Beh, dopo avermi aiutata con questa puriginosa faccenda e le altre commissioni, una volta a casa saprò ricompensarvi adeguatamente.” Allargò il suo sorriso, pregando che lui si convincesse, così finalmente sarebbe riuscita nella sua missione.  
 
Il giovane parve pensarci un po’ su, poi rise di gusto e a quel punto Alya temette di aver fallito nei suoi intenti: “Sapete davvero come convincere un uomo. Petite renan.A quelle parole la giovane dentrto di se scoppiò dalla gioia, uno a zero per Alya– “Su forza allosì, dopo devo recarmi da mia sorella, poi a casa. Mademoiselle attende il mio ritorno.” – “Faccende urgenti?” – “Niente che vi riguarda.” 
Il giovane rise e diede di speroni per indurre il cavallo a muoversi.
 
   
 

˜

 
Quando finalmente rientrò a si spogliò rapidamente della mantella senza fare caso a dove realmente la appoggiava, ripose frettolosamente le uova sul ripiano della cucina e si precipitò in camera di Marinette, facendo particolare attenzione a tener nascosto il contenuto del panier. Infatti sotto un semplice panno di cotone aveva nascosto il prezioso manoscritto. 
Quando fu dinanzi alla porta semplicemente bussò, attese solo un istante: “Avanti.” -  “È permesso mademoiselle?” Chiese con finta sottomissione, non sapeva se Marinette fosse sola o meno: “Devi, è tutto pomeriggio che ti aspetto! Dov’eri finita?” – “Poco importa, ho il bottino.”
Marinette la guardò confusa: “Il libro.” Puntualizzò.
“L’hai trovato!?” Chiese eccitata, il gridolino che emise fece capire a Marinette che la missione era ultimata e le due si presero per mano cominciando a saltellare insieme: “Oh no…” – “Cosa succede?” all’improvviso Marinette si gelò, s’immobilizzò come se avesse appena visto un fantasma: “E se i miei genitori dovessero trovarlo?” Chiese tremante, a quelle parole la mora esibì il suoi solito sorriso furbo: “A questo ha già provveduto la tua migliore amica.” 

Disse tronfia, estraendo dal panier il manoscritto: “L’ho fatto rilegare con una copertina anonima, senza menzione del titolo né tanto meno dell’autore.”
 Lo mise nelle mani della sua amica che lo prese tra le sue mani, Marinette fece svettare i suoi occhi azzurri colmi di gioia da lei al libro: Tu es absolument génial!”
Le gettò le braccia al collo e per poco Alya non fece cadere sia il libro che il cesto.
Merci ma chère, ora dimmi qualcosa che non so.”– “Che sei un’insolente lo sai?” Chiese con una punta d’ironia.
“Forza ora mettiamoci al tavolo.”

 
 
 

****

 
 
Chloé si rigirò sotto le coperte in quel letto dal materasso duro come il marmo, ma non se la sentiva di lagnarsi troppo dato ciò che aveva passato quella notte. 
Fortunatamente al suo fianco c’era stata Juliette ad assisterla ed aiutarla, anche quella stessa mattina quando le aveva prima imposto di restare a letto a riposare per poi portarle la colazione direttamente dalla mensa comune. 
La notte appena trascorsa era stata atroce, dalla sera prima sicuramente non immaginava un esito così… così.
 
Il giorno precedente nel primo pomeriggio aveva avvertito un lieve mal di testa, ma non ci aveva dato troppo peso credendo che presto sarebbe passato, invece era aumentato nel corso della serata tant’è che prima di dormire aveva chiesto un decotto di melissa per poi coricarsi. Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Nel cuore della notte si era svegliata con un dolore lancinante al capo, sentiva come se la testa stesse per scoppiarle da un momento all’altro e un fortissimo senso di nausea, si era messa a sedere sperando che si attenuasse ma invano.
Così, dopo un’imprecisata quantità di tempo decise di alzarsi e camminare, nella speranza che facendo altro quelle orribili sensazioni svanissero, purtroppo anche quella decisione si rivelò fallimentare, dato che dopo appena pochi passi un forte capogiro che la fece vacillare, tanto da urtare il tavolino al centro della stanza e rovesciare il vaso, che cadde al suolo frantumandosi.
 
Tutto quel trambusto destò Juliette:“Chloé ma chère, che succede?” Le aveva domandato con la voce impastata di sonno. Nel frattempo lei si era accucciata a terra tenendosi convulsamente la testa tra le mani, aveva udito appena le parole della sua amica e il dolore era talmente straziante che faticava a risponderle.
“Chloé?! Chloé tesoro rispondimi!” Con la voce incrinata dalla preoccupazione Juliettesi affrettò ad uscire dal letto e in un lampo le fu affianco: “Che ti succede?” -Le chiese mentre le cingeva le spalle – “Ho un’emicrania… forte… molto forte.” Disse a fatica mentre continuava a stringersi il capo, le lacrime cominciavano ad appannarle quel poco di vista che le restava. 
Juliettel’aiutò ad alzarsi, tenendola per le spalle e la mise a sedere sul letto, le diede un bicchiere d’acqua per aiutarla a riprendersi e un poco funzionò: “Resta qui un minuto, vado a prenderti della menta dall’orto.” Accese il lumino che avevano per la notte e si coprì bene per poi uscire.
Non seppe dire quanto tempo trascorse lì, seduta sul letto con i pugni stretti sulle ginocchia, l’unica cosa che avvertiva era il senso di nausea diventare più insistente finché degli spasmi allo stomaco la colsero di sorpresa e, quale fu la forza che la mosse in quel momento non lo seppe neanche lei, con un gesto rapido prese il vaso da notte sotto il suo letto e vi si piegò per rigettare quel poco che aveva in corpo. 
 
Uno. Due. Tre spasmi, poi così come tutto era arrivato se ne andò e la bionda si accasciò esausta ai piedi del letto e con a fianco del vaso da notte, con la fronte imperata di sudore e il fiato corto come dopo una stancante corsa. Fu lì che Juliette la trovò, con la testa appoggiata al materasso e un braccio a fasciarsi lo stomaco, non era sola, ma era tornata insieme a suor Marie, la sorella che si occupava dell’orto:“Chloé! Cos’è successo?!” –Chiese allarmata la giovane mentre la bionda si mise a sedere più composta, fece per parlare ma sentiva la gola graffiare: “Aspettate mademoiselle.” Disse con dolcezza la suora, poi appoggiò il lumino vicino alla brocca con l’acqua fresca, ne versò un bicchiere e vi aggiunse qualcosa che la bionda non distinse troppo bene date le sue condizioni.
Quando le porse il bicchiere lei lo accettò e con le poche forze che ancora possedeva la ringrazio. Si portò il liquido alla bocca e subito avvertì una dolce nota, era miele che ridiede alla ragazza un minimo di energie: Mademoiselle,se la sente di dirmi cosa è capitato?”Con fatica Chloé spiegò alla suora quello che le era capitato. 
 
“E adesso come vi sentite?” Il tono amorevole e materno con cui Sorella Marie le porse la domanda fece quasi commuovere Chloé: “Stanca, e mi gira ancora forte la testa. Non so cosa mi sia successo, non era mai accaduto…” Si sentì patetica mentre piagnucolava, ma quando vide la suora che la guardava comprensiva si rasserenò, poi estrasse dalla sacca due piccole ampolle contenenti del liquido, una venne poggiata sul comodino mentre capovolse l’altra bagnandosi appena un dito con il contenuto.
Subito si sprigionò dalla boccetta un odore di menta che riempì l’aria della stanza: “Con permessomademoiselle.”Suor Marie le applicò il liquido sul sopracciglio e dietro la nuca, poi appoggiò la boccetta affianco all’altra e l’aiutò ad alzarsi e a rimettersi nel letto: “Vi lascio qui le ampolle con l’essenza di menta e lavanda, quest’ultimo ve lo lascio da applicare sul ventre e da aspirare, non troppo s’intenda. Domattina resterete a letto per riposarvi, vi farò portare una colazione leggera e avviserò le altre sorelle della vostra indisposizione. Ora riposate mademoiselle,passerò per un controllo.” Così dicendo si alzò dal letto per tornare nella sua stanza: “Suor Marie, vi prego ditemi la verità, sto per morire non è così?” – Chiese con titubanza, a quelle parole la suora le sorrise dolcemente per rassicurarla – Absolutment non! Avete solo avuto un brutto episodio di cefalea, nulla di grave. Ora riposate, domani ci occuperemo del resto.”
 
Ripensava a quelle parole mentre si rigirava insistentemente nel letto, guardò il vassoio che era stato riposto sul tavolino, non aveva toccato nulla di quello che sorella Marie le aveva fatto portare. 
Latte di capra con due fette di pane e uova, si era fatta portare anche della frutta, inutilmente perché non era nelle sue intenzioni toccare cibo.
Era dalla festa di carnevale che avvertiva del malessere, ma non si aspettava di certo questo e la cosa che più l’atterriva erano le visite che l’attendevano nel pomeriggio, non aveva voglia di sentire quelle disgustose sanguisughe sul corpo, l’unica cosa che avrebbe voluto sentire erano le mani di Adrien che l’accarezzavano ovunque, come avrebbe voluto da principio.
Il solo pensiero però le diede nuovamente la nausea, si alzò e sgattaiolò fuori dal letto, si alzò e si coprì bene per andare a sistemarsi nel bovindo della finestra e vi guardò fuori, la neve cadeva a fiocchi e non accennava a voler smettere.
Fuori faceva freddo, come nel suo cuore, sentì bussare: Mademoiselle Bourgeois, è permesso? – Suor Marie è già arrivato il momento? Non sono presentabile…”- disse cercando di coprirsi il più possibile con lo scialle che si era messa sulle spalle – “Non si preoccupi, sono venuta solo a rassicurarla e a dirle che non sarà il medico a visitarla.”- La suora si addentrò nella camera -“Ma io, così non s’imbarazzerà troppo quando verranno effettuate certe verifiche.” 
Chloé non comprese cosa intendeva la suora quando parlò di ‘certe verifiche’ ma era felice che ci fosse lei e non un viscido vecchio a visitarla:“Però ho bisogno che siate totalmente onesta con me, mademoiselle.” – “Certo che lo sarò, vi fornirò una dettagliata descrizione dei miei sintomi, non vi è problema alcuno. Rammento ogni cosa.”
 
“Spero lo sarete onesta non solo sui vostri sintomi, ma anche sulle reali cause.” Chloé guardò stranita la suora, non capendo l’allusione di suor Marie, lei era stata male davvero e la stessa Juliette si era seriamente preoccupata, ma sperava fosse la suora a fare chiarezza: “Io non ne conosco la causa, so solo che non mi aspettavo questo esito da una semplice emicrania.”     
Suor Marie la guardò indagatrice, cercava di studiarla per cercare di carpirle qualcosa di cui invero non sapeva niente nemmeno lei: “Perché voi cosa credete che possa essere?” – “Non voglio offendervi mademoiselle, ma suor Suzanne ha ipotizzato che visti i vostri comportamenti lascivi, possiate esservi concessa impudentemente a qualcuno.” 
Pettegola insolente! Ma come osa affermare cose simili?’  
Chloé era sgomenta per ciò che era stato insinuato, certo i suoi intenti con Adrien erano ben composti nella sua testa, ma non era accaduto nulla, e soprattutto l’unica a sapere di quella questione era Juliette elei sapeva tutto e non l’avrebbe mai tradita.
“Ma è ridicolo! Je… je suis innocent… non ho fatto niente di ciò di cui mi si accusa.” Suor Marie parve crederle, voleva ben vedere! Non stava mentendo, stava dicendo il vero, stavano perdendo di vista il vero problema per inseguire una falsa diceria messa in giro probabilmente da quella intrigante di Alphonsine de Vaudreuil con la complicità di suor Suzanne, si doveva per forza essere così.
“Mademoiselle?”  La bionda si riscosse sentendo la suora che la chiamava, la guardò interrogativa e pazientemente ripeté quanto aveva appena detto: “Il mio istinto mi suggerisce che ci sia del vero nelle vostre parole mademoiselle, ma purtroppo c’è bisogno che io mi accerti della cosa.” – “E come?” Disse con una punta di acidità: “Dovete solo stendervi e rilassarvi. Io penserò al resto.” Le disse con una dolcezza a cui non era abituata: “Poi una volta esclusa questa possibilità le prometto che cercheremo una soluzione.”

Se pur con estrema riluttanza Chloé acconsentì, sapeva di star dicendo il vero e sentiva che si poteva fidare di suor Marie, lei non aveva niente da nascondere, era forte e con il tempo avrebbe superato anche questa umiliazione.
 
 

****

 
 
 
Considerazioni finali:
 
Salve a tutti e tanti auguri di buon Natale!
Anche se con due guorni d’anticipo questo è il mio regalo personale, oltre che un sincero augurio di buone feste anche se in questa Time Story il periodo di Natale è già trascorso da un bel pezzo, ma confido che apprezzerete ugualmente.
Come sempre all’interno sono inserite delle piccole chicche e curiosità, come il rimedio per il mal di testa di cui io stessa usufruisco spesso, o la citazione al capolavoro diLaclos che posso dire essere uno dei libri che più mi ha illuminata da ragazzina, oltre ad aver consentito l’omonimo film del 1988 con Glenn Close e John Malkovich – e non solo -  che vi consiglio caldamente di recuperare. 
Detto ciò spero di avervi allietato queste feste.
Vi auguro un buon Natale e un felice inizio 2022!
Un abbraccio a tutti.
Starfallen 

   
 
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