Un rametto di vischio
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Dicembre 1996
Draco
sbatté forte
l’antina dell’armadio svanitore. Quel maledetto non
voleva saperne di
funzionare.
Imprecò e diede un
calcio a un tavolino che stava lì vicino
all’armadio, facendolo cadere con un
gran rumore.
Improvvisamente, la
porta della stanza delle necessità si aprì e
qualcuno entrò, sbattendo la porta
e urlando. Draco si accucciò e cercò di
avvicinarsi all’entrata senza farsi
vedere. Qualcuno lo aveva seguito? Aveva scoperto il suo segreto?
Daphne
entrò nella
stanza, piangendo nervosamente e senza riuscire a trattenere un urlo
nervoso: i
suoi genitori avevano deciso di rovinarle la vita!
Si sedette al solito
posto sul divano consunto e tirò fuori il diario da sotto il
tappeto. Sistemò penna
e calamaio e prese a scrivere i suoi pensieri.
Quando sentì un rumore
dietro di lei si spaventò e si alzò di scatto con
il diario stretto in pugno.
“Daphne!”
esclamò
Draco, sorpreso.
La ragazza si spaventò
quando lui puntò la bacchetta e le cadde di mano un quaderno.
“Draco!” gridò anche
lei.
Il ragazzo si avvicinò,
guardingo, chiedendo: “Che ci fai qui? Mi spii?”
Daphne
impallidì. Draco
pensava che lo stesse seguendo? Oddio che imbarazzo!
“No… io vengo qui per…” si
interruppe, vergognandosi e guardando il suo diario per terra, aperto.
“Ferma!” gridò ancora
lui, facendo girare la punta della bacchetta e avvicinandosi. No!
Voleva
leggerlo?
Gli
occhi della ragazza
si riempirono di lacrime, Draco lo vide benissimo. Quando fece levitare
il
quaderno e lo prese in mano, gli diede un’occhiata veloce:
era un diario, il
suo.
Iniziò a leggere e lei
fece un passo avanti. “Draco…” Lui la
immobilizzò solo muovendo la bacchetta e
continuò a leggere, infischiandosene che non fosse per
niente educato: i
genitori della ragazza volevano combinare il suo matrimonio con uno
sconosciuto.
Draco alzò lo sguardo
su di lei, che abbassò gli occhi quando capì che
aveva letto quella parte e il
suo viso si fece rosso.
Spinto da qualcosa di
sconosciuto, chiuse il quaderno e glielo porse.
“Perché sei qui?” chiese prima
che lei lo afferrasse.
“Lascio qui il diario
così le altre non lo trovano” spiegò.
Draco annuì: era credibile.
Daphne
sentiva il viso
andare a fuoco, tanto si vergognava, così prese il diario
senza dire niente e
si sedette sul divano, nascondendosi il viso fra le mani.
“Dammi dieci minuti,
poi vado via” gli disse, senza guardarlo: doveva sistemarsi,
prima di uscire.
Sentì il ragazzo
sedersi accanto a lei sul divano e dirle che non c’era
fretta. Si voltò a
guardarlo e lo ringraziò, continuando a guardarlo: Draco da
un po’ era sempre
nervoso, ma lei notò quanto fosse bello. Si sentì
di nuovo arrossire.
“Anche
i miei mi
giocano brutti scherzi” iniziò Draco,
inconsapevolmente. Aveva bisogno di
confidarsi con qualcuno e lei forse poteva capirlo.
Due ore dopo, si era
allentata la tensione: i due ragazzi stavano chiacchierando
animatamente e più
di una volta avevano riso, anche Draco, che non rideva quasi
più. Si sentiva
così bene. Avrebbe voluto stare nella stanza delle
necessità per sempre. Con
Daphne.
Quando Draco allungò
una mano e le accarezzò la guancia con un dito, sopra di
loro apparve un
rametto di vischio.
Daphne
alzò gli occhi e
quando vide il vischio scappò dal divano fino al centro
della stanza, ma un
altro rametto si materializzò sopra di lei. Quando vide il
sorrisino di Draco
si coprì il viso con le mani. L’avrebbe presa in
giro? Perché aveva desiderato
baciarlo? Come probabilmente facevano tutte le altre ragazze?
Draco si avvicinò e le
tolse le mani dal viso, dicendole: “Guardami,
Daphne”. Lei ubbidì e notò che
sopra la sua testa c’era il vischio uguale al suo.
Anche Draco desiderava
baciarla? Oh.
Draco fece un passo e le fece una carezza. I due rametti si unirono e il vischio divenne più grande. Quando si chinò su di lei, Daphne aveva già chiuso gli occhi, sorridendo.
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***Ho trovato questa versione 'lunga' nel pc (l'altra era la versione 'flash' 500parole he ha partecipato al contest - 3 posto) e siccome mi piaceva molto e rendeva bene, ho pensato di pubblicarla qui, in un altro capitolo perchè alla fine, era la stessa storia.