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Autore: Calimon    25/12/2021    2 recensioni
È la Vigilia di Natale.
Durante una telefonata Sherlock racconta a John che da piccolo la notte del 24 Dicembre costruiva un fortino con le lenzuola e si nascondeva lì aspettando Babbo Natale.
Sentendolo giù di morale, senza pensarci troppo, decide di costruirgliene uno.
Per la prima volta dopo tanto tempo, seduto sotto le lenzuola stese sul divano, insieme a Sherlock, si rende conto di non sentirsi solo è un regalo inaspettato dell’amico lo costringerà a confrontarsi con quello che prova.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È la vigilia di Natale.
John si guarda intorno: le luci dorate dell’albero che illuminano il salotto, i regali per Rosie disposti sotto l’albero, i biscotti per Babbo Natale posati in un piatto davanti al camino con il loro profumo che aleggia ancora per tutta la casa.

Non aveva mai fatto i biscotti prima di quel pomeriggio, pensava di comprarli nel panificio vicino a casa, ma quando Rosie gli aveva detto che le sue amichette dell’asilo li avrebbero cucinati insieme alle loro mamme la Vigilia non aveva esitato un attimo ad accantonare la sua idea, comprare gli ingredienti e cercare la ricetta.
Con le canzoni di Natale in sottofondo avevano impastato insieme, sparpagliando maldestramente zucchero e farina per tutta la cucina; Rosie si era divertita a tagliare l’impasto con le formine e a decorare i biscotti con la glassa dei suoi colori preferiti, impiastricciandosi le mani e il viso, dando forma a stelle rosa, omini di pan di zenzero gialli e abeti rossi.
Metterla a letto dopo che si era offerta di assaggiare un biscotto per ogni forma era stata un’impresa ma la prospettiva di risvegliarsi con dei giocattoli nuovi era stato un ottimo incentivo ad abbandonarsi al mondo dei sogni.

La tv sta trasmettendo un film natalizio e John si sente davvero solo.
Guarda l’orologio e pensa che Sherlock a quell’ora sicuramene è rincasato.
Come ogni 24 Dicembre lui e la sua famiglia sono andati a trovare Eurus, cosa che ormai avviene con una certa regolarità ma che lascia sempre tutti molto provati emotivamente, e nel caso della signora Holmes anche fisicamente, dal momento che soffre il mal d’aria.
Non può fare a meno di chiedersi come stia Sherlock. Se lo chiede spesso.

Dopo la morte di Mary c’erano voluti molti mesi prima che il loro rapporto tornasse ad essere quello di sempre.
John si sentiva profondamente in imbarazzo e rammaricato per come aveva trattato Sherlock, per averlo colpito con tanta violenza, per avergli gridato in faccia che Mary era morta a causa sua nonostante sapesse la verità, per averlo ignorato mentre stava male e per averlo spinto quasi all’overdose pur di avere un’occasione per riallacciare il rapporto come lui.
Sherlock da parte sua aveva perdonato tutto a John ma non riusciva a perdonare sé stesso: si sentiva in colpa perché a causa sua John aveva rischiato di morire come Barbarossa e per la morte di Mary.
C’erano stati giorni in cui il loro rapporto era meccanico e imbarazzato, giorni in cui avevano discusso nuovamente, giorni di silenzi e giorni in cui avevano di nuovo riso insieme, complici; un po’ alla volta erano tornati ad essere quelli di prima.

Il cellulare di John vibra.
Non è la prima volta che Sherlock chiama nel momento esatto in cui John sta pensando a lui, quasi ci fosse un filo ad unire i loro pensieri; spesso capita anche che finiscano l’uno le frasi dell’altro, quasi come se fossero…una coppia.
John indugia un secondo su quel pensiero.
Nel corso degli anni quella parola ha attraversato più volte la sua mente, fugace come un fulmine, per essere scacciata altrettanto velocemente.
Che assurdità. Sherlock è solo un amico, un amico piuttosto irritante a volte. Molte volte per la verità.
Ma dalla morte di Mary, Sherlock è l’unica persona con cui ha davvero voglia di passare il tempo.
E di sentire quando gli succede qualcosa di bello. O quando sta male.
Si può dire che Sherlock sia spesso il fulcro dei suoi pensieri, subito dopo Rosie ovviamente, ma è normale, giusto?
Nonostante i trascorsi è il suo migliore amico.

“Hey Sherlock!”
“Ciao John. Come stai?”
La voce di Sherlock lo fa sorridere automaticamente.
“Bene, oggi pomeriggio ho cucinato dei biscotti con Rosie!”
“Davvero?” Dall’altra parte del ricevitore Sherlock sembra molto sorpreso “Ed erano commestibili?”
Se lo immagina con l’espressione dubbiosa e il sopracciglio alzato.
“Domani al pranzo di Mrs. Hudson potrai assaggiarli tu stesso!”
“Anch’io da piccolo lasciavo dei biscotti davanti al camino, poi costruivo un fortino con le coperte e i cuscini del divano e rimanevo lì per ore ad aspettare Babbo Natale per capire chi fosse davvero ma puntualmente mi addormentavo.” John coglie la nota di fastidio nella sua voce.
È sicuro che anche al piccolo Sherlock non andasse giù di non riuscire a controllare il suo bisogno di dormire e perdersi l’arrivo di Babbo Natale o chi per lui.
“Sempre alla ricerca di risposte, eh?”
“Era tutto più semplice allora..” commenta Sherlock malinconico.
La visita alla sorella lo deve averlo provato particolarmente quel giorno.
In un lampo a John viene in mente un’idea assurda.
“Sherlock, ti va di passare?” Chiede seguendo l’impulso del momento, prima di poterci ripensare. “Se non hai altro da fare, ovviamente.”si affretta ad aggiungere.
“Direi che la mia ricerca sulla necrosi può aspettare. Venti minuti e sono da te.”
Prima che John abbia modo di dire altro Sherlock ha già chiuso la conversazione, tipico di lui. 

All’inizio queste piccole cose lo irritavano, trovava Sherlock uno stronzo arrogante; solo con il passare del tempo aveva imparato a conoscerlo.
Continua ad essere saccente, pieno di sé e fin troppo pragmatico, come aveva dimostrato l’interruzione della chiamata, ma ogni tanto, a pochi eletti, lascia intravedere quello che c’è dietro la sua corazza.
Un uomo premuroso e sensibile, a tratti estremamente fragile, capace di voler bene in un modo tutto suo e di dare qualsiasi cosa per chi gli è veramente caro.

Esattamente venti minuti dopo John sente bussare tre volte alla porta.
Quando apre trova Sherlock piegato ad osservarsi nel vetro della finestra adiacente, mentre si scuote via la neve dai capelli, la punta del naso e le guance leggermente arrossata a causa dell’aria fredda.
Non riesce a trattenersi dal pensare che Sherlock sia dannatamente bello.
Ma del resto anche questo non significa niente, giusto?
Qualsiasi essere umano dotato di un paio d’occhi funzionanti penserebbe la stessa cosa vedendo un uomo come lui; con quegli occhi azzurri e quegli zigomi…
John si schiarisce la voce.
“Ciao Sherlock!” Si fa da parte per farlo entrare
“Buona vigilia John!”
Sherlock gli porge un sacchetto di carta rossa.
"Questo è per Rosie, ho pensato che le avrebbe fatto piacere aprirlo domani mattina insieme a tutti gli altri regali.” Poi togliendo il cappotto aggiunge: “A dire la verità c’è anche un’altra cosa per lei ma non sarebbe entrata nel taxi..”
“Oddio Sherlock, cosa le hai comprato?”
Per un attimo John è davvero preoccupato.
“Ti ricordi quel peluche che le piaceva tanto quando siamo stati da Hamley’s?”
“Intendi la giraffa gigantesca?”
Sherlock annuisce e vedendo l’espressione di John aggiunge sulla difensiva “Beh è un peluche incredibilmente realistico, così avrà un’idea di come sia fatta davvero una giraffa!”
John scoppia a ridere, è così tipico di lui.
Sherlock adora viziare Rosie. Inizialmente John pensava che agisse così solamente per i suoi sensi di colpa per ciò che era accaduto a Mary, ma più il tempo passa e più si rende conto di essersi sbagliato.
Sherlock vuole davvero bene a Rosie; è paziente con lei, le legge le favole, gioca con le sue bambole ed è sempre pronto ad abbracciarla ogni volta che lei tende le braccia verso di lui.
L’adorazione è totalmente ricambiata dalla piccola Watson che appena lo vede gli corre incontro con un sorriso che va da un orecchio all’altro.
"Grazie, la adorerà di sicuro! Promettimi solo che quello è l’unico peluche “incredibilmente realistico” mima le virgolette con le dita “che le comprerai, altrimenti dovremo uscire noi di casa”
"Potete sempre…” Sherlock si interrompe e rimane in silenzio per qualche secondo, poi scuote la testa e sorride “Potete sempre trasformare il tuo studio in un piccolo zoo.”
John sente una punta di pungente delusione. Per un attimo aveva pensato che Sherlock gli stesse chiedendo di tornare a stare al 221B di Baker Street con lui.
Che sciocco.

John inizia a sentire lo stomaco contrarsi: una strana sensazione d’ansia lo accompagna mentre percorrono i pochi passi che li separano dal salotto.
Quando varcano la soglia della stanza l’espressione di Sherlock è indecifrabile.
Dopo la chiamata ha spostato i cuscini del divano e li ha ricoperti con alcune lenzuola, costruendo un piccolo fortino.
“Quello è un fortino?” Domanda Sherlock sorpreso scoccandogli un’occhiata prima di tornare con lo sguardo alla piccola costruzione.
John annuisce sentendosi morire. Cosa gli è saltato in mente? Costruire un fortino per un uomo adulto come se avessero otto anni!
“Hai costruito un fortino per me?” Sorride, incredulo.
John sa che se Sherlock inizierà a ridere a lui non resterà che scavarsi una buca e seppellirci si dentro per l’imbarazzo.
E Sherlock inizia a ridere, ma è una risata gioiosa, non di scherno.
“John è perfetto!”
Con l’entusiasmo di un bimbo va verso quella capanna fatta di lenzuola “Posso?” Domanda indicando l’entrata
"Certo, è il tuo fortino!” Risponde John sollevato.
Si sente come se avessero appena tolto un enorme peso dalle sue spalle.
Osserva Sherlock che si infila tra i cuscini e le lenzuola per poi fargli cenno di unirsi a lui.

Sono seduti vicini, tra i cuscini del divano messi in verticale e le lenzuola drappeggiate sopra le loro teste che sfiorano i ricci scuri del detective.
“John Watson, come fai a sapere sempre esattamente cosa mi fa stare bene?”
Lo guarda dritto negli occhi, uno sguardo che fa sentire John privo di qualsiasi difesa, come se fosse nudo.
Negli ultimi mesi i suoi pensieri su Sherlock hanno iniziato a prendere una piega singolare, sono diventati pensieri sempre più intimi e primordiali; si è ritrovato spesso distratto a guardare i suoi occhi azzurri, ad immaginare di come sia Sherlock sotto quelle camicie che mettono in risalto il suo fisico e delineano in maniera così perfetta i suoi bicipiti…
Si sente pervadere da un’ondata di calore e deve imporsi di distogliere lo sguardo e deviare la sua attenzione su qualcosa che non sia il viso di Sherlock.
“Immaginavo che avessi avuto una giornata pesante..” scrolla le spalle fingendo noncuranza “So che per te andare da Eurus è ancora difficile."
“Non riesco ancora a perdonarmi” lo interrompe “Sento che in parte è colpa mia se è lì e allo stesso tempo la detesto per quello che ti ha fatto. È un circolo vizioso.”
Ha la mascella contratta e lo sguardo cupo.
“Ad ogni modo, visto che sono qui, puoi farmi assaggiare i famosi biscotti!” Dice cambiando argomento.

John passa a Sherlock il piattino dove Rosie ha insistito per lasciarne ben sei.
“La piccola Watson è stata molto generosa con Babbo Natale” osserva Sherlock
“Credo che sia un tentativo di corruzione” risponde John ridendo “È almeno un mese che Rosie parla senza sosta della bambola della Dottoressa Peluche che vuole per Natale.”
“Dottoressa…Peluche?” Domanda Sherlock addentando il secondo biscottino, una stella con uno spesso strato di glassa rosa
“Si, un cartone animato che guarda sempre. Davvero non l’hai mai sentita parlare di lei? Ne è ossessionata, Dottie di qua, Dottie di là…” John sospira. “Devo nascondere lo stetoscopio altrimenti lo usa per imitarla!” Continua vagamente esasperato.
“Oh, allora è lei la famosa Dottie che deve arrivare a casa vostra per Natale!” Esclama Sherlock sembrando per un attimo molto sollevato.
“Certo che è lei, chi pensavi che fosse?”
“Non so, una tua collega della clinica…”
Rosie è una piccola chiacchierona ma non sempre i suoi discorsi sono di facile comprensione o seguono un filo logico, o reale.
“Che avrei invitato a passare il Natale con me e mia figlia?”
“Magari avevi deciso di riprendere ad uscire con qualcuna.” Sherlock fa spallucce “È passato tanto tempo, sarebbe normale…eri un tale donnaiolo prima di conoscere Mary”
"Non ero un donnaiolo, Sherlock!”
“Invece si…”
“Beh se non ricordo male non ero io quello che durante una festa di Natale ha ricevuto un centinaio di messaggi da una donna, con una suoneria molto inopportuna per giunta.” John non può fare a meno di rinfacciargli quell’aneddoto, piccato.
“Erano solo cinquantasette.” Puntualizza Sherlock
“Più che abbastanza.”
“Sei geloso di Irene, John?” Sherlock gli scocca uno sorriso sardonico
“E tu sei geloso di Dottie, Sherlock?”
“Che sciocchezza, John, perché dovrei essere geloso di un cartone animato.”
Scacco.
John sospira, accidenti a Sherlock e alle sue risposte sempre pronte, ma non si lascia zittire.
“Fino a un minuto fa non avevi idea che fosse un personaggio di un cartone animato e sembravi, come dire” John fa una pausa “Indispettito.”
“Mai quanto quei messaggi devono avere indispettito” Sherlock si premura di marcare quella parola “te, John, se ancora te ne ricordi.”
Scacco matto per Sherlock.
Rimangono a fissarsi dritti negli occhi, l’azzurro dell’uno immerso nell’azzurro dell’altro.
John sente il suo respiro accelerare leggermente.
Non ricorda di preciso quando è cominciato ma lui e Sherlock hanno iniziato a lanciarsi frecciatine sull’essere gelosi l’uno dell’altro e a fare battute sul fatto di essere “partner perfetti” anche fuori dall’ambito lavorativo.
Durante un pranzo a Baker Street Mrs. Hudson aveva fatto l’ennesima allusione al fatto che loro due sembrassero una coppia e, per la prima volta, John non l’aveva corretta aspettandosi che lo facesse Sherlock, ma nemmeno lui aveva detto nulla.
John si era reso conto che Sherlock non diceva mai nulla a riguardo.
Qualcosa era cambiato nel loro rapporto, nel loro modo di interagire, nelle loro mani che casualmente si sfioravano sempre più spesso e sempre un po’ più a lungo, nel sedersi sempre un po’ più vicini sul divano.
Nessuno però aveva mai osato turbare quell’equilibrio.
Erano confinati in una situazione di stallo, come quando a ruba bandiera due bambini si trovano nello stesso momento davanti al fazzoletto colorato, le mani tese pronte ad afferrarlo, ma nessuno si decide a farlo per primo.
“Questi biscotti sono sorprendentemente buoni!” Sherlock è il primo a parlare.“Sorprendentemente?” John si finge offeso.
La verità è che la sua è stata la classica botta di fortuna del principiante ma non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura, non davanti a Sherlock.

 

La televisione è ancora accesa sullo stesso film natalizio.
La protagonista ha appena deciso di non partire e rimanere con l’uomo che ha conosciuto durante le vacanze di Natale e sta torna da lui confessandogli di amarlo.
John sente uno strano formicolio dietro la nuca; quella sensazione scomoda che si prova guardando una scena di sesso con i propri genitori accanto.
Sentir parlare di sentimenti così apertamente, d’amore soprattutto, con Sherlock accanto lo mette leggermente a disagio. Guarda di sottecchi Sherlock.
È innegabile che il loro rapporto si sia evoluto ma in cosa? È come un elefante in una cristalleria: è palese a tutti che sia lì ma nessuno osa fare nulla perché una mossa sbagliata potrebbe mandare tutto in frantumi.
Sherlock osserva la scena in silenzio, la schiena dritta e l’espressione leggermente corrucciata, come a cercare di cogliere dettagli importanti; sembra quasi stia studiando una scena del crimine.
John darebbe qualsiasi cosa per sapere cosa gli sta passando in testa in quel momento.

Sherlock si allunga oltre la coltre di lenzuola per poi rientrare con un pacchetto avvolto in una carta da regalo rossa.
“Avevamo detto di non farci regali, lo so, ma questo non l’ho comprato quindi tecnicamente non conta” si giustifica porgendolo a John
“Ma Sherlock io..”
“Tu hai fatto questo” lo anticipa indicando tutto intorno a lui con la mano “Avanti aprilo!” Aggiunge per evitare ulteriori obiezioni.
John scarta con cura il regalo, sollevando la carta laddove è stata fermata con lo scotch, senza strapparla.
All’interno di una scatola rettangolare trova quello che sembra essere un album di foto; sfiora con le dita la stoffa blu notte della copertina per poi aprirla.
Incollate alle pagine si susseguono foto di loro due nell’appartamento di Baker Street: John che scrive sul blog, Sherlock con un’espressione contrariata mentre indossa il famigerato cappello, una foto di gruppo durante una festa di Natale, Mrs. Hudson che li abbraccia mentre spegne le candeline, Sherlock che legge un libro a Rosie seduto sulla poltrona, John addormentato sul divano con la piccola, i primi passi della bambina…
“Sherlock è bellissimo!” John sente un nodo stringergli la gola per l’emozione e deve fare del suo meglio per ricacciare indietro le lacrime che stanno affiornado
“Non avevo idea che tu avessi scattato così tante foto. Quando…”
Lascia la frase a metà.
Sul’ultima pagina trova un paio di frasi scritte con la calligrafia piccola e ordinata di Sherlock.
Il mio nome è Sherlock Holmes e l’indirizzo è il 221B di Baker Street.” John sorride. Ricorda l’esatto momento in cui ha sentito pronunciare quelle parole la prima volta, il loro primo incontro.“Senza John Watson però questo posto non è più lo stesso. Torna.
Il cuore di John sembra il rullante impazzito di una batteria.
“Mi manchi, John” Sherlock tiene lo sguardo basso
“Mi manchi anche tu Sherlock. ma proprio per questo non posso tornare a Baker Street”
Senza guardarlo aggiunge “Perché sei la prima persona a cui penso quando mi sveglio, l’unica con cui voglio passare il mio tempo. Sei il motivo per cui non ci sono stati altri appuntamenti.”
“Quindi?” Domanda Sherlock bruscamente.
“Quindi non riuscirei mai ad andare oltre se ti avessi sempre accanto.” John alza la voce lasciando trapelare tutta la frustrazione che lo agita da mesi.
“Perché dovresti andare oltre, John?”
“Perché non capisco se quando dici di essere geloso di me sei serio o solo sarcastico.”
Sherlock allunga una mano e la porta delicatamente sulla guancia di John.
“Non scherzo mai sulle cose importanti. E tu sei molto, molto importante John Watson”
John sente un groviglio di emozioni invaderlo: felicità, incredulità ma, soprattutto, sollievo.
Si lascia scappare una piccola risata; la gioia che sta provando in quel momento è incontenibile.
“Torniamo a Baker Street” gli sussurra
Tira delicatamente il bavero della camicia di Sherlock verso di sé e inclina la testa di lato. Sherlock fa altrettanto e posa le labbra sulle sue, unendole in un bacio delicato e tenero.
Quando si staccano Sherlock posa la fronte contro quella di John, entrambi sorridono,.
John fa scivolare le dita tra i ricci di Sherlock e lo attira nuovamente verso di sé, desideroso di annullare ogni distanza fra di loro mentre le mani di Sherlock gli circondano il viso in un bacio molto meno casto, che racchiude in sé la promessa di qualcosa di più.
Non si è mai sentito così vivo.

 

Prima di uscire dal salotto John da un’ultima occhiata in giro.
I regali per Rosie sono sotto l’albero, il piatto sul camino fa bella mostra di sé riempito solo da qualche pezzetto di pasta frolla e delle briciole, le luci dell’albero illuminano il salotto.
Le lenzuola sono ancora disposte come un piccolo fortino in cui Rosie sicuramente si divertirà a giocare.
John non si sente più solo.
Appoggia la testa sul petto di Sherlock e sente le sue braccia avvolgerlo in un abbraccio.
“Buon Natale, John”
“Buon Natale, Sherlock”

   
 
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