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Autore: Shireith    25/12/2021    1 recensioni
Hugh e Simon organizzano una festa per Natale. Adrian vuole invitare Nova, ma scopre suo malgrado che a lei il Natale non piace più come un tempo. Decide di farle cambiare idea…
(«Attirala con l’inganno a casa tua la sera della festa», suggerì Ruby.
«Serve un gesto incredibilmente romantico che le ricordi la magia del Natale, come nei film», disse Oscar.
«Perché parlarne come persone normali è troppo difficile?» intervenne Danna.
)
… ma sceglie il modo peggiore.
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Per Mari. ♥
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrian Everhart/Sketch, Altri, Max Everhart/The Bandit, Nova Artino/Nightmare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Mari, compagna di scleri in questo fandom che mi sa mi sa conosciamo solo io, lei e qualche anima persa chissà dove. Tanti auguri di buon Natale. ♥


Un piano da Oscar


 Venne a nevicare a dicembre quasi spaccato. Max, osservando la città vestirsi di bianco dalla finestra, disse che sembrava una cartolina.
 Adrian piegò leggermente la testa di lato. «Più una di quelle palle di vetro che si usano come souvenir.»
  Max saltò giù dalla poltrona che avevano sistemato sotto la finestra. «Fanne un po’ come decorazioni! Possiamo metterne una grande al centro del camino in sala e una decina in cucina, anche se il grosso sarà comunque in sala visto che gli ospiti saranno lì… dici che nelle camere hanno senso anche se nessuno le vedrà?»
 Adrian sorrise mentre Max prendeva un foglio tra quelli che lui aveva disseminato per terra e schizzava idee che sulla carta sarebbero perse meno disordinate. Tornò con lo sguardo sul suo lavoro, che nonostante la differenza nella loro tecnica sembrava triste e senza vita rispetto a quello di Max, e vi tracciò sopra una gigantesca croce.
 Max allungò il collo poco prima che Adrian accartocciasse il foglio e lo gettasse da qualche parte. «È per Nova?»
 «Era. O avrebbe dovuto. Fa schifo. Come tutto il resto.»
 «Sembrava comunque meglio dell’idea 19.»
 Adrian gli scoccò un’occhiata severa. «Ricorda che hai giurato di non dire nulla su quella. E nemmeno sulla 27.»
 «Era comunque meno tremenda della 19…»
 Adrian lasciò che l’affermazione – vera e inattaccabile – di Max svanisse nell’aria. Aveva già scartato l’idea 42 e 43, quando Max chiese incerto: «L’hai almeno invitata alla festa?»
 Adrian mormorò qualcosa sul fatto che l’avrebbe fatto quella sera stessa.
 
*
 
 Bugiardo: sapeva che non l’avrebbe fatto, e infatti non lo fece. Invece si ritrovò, il giorno seguente, a riflettere sullo stesso problema su cui rifletteva da una settimana, e cioè da quando Max e Simon avevano deciso che quest’anno il Natale l’avrebbero passato a casa Everhart (che poi avessero interpellato Hugh e Adrian solo per i preparativi e non per la decisione in sé, questo era un altro discorso). Il soggetto di quell’avrebbero passato era tutti, letteralmente: la lista contava sessantuno membri e il nome di Nova brillava tra i primi dieci. Adrian aveva introdotto l’argomento lo stesso giorno in cui l’avevano stilata, ma alla prima menzione della parola ‘Natale’ un’ombra era calata sul volto di Nova.
 Il Natale, gli aveva detto Nova prim’ancora che Adrian tirasse in ballo la festa, non lo festeggiava. Non aveva con chi festeggiarlo. Gli Anarchici non erano mai stati inclini agli auguri e ai regali al suon di oh, oh, oh!; gli unici ricordi legati a quel periodo erano per Nova quelli passati in compagnia dei suoi genitori. E suo zio, malgrado tutto. Aveva accennato a pranzi consumati in quattro e poi uno soltanto in cinque, prima che fossero solo due; pranzi che, visti i tempi, non erano stati memorabili come quelli di un tempo, quando per i più un Natale passato in compagnia di una famiglia numerosa non era un lusso e anzi forse pure una scocciatura.
 A Nova, il Natale non sembrava nemmeno giusto celebrarlo.
 Nei confronti di chi, Adrien l’aveva capito senza che ci fosse bisogno di dirlo ad alta voce e non la biasimava. Era passato un misero mese dalla battaglia alla Cattedrale; il fantasma di Callum si aggirava tra loro come fosse ancora in vita e sulle facce di tutti si leggeva smarrimento, incertezza, persino sospetto: e paura. Adrian sapeva che Hugh e Simon provavano lo stesso e nascondevano il tutto dietro una maschera che si toglievano solo in presenza dell’altro, quando nemmeno Adrian e Max erano presenti.
 Nova, di facce da nascondere e fantasmi con cui fare i conti, ne aveva fin troppi, e Adrian che diritto aveva di dirle di ignorarli quando lui stesso aveva difficoltà a tenere a bada i propri?<
 
*
 
 «… perché Nova sa, vero?» chiese Oscar.
 «Ovvio che lo sa», disse Ruby – «Ovvio che non lo sa», disse Danna.
 Oscar guardò Ruby che guardò Danna, e poi tutti e tre guardarono Adrian. Danna si schiarì la voce e parve sentirsi un po’ in colpa (un po’, non troppo) quando disse: «Te lo si legge in faccia che qualcosa non va, Adrian. Sei sempre stato pessimo a mentire».
 «La faccenda della Sentinella me la ricordo solo io?»
 Adrian stava per convenire con il preziosissimo contributo di Oscar, ma Danna lo ignorò. «Non vuoi invitare Nova alla festa?»
 «Certo che voglio!» ribatté subito Adrian. «Ma quando ho provato a farlo mi ha detto che non le piace festeggiare il Natale. Non più, almeno.» E fece un gesto nel vuoto per esprimere un concetto che gli riusciva difficile formulare a parole senza esporre troppo Nova.
 «Attirala con l’inganno a casa tua la sera della festa», suggerì Ruby.
 «Serve un gesto incredibilmente romantico che le ricordi la magia del Natale, come nei film», disse Oscar.
 «Perché parlarne come persone normali è troppo difficile?» intervenne Danna.
 Tutti e tre guardarono Adrian.
 L’idea più intelligente, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, era quella di Danna.
  Urge però un chiarimento: ‘idea intelligente’ non sempre è sinonimo di ‘idea migliore’. A logica dovrebbe essere il contrario, ma Adrian non stava davvero seguendo la logica quando decretò che l’idea di Oscar era la migliore.
 («Un’idea da Oscar», disse lo stesso Oscar quando Danna e Ruby non c’erano più. «Capito il gioco di parole?» aggiunse.)
 
*
 
 Nova precedette Adrian all’interno dell’edificio abbandonato; il silenzio s’incrinò al rumore dei vetri spezzati sotto le suole delle loro scarpe. C’era puzza di terra bagnata che non si era mai asciugata al sole visto che lì il sole nemmeno arrivava, eppure in qualche modo le erbacce si erano fatte strada tra il cemento e riposavano indisturbate agli angoli. Nova studiò la stanza per registrare tutte le possibili vie di fuga, non solo porte ma anche finestre, e per scrupolo annotò anche gli eventuali nascondigli da cui un nemico avrebbe potuto tendere un agguato. Non che ci fosse molto da temere da un tizio in fuga che non sapeva di essere seguito, in effetti.
 Prima di tutto Nova e Adrian si assicurarono che non ci fosse nessuno oltre a loro. Poi Nova guardò Adrian. «Sicuro che sia passato da qui?»
 Adrian annuì. «La persona anonima che ci ha fatto la soffiata era sicurissima di averlo visto entrare di corsa.»
 «Perché un ladro dovrebbe venire in un… negozio di addobbi di Natale abbandonato?»
 «Anche ai criminali piace il Natale, no?»
 Gli Anarchici erano stati considerati criminali per anni: a conti fatti, forse alcuni di loro lo erano davvero; Leroy, che per Nova non lo era, non detestava il Natale. Forse c’era stato un periodo, che Nova non aveva mai conosciuto, in cui più che non detestarlo lo amava proprio.
 «Immagino di sì», concesse. «Però non penso che tra le priorità di un ladro in fuga ci sia quella di passare a ritirare addobbi di Natale.»
 «Ritirare?»
 «Rubare è relativo, quando quello che rubi non è di proprietà di nessuno.»
 «Farò finta di non aver sentito.»
 Nova gli diede una pacca sulla spalla. Adrian rise.
 «Guarda», disse poi Nova, inginocchiandosi nei pressi della porta opposta rispetto a quella da cui erano entrati, «impronte. E sono fresche. Sembrano di un uomo; questo conferma la descrizione di Max.»
 Max aveva descritto ad Adrian una figura piuttosto snella dall’altezza di circa un metro e settantacinque vestita tutta di nero; aveva la faccia e il busto coperti, ma gli era sembrato un uomo.
 «Chiunque sia deve essere passato da qui per fuggire e uscire su un’altra strada», decretò Nova mentre usciva seguendo le impronte.
 «Uh… Nova?»
 «Qualcosa non va?»
 «… No, niente.»
 
*
 
 Era colpa di Oscar. Non tanto perché l’idea era stata la sua, ma perché quale persona che conosceva Nova – e Oscar la conosceva anche piuttosto bene – avrebbe messo un indizio in un posto tanto evidente? Era già tanto che Nova non avesse scovato le impronte messe lì da Oscar non appena erano entrati…
 Con rammarico Adrian seguì Nova all’esterno.
 Fa nulla, si disse: il negozio abbandonato era solo il primo di tre tappe, e in ogni caso era anche la più inutile. Nova non avrebbe resistito a quello che li attendeva.
 Il secondo indizio sull’uomo che aveva aggredito e tentato di derubare Max – uomo che non esisteva – furono due ragazze sedute fuori di un bar. Erano amiche di Jade e Sterling, i fratellini di Ruby. Che non sapeva né del piano, né che le due ragazze fossero state corrotte, né che a corromperle fosse stato Oscar stesso. Niente di illegale o immorale, ovviamente: Adrian sperava comunque che Ruby non venisse mai a saperlo. Anche se visto il suo suggerimento di attirare Nova alla festa con l’inganno, forse non sarebbe stata tanto contraria.
 Adrian aspettò che anche Nova notasse le due ragazze e suggerì di chiedere loro se avevano visto una persona sospetta aggirarsi sul retro del negozio abbandonato. Lo fecero e, con zero sorpresa di Adrian, le due ragazze calate alla perfezione nel loro ruolo che un uomo vestito di nero era corso a destra e aveva poi svoltato a sinistra in corrispondenza dell’edificio verde.
 «Da quella parte c’è il parco comunale», mormorò Nova prima di ringraziare le ragazze e correre in quella direzione.
 Un parco comunale bellissimo, aggiunse Adrian tra sé: rimesso a nuovo negli ultimi anni su iniziativa delle Renegade e addobbato persino a festa. La società aveva fatto passi da gigante da quando Ace Anarchy era salito al potere e successivamente spodestato.
 Il parco, inutile anche solo sottolinearlo, era la tappa numero due nell’itinerario di Adrian e prevedeva una tranquilla passeggiata sotto le luminarie che penzolavano sopra le teste dei passanti sorrette da ambo i lati da pali della luce e alberi particolarmente alti. Il problema di una passeggiata tranquilla è che richiede, appunto, tranquillità: cosa che viene a mancare quando si corre all’inseguimento di una persona che nemmeno esiste.
 «Nova, Nova! Correre tra tutta questa gente non mi pare proprio il caso, non allarmiamo le persone per una cosa da poco.»
 Nova dovette concedergli un briciolo di ragione perché rallentò il passo. Solo un briciolo: non di più. «Max è stato aggredito», portò alla sua attenzione con tono grave, quasi il fratello minore fosse il suo.
 «Ma sta bene.»
 «E gli hanno rubato il regalo che aveva comprato per tuo padre», continuò con lo stesso tono, quasi il padre fosse il suo.
 «Per Hugh il regalo migliore è che Max sia a casa con noi quest’anno.»
 «Il regalo non era per Simon?»
 «… Ho detto Hugh?»
 Nova assottigliò gli occhi e stava per ribattere qualcosa, ma Adrien trovò la strategia perfetta per non farla parlare: lanciarsi in un monologo senza senso. «Sono io che devo ancora fare il regalo a Hugh», inventò su due piedi. «È un tipo complesso, non sai mai cosa vorrebbe piacergli. Una volta gli abbiamo regalato un palloncino formato realistico di sé stesso, cioè Capitan Chromium, s’intende, lui ha subito colto l’ironia e ha riso. Per un anno lui e Simon l’hanno tenuto in camera, poi è scoppiato per colpa di un gatto che si era intrufolato in casa… Secondo te cosa dovrei regalargli quest’anno? Qualcosa che lo faccia ridere o qualcosa che gli piaccia davvero? Perché di cose che possono farlo ridere ce ne sono tantissime. Sapevi che fanno anche i sacchi dell’immondizia con la sua faccia sopra?»
 Ancora pochi, purtroppo (o per fortuna, avrebbe detto Hugh): poiché, in caso di guerra, crisi o qualsiasi altra situazione delicata, i sacchi dell’immondizia con sopra stampata la faccia del più grande eroe di tutti i tempi non erano una priorità, la società che produceva i suddetti sacchi aveva aperto i battenti da poco prima della battaglia alla Cattedrale.
 Adrian stava ancora parlando. Nova sbatté le ciglia. Parve esserci sinceramente dimenticata del (falso) rapinatore di Max perché disse: «Non penso di conoscere tuo padre meglio di te…»
 Adrian dovette darle ragione. Le fece cenno di seguirlo sul lato destro della strada principale del parco e lì si fermarono nei pressi di una bancarella che vendeva torroni, panettoni, muffin e altri dolci a cui Adrian non avrebbe saputo dare nemmeno un nome. Per la prima volta da tantissimo tempo era tornata a Gatlon City la tradizione dei mercatini di Natale; e se anche nessuna persona che avesse vissuto prima della salita al potere di Ace Anarchy avrebbe potuto paragonare quel misero mucchio alla quantità di bancarelle che c’erano un tempo, la miseria non era più tale se la si paragonava al niente.
 «Hugh odia i dolci», mormorò Adrian affinché il signore e la signora che gestivano la baracca non lo sentissero e si offendessero; quindi ripresero a camminare.
 Si fermarono, cinque bancarelle più in là, di fronte a un signore e un ragazzo sui sedici, presumibilmente suo figlio, che vendevano palle di neve di tutte le dimensioni. Ce n’era una con dentro Hugh e Simon, o meglio Capitan Chromium e The Dread Warden, che si scambiavano il bacio della vittoria. Quale fosse la vittoria non era specificato: una vittoria grossa che Adrian non ricordava fosse mai avvenuta. Questione di marketing, si disse.
 Non fece fatica a immaginare la faccia che avrebbero fatto Simon e Hugh se dopo avergli regalato quella specifica palla di neve lui e Max li avessero costretti a esporla proprio al centro del camino in sala, lì dove Max aveva suggerito di mettere una palla abbastanza grande da non stonare con l’imponenza del camino. E questa palla di neve era grande abbastanza da rispettare le direttive di Max, che come Adrian avrebbe adorato l’idea di stuzzicare Simon e Hugh. Quindi Adrian comprò la palla di vetro e tornò da Nova con un sorriso in volto. Sorriso che si spense quando posò gli occhi su Nova.
 «L’adoreranno», commentò lei con un’occhiata veloce al souvenir che il signore aveva sistemato in una busta, e s’incamminò verso la fine del mercatino, dove la strada principale convergeva con altre tre secondarie in una piazza circolare al cui centro era stato addobbato un albero altissimo.
 Adrian affrettò il passo per seguirla. «Nova?»
 «Dovremmo pensare a rintracciare il tizio che ha aggredito Max.»
 «Nova…»
 «Potrebbe essere ancora da queste parti.»
 «Nova.»
 Il tono fermo ma non meno gentile di Adrian la indusse finalmente a fermarsi. Avevano imboccato una stradicciola secondaria contornata a sinistra da pini e a destra da panchine alternate da cestini per l’immondizia (le buste sistemate all’interno non avevano la faccia di Capitan Chromium).
 «È inutile fare regali a tuo padre se poi te lo rubano.»
 «Il regalo?»
 Nova s’irrigidì. «Ovvio.»
 Adrian contava di condurre Nova alla terza e ultima tappa grazie all’aiuto di Oscar che, nei panni del ladro che aveva derubato Max (il travestimento consisteva in un pantalone nero, scarponi neri, cappotto nero e cappuccio nero), si sarebbe fatto seguire fin dove era stato pattuito. Li stava aspettando all’uscita opposta del parco rispetto a quella da cui erano entrati, ma Adrian non era più tanto sicuro che fosse l’idea migliore.
 Si concesse un lungo sospiro. «Nova, ti ho mentito.»
 Gli occhi di Nova che scattarono su di lui lo fecero sentire come sotto processo. Alzò la mano libera con fare colpevole, anche se Nova, più che starlo accusando, lo osservava con sospetto.
 «Nessuno ha rubato a Max il regalo per Hugh.»
 «Simon.»
 «Simon. Ok, forse Danna non ha tutti i torti a dire che faccio schifo a mentire.»
 Nova scosse il capo. «Cosa c’entra Danna?»
 Adrian fece un gesto in aria come a suggerire di lasciar stare quella parte. «Mi sono inventato tutto, era un piano incredibilmente stupido per farti apprezzare il Natale. Saremmo dovuti finire in un ristorante che ha aperto l’anno scorso, Oscar dice che a Natale è stupendo… e c’è anche un cinema lì vicino. Anche quello ha aperto da poco.»
 Nova esitò. «Quelle due ragazze al negozio?»
 «Amiche di Jade e Sterling. Oscar gli ha promesso un tour all’interno del Quartier Generale in cambio di quella recita.  Cosa che ora che ci penso non è uno scambio molto equo.»
  Nova sollevò le sopracciglia. «Direi di no.» Aveva lo sguardo addolcito, ma anche quello di una che stava trattenendosi dallo scoppiare a ridere, quando aggiunse: «Perché tutto» – gesticolò disegnando un cerchio nel vuoto – «questo
 Adrian osservò con imbarazzo le sue interessantissime mani, e si ricordò solo allora che nella sinistra stringeva la palla di vetro comprata poco prima; sembrava proprio quella ad aver scatenato il cambio repentino di Nova e Adrian non riusciva a intuirne il perché.
 Tornò a guardarla e si strinse nelle spalle. «Capisco perché non ti va di festeggiare il Natale, ma non voglio nemmeno che tu lo passi da sola. Ora una famiglia ce l’hai.»
 
*
 
 C’era il gelo, negli occhi di Nova, quando confessò ad Adrian che suo padre collezionava palle di neve: ogni anno ne costruiva una e insieme la posizionavano su un caminetto allo scoccare della mezzanotte che trasformava il ventiquattro in venticinque.
 Una coincidenza simpatica e anche ironica: Max aveva avuto la stessa idea e – Adrian n’era convinto – avrebbe approvato che ad avere il posto d’onore fosse la palla di vetro in cui «i più grandi eroi che il mondo abbia mai visto suggellano il loro amore con un bacio» (parole del signore che gliel’aveva venduta: lo stesso figlio era arrossito dall’imbarazzo, perché lui aveva riconosciuto Adrian come figlio dei suddetti eroi e il padre no).
 E allora Adrian le disse della festa: non la costringeva a partecipare se non voleva, ma nessuno sarebbe stato meno fuori posto di lei, lì, se avesse deciso di partecipare.
 
*
 
 Era semplice: la festa iniziava il 25 alle 17:00.
 Nova venne invitata a pranzo la vigilia di Natale, e se c’era una cosa che aveva imparato dalla coppia Everhart-Westwood era che non accettavano un no come risposta se la domanda era un invito a pranzo o a cena. Solo che il pranzo divenne una cena, perché non si può stare soli la vigilia di Natale; la cena divenne una notte lì a dormire perché si era fatto tardi ed era meglio che rimanesse da loro, tanto avevano spazio; la notte lì a dormire divenne una colazione e la colazione divenne un pranzo, perché non puoi andartene senza prima aver mangiato e perché ormai si è fatto tardi, rimani pure per pranzo. E insomma, da lì Nova era tecnicamente libera, ma andare via alle quattordici per tornare alle diciassette non era un’idea molto intelligente. Perciò si cambiò in bagno (aveva perso il conto di tutti i vestiti che aveva lasciato sparsi in camera di Adrian con la scusa di «passo a prenderli domani, scusa!») e alle diciassette in punto aiutarono Hugh e Simon a ricevere i primi ospiti.
  Kasumi Hasegawa pareva volesse far arrivare le sopracciglia al soffitto quando si fermò a osservare la palla di vetro sul camino. Tamaya Rae, dieci minuti più tardi, scoppiò in una grossa risata che gettò Hugh in uno stato di smarrimento in cui Nova non l’aveva mai visto; sembrava più disperato ora che quando aveva rischiato la vita contro Ace. Ci fu poi il teatrino di Oscar, Ruby e Danna che si sforzavano in tutti i modi di non dare a vedere che morivano dalla voglia di scoppiare a ridere come aveva fatto Tamaya Rae poco prima, ma Adrian e Nova non vi assistettero: Adrian la prese da parte e la spinse nel seminterrato.
 Nova lo seguì giù per le scale e una volta soli lo osservò prendere qualcosa poggiato sul letto che poi le porse con occhi timidi e carichi di attesa, come se le stesse consegnando l’intero mondo su un piatto.
 «È il mio regalo, l’ho fatto io. Spero ti piaccia.»
 A Nova sarebbe piaciuto anche se si fosse trattato di un buccia di banana nera e puzzolente: perché, davvero, non si può resistere a una persona che ti guarda come Adrian la stava guardando.
 Prese il regalo e lo scartò piano, con dita esitanti, come se temesse di rovinare la carta che in realtà serve proprio per essere scartata. La carta rivelò una scatola e la scatola rivelò una palla di neve: simile a quelle che avevano visto al mercatino, più piccola e sobria di quella che Adrian aveva comprato per i suoi genitori. Nova sentì le lacrime pizzicargli gli occhi quando vide cosa, o meglio chi, c’era dentro.
 «Non so bene che faccia avevano i tuoi genitori, mi sono basato su quella foto che mi hai fatto vedere. Tua madre ha in braccio, be’… non—non ti piace?»
 Nova gli buttò le braccia al collo. «È perfetto.»
Tu sei perfetto.
 «Grazie.»
 
*
 
 
Adrien seppe due cose:
il regalo 49 era quello buono;
il gelo gli andava bene solo fuori
(dentro i suoi occhi, mai).
   
 
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