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Autore: Melanto    25/12/2021    3 recensioni
[Soulmate Series - #7]
Tutto è cominciato a Natale… di un anno prima.
Trovati per caso, per cocciutaggine e con lo zampino del miglior Babbo Natale di sempre. Ma ora i cherubini sono cresciuti, e qualcuno è disposto a giocarsi ogni freccia del proprio arco per riuscire a ottenere quella minuscola confessione…
… tra fiocchi di neve e paure taciute.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Soulmate Series'
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Anniversary confessions

 

 

Anniversary confessions

Soulmate series - #7

 

 

 

 

“O Signore, è passato un anno

Con piccole e gioie e piccole paure.

Il giorno di Natale è finalmente qui.

Amore mio, ho bisogno di un po’ di speranza,

un po’ di fede, una mano da stringere.

Fa un freddo terribile, il giorno di Natale.”

 

 

«E quindi insomma, bello e buono ha cambiato club scolastico. Lui e i suoi amici altrettanto scemi.»

«Mamoru…»

«Eddai, non brillano per intelligenza, okay? Comunque, avevo finalmente creduto che potesse dedicarsi a uno sport, fare un po’ di attività… E ne ha bisogno, te lo assicuro. Invece è finito nel club di musica e ha comprato una chitarra. Ora sta asserragliato in stanza ancora peggio di prima, a quanto sento da mia madre.»

«Tuo fratello ha fatto… cosa?» Yuzo distolse lo sguardo dalla strada per un istante, mentre stava guidando in direzione Hakone.

Sul lato passeggero – per una volta zavorra – Mamoru lo guardava con il viso poggiato in una mano e l’espressione tra il divertito e il rassegnato.

«Ha comprato una chitarra.»

«Ma che figata!»

«E io lo sapevo che l’avresti difeso…»

«Certo che lo difendo. E poi da cosa? Mica lo stai attaccando.» Yuzo strinse gli occhi e nel nocciola delle iridi dardeggiarono minacce sottili come lame. «Perché tu non lo hai attaccato per questo. Vero?»

«Io vorrei solo cercare di capire che diavolo gli passi per la testa! A dodici anni non ero così “volubile”. Avevo le idee chiare: volevo il calcio e basta.»

«E lui magari non è deciso quanto te. È lecito, sai?»

«Certo che non è deciso! Tanto nerd dei computer e ora ha comprato una chitarra. Per fare cosa? Il musicista squattrinato? Povero mondo.» Affondò il viso nella mano con un lungo sospiro. Yuzo, da questo punto di vista, non poteva capire quanto difficile fosse essere un fratello maggiore. Lui e Shuzo erano coetanei, si erano “cresciuti” a vicenda – chi meglio e chi peggio – e non avevano dovuto far da balia all’altro. Lui invece era il fratello maggiore, aveva una responsabilità verso Sen. Doveva essere l’esempio, doveva indirizzarlo, dargli consiglio… fare un po’ il padre in seconda. Soprattutto perché suo padre a casa c’era sì e no tre volte su venti. E ora che pure lui si era trasferito a Yokohama diventava difficile riuscire a star dietro a tutti i cambiamenti del suo fratellino.

Sen che si voleva tingere i capelli, per esempio, mettere l’orecchino.

E gli dèi l’avessero scampato se un giorno non se ne sarebbe uscito col volere un tatuaggio. Maledetto Shuzo sempre e comunque!

«Si chiamano “hobby” e non significa che diventeranno la strada del futuro. Se magari tu lo lasciassi stare e non gli stessi col fiato sul collo per ogni cosa che fa…»

«Ah, vuoi dirmi che sono un fratello assillante? Cerco di essere presente.»

«No, tu sei proprio un fratello rompicoglioni, otto-mano,» chiosò Yuzo che stava di nuovo guardando la strada, con quelle mani ben fisse alle dieci e dieci da perfetto patentato uscito dalla scuola guida cinque minuti prima. Anche quando guidava seguiva ciecamente le regole. «Vuoi sempre avere il controllo su tutto. Supportalo, qualche volta, invece di sminuire tutto quello che fa. Te l’ho detto anche quando eravamo a cena dai tuoi: io credo che Sen ci soffra per questa cosa.»

Mamoru inarcò un sopracciglio e svirgolò le labbra con un sogghigno, bypassò tutto il resto del discorso per focalizzarsi solo sulla prima frase. «Ah, io sarei il rompicoglioni?»

«Di certo non gli sei d’aiuto.»

«Mh, si vede che non mi hai mai visto in veste di vero rompicoglioni.» Piano scivolò sul sedile per avvicinarsi al cambio. Con la mano sinistra gli afferrò la coscia. Strinse un po’ sopra il jeans che restava ben aderente ai muscoli contratti in un sussulto. Tutto Yuzo trasalì.

«Che diavolo stai facendo?»

«Io? Ti faccio solo vedere quando merito l’appellativo di rompicoglioni.» Dalla coscia, la mano viaggiò più in alto, con Yuzo che cercava di tirarsi indietro, ma che non poteva fuggire.

«Cretino! Sto guidando!»

«E quindi? Anche io sto guidando,» gli sussurrò all’orecchio. «Guido la mia mano alla cloche…» Gli afferrò il pacco con presa salda e il gesto gli valse una gomitata dritta nello stomaco. «Ahio!» esclamò tra le risate.

«Non riprovarci! Ci farai ammazzare! Stupido!» Yuzo era arrossito fino alle orecchie. «Risparmiati per quando saremo a destinazione. Dove vorrei arrivare vivo, chiaro?»

«Chiarissimo,» pigolò sbattendo le ciglia. Ottenne un’altra spinta e poi fu solo la musica la loro compagna di viaggio lungo l’autostrada senza traffico in quel giorno di Natale.

Venticinque dicembre.

Era già passato un anno e Mamoru ogni volta che ci pensava chiedeva a sé stesso, con aria un po’ stralunata: solo? Solo un anno? Gli pareva di stare insieme da una vita, di essere una di quelle coppie decennali che ormai avevano rodato la loro esistenza l’uno attorno all’altro, levigandone vecchie sporgenze, abitudini solitarie e ammuffite tristezze per trovare la giusta combinazione a un equilibrio che non si credeva di poter migliorare all’ennesima potenza.

Il loro era bello.

Mamoru lo adorava.

Non si era mai sentito così appagato e soddisfatto dalla propria vita come in quell’anno. Mesi prima di quel dicembre e di quel World Youth, c’erano stati momenti in cui si era convinto che una consapevolezza simile non sarebbe mai arrivata o sarebbe arrivata solo tra molti anni e con un’altra persona accanto. Qualcuno che fosse addirittura migliore del suo portiere.

L’aveva vista un po’ come una missione impossibile e ora aveva la certezza che lo sarebbe stata sul serio, perché anche a fronte di tutte le cose che ancora non erano quadrate alla perfezione tra loro, nessuno avrebbe mai potuto essere migliore di Yuzo per lui.

Era felice.

Lo era stato praticamente da subito.

Si mostrava tranquillo, rilassato, in campo rendeva al cento per cento, e quando c’era da lavorare con la Nazionale la sua relazione con Yuzo rimaneva un sottofondo conosciuto solo da pochi eletti che non interferiva con il rendimento di entrambi. Anzi. Erano diventati più affiatati sul campo di quanto fossero mai stati. Poi si cenava, si saliva in camera… e la stanchezza della giornata la sfogavano a letto. Anche lì, con una sintonia che era fuori dal mondo.

In tutti i difetti che avevano, non poteva che ribadirlo: insieme erano perfetti. Ed era perfetta la loro storia, era perfetto il sesso, erano perfetti anche i litigi e le discussioni. Un altro po’ avrebbe trovato perfette anche le interferenze di quel palo in culo di Shuzo, il che era tutto dire.

… e allora cos’era anche quella specie di malinconia che lo azzannava al petto in maniera sempre più precisa, feroce e assillante?

A San Valentino ne aveva avuto il primo sentore chiaro e poi si era amplificato sempre di più, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.

Era una spina, stava lì, pungolava proprio in quei momenti in cui erano insieme e spingeva per far risalire delle parole che poi però non riusciva a buttare fuori.

La malinconia diventava quasi paura e lui la ricacciava indietro con tutta la forza che aveva, scegliendo di dimenticarsela sul fondo del petto.

In quella perfezione non poteva esserci uno sgraffio, giusto?

Non aveva proprio motivo di esistere.

Lui stava bene, Yuzo pure. A posto così.

«E comunque ancora non mi hai detto dove mi stai portando.» Mamoru ruppe il silenzio per uscire dai propri pensieri.

L’autostrada aveva lasciato posto a strade secondarie, che si immergevano nelle foreste in lunghi tornanti. L’ombra vicinissima del Fuji spariva in fretta tra gli alberi alti e i loro tronchi dritti e in fila.

«Mi avevi detto di non sbirciare le indicazioni… ma ho letto Hakone.»

«Imbroglione.»

«Dai! Non potevi pretendere che non leggessi! Avresti dovuto bendarmi.»

Yuzo sorrideva e appariva comunque soddisfatto, anche se un po’ gli aveva bruciato la sorpresa. Mamoru sollevò le sopracciglia con un sorriso furbo.

«Hai prenotato le terme?»

«Con vasca in camera.»

«Terme private! Musica per le mie orecchie! Mi ricorda il nostro primo Capodanno…» e quel love hotel kitschissimo ma con la Jacuzzi. «Forse io e te abbiamo una kink con l’acqua. Finiamo sempre lì a fare porcherie…»

«Probabile, ma ho puntato in grande questa volta. Vorrei lasciarti stupito.»

«Più di quanto abbia fatto io col Kinky Flamingo

«Molto di più.»

Mamoru strinse lo sguardo e velò il sorriso di una sfumatura sorniona. «Una sfida, uh? Mi piace. Stupiscimi, Morisaki.»

Con la coda dell’occhio, Yuzo rispose con un sorriso altrettanto sensuale e provocatorio al punto che la pelle di Mamoru si increspò per un brivido improvviso. Per un istante aveva catturato quel torbido nei suoi occhi che aveva saggiato la prima volta che lo avevano fatto a pelle. Quella due giorni si prospettava qualcosa di altrettanto glorioso e il desiderio di dirgli di fermare subito la macchina per battezzarne i sedili posteriori fu forte e gli pulsò nei pantaloni, ma si trattenne.

Dopotutto, come diceva la pubblicità? Non era l’attesa del piacere essa stessa il piacere?

 

Il ryokan era una piccola oasi situata nel mezzo delle foreste della cittadina Gora.

Il monte Hakone ne era pieno, come era pieno di sorgenti termali, eppure Mamoru osservò la struttura in bambù, legno e lo stretto necessario di cemento con espressione rapita.

Avevano lasciato l’auto nel parcheggio del ryokan e si erano fermati ad ammirare l’esterno che era talmente parte della foresta da sembrare di essere stato ricavato direttamente dalla pietra e dai tronchi degli alberi.

Il giardino anteriore – che pareva correre tutt’intorno alla struttura – aveva aceri rossi che spiccavano in mezzo agli alti sempreverdi. Colori sobri sul beige e il marrone sui quali, altrettanto rossi, sventolavano i due pannelli del noren.

«Ma dove lo hai trovato?» chiese ammirato. «Sembra uscito da un altro tempo.»

«Ho anch’io ottimi amici cui chiedere consigli.»

«Amici non kitsch come i miei, immagino.»

«Lo hai detto tu, non io. E poi a me non erano dispiaciuti i fenicotteri.»

Vennero accolti fin sull’ingresso da una delicata signora in yukata e capelli raccolti in una crocchia, che li guidò fino al banco dell’accettazione.

«Avrei una prenotazione a nome Morisaki.»

Aveva usato il suo cognome, notò subito Mamoru, ma dopotutto non erano in un love hotel di dubbio gusto, non c’era bisogno di inventarsi qualcosa. Potevano passare per una coppia di amici che si godeva un po’ di relax senza destare alcun sospetto.

Mamoru guardò il portiere di sottecchi, cercando di non far svirgolare troppo il sorriso per quell’atteggiamento così formale ed educato. Avrebbe detto elegante, che ben si adattava all’ambiente sobrio e tradizionale. Un ambiente distante da quelli che sceglieva ora, ma che comunque trovava famigliare e caloroso, perché pareva uscito da vecchi ricordi di bambino. E in quei ricordi era rimasto spesso affascinato dalle luci calde, dai pannelli noren e dalle donne in yukata che parlavano poco e sorridevano molto pur senza mostrare mai denti, padrone di una modestia tutta giapponese che non aveva mai saputo se combattere strenuamente o lasciare andare perché faceva parte della sua storia.

D’un tratto, a prescindere dal fatto che fosse il suo anniversario con Yuzo, si riscoprì contento di trovarsi in quel posto, in quel momento. Gli dava una bella sensazione.

Il suo portiere doveva essere un mago per aver indovinato una cosa particolare come quella.

«Andiamo? Ho scelto personalmente la camera.»

Mamoru si volse a guardare il giovane che sorrideva, e stringeva una chiave tra le dita. «Addirittura?»

«Certo. Oggi niente è stato lasciato al caso.»

«Accidenti. Dovrò mica preoccuparmi?» Mamoru lo affiancò. «Che diavolo ti sei inventato?»

«Non avere fretta come al solito, e goditi questa giornata un momento alla volta.»

Mamoru strinse gli occhi. Non era colpa sua se era curioso e bramava di scoprire cosa c’era sotto. Perché c’era sotto qualcosa, Yuzo era facile da leggere, e stava gongolando troppo per i suoi gusti.

Ad ogni modo, per il momento decise di seguire il consiglio del suo portiere preferito. Difatti, lasciò che la meraviglia della camera lo sorprendesse.

Mamoru camminò per l’ambiente, dopo che la cameriera li ebbe fatti entrare. Non si accorse nemmeno che i due erano rimasti a parlare sulla soglia.

La stanza era ampia e divisa in due ambienti: salottino e camera da letto. Tatami a terra, parete divisoria in pannelli in carta di riso. Nell’aria c’era un delicato aroma di tè verde e sandalo che lo rilassò: la teiera fumante era già sul tavolino, con le tazze capovolte e un piccolo vassoio con dei mochi di benvenuto. Poi gli occhi catturarono la meraviglia che si apriva sulla terrazza principale e si dimenticò del resto.

Mamoru abbandonò il trolley e le scarpe e, senza togliersi il cappotto, raggiunse la terrazza. Scorse il battente di vetro e il calore dell’acqua risalì con uno sfiato di vapore che inalò a pieni polmoni. Caldo e freddo insieme. Tutto il terrazzo era una onsen ricavata direttamente nella pietra e con vista sul giardino di aceri.

Erano al piano terra, completamente immersi in un sospiro di natura. Non arrivavano i rumori dagli ambienti circostanti e loro erano opportunamente coperti da lunghi pannelli di legno che correvano da un lato e dall’altro del terrazzo.

Per quanto fosse già Natale, la neve si stava facendo attendere più del dovuto, quando di solito sul monte Hakone la faceva ben prima che a Nankatsu. C’erano state solo tenui spruzzate sparite in fretta, eppure l’aria – quella fredda che aveva respirato quando era sceso dalla macchina – aveva conservato l’odore giusto, quello del ghiaccio.

«Ti piace?»

Yuzo poggiò il mento sulla sua spalla, lo guardava con quegli occhi nocciola pieni di aspettative, da cucciolo indifeso. Era per questo che aveva sempre fottuto la gente che non lo conosceva bene: faceva credere di essere disarmato; invece, nel momento in cui la guardia era abbassata, l’artiglio arrivava a recidere la gola con un colpo solo. Preciso come un chirurgo. Bastava pensare a che mostro era a letto, tanto per dirne una.

Dietro l’ingenuità di quelle iridi c’era un torbido che poteva fare spavento, ma che a lui lo sparava dritto in orbita.

Sorrise, gli pungolò la fronte con l’indice. «È bellissimo. Sono colpito.»

«Ammettilo: mi avevi un po’ sottovalutato.»

Mamoru lo allontanò con un moto offeso. «Non ti ho mai sottovalutato! Però, sì, non mi aspettavo scegliessi un posto del genere.»

«Perché io sono del quartiere Mizukoshi e non di Shutetsu.» Yuzo aveva ancora il sorriso. Lui provò a ribattere, ma alla fine si trovò a filtrare l’aria tra i denti stretti e aggrottare le sopracciglia in una smorfia.

«Suona proprio male detta in questo modo, vero?»

Il sorriso del portiere divenne risata. «Solo un pochino, però è divertente.»

«Che cosa?»

Yuzo infilò le mani sotto al suo giaccone per cingergli la vita e tirarlo un po’ verso di sé. Avere quel sorriso ingannevole e dolce allo stesso tempo a una distanza così ravvicinata sapeva far cadere nella trappola anche uno come lui, dopotutto. Come se in quelle labbra si annidasse un incantesimo che non aveva bisogno di una formula magica per essere lanciato, gli bastava solo distenderle in un certo modo e, come un pesce suicida, lui sarebbe balzato nella rete di sua spontanea volontà.

Dopotutto, non era così che era iniziata?

Non era perché lui si era gettato alla cieca in quella assurda partita a scacchi?

Oh, quella sera era stato disposto a tutto pur di averlo.

«Dimostrarti che posso essere alla tua altezza.»

«Ma tu lo sei sempre stato. Pensavo lo avessimo chiarito da tempo…»

«Sì, sì, ma… non posso farci molto se ai miei occhi tu sarai sempre il perfetto Mamoru Izawa.» Yuzo sollevò le spalle. «Devo cercare di tenere il passo.»

Mamoru gli prese il viso tra le mani, lo tirò ancora più vicino. «Tu non devi fare altro che essere te stesso. Il segreto è tutto lì. Se lo sarai, mi avrai sempre ai tuoi piedi…»

«Oh…» sussurrò il portiere. «Questo penso che me lo ricorderò.»

«… pronto a soddisfarti con uno dei miei gloriosi pompini.»

«Animale!» Yuzo fece per spingerlo via, ma Mamoru lo trattenne, gli sorrise tra le labbra e si prese subito tre baci che valevano tutto, e oltre i quali poi si finiva a letto per direttissima perché non riuscivano a fermarsi.

Mamoru però si fermò, buttando un’occhiata alle spalle del portiere. «Che fine ha fatto la cameriera?»

Yuzo ridacchiò. «Se n’è andata da un pezzo. E figurati se ti avrei permesso di baciarmi davanti a lei. Ha detto che la cena verrà servita alle otto, quindi…»

«Quindi?»

Yuzo lo guardò dal basso mentre cincischiava con il bordo del suo pullover. «Quindi abbiamo quattro ore per farci un giro nella vasca termale.»

Mamoru svirgolò un sorriso, passò la punta della lingua sulle labbra. «Immagino tu abbia voluto intendere farci “sesso”,» chiosò. «Sì, direi che quattro ore come aperitivo possano bastare.»

«Cretino.»

«Credi che non reggerei?»

«No, figurati! Certo che ci credo, mandrillo come sei.»

«E tu no, vero? Tu sei l’angioletto. Anzi, no, come dice Genzo? Il cherubino!» Mamoru fece scivolare le mani lungo le braccia di Yuzo per finire sui passanti dei jeans. «Ti dico io che cosa farai, cherubino di cartapesta. O, meglio, cosa io ti farò: ti infilerò le mani nei pantaloni e puoi star certo…» aggiunse, mentre gli sfiorava il lobo con le labbra, «che in men che non si dica sarai piegato contro il bordo di quella vasca a supplicarmi di farti qualsiasi cosa.»

«Ma non avevi detto che saresti stato tu a cadere ai miei piedi?» replicò Yuzo, che non si oppose alle sue mani che avevano già abbassato la zip e superavano ogni confine con confidenza e naturalezza. Dominatrici, sempre, e il suo portiere un sottomesso obbediente.

«Mh, se farai il bravo adesso, magari più tardi…»

«Vedi che mi segnerò anche questa.»

«Allora hai bisogno di carta e penna.» Le labbra si chiusero lungo il collo, le dita artigliarono il sesso. Yuzo gli gemette tra le mani con una nota meravigliosa, che gli strappò un sorriso vincitore.

«Riesci sempre ad avere la meglio su di me…» ansimò il portiere, mentre si toglieva il maglione e poi aiutava lui a disfarsi del cappotto. Tutta stoffa abbandonata a terra, in quel disordine da adolescenti ormai al limite della giovinezza. L’anno che stava arrivando avrebbe visto il loro seijin no hi, la maggiore età. Avrebbero dovuto mettere la testa a posto, limitare le follie.

Sì, ma chi se ne fregava?

Quel momento non era ancora arrivato.

«Certo,» sogghignò Mamoru sollevando le sopracciglia mentre guardava nei suoi occhi liquidi di desiderio. «Perché ti conosco, so come prenderti, so quali tasti toccare. È così che funziona quando—»

La frase che avrebbe voluto dire gli era esplosa nella mente in una luce bianca e accecante che lo frenò col piede affondato a tavoletta. Nel calore bruciante per il desiderio risalito in fretta, un brivido freddo gli azzannò i fianchi e la schiena. Sbatté le palpebre, riconobbe la perplessità negli occhi di Yuzo e l’aridità nella propria bocca.

«Ehi?» Yuzo gli sfiorò la guancia, preoccupato. «Che succede? Ti sei… come bloccato.»

«N-no! Niente!» Scrollò il capo, ricacciò indietro la famosa spina prepotente e dolorosa che non gli dava tregua e baciò Yuzo forse con troppa irruenza. Non avrebbe permesso alle proprie paure e paranoie di rovinargli quei due giorni. «Forza, salta fuori da questi dannati pantaloni, portiere. Non voglio perdere nemmeno un secondo di più.»

 

“Guarda la neve che cade, come me a volte,

ma tu mi rialzi, e poi mi rialzi ancora.

Come le foglie d’inverno, non posso sopravvivere,

senza la tua luce.”

 

Mamoru tirò un lungo sospiro a labbra strette.

Yuzo si volse, ne inquadrò il sorriso pacificatore che stazionava nelle sue espressioni e strinse il labbro inferiore tra i denti per trattenere la soddisfazione, mentre tornava a guardare in avanti.

Il buio era caduto sul monte Hakone e le luci calde dei lampioni illuminavano il giardino e le foglie rosse degli aceri, oltre all’opalescenza del cielo che si era chiuso poco alla volta, senza che se ne accorgessero. Troppo impegnati a fare altro, tra il freddo dell’esterno e il calore bollente del corpo immerso in quelle acque meravigliose. Adesso si poteva vedere bene come le nuvole avessero coperto tutto con un manto compatto e candido, che lo fece sorridere un po’ di più.

Yuzo sospirò, le braccia appoggiate sul bordo della vasca e che di tanto in tanto – ma meno di quanto creduto – si increspavano in brividi.

«Ci resterei per ore,» esalò Mamoru che a occhi chiusi era accanto a lui, gomito a gomito.

«No, che poi fai le grinze.»

L’acqua si mosse, la presenza di Mamoru gli scivolò alle spalle e mani lo cercarono sotto il pelo dell’acqua, per stringere ancora i suoi fianchi.

«A me non spiace fare le grinze.» Le labbra baciavano la spalla nuda. «Se poi resti a farle con me è perfetto.»

«Non ti è bastato averle fatte fino adesso? Da quante ore siamo in acqua?»

«Non può mai bastarmi quando ci vediamo così poco,» sospirò Mamoru. Il mento poggiato nell’incavo del collo. Yuzo lo inclinò appena per fargli spazio. «Devo recuperare. E in scarsi tre giorni, se non mi metto di buona lena fin da subito, non ce la farò mai.»

Yuzo rise. «In pratica mi aspetterà una maratona di sesso?»

«Ti dispiace?»

«Domanda scema.»

L’altro sghignazzò. «Sì, l’ho capito che sei pervertito almeno quanto me.»

«Ah, no! Non credo proprio!» e gli spinse via il viso con una manata.

Mamoru galleggiò fino a trovarsi di nuovo al suo fianco, con la schiena al giardino e i gomiti poggiati sul bordo di pietra della vasca. Aveva quel sopracciglio inarcato e furbo di chi non voleva concedere nulla. «No? Sicuro? Le tue macchioline sono troppo indicative di quando sei eccitato e sono ancora belle visibili.» Col mento gli indicò il petto e Yuzo vi passò d’istinto le mani, quasi avesse potuto cancellarle.

«Oh, accidenti! Ancora non si sono tolte?»

«Secondo me è anche l’effetto dell’acqua calda.»

«Mh.» Tornò ad appoggiarsi alla pietra con un leggero fastidio per quanto il suo corpo fosse il primo traditore. Lui a volte ci provava pure a mentire e a resistere al fascino magnetico di Mamoru o a quei sorrisi svirgolati che lo spogliavano anche senza toccarlo, però poi la verità veniva a galla. Le sue macchie erano l’insieme di sentimenti che non riusciva a trattenere.

Guardò Mamoru di sottecchi e si accorse che lo stava ancora fissando con le palpebre un po’ strette e il sorriso furbo.

«Che c’è?» borbottò. «Vuoi il secondo round?»

«In realtà sarebbe già il terzo. Primo e secondo li abbiamo fatti senza neppure prendere fiato.»

Yuzo dondolò il capo, ammiccò. Non se ne era sorpreso, in realtà. Da quella volta che erano rimasti soli a casa, quando Shuzo aveva cercato in tutti i modi di metter loro i bastoni tra le ruote, si era reso conto che la troppa distanza da Mamoru e il loro poco vedersi lo accendeva come dinamite quando erano insieme.

E per quanto Mamoru non fosse mai stato uno che si risparmiava, lui non pensava di poter esserlo a quel livello.

«No. Per adesso, mi accontento dell’aperitivo,» disse l’altro, dopo averlo tenuto sulle spine per qualche istante. Si sporse verso di lui, scivolando sull’acqua e snudando appena i denti con quella sensualità che non smetteva mai di sorprenderlo quando ricordava fosse solo per lui. Tutta sua. Tutto suo. Ma quanto sarebbe durato? «Non voglio stancarti subito. Mi servi al meglio per stanotte, portiere.»

Gli lasciò un bacio innocente e casto all’angolo della bocca per poi tirarsi indietro con la stessa lentezza. Guardami, sono stato un bravo bambino, lo provocarono i suoi occhi, scuri come le profondità della notte.

Lui sollevò il mento con sfida. «E chi ti dice che sono io quello che non deve stancarsi? I miei progetti per la serata non li ho ancora svelati.»

«Hai dei progetti? Oh, vuoi proprio sorprendermi, allora!»

«Te lo avevo detto, no? Spero di esserci riuscito almeno un pochino fino adesso.»

Mamoru ostentò provocazione, ma poi fece affiorare un sorriso felice. Si volse a guardare il giardino, di nuovo gomito a gomito. «Sì, che ci sei riuscito. Non immagini quanto. Sai, da bambino ci andavo ogni anno alle terme e sempre in questi periodi.»

Yuzo lo guardò di sottecchi. «Davvero?»

«Nonostante tutte le incombenze, i miei trovavano il tempo da passare insieme. Solo noi.»

«E ora non andate più?»

«Io e Sen siamo cresciuti, e riuscire a collimare gli impegni di tutti non è più possibile. Ora come ora, quando ho del tempo libero non è a Nankatsu che lo trascorro.» Fece spallucce. «Un po’ brutto a dirsi, ma credo che sia naturale. Prendiamo le nostre strade e queste ci portano lontano, a volte troppo e sempre meno torniamo indietro.»

«E… non ti dispiace? Non pensi che, di tanto in tanto, tornare indietro possa essere di aiuto?»

Mamoru scosse il capo con quella sicurezza di sé che lo aveva sempre contraddistinto. «Tornare indietro non ti fa progredire, ma involvere. Noi Izawa siamo fatti così: il passato ce lo teniamo stretto, ma come ricordo da spolverare qualche volta come una suppellettile. Per tutto il resto è nel futuro che siamo proiettati, come missili.» Poi guardò lui. «Voi Morisaki siete diversi.»

«E come siamo?» ironizzò, appoggiando il viso nel palmo.

«Tradizionalisti. Al vostro passato siete legati a doppio giro e quelli che sono stati bei ricordi non li lasciate andare facilmente. Anzi, cercate di riviverli come un loop. Per questo avete tante piccole tradizioni tra voi, come il fatto che tu e Shuzo trascorrete l’hatsuhinode sempre insieme. Cambiare questi meccanismi un po’ vi spaventa, affrontare il nuovo vi spaventa.»

«Oddio, non farti sentire da Shuzo!»

«Lui peggio di te!»

«Cosa?!»

«Non scherzo! Quel tamarro che si crede tanto figo è così ancorato alle sue tradizioni che guai se gliele tocchi. Correggimi se sbaglio. Basta vedere come si è sempre comportato con te. Ognuno di voi ha un casellino con un ruolo sulla testa: tu sei il fratellino buono da difendere, per esempio.»

Yuzo non trattenne una risata. «Da difendere da cosa?»

«Non da cosa. Da chi! Da quelli come me, secondo tuo fratello.»

«E vuoi dargli torto? Tu sei un otto-mano

Mamoru gli saltò addosso e a poco valsero i suoi tentativi di sgusciare via, l’altro lo agguantò in fretta, soffocando le sue risate tra gli schizzi d’acqua calda. «Hai imparato anche tu a chiamarmi così, eh? Allora devo dimostrarlo fino in fondo!» diceva, mentre lo chiudeva contro la roccia e gli bloccava le gambe, infilandone una tra le sue.

«Scherzavo! Scherzavo!»

«Troppo tardi, Morisaki! Paga le conseguenze!»

E a lui le conseguenze piacevano così tanto che alla fine lo provocava di proposito, solo per trovarsi stretto dal tocco rude delle sue mani, dalla famelicità della bocca, dal desiderio che emanava, simile a un’aura; Yuzo ne sentiva la potenza, fungeva da richiamo, come il verso del leone nel mezzo della savana: Mamoru richiamava i suoi sensi e loro rispondevano con prontezza a ogni volere.

«Avevi… avevi detto di risparmiarmi fino al dopocena,» ansimò.

«Forse non te lo meriti.» Mamoru strinse la gola tra i denti, ma poi ingentilì le carezze lungo le cosce. «Meriteresti una punizione esemplare.»

Yuzo schiuse le palpebre per guardare verso il cielo, sorrise. «Dopo, dopo. O rischi di perderti un bellissimo spettacolo…»

«Esiste uno spettacolo migliore di te quando sei eccitato?»

«Voltati e lo scoprirai.»

Mamoru si girò e il modo in cui schiuse le labbra, con quella sorpresa quasi infantile, era stato proprio ciò che Yuzo aveva cercato. Il servizio meteo giapponese era davvero infallibile.

«Nevica…» esalò Mamoru e piano si allontanò da lui per tornare al bordo della vasca che dava verso il giardino.

Pochi fiocchi piccoli, ma che diventavano più numerosi a vista d’occhio.

«Tempismo perfetto.»

«Che vuoi dire?»

Yuzo si avvicinò a Mamoru e gli prese la mano sotto la superficie dell’acqua che arrivava quasi a sommergere le spalle. Avrebbero dovuto trovarsi con nasi e orecchie ghiacciate, ma il calore delle terme arrivava ovunque.

«Diciamo che sapevo che venivi alle onsen con la tua famiglia, durante le feste invernali.»

«E chi te lo ha detto?»

Lui strizzò l’occhio. «Ho i miei buoni informatori.»

«Hai imbrogliato!»

«No. Ti ho solo dimostrato che, a volte, guardarsi indietro e rivivere un ricordo particolarmente caro non è poi così male, dopotutto.»

Mamoru schiuse le labbra per rispondere, ma poi non lo fece. Sbuffò un sorriso e strinse di più le dita alle sue, le spalle si strusciavano sotto il pelo dell’acqua. «Siamo così diversi ma riusciamo a funzionare alla perfezione, te ne rendi conto?»

«Non è male, no?»

«No. Non lo è per niente,» sorrise Mamoru prima di baciarlo con insolita dolcezza. Un contatto che non cercava altro se non dare e ricevere affetto.

«In realtà, questo era il mio regalo per il tuo compleanno.»

«Ma non stavamo festeggiando il nostro anniversario?»

«Sì, però non avevo potuto trascorrere il compleanno con te, e quindi…»

«Significa che per l’anniversario hai escogitato altro?»

«Certo che sì. Ma dopo cena.»

«Allora fai sul serio.» Mamoru scosse il capo. «Vuoi proprio lasciarmi di stucco.»

«Così sarai a posto per un anno intero!» rise lui e poi tornarono a guardare la neve.

Cadeva piano, ma stava iniziando a posarsi. Un sottile velo biancastro si stava formando sulle foglie e sull’erba del giardino. Anche l’anno prima aveva nevicato, e Yuzo sorrise di quella piccola coincidenza che pareva incastrarsi alla perfezione assieme a tutte le altre. E dire che lui sul tempismo non ci aveva mai contato molto, perché era troppo imbranato per riuscire a imbroccare le cose al primo colpo. Invece, se il Natale dell’anno prima tutta la sua fortuna era stata dovuta a una serie infinita di eventi scoordinati, adesso pareva l’avesse orchestrata a ritmo di musica, come un maestro armato di bacchetta.

«Mi avevano detto che eri molto legato alle onsen e alla neve,» spiegò, «e così ho tenuto sotto controllo il meteo per vedere se per caso riuscissi ad avere una congiunzione astrale.»

«Ma ti hanno spiegato perché adoro questa combo?»

«Perché ci venivi con i tuoi? Non è sufficiente?»

«Eravamo alle terme e nevicava quando mamma disse che sarei diventato un “fratello maggiore”.»

Yuzo sgranò gli occhi. «Ma è una cosa bellissima.»

«All’inizio non la pensai così, poi però pensai che l’idea di avere un fratello non fosse tanto male. Avere qualcuno che ti guarda con ammirazione, che vuole prendere esempio da te.» Mamoru portò l’indice al mento. «Credo che il mio istinto a voler essere un leader sia nato così.»

Yuzo gli diede una spallata, l’altro rise.

«È un bel ricordo,» aggiunse Mamoru. «Per questo sono così rompiscatole con Sen. Vorrei essere il suo esempio, la persona che va a cercare se ha un problema… Ma anche con lui abbiamo sempre avuto caratteri diversi e, in questo caso, non funzioniamo per niente.»

«Solo perché tu vuoi fare il leader despota. Dovresti ascoltarlo di più e giudicarlo meno.»

«Me lo hai già detto.»

«Allora vedi di ricordartelo.»

Mamoru gli fece il verso e gli cinse la vita. «Sì, sì. E tu ricorda che io t—»

Mamoru si interruppe di colpo dal terminare la frase; era la seconda volta che capitava quella sera.

Yuzo avvertì di nuovo il cuore salirgli nella gola e battere forte. «Che tu…?» lo spronò, speranzoso tanto da trattenere il fiato.

Mamoru boccheggiò. Negli occhi la stessa espressione smarrita che rivelava la falla nella sicurezza, il punto debole.

«Che… che ho fame!» esclamò infine, lasciandolo andare con una fretta inusuale e raggiungendo l’altro lato della vasca per ravanare tra gli abiti e i cellulari lasciati sul bordo. «E direi! Ormai è quasi ora di cena. Meglio se iniziamo a prepararci. Siamo stati a mollo anche troppo, poi finisce davvero che facciamo le grinze.»

Il centrocampista dei Marinos abbandonò la vasca con rapide mosse e l’acqua calda che gli colava dappertutto. Si strinse le braccia attorno al corpo appena fu fuori e agguantò in un attimo l’accappatoio.

«Brrr! Che freddo! Belle le terme, fino a che non esci!» sghignazzò. «Che fai, vuoi restare lì?»

Yuzo accennò un sorriso. «Vengo subito. Tu avviati, ti raggiungo.»

«Okay! Doccia mia!» Mamoru si fermò sulla soglia del balcone. «A meno che tu non voglia farmi compagnia.» Gli strizzò l’occhio e sparì all’interno della camera.

Yuzo continuò a sorridere fino a che non gli volse le spalle, poi smise con un lungo sospiro.

Le aveva provate tutte, era stato convinto che quella sarebbe stata la mossa definitiva: c’era l’onsen, c’era la neve, c’erano loro. Ma era quel “ti amo” che non c’era e che, ormai era certo, non ci sarebbe stato.

Yuzo lo stava aspettando da tempo, perché il suo ormai era sulla punta della lingua e supplicava di essere confessato. Era passato un anno… poteva essere sufficiente un anno per poter dire “ti amo” a qualcuno ed essere creduto?

Oppure quelle semplici parole sapevano ancora terrorizzare anche persone tanto sicure e perfette come Mamoru?

Forse, semplicemente, l’altro non voleva dirlo perché non era ciò che provava.

Avevano un’intesa quasi perfetta, dentro e fuori dalle coperte. Sapevano anticiparsi, sapevano sorprendersi, ma forse… forse non avrebbero mai saputo amarsi, tutto qui. Dopotutto, legarsi tanto era pericoloso e visto che gli Izawa, come diceva Mamoru, guardavano al “futuro”, magari era proprio in quel futuro che non si vedeva legato a lui.

Yuzo guardò la neve cadere e un fiocco arrivare a posarsi sul bordo della vasca e sciogliersi subito. Sbuffò un sorriso. Le sue confessioni avrebbero dovuto sparire allo stesso modo, dissolversi quando le aveva ancora sulle labbra e non farle diventare altro.

Lo aveva saputo che avrebbe potuto essere così, lo aveva accettato e lo avrebbe fatto fino a che la strada sua e quella di Mamoru non si fossero divise, perché anche se non glielo avrebbe mai detto: lui lo amava.

E chi ama è capace di tacere, a volte.

Aveva firmato dalla prima notte il contratto di quella relazione a tempo determinato, come la chiamava suo fratello, e pensare di poterne cambiare i termini era egoista, da parte sua.

Tra il futuro e il passato, loro erano il presente, al momento. E il presente era così bello, anche con le sue malinconie, che Yuzo sapeva, a prescindere di come tutto sarebbe finito, che avrebbe dovuto ringraziare Mamoru.

Ringraziarlo per le risate, per il calore, per il sesso e per l’amicizia che continuava a restare sotto ogni nuovo strato che coprivano insieme. La loro storia era come una torre e forse sarebbe crollata perché non erano riusciti a costruirla per bene, ma non importava.

Così, visto che non poteva dirgli di amarlo, lo avrebbe ringraziato. Non aveva altro.

Yuzo si riempì i polmoni dell’aria fredda di Hakone, tese il sorriso che Mamoru si sarebbe aspettato di vedere e lasciò la vasca, per prepararsi a godere del resto della serata.

Una serata che nessuna ipocondria avrebbe disturbato.

 

“Grazie per il tuo sorriso,

che è più caldo del fuoco.

La tua risata gentile

è più dolce di un coro.

Non troverò mai

le parole giuste,

così, tutto quello che posso dire

è grazie.”

 

Thank you – Pentatonix

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: E ci ritroviamo di nuovo, con la serie Soulmate. :*

Ormai è diventata una specie di strenna natalizia, ma che non durerà ancora per molto. :3 ci stiamo avvicinando alla fine di questo primo ciclo o fase del progetto: la raccolta di oneshot sta per terminare, ne mancano solo altre quattro.

Una l’avete appena letta, la prossima arriverà a Capodanno; la terza sarà la vostra calza della Befana e la quarta… la quarta il 10 di gennaio.

Sì, sì. Vicinissima all’altra.

Perché?

Lo scoprirete! :D

 

Ma intanto, veniamo a questa storia.

Sapete, vero, che il loro anniversario non finisce certo qui? XD A Capodanno arriva il mezzo numero obbligatorio: insomma, è il loro anniversario! Quando si sono messi insieme hanno sparato dei botti esagerati, devono replicare XDDD ahahahha!

Però, ecco che i nostri cherubini hanno raggiunto un traguardo importantissimo.

Non avevano mai creduto che sarebbero finiti insieme, nonostante non avessero fatto altro che rincorrersi come cani scemi. Eppure, è successo, e non è stata un’avventura, anche se Yuzo continua a credere che non durerà, perché è un pessimista cronico che ha bisogno di certezze, di sentirsi dire certe cose… e Mamoru non ci riesce. Le pensa, ma quando gli stanno per sfuggire si blocca: perché non le ha mai dette a nessuno ed è sempre stato un tipo da mordi e fuggi. A chi non tremerebbero un po’ le gambe?

 

Non vi resta che scoprire cosa accadrà nel mezzo numero 😉

Ci rileggiamo a Capodanno :*

 

Nel frattempo, auguro a tutti voi un Buon Natale. :*

 

 

 

   
 
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