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Autore: Koa__    25/12/2021    9 recensioni
Sono passati cinque anni dalla fine della seconda guerra magica ed Harry Potter convive con colui il quale, ai tempi della scuola, era il suo acerrimo nemico: Draco Malfoy. Nonostante le difficoltà iniziali i due sono felici, un giorno però Harry riceve un invito: suo cugino Dudley si sposa e, al matrimonio decide di invitare Harry e il suo nuovo ragazzo Draco. Malfoy ovviamente non ne sarà entusiasta.
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Dursley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Note: Non è da me scrivere note introduttive, ma in questo caso sono doverose. Ho inserito l’avvertimento OOC non perché sia davvero convinta che Draco e Harry lo siano, al contrario mi sono impegnata per tenere IC tutti i personaggi. Tuttavia, ci sono scene o situazioni che potrebbero far storcere il naso a qualcuno, quindi siete avvisati. Si tratta comunque di una storia comica, quindi prendetela per quello che è.



 

 



 

Un matrimonio da sogno (o quasi)







 

L’invito




 

Quando ricevettero l'invito, era un piovoso pomeriggio di novembre e Draco Malfoy sorseggiava della cioccolata da una finissima tazza di porcellana, rimuginando tra sospiri e sguardi vacui su quanto triste fosse l’autunno. A suo modo di vedere niente di buono succedeva mai in giornate come quelle e il fatto che Harry Potter non fosse lì con lui era la prima buona ragione del suo cattivo umore. Il suo star bevendo cioccolata invece di farsi un bicchierino di Whisky Incendiario, sebbene fossero soltanto le cinque, rendeva perfettamente lo stato di apatia nel quale versava. Se quell'idiota di un eroe gli avesse dato buca di nuovo, avrebbe raccattato Pansy e l’avrebbe portata a bere in un qualche locale babbano e, per Merlino, quella sarebbe stata la volta buona che si ubriacava fino a svenire. Lo stupido Potter era al lavoro e con ogni probabilità ci sarebbe rimasto per ancora un’ora abbondante, se erano fortunati. In effetti Draco non lo sapeva per certo, perché gli auror non avevano orari fissi. Harry usciva di casa la mattina alle otto, ma non era mai sicuro che sarebbe tornato la sera alle cinque. E infatti erano due giorni che rincasava oltre le nove e il fatto che avesse per le mani un caso complicato, a suo modo di vedere non era una giustificazione sufficiente.
«Dannato eroe» sibilò fra i denti. Era sempre colpa di quella sua patetica indole al sacrificio, la quale unita alla propensione al dover mettere sempre le cose a posto per il bene della comunità magica, era una combo micidiale di buonismo. Harry Potter era immancabilmente gentile, questo era il suo problema più grande e Draco era praticamente certo che la maggior parte dei suoi colleghi ne approfittasse, affibbiandogli i casi più difficili da risolvere. Il suo essere un mago straordinariamente potente e il riuscire comunque a sbrigarsela in poco tempo, non alleggeriva le colpe di quell’idiota del capo auror o di quei nullafacenti dei suoi colleghi. Ci penserà Harry, dicevano quei maledetti. Dal canto proprio, Malfoy oltre a cullare il segreto desiderio di cruciarli tutti dal primo all’ultimo si ritrovava in apprensione ogni dannatissima sera. Oh sì, era praticamente ovvio che se avesse mancato di nuovo la cena lo avrebbe riportato a casa per i capelli. Altroché uscita con Pansy, avrebbe…


 

Un bussare leggero al vetro della finestra attirò la sua attenzione. Bingley stava sul davanzale, bagnato fino alle zampe e lo guardava come a volergli intimare di sbrigarsi a farlo entrare. Lui e Harry avevano comprato uno stupendo gufo bruno quando erano andati a vivere insieme, due anni prima. Avere un animale magico era stato un passaggio fondamentale nella complessa, e spesso difficile, evoluzione del loro rapporto e li aveva decretati agli occhi di tutti ufficialmente una famiglia. Il fatto che non fossero sposati, per il mondo magico non sembrava essere rilevante. Dando un’occhiata all’orologio che teneva infilato nel taschino del panciotto, sopra al quale spuntava una maestosa “M” del simbolo di famiglia, Draco convenne che doveva essere il solito messaggio di scuse nel quale gli avrebbe detto di non aspettarlo alzato. Tuttavia quando spalancò i vetri notò che era una lettera tempestata di francobolli, che con il mondo della magia poco avevano a che vedere. Era posta babbana quella che Bingley ora gli porgeva con un certo fiero orgoglio nello sguardo. Aveva volato sotto la pioggia per chissà quanto e pareva molto soddisfatto di esserci riuscito senza far infradiciare eccessivamente la busta, a cui Malfoy comunque diede un'asciugatura veloce usando la bacchetta. A giudicare da un lieve strappo sul lato sinistro, Bingley doveva averla portata via sotto gli occhi interdetti del mittente. Non che fosse insolito: quando si aveva a che fare con i babbani le comunicazioni erano sempre un problema. Ogni volta succedeva che si spaventavano o irritavano. Era assurdo che avessero da ridire, specie perché Bingley era un gran bel gufo: lo aveva detto a Harry sin dal giorno in cui lo aveva intravisto, appollaiato su un trespolo dell’emporio di Eelyop. Potter, al contrario, credeva che le civette fossero molto più intelligenti e si era impuntato per fargliene comprare una bianca che tanto gli ricordava la compianta Edvige. Draco non era sicuro di come fosse riuscito a convincerlo, ma probabilmente il magnifico sesso che avevano fatto appena rientrati, doveva averci avuto un qualcosa a che fare. Sorrise al ricordo intanto che rovistava nella credenza alla ricerca di un paio di biscottini gufici, che appoggiò sul davanzale. Lo sguardo gli cadde poi su quella strana busta che sbucava dal becco e, incuriosito, la prese tra le mani.
«Per il signor Harry Potter» lesse con voce sottile, soppesando il contenuto e rendendosi conto che non doveva esserci più di un foglio là dentro. «N. 23, Diagon Alley, Londra. Mittente… Du-Dudley Dursley?» Draco strabuzzò gli occhi, focalizzandosi sul nome che appariva in chiare lettere sulla carta bianca, tra quelli che erano almeno sei francobolli. Non era una calligrafia elegante, era invece piuttosto incerta e anche rozza, con un qualche vezzo eccessivo nei ghirigori della lettera: y, che la rendevano addirittura ridicola. Era chiaro che il cugino di Harry si fosse impegnato non poco per scrivere decentemente, ma considerando il tipo non si stupiva che non ci fosse riuscito. Draco non aveva mai incontrato gli zii di Potter, li aveva visti in una foto babbana e di loro sapeva quanto gli era stato raccontato. A dirla tutta, tanto bastava a che avesse dichiarato di non voler mai averci niente a che fare. Per quanto avessero smesso di trattarlo peggio di un elfo domestico, ma soltanto perché non abitava più con loro, era chiaro che lo tollerassero a stento. Ancora odiavano la magia, al punto che non sopportavano neppure di sentirla nominare, ma perlomeno Potter non si prendeva la briga di andarli a trovare. Inviava loro un gufo di auguri a Natale e zia Petunia ricambiava con un indelicato: “A te e famiglia” al quale Vernon non mancava di aggiungere una postilla, dove gli ricordava puntualmente di non mandargli più quell'orribile animale, ma di spedire le lettere come ogni rispettabile cittadino inglese. Cosa che ovviamente il suddetto non faceva mai, ma perché in fondo si divertiva a indispettire quei babbani. Nel leggere quel messaggio, il Natale precedente, Draco aveva sollevato un sopracciglio e senza scomporsi aveva mormorato un sarcastico: “Sempre così gentili” a cui Harry aveva replicato con uno sbuffo stizzito. Nel sedersi nuovamente a tavola mentre si decideva a finire quella cioccolata ormai tiepida, si domandò cosa volesse quella gente dal suo eroico ragazzo. Poi però il suddetto si materializzò direttamente dall'ufficio e a quel punto decise di non pensarci più.


 

La lettera rimase sul tavolo della cucina sino al mattino successivo. Quando vi entrò, ancora in vestaglia e pantofole, Malfoy scoprì Harry a fissarla come se tentasse di capirci qualcosa.
«Se non la apri non lo saprai mai, Potter» aveva sibilato, stringendo meglio il nodo della vestaglia di seta, prima di versarsi una tazza di caffè.
«È che non capisco cosa possa volere da me.»
«Mh» arricciò il naso Draco, aggiungendo anche della crema di latte. In effetti ci aveva riflettuto sopra un pochino, ma non era riuscito a darsi una spiegazione sensata «pensi sia successo qualcosa?»
«Dubito» negò, scuotendo il capo «ho un telefono apposta per le emergenze. Io e Dudley ogni tanto ci sentiamo e so che lo userebbe per dirmi se qualcosa non va, è così che fanno i babbani. Le lettere vengono spedite per altre ragioni e…»

«Per la barba di Merlino, Potter, apri quella dannata lettera o lo faccio io!» esclamò, irritato, posando a forza la tazza sul tavolo al punto che alcune gocce di caffè schizzarono ovunque, macchiando la tovaglia. Neppure si scompose e, agitando la bacchetta, fece sparire lo sporco prima di recuperare i suoi biscotti preferiti che aveva scordato in credenza.
«Oh e va bene» lo sentì borbottare mentre strappava la lettera da un lato e ne tirava fuori un cartoncino quadrato, il quale venne spiegato davanti ai suoi occhi. Draco avrebbe saputo descrivere le sue reazioni nel dettaglio e non perché di suo fosse un asso in legilimanzia, ma perché Harry Potter non mancava mai di essere maldestramente onesto. Tutto quel che provava glielo si leggeva direttamente in faccia, senza che ci si dovesse sforzare a riguardo. Prima ci fu l’agitazione e un velo di tensione che gli faceva tremare impercettibilmente le dita, quindi i suoi grandi occhi verdi si erano spalancati.
«Oh, cazzo!» aveva esclamato, fissando ancora il foglio come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena letto.
«Anche tu sei stupito dal fatto che tuo cugino sappia scrivere, vero?» domandò un Draco caustico, addentando un biscotto al cioccolato. «Ti capisco, non me lo aspettavo nemmeno io» concluse, nascondendo forzatamente un sorrisino mellifluo dietro la sua solita faccia da schiaffi.
«No, è che Dudley si sposa.»
«Cosa?» domandò, sputando caffè sulla superficie del tavolo.
«Te lo giuro, Malfoy. Leggi qui» gli rispose, mettendogli quello che sembrava proprio un invito, direttamente sotto al naso. In effetti lo era, si disse osservandolo intanto che masticava un altro biscotto.
«Dudley Dursley e Melissa Penton sono felici di annunciare il loro matrimonio, che si terrà il 30 aprile alle 11.30 presso la Cattedrale di Guildford. Siete cordialmente invitati a partecipare» lesse con voce atona, subito prima di notare che, in fondo, c’era un’aggiunta scritta con una calligrafia differente. «Per Harry Potter: niente bacchette o magie, niente stranezze e non indossare una di quelle palandrane ridicole come quello stramboide con la barba. Vogliamo un abito normale o non ti facciamo entrare in chiesa. Noi siamo gente rispettabile. Beh, non ci vanno leggeri, questo è certo» commentò lasciando cadere il foglio che si adagiò sopra al tavolo come una foglia secca, sporcandosi di caffè.
«Lo zio Vernon odia la magia» bofonchiò il suddetto, tuffandosi sul porridge che se ne stava ancora intatto nella ciotola. Draco lo sapeva, Potter lo ripeteva ogni dannata volta che parlava di loro. Gli aveva raccontato persino di come, da ragazzo, gli avessero proibito non soltanto di fare i compiti e studiare, ma anche di parlare di Hogwarts durante l’estate. Quando ci pensava ricordava al contempo di quel se stesso bambino che si vantava con i propri genitori dei successi ottenuti durante l’anno scolastico e, per un istante, aveva pena di quell’orfano cresciuto con babbani che lo opprimevano. Harry non gli aveva mai fatto pena, il loro rapporto non era basato su quello e se lo fosse stato era probabile che non sarebbero neppure mai andati a vivere insieme. Potter aveva passato tutta l’infanzia a subire su di sé sguardi di persone che provavano pietà per la sua condizione, non avrebbe sopportato di sentire addosso sentimenti di quel genere dalla persona con la quale stava. E tanto meno non da parte di uno che aveva detto di odiarlo per la maggior parte della sua vita. Eppure non sempre era facile non sentirsi a disagio, specie quando i pensieri attraversavano anni di guerre reciproche.
«Quindi ci andrai?» chiese, riscuotendosi dal torpore. I Dursley risvegliavano ogni volta pensieri negativi e nonostante Potter sembrasse infischiarsene, sapeva che in fondo non era poi così indifferente. Era probabile che un lato di lui fosse turbato all’idea di partecipare a quelle nozze.
«Ci andremo, vorrai dire» replicò Harry, indicando il punto in cui diceva che l’invito era esteso anche a un “Più uno”. Che strano… a lui quella parte era sfuggita. Draco strabuzzò gli occhi, preso in contropiede. Aveva capito bene? Stava forse suggerendo che ci andasse anche lui? Draco Malfoy a un matrimonio babbano? Non che non ci avesse mai avuto qualcosa a che fare, in fondo grazie alle imprese che dirigeva e che un tempo erano state di suo padre, intratteneva quotidianamente rapporti d’affari con persone non magiche, ma non si era mai spinto oltre con le confidenze e di certo non ci sarebbe uscito a cena.
«Scordatelo!» negò con fare categorico, trangugiando tutto il caffè e alzandosi dalla sedia così in fretta, che questa strisciò rumorosamente sul pavimento «non esiste che io venga con te al matrimonio di tuo cugino.»
«E dovrei andarci da solo?» ribatté con l’aria stupita di chi sembra non concepire neppure l’idea. In effetti la sua richiesta non era poi così assurda, tutti sapevano che stavano insieme ed erano andati come coppia ufficiale anche al matrimonio di Weasley e della Granger; per quale motivo questo avrebbe dovuto essere diverso? Tecnicamente non lo era, era più che altro lo sposo e la sua famiglia a dargli fastidio.
«Sanno che sto con una persona» riprese lui «se mi presento senza nessuno penseranno che ci siamo lasciati e darò loro l’ennesima occasione per prendermi in giro.»
«Beh, tanto per cominciare» borbottò Draco, facendo roteare la mano a mezz’aria con un gesto plateale «immagina il loro stupore quando ti presenterai con un uomo al braccio, invece che con una donna. E poi quei tipi odiano quelli come noi, per quale motivo dovrei sedermi alla loro tavola e brindare facendo finta che non mi detestino? Anzi no, che dico, che non ci detestino perché nel pacchetto: “Odio i maghi” ci siamo dentro tutti e due» concluse, indicando entrambi con fare spiccio.
«Tu hai odiato i babbani per gran parte della tua vita e hai detestato anche me a dire il vero, eppure eccoci qui.»
«Beh, quello è diverso» replicò Draco, imporporandosi sulle guance e dandosela a gambe. Non amava quando quei discorsi venivano fuori e, da buon Serpeverde, preferiva sempre evitare lo scontro anche quando era quasi certo di poter vincere, come in questo caso.
«In cosa lo sarebbe, scusa?»
«Io non ho mai fatto finta di esserti amico, Potter» gli fece presente e la verità era talmente ovvia, che Harry stesso si ritrovò ad annuire e ad arricciare le labbra, sconfitto. Draco decise di infierire e affondare la lama del coltello che teneva metaforicamente in mano, ancora di più nella piaga appena aperta: «Non ti ho mai chiesto di sederti alla mia tavola, fingendo di essere il tuo migliore amico. In questo è diverso. Quindi se vuoi accettare, ci andrai da solo perché io non ho nessuna intenzione di venire con te.» Intanto che usciva dalla cucina percorrendo il corridoio che l'avrebbe portato in camera da letto, a Draco era sembrato di sentirlo borbottare un qualcosa che poteva anche essere: «Questo lo vedremo» che lo fece irritare ancora di più. Non ci sarebbe andato, e questo era quanto.


 

Malfoy non era sicuro che la presenza degli amici di Harry nel loro soggiorno non avesse qualcosa a che fare con i tentativi, sino a quel momento patetici, di convincerlo ad andare alle nozze del cugino. Erano passati due giorni da quella discussione e da allora non ne avevano più parlato, eppure era chiaro che la questione non fosse stata ancora messa da parte. A un certo punto però la rabbia aveva lasciato spazio al divertimento, era sempre un po’ comico notare i tentativi impacciati di Potter di convincerlo a fare qualcosa. Prima aveva provato a estorcerglielo col sesso e Draco lo aveva stanato tipo un secondo dopo che erano venuti. Poi gli aveva preparato la colazione e si era anche preso un giorno libero dal lavoro per poter stare con lui. Di fronte a tanta gentilezza, Malfoy aveva però sfoderato tutta il suo più algido rigore, non degnandolo neppure di uno sguardo. Quella sorta di guerra fredda non sarebbe andata avanti per molto, entrambi sapevano quello che stava succedendo e facevano finta di niente. Non poteva dire di non esserne un pochino compiaciuto, in un certo senso era divertente. Era un po’ come se lo stesse corteggiando di nuovo, come i primi tempi della loro relazione quando si vedevano in segreto e lo facevano nella vecchia casa dei Black. Quando aveva dichiarato di voler invitare a cena Ron ed Hermione per quella sera, Draco aveva annuito senza scomporsi mettendosi subito ai fornelli. Cucinare gli piaceva, lo aveva scoperto vivendo da solo e poi Potter era assolutamente negato per qualsiasi attività non comprendesse il fare incantesimi o lo scopare, quindi preferiva essere lui quello che metteva il cibo in tavola, altrimenti avrebbero finito con il mangiare panini tutte le sere. E aveva anche fatto un ottimo lavoro, pensò osservando l’ottimo pezzo di carne che aveva appena finito di servire agli ospiti. Ora, Draco sedeva rigidamente al tavolo da pranzo, teneva gli occhi fissi sullo stufato che stava tagliando in piccoli pezzi notando la maniera perfetta con la quale il sugo della carne copriva interamente le patate. Di fronte a lui, Harry faceva la stessa identica cosa senza parlare né accennare a voler sollevare lo sguardo. Solitamente le loro serate erano famose per essere eleganti e divertenti e, laddove alla parte dell'eleganza spettava ovviamente a lui, in quella del divertimento quello stupido eroe non se la cavava affatto male. E poi, Draco con gli anni aveva anche imparato a essere amico dei suoi amici, quindi non era raro che si ritrovassero a ridere e scherzare tutti insieme. Quella sera però una strana tensione aleggiava nell’aria e non un fiato era volato dal momento in cui Ron ed Hermione erano entrati dalla porta con un vassoio colmo di dolcetti, Harry e Draco parevano starsi sfidando al gioco del silenzio. 
 

«C'è qualcosa che non va?» chiese la Granger andando direttamente al punto. Conoscendola aveva imparato che non era quel genere di persona che è solita girare attorno alle cose senza affrontarle di petto, presumeva fosse una di quelle caratteristiche che non abbandonano mai un vero Grifondoro, perché in un certo senso Harry era come lei. Ron, dall'altra parte del tavolo, aveva smesso di ingozzarsi di patate e ora, forchetta alla mano, passava lo sguardo da lui a Harry come se tentasse di capirci qualcosa. Non si stupiva che lei avesse fatto caso alla tensione mentre suo marito fosse rimasto a testa china sul piatto tutto il tempo, era piuttosto probabile che non si fosse reso conto neppure che nessuno aveva parlato. Per Merlino, quei due potevano anche essere diversi come il giorno e la notte, ma si completavano alla perfezione.
«Non gliel'hai detto?» intervenne Draco con voce sottile, intanto che un sopracciglio schizzava in alto. Si versò del vino e poi ne offrì anche a Hermione, dato che aveva il bicchiere vuoto e lei accettò con un sorriso tirato. 
«Non c'è stato il tempo» fece spallucce Harry, sorridendo falsamente in sua direzione. Oh, che bastardo! Ora faceva pure il finto tonto?
«Ehm, dirci cosa?» replicò Hermione, appoggiando entrambe le posate sul piatto come se volesse attendere ulteriori informazioni, prima di decidere se era il caso di proseguire o meno con la cena.
«Il cugino di Harry si sposa.»
«Miseriaccia!» esclamò Weasley, lasciando cadere la forchetta. «Questa non me l’aspettavo.»
«Tanto per cominciare non ci vedo niente di strano, ma a parte questo, il punto sarebbe?» intervenne invece la Granger con vocetta acuta, aveva ripreso le forchette e aveva iniziato a tagliare la propria fetta di carne. Forse la questione non la interessava o magari la considerava di poco conto.
«Che io non ci voglio andare e lui vuole obbligarmi.» Era piuttosto certo di star reagendo in maniera esagerata, ma era diventata una questione di principio. Neanche gliene importava del matrimonio, era piuttosto sicuro che sarebbe riuscito a sopportare quei babbani per una giornata. Forse voleva soltanto fare un po’ il capriccioso, ecco tutto. Era quel lato del suo carattere che il tempo non aveva smorzato. Era cambiato sotto molti punti di vista, ma c’erano occasioni nelle quali un po’ si divertiva a far impazzire Harry. Se lo voleva davvero, allora avrebbe dovuto pregarlo e sì, forse aveva già cambiato idea a riguardo, ma non importava. In fondo lo sapeva di aver perso su tutta la linea nell’esatto momento in cui aveva capito di essersi innamorato dello stupido eroe del mondo magico, quel giorno aveva compreso che in nome di quegli occhi verdi avrebbe fatto qualunque cosa.
«Ti odio, Potter» sibilò facendo però fatica a trattenere un ghigno divertito «avrei dovuto farti fuori anni fa.»
«Oh, andiamo che sarà mai? Stai facendo come al solito.»
«Non capisco di che parli» fece spallucce lui, riprendendo a mangiare come se non stessero discutendo davanti ad altra gente.
«Mi riferisco a quando fai i capricci perché vuoi che ti preghi e io finisco puntualmente per farti contento, ecco di cosa sto parlando» concluse, rimarcando il concetto stringendo i pugni sul tavolo prima di rivolgersi ai suoi due più cari amici. «E voi due non intervenite? Ho ragione io oppure no?»
«Beh, Harry» mormorò Hermione, subito però interrotta dal marito.
«Scusa, amico e qui lo dico e qui lo nego, ma Malfoy non ha tutti i torti» bofonchiò intanto che riprendeva a ingurgitare patate. Le cose andavano di bene in meglio, aveva chiamato quei due per avere supporto morale e invece gli davano contro. Era forse quella la perfezione? Probabilmente no, ma gli si avvicinava parecchio.
«Harry, sul serio, non capisco per quale motivo tu ci voglia andare. Sono gli stessi parenti che ti mettevano le sbarre alle finestre. Te lo ricordi, vero?» proseguì Ron. «Quando al secondo anno siamo venuti a prenderti con l’auto volante? Ti hanno fatto vivere per undici anni in un sottoscala e dopo di allora sei stato promosso al primo piano solo perché avevano paura che gli scagliassi contro un maleficio, sei sicuro davvero di voler festeggiare con loro una cosa tanto speciale come un matrimonio?»
«In effetti…» annuì Hermione, soppesando le parole intanto che guardava Weasley con un certo compiacimento misto a stupore. Di tanto in tanto, Draco aveva la sensazione che lei si sorprendesse ancora di quanto lui potesse essere acuto, dopo che aveva espresso un concetto quasi intelligente. Non poteva dire di non capirla, lui per primo ancora si stupiva quando dava ragione a un Weasley.
«Sì, d’accordo!» esclamò Harry interrompendola. «Non dico che non sia vero, ma le cose negli ultimi anni con Dudley sono migliorate. Non possiamo dire di essere migliori amici, ma ogni tanto ci sentiamo e non è poi così male come credete. Lui è da molto tempo che mi parla di questa ragazza e mi dice che vuole farmela conoscere, cioè non sapevo che fosse una storia così seria e per questo ero sorpreso. E poi lui sa di Mr… puzza sotto il naso, lì» aggiunse, indicandolo mentre Draco assumeva un'espressione sconvolta da perfetta regina del dramma. Lui era che cosa? Per Salazar, questa gliel’avrebbe pagata cara.
«Qualche mese fa gli ho detto di essere bisessuale» riprese Harry «non se lo aspettava ed è rimasto tipo cinque minuti a fissare il vuoto, ma alla fine mi ha salutato con un abbraccio. So che gli dispiacerebbe troppo se non ci andassi, nonostante tutto sono pur sempre la mia famiglia.» Draco non poteva dire di non capirlo, era lo stesso motivo per il quale ancora voleva bene a suo padre e per cui lo andava a trovare di tanto in tanto. Lucius, oltre ad averlo spinto a diventare un Mangiamorte per riportare onore alla famiglia, non aveva mai approvato la sua relazione con Potter né il fatto che fosse gay, ma nonostante ciò non riusciva a odiarlo. Tutto quel discorso aveva un senso, si disse intanto che Harry riprendeva a parlare: «Anche se già so che ci sarà zia Marge, la quale non mancherà di farmi notare come sono cresciuto male. E zio Vernon, quando capirà quello che sta succedendo, cercherà di costringermi a dire che io e Malfoy siamo amici, o che è il mio sponsor, o il mio spacciatore, o chessò io. Lo so perché ha passato anni a dire ai vicini che frequentavo una scuola per ragazzi molto indisciplinati e…»
«Oh, e va bene!» sbottò Draco, interrompendolo. Aveva lasciato cadere le posate, le quali tintinnarono sul piatto spezzando il teso silenzio che si era creato. «Per Salazar, ci vengo. Basta che la smetti di essere così… così tenero. Ti odio ancora di più quando lo sei, quindi taci.»
«Oh, grazie, grazie» gli disse, alzandosi di scatto dalla sedia e aggirando il tavolo in tutta fretta prima di regalargli un bacio sulla bocca. Dannazione, era un idiota.




 

*

 




A gennaio, Draco aveva trascinato il disordinato e malvestito Harry “Fottutissimo” Potter dal sarto magico personale dei Malfoy. Il signor Enrico, italiano di origine, aveva un piccolo negozio vicino a Piccadilly, una parlantina veloce e mani altrettanto rapide, ma soprattutto era un abile artigiano. Gli avevano ordinato due abiti da cerimonia nuovi di zecca, con camicie e scarpe in coordinato, facendo presente che sarebbero serviti per un matrimonio babbano e che non avrebbero voluto dare troppo nell'occhio. Enrico aveva realizzato due meravigliosi completi scuri sullo stile dei non magici, uno nero per lo spettinato e uno blu scuro che, senza false modestie, su di lui era una favola. Gli erano costati una fortuna, ma ne era valsa la pena si disse in quel tiepido mattino di aprile non appena lo sguardo gli cadde sul fisico tonico di Harry Potter. Si stavano entrambi vestendo e il suo ragazzo molto, molto figo se ne stava in pantaloni e camicia bianca al centro della loro camera da letto. Non portava ancora la cravatta e con quei bottoni slacciati sul petto doveva ammettere che era davvero sexy. Da quando si era fatto crescere la barba, poi, aveva quel qualcosa di selvaggio nelle espressioni che gli faceva perdere la testa. Gliel’avrebbe strappata volentieri, quella stupida camicia, se non lo avesse messo in punizione per tutta la faccenda del matrimonio del cugino babbano. Perché quello era ovviamente il cosiddetto “Giorno X”, lo stesso che aveva segnato sul suo calendario magico come: la tortura infinita. Almeno non pioveva, pensò guardando fuori dalla finestra e notando il sole filtrare attraverso i vetri. Avevano fatto colazione presto, non appena il gufo aveva portato loro la consueta copia della Gazzetta del Profeta. Draco aveva iniziato a prepararsi appena dopo la doccia senza ciondolare in vestaglia come faceva spesso la domenica, perché sarebbero dovuti andare dagli Weasley a farsi prestare l'auto. Anche quella era una delle imposizioni degli zii di Harry, assieme a quella ridicola pretesa del presenziare senza bacchetta. Ma se, per amore del suddetto eroe, aveva accettato di indossare abiti consoni ai babbani (perché, diciamocelo, era uno schianto!) e di arrivare in chiesa in macchina, per non fare sfigurare i suddetti zii davanti a tutti i loro amici, non avrebbe mai permesso a nessuno di togliergli la bacchetta.


«Non la lascerò a casa» aveva sibilato, infilandola nella tasca interna della giacca, sputando un sorriso quando aveva notato Harry ammiccare in sua direzione intanto che faceva la stessa identica cosa. Al solito non soltanto non si mostrava un grande fan delle regole che gli venivano imposte, ma non dava neppure segno di pentimento.
«Da quando Hagrid mi disse che ero un mago, non sono andato in giro un solo giorno senza» gli fece presente come se, da sola, quella fosse una spiegazione sufficiente. Lo era, soprattutto considerando quanto aveva amato l’idea di avere dei poteri magici, visto che da allora avrebbe potuto frequentare una scuola lontana dai suoi zii e dal suo odioso cugino. Ovviamente però Draco non poteva permettere che avesse l'ultima parola: «Non è vero, ti si è rotta e hai usato la mia per mesi» gli ricordò, salace.
«E mi piaceva pure. Certo, la mia è tutta un'altra cosa...»
«Se adesso fai una battuta a sfondo sessuale, Potter, il veto si estende a un mese» lo interruppe, infilando anche la giacca sopra a un elegante panciotto, dove aveva già sistemato l'orologio a cipolla. Si sarebbe portato anche il bastone da passeggio perché era impensabile andare a una cerimonia senza portarsene uno, ma avrebbe lasciato a casa il mantello, si disse facendolo volare nuovamente nell’armadio. Sembrava facesse davvero troppo caldo per averlo addosso tutto il giorno.
«Tu hai messo un veto?» replicò, senza capire, recuperando ciò che gli restava del completo da sopra al letto «e su che cosa?»
«Su ogni parte del mio corpo, per una settimana» lo informò, facendo spallucce. Non gliel’aveva detto? Ah, poco male: lo avrebbe saputo ora. «Hai voluto obbligare l'erede di una delle più antiche e nobili famiglie magiche d'Inghilterra ad andare al matrimonio di un rozzo babbano? Ebbene questo è il prezzo, caro il mio adorabile straccione. Niente culo! Ma neanche lontanamente proprio e neppure sesso orale, manuale o qualunque altra porcheria ti venga in mente. D'ora in poi lo vedrai solo nei sogni.»
«Uh, sei spietato, Malfoy» sogghignò in risposta, osservandolo di sbieco con fare malizioso e divertito. Come? Non era arrabbiato? Neanche un'ombra di malcontento? Nessun: sei uno stronzo? Niente: avrei dovuto farti fuori quando ne avevo l’occasione? Insomma un po’ si era aspettato una bella lite d’altri tempi, con cazzotti e insulti e invece Potter adesso sorrideva pure.
«Nessuna obiezione?» gli chiese infatti «ti ho blindato il pisello e tu te ne freghi?»
«No che non lo faccio» replicò, aggiustandosi gli occhiali sul naso prima di allacciarsi la cravatta. Male. Anzi malissimo al punto che era dovuto intervenire lui prima che iniziasse a somigliare a uno spaventapasseri.
«Mi dispiace non poter più fare l’amore con te per sette giorni» aveva mormorato Harry. «Vorrà dire che ci rifaremo quando il tuo veto finirà e ora vogliamo andare? Temo che se indugiamo ancora non arriveremo mai in tempo» disse porgendogli il braccio per la smaterializzazione congiunta. Non era davvero sicuro di aver vinto quello scontro, in effetti lo conosceva abbastanza da sapere che tutta quell’apparente indifferenza poteva anche nascondere la consapevolezza che non aveva intenzioni serie. Ma Draco le aveva, quindi niente sesso. E non importava che Potter avesse un culo da favola e che, stretto in quell'abito, gli facesse girare la testa. Lui avrebbe resistito, perché il divieto lo aveva imposto lui. Quando gli prese il braccio un lampo di sfida gli accese lo sguardo, era come se volesse fargli capire che non sarebbe riuscito a metterlo nel sacco. Un istante più tardi, la Tana si apriva in tutta la sua magnificenza (beh, più o meno) davanti ai loro occhi. 


 

C'era stata una sorta di tregua con gli Weasley dopo la guerra. Draco non credeva che avessero del tutto accettato la sua presenza nella vita di Harry, soprattutto alcuni membri della famiglia, nonostante fossero passati anni. Era pur sempre un ex Mangiamorte e oltretutto era quello che aveva rubato il suddetto eroe alla dolce Ginny. Che quella ragazza non avesse nulla di dolce e che tecnicamente i due si fossero lasciati prima che Potter si rendesse conto di essere bisessuale e di provare attrazione per lui, sembrava non importare proprio. E se parlava in questo modo non era per via della gelosia nei confronti di quella rossa e dell’amicizia che ora legava i due, no davvero, era semplicemente la verità. Il signor Weasley era stato uno degli ultimi a convincersi che Draco Malfoy non sarebbe scomparso tanto rapidamente dalle loro vite. Spesso però lo guardava di sottecchi, come se si aspettasse un pugnale nella schiena da un momento all’altro. Di tanto in tanto, però, riusciva anche a salutarlo e ad accennare persino un sorriso. Che fosse spinto dalla moglie, sempre desiderosa di far star bene Harry, Draco non ne aveva alcun dubbio. Si sentiva sempre molto maturo ogni volta che si tratteneva dal fare battute sarcastiche a riguardo; anche in quel momento, per esempio, gliene venivano in mente almeno una dozzina. Tanto per dirne una, con che diavolo era vestito quell’uomo? Possibile che, con tutti i figli ormai fuori di casa e indipendenti, non potessero permettersi degli abiti nuovi? Indossava un maglione di un marrone indefinito, chiaramente fatto ai ferri e usato da almeno vent’anni, su un paio di pantaloni color cachi rattoppati mentre lei, strizzata in un abito violetto a pois gialli, aveva un grembiule stretto in vita. Come li vide, Draco si profuse nei consueti saluti. Un tempo forse erano forse stati su fronti opposti, ma Malfoy aveva ricevuto un’educazione ben precisa. Per la barba di Merlino, era un signore e intendeva rimarcare il concetto ogni volta che incrociava qualcuno che per Potter era particolarmente speciale. Giusto per far loro capire che non era un maleducato.
«Buongiorno, signor Weasley» disse, puntando il bastone da passeggio sul terreno morbido. «Signora Weasley» annuì, questa volta facendo un lieve inchino alla donna che era comparsa sulla soglia di casa, con le mani sporche di farina che aveva ripulito frettolosamente sul grembiule.
«Draco, Harry» disse lei, venendo loro incontro a braccia aperte. Baciò entrambi sulle guance e poi li strinse in un abbraccio materno. «Per mille folletti, siete stupendi! Farete sfigurare quei babbani, questo è certo, non è vero Arthur?»
«Ehm, certamente, Molly» mormorò invece lui, grattandosi la nuca intanto che porgeva a Harry le chiavi dell’auto. Lui ovviamente sapeva guidare, non lo aveva ritenuto un passaggio necessario della sua formazione, ma un’estate dopo il diploma aveva dichiarato di annoiarsi e aveva aggiunto che, quando era bambino, aveva sempre sognato di guidare una di quelle trappole di ferro. E quindi si era iscritto a una scuola guida babbana e in pochi mesi aveva preso la patente. Della quale non se n’era fatto niente, ma questa era un’altra storia. Draco era certo che il pensiero di far fruttare tutte le sue conoscenze a riguardo lo riempisse di un qualche tipo orgoglio. Nell’osservare la macchina parcheggiata nel vialetto antistante a quella che un tempo avrebbe definito una catapecchia piuttosto spaziosa, si rese conto che forse avrebbero dovuto trasfigurarla  [1] in una più lussuosa, per non fare una pessima figura con i babbani. La vecchia Ford Anglia del signor Weasley non era certamente il sogno di un bambino e tanto meno sarebbero stati credibili scendendo da un simile catorcio. Indossavano abiti di sartoria, per Merlino, avrebbero potuto aspirare a qualcosa di più lussuoso.
«Sarà meglio andare» mormorò Harry salendo in macchina intanto che Malfoy lo raggiungeva sul sedile del passeggero, non prima di aver chinato il capo in direzione dei coniugi Weasley a mo’ di saluto. Quindi partirono alla volta del Surrey.




 

Continua 



 

[1]Non sono certa che si possano trasfigurare le automobili babbane in questo modo, non so nemmeno a quanti maghi possa in effetti capitare una cosa del genere, ma ho pensato che se un topo può venire trasfigurato in un calice e se Peter Minus può diventare un topo, allora una macchina può essere trasfigurata in una simile.

Note: Premesso che i due bicchieri di vino e l’amaretto a fine pasto mi hanno stesa, non so come io abbia fatto a pubblicare oggi questo primo capitolo, ma eccoci qui. Anzitutto auguro a tutti voi un Buon Natale. 

Questa storia per me rappresenta un vero e proprio banco di prova in questo fandom, per capire se riesco a scrivere qualcosa di diverso rispetto alle storie che ho prodotto sino adesso. Pur essendoci tracce di introspezione, la storia avrà un’impronta comica, a tratti demenziale. Soprattutto nel secondo capitolo. E non è un terreno che batto di solito, ma volevo capire se ho possibilità di riuscire a combinare qualcosa qui oppure se è meglio lasciar perdere. La storia comunque la finirò, anche se non dovessero arrivare recensioni. Il secondo capitolo è quasi concluso (e saranno tre in totale).

Ringrazio VigilanzaCostante che ha letto il primo capitolo, probabilmente senza il suo parere non avrei mai pensato di pubblicare questa storia.
Un grazie a tutte le persone che sono arrivate sino a qui.
Koa

   
 
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