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Autore: Mordekai    27/12/2021    0 recensioni
''Nessuno conosce la sua storia, nessuno sa da dove provenga o a quale borgo appartenga. Sappiamo solo che un giorno questo potente mago è comparso tra i cittadini, dispensando le sue conoscenze e segreti per espandere la grandezza della Stella a Cinque Punte. Questo fino al fatidico giorno in cui venne imprigionato nella Torre senza nome, incolpato di un crimine non commesso da parte di coloro che si fidava. Maledetti traditori bastardi. Perdona la mia rabbia, ma io ero l’unico testimone presente quando è avvenuto e nessuno mi ha voluto ascoltare. Ma io direi di iniziare concretamente, che ne pensi? Ottimo! Aberakazam!''
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terzo Borgo, Magius. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
‘’Maledizione, questa vasca di guarigione è costata centinaia di Leoni di Giada e adesso è andata in frantumi. Mi spiegate come ha fatto?’’- domandò il guaritore, restando ad osservare adirato i danni subiti nella Sali, tra cui uno dei cristalli completamente in frantumi.

‘’Non lo sappiamo, Maestro Etemek ma temiamo che sia la corruzione di quella Torre al centro della nostra Stella ad aver provocato il cambiamento di Gabràn. Mi piange il cuore nel dover avvertire la vedova adesso…’’- replicò Xand, poggiandosi la mano al cuore avvertendo una strana tristezza.

‘’Avvertire i familiari delle vittime non è nostra priorità, Xandrem! Chiamatemi subito Archimede per provare a sistemare questo macello. Tu, Orchidea, andrai ad avvertire Barspar di questo evento e di informare ogni nostro cittadino. Chiaro?’’

‘’Sì, Maestro Etemek.’’- risposero entrambi i guaritori, uscendo dalla Sala e ritrovandosi in un’altra stanza dove alcuni inservienti ripulivano il caos lasciato dal passaggio di altri due pazienti tramutati dall’energia malvagia, o quel che ne restava. Xand andò subito in uno dei palazzi del mago-architetto Archimede per informarlo del tragico incidente mentre Orchidea abbandonò la struttura dirigendosi frettolosamente dal Custode Barspar. E per la prima volta Orchidea vide il suo borgo nelle ore diurne, i magnifici metalli usati per costruire e decorare le abitazioni unite da diversi pontili, tetti a punta che ruotavano in base ai minuti passati e il loro movimento rotatorio generava energia ad altre abitazioni. Magia e tecnologia di regni distanti permisero a quel borgo e ai suoi abitanti grandi innovazioni. La guaritrice si rese conto di indossare ancora la cuffia e i guanti, decidendo di toglierli poco dopo rivelando le sue mani arrossate dal prolungato contatto con il materiale e i capelli color borgogna scompigliati e sudati. Appena resasi presentabile, il suo corpo trasmigrò nella torre del custode.

‘’Chiudi gli occhi e respira profondamente Orchidea!’’- ordinò il mago, ma la guaritrice cadde a terra e non riuscì a trattenere il vomito, imbrattando il pavimento d’onice. Il sospiro frustrato del custode non fu piacevole tanto da dover ricorrere alla sua magia ed eradicare dall’esistenza il maleodorante liquido espulso dalla donna:

‘’Farò finta che nulla di questo sia accaduto, Orchidea. Cosa devi dirmi?’’- domandò Barspar, avvicinandosi alla finestra ovoidale che si affacciava sugli altri borghi e sulla torre nera che incuteva timore con la sua mole arcana.

‘’Sapeva già del mio arrivo dunque?’’

‘’La tua mente è molto più limpida di tutti gli altri Arcani o stregoni di questo borgo, e non appena la tua mente si è focalizzata sul mio nome ti ho facilitato l’arrivo. Ora cosa devi dirmi?’’

‘’Gabràn, il cittadino della Piazza Centrale è deceduto! La ferita inferta dalla torre lo ha corrotto e tramutato in una aberrazione. Il Maestro Etemek ha usato una delle sue armi per ucciderlo, così per gli altri.’’- replicò Orchidea, trattenendo un secondo conato di vomito per l’eccessiva energia magica usata da Barspar. Il custode colpì con il pugno il vetro ovale, incrinandolo all’impatto mentre l’intera stanza reagì al suo umore: il pavimento d’onice venne solcato da forme geometriche azzurre prima di confluire nel palmo della mano tramutandosi in un fulmine globulare. Il mago custode colpì una seconda volta il vetro, incrinando maggiormente fino a rompersi con un terrificante suono.

‘’Tempus…’’- disse Baspar generando sull’intera superficie vitrea un gigantesco orologio che riavvolse il tempo, consentendo alla finestra di tornare alla sua forma; anche la ferita provocata dalle schegge si rimarginò. Andò a sedersi alla scrivania posta a qualche metro da lui, cercando di recuperare la calma e invitando alla guaritrice di sedersi ed illustrarle le potenziali idee. Nello stesso arco di tempo, Xand proseguì lesto tra i vari pontili per i soli studiosi di magia varcando diversi portali che conducevano in altre sezioni fino a giungere in una nuova: le pareti dipinte di nero mostravano segni di muffa ed umidità sparsa, l’odore di candele quasi spente colpì violentemente il naso. Oltre alla nera sala, Xand notò diversi alberi morti come decorazioni di discutibile gusto ai piedi delle colonne colme di ragnatele con ragni grandi quasi quanto una mano, dagli occhi rossi brillanti che si posarono sul povero Xand non appena entrò. In fondo la stanza, ricurvo sulla scrivania un uomo dalla lunga barba aggrovigliata, grigia e con una ragnatela che penzolava dalla sua punta, occhi infossati e rossi, pelle cadaverica e scheletrica come le sue dita. La lunga tunica consumata dal tempo e privata dei suoi colori, ricadeva sul suo corpo con pesantezza tale da far sembrare ogni suo movimento rallentato.

‘’Questa non è la sala di Archimede…Dove sono?’’- domandò Xand, intimorito da quello strano essere a fondo stanza.

’Se cerchi Maestro Archimede, devi oltrepassare quel portale magico.’’- rispose lo strano stregone, indicando il vortice rosso posto sulla parete opposta, con tremori innaturali in tutto il corpo. Xand lo ringraziò e si avviò verso tale uscita, ma lo scheletro vivente lo immobilizzò con un sortilegio.

‘’Non così in fretta, Xandrem! Sai benissimo che chiunque passi, per errore o meno, nella mia sala deve pagare un pegno.’’- aggiunse, aprendo la mano che emise un bagliore pallido in attesa del compenso.

‘’Aspetta hai detto pegno? Zalbas? Che diavolo ti è accaduto?’’- domandò il mago, cercando di scansare la mano cadaverica ma senza alcun successo. Il vortice rosso si espanse e dal suo interno comparve la testa dai capelli ispidi e biondi di un giovane con occhiali a mezzaluna su un naso sporco di fuliggine; Xand riconobbe la fascia che teneva fermi quei capelli selvaggi e sorrise.

‘’Zal, per l’amor del cosmo ne abbiamo già discusso: Xand e gli altri guaritori non pagano pegno passando per la tua stanza. Eccetto i maghi degli elementi, quelli devono pagare ma ad ogni modo tieni.’’- disse Archimede staccandosi un ciuffo di capelli e donandolo nel barlume della mano di Zalbas che sorrise come uno psicopatico ringraziando il mago e dirigendosi ad un calderone dove fece cadere quel ciuffo biondo. Xand, trascinato per un braccio da Archimede, si ritrovò nell’immenso studio dalle pareti metalliche con flussi energetici alla base e di tanto in tanto alcuni di essi attraversavano la stessa parete. Dal soffitto pendevano lucernai bizzarri e ciò destò la curiosità di Xand:

‘’E quelli da dove provengono?’’

‘’Un dono dai Mataur del Sistema Solare Boreas, avendoli aiutati con un problema del loro astro-porto. I loro vascelli militari venivano riconosciuti come navi turistiche o mercantili e quindi pagavano una tassa inutile…’’- si interruppe notando qualcosa giungere dal fondo della propria stanza a folle velocità.

‘’Oh, occhio alla testa!’’

‘’Prego?’’- e il guaritore venne strattonato verso il basso, evitando una gigantesca sfera meccanica gracchiante che andò a schiantarsi contro il muro.

‘’Quello è Dustie, il secondo dono dei Mataur. Un piccolo robottino alquanto paranoico che, come hai ben potuto notare, usa la sua mole per intimorire o far fuori invasori. Buono Dustie, buono. Lui è Xand ed è un amico.’’- aggiunge Archimede, rivolgendosi allo strano essere di metallo senziente dandogli dei leggeri colpi sul dorso per poi mandarlo via. Il guaritore si sentì completamente confuso, tale da restare in silenzio. Superati il laboratorio dove alcuni assistenti erano alle prese con la costruzione di cubi d’ottone alimentati da energia magica, i due maghi si ritrovarono in uno studio meno metallico e più sul naturale con grandi scaffali di libri di vario genere, dall’architettura all’arte fino alla magia primordiale. Archimede mosse ipnoticamente le dita e dal pavimento si mossero alcune radici che costruirono una sedia abbastanza confortevole per il guaritore:

‘’Ora se sei qui per chiedermi nuovamente della Torre, no: non ho scoperto ancora nulla.’’

‘’La tua vasca della Linfa è stata distrutta.’’- fu Xand questa volta ad interrompere il mago costruttore. Per un breve lasso di tempo vi fu silenzio, ma successivamente Archimede si alzò dalla sua poltrona e con un profondo respiro imprecò così furiosamente da far echeggiare la sua voce per tutta la sala e da far accorrere uno dei suoi assistenti:

‘’Padron Archimede, che accade?’’- domandò il giovane assistente dalle braccia robotiche. Archimede alzò la mano per dirgli di non preoccuparsi e di continuare con il suo operato.

‘’Oh, Eureka una volta concluso il sistema di levitazione, portalo qui che lo mettiamo in funzione. Mi raccomando, non fare di testa tua.’’

‘’Nessun problema, Padron Archimede.’’- e il giovane lasciò lo studio con un breve inchino. Xand si meravigliò di come Archimede cambiasse tono di voce rapidamente. Quando la porta si richiuse, il mago architetto recuperò da uno degli scaffali il piano di costruzione della vasca ormai andata distrutta, asserendo di averci impiegato quasi tre anni per costruirla e perfezionarla per impedire possibili perdite di linfa vitale o che i sistemi si danneggiassero. Si massaggiò gli occhi stanchi e la fronte, tentando di mantenere la calma e di non lasciarsi controllare dalla rabbia.

‘’Come è stato possibile? Quella vasca è stata costruita con materiali più resistenti del metallo e del titanio stesso! Se hai ben notato, le pareti della sala sono fatte interamente di Okrium, un materiale ricavato dai detriti di un meteorite caduto secoli fa nelle foreste di Redfolk e data le alte concentrazioni di materia prima al suo interno…’’

‘’Archimede, non sono qui per parlarti solo della vasca ma per dirti che la vittima della Torre in questione è stata l’artefice della sua distruzione. Abbiamo usato i cristalli per monitorare i suoi segnali vitali e abbiamo scoperto la corruzione spiritica e fisica del povero uomo, ma è stata così fulminea da impedirci ulteriori studi.’’

‘’Chi?’’- chiese Archimede, reggendosi sulle braccia poggiate sulla scrivania con il piano di costruzione della vasca ancora sul legno. Un progetto ormai conclusosi.

‘’Gabràn.’’

‘’Gabràn? Gabràn Pebra? Il cittadino del centro Stella? Oh. Questo cambia tutto.’’- ed Archimede si lasciò sprofondare nella poltrona, costernato e privo di qualsiasi spiegazione per l’evento accaduto poche ore prima. I due arcani piombarono in un lungo silenzio, incapaci di approcciarsi ad una nuova realtà finché l’intera Stella a Cinque Punte tremò ancora una volta annunciando una seconda catastrofe. La polvere accumulatasi sul soffitto dello studio cadde abbondantemente imbrattando le loro teste e la scrivania, nell’esatto momento in cui Xand notò uno strano alone di cenere contro la finestra:

‘’E quell’alone da dove proviene?’’

‘’Come? Oh, ti riferisci al fulmine scagliato dal Custode Baspar? Avrà ricevuto qualche spiacevole notizia e uno dei fulmini scagliati dalla sua torre è giunti fin dentro il mio studio. Nulla di irreparabile, ma adesso preoccupiamoci di questo sconquassamento!’’

Con fretta giunsero all’esterno della struttura, seguiti da altri evocatori e soldati diretti verso l’esterno del borgo e con Baspar già all’entrata delle mura di protezione di esso. Accorsero anche altri membri dei quattro borghi circostanti, con i loro governatori restando increduli nell’assistere alla presenza di uno strano figuro con una mano poggiata sulle pietre nere senza subire alcun danno da parte di essa.

‘’Chi diavolo è quello?’’- domandò un soldato al governatore Hays, preparandosi ad attaccare con una balestra tenendosi a distanza. Il governatore Hays scosse il capo non sapendo come rispondere. Lo sconosciuto continuò con il suo strano comportamento, venendo colpito da fulmini e fruste di fuoco che, magicamente e sotto gli occhi increduli dei presenti, non causarono alcuna ferita sul suo corpo.

‘’Haketa’ra ufhinshas tekrah uryabe!’’- esclamò l’uomo misterioso, ma la torre non reagì a quell’incantesimo anzi decise di respingere il mago con una forte sferzata di vento, distruggendo i suoi abiti. Solo allora i soldati poterono accerchiarlo impedendogli di suicidarsi o di provocare ulteriormente l’oscura struttura.

‘’Fermo lì, straniero! Identificati prima di compiere ulteriori passi.’’- intimò uno dei soldati, brandendo un pesante archibugio e puntandolo a pochi centimetri dall’incantatore. Quest’ultimo ignorò l’ordine e compì il primo passo, venendo investito da una polvere incandescente che arrestò prontamente. I soldati ammirarono le sfere di piombo vorticare su una barriera d’argento che circondava l’incantatore:

‘’Trattate così gli ospiti? Con la violenza?’’- domandò l’evocatore irritato dal gesto troppo impulsivo dell’uomo, estinguendo dall’esistenza le sfere di piombo e sparpagliando la polvere incandescente sui soldati. L’incantatore stava per avanzare nuovamente, ma il governatore Parnasso gli puntò il suo fucile magico a pochi centimetri dal volto riuscendo a superare quella barriera evocata dallo straniero.

‘’Non sei l’unico incantatore in questo luogo!’’

‘’Irk’hat Uferaa!’’- urlò il mago, in un tentativo di scansare il fuciliere. Con sua sorpresa, l’arma non subì alcun cambiamento o danno da quell’incantesimo e Parnasso replicò:

‘’Ur’çekat Igveraq! Conosco tale magia cambia elementi, e su di me non ha alcun effetto! Ora identificati o ti faccio saltare quella zucca che chiami testa.’’

‘’Parnasso, basta così!’’- latrò il governatore Buccinide, ostacolando i due con autorità, il che spronò i soldati ad accerchiare ulteriormente l’estraneo incrociando le spade sul suo collo impedendogli di muoversi. Un difensore, disarmato e con indosso un mantello, afferrò delle grosse manette che paralizzarono l’incantatore sul posto:

‘’Ora, cortesemente dicci chi sei e perché sei qui davanti questa torre senza subire attacchi da essa.’’- aggiunse Buccinide, avvicinandosi al mago che continuava a squadrare i presenti. Sopraggiunsero gli altri governatori, a loro volta seguiti dai Custodi delle Torri; fu proprio Barspar a ricordarsi dell’arrivo di qualcuno di estremamente potente avendone conferma percependo la sua aura magica.

‘’Mi chiamo Thymós, signore. La Torre in questione appartiene ad Abraxás, un temibile stregone del mio tempo. Il suo scopo è assoggettare chiunque e qualunque luogo al suo dominio, viaggiando di dimensioni e dimensioni finché non avrà il totale controllo dei mondi sia ultraterreni che materiali. E non subisco danni perché la torre è ancora debole, ma per poco.’’- e non appena annunciò tale rivelazione, la Torre proruppe in una devastante baraonda magica che fece indietreggiare i soldati, i governatori e in parte l’evocatore. Dalla cima della struttura si materializzarono diverse lucciole dorate che si tramutarono in dardi incantati per poi piombare in una devastante raffica magica. Thymós unì le sue mani in una sorta di preghiera prima di farle roteare e generare un contro incantesimo tramutando i dardi in petali di tulipano e ‘addormentando’ brevemente la struttura.

‘’Conducetemi al borgo più vicino e discuteremo con calma! Non abbiamo molto tempo.’’- riprese a parlare il giovane, cercando di convincere i presenti di non essere malvagio. Seppur restii alla richiesta non poterono fare altro che accettarla e condurlo nel borgo dei Magius, il più vicino nonostante il dissenso di alcuni membri.
‘’Come possiamo fidarci di te? Sei comparso dal nulla, hai toccato la Torre Nera, dici che è opera di uno stregone del tuo tempo, ma cosa intendi con questo? E poi chi ha deciso di condurlo nel mio borgo?’’- domandò la governatrice Zea, l’attuale governatrice del Borgo Magius, portando una mano guantata sull’impugnatura della spada questa volta intenta a difendersi da potenziali attacchi anche se non conosceva nulla di armi bianche o combattimento. Affidava tutto il suo valore alle arti arcane.

‘’I confini del tuo borgo sono maggiori rispetto a tutti gli altri della Stella, cara Zea. Non c’è altra scelta.’’- disse Parnasso, con un tono di voce innaturalmente pacato.

‘’Ma…Ma io…Bihgmaar!’’- imprecò a denti stretta, sbuffando e avanzando per prima, sibilando verso Thymós che se avrebbe fatto qualcosa di sciocco innanzi ai suoi occhi, le sue mani sarebbero diventate concime e la lingua come pietanza aggiuntava al brodo di pollo. L’evocatore rise sotto i baffi, divertito dal notare come quella donna perdesse facilmente la pazienza fin quando non passò Parnasso al suo fianco, livido in volto e con il fucile ancora in funzione. I due si scambiarono delle rapide occhiate prima che lo stesso soldato portatore delle manette lo strattono con forza.

‘’Posso camminare anche da solo, senza essere considerato uno schiavo.’’- disse Thymós, ribellandosi appena a quell’usanza barbara ma il soldato gli rispose che era per una sicurezza maggiore in quanto già tre dozzine di civili erano morti alle prime luci dell’alba. L’evocatore non sembrò essere minimamente interessato alla dipartita dei civili, tanto da restarne impassibile anche quando alcune famiglie nel borgo dei Magius piansero i loro amati. Venne condotto poi a Shaiarn, l’edificio governativo di Zea: l’intera struttura era una gigantesca colonna d’onice grigio e rosso Levanto, sormontata su un disco concentrico che ruotava con lentezza ipnotica. Ogni lato di tale cerchio disponeva di minuscole piattaforme a cuspide che discendevano e ascendevano costantemente per trasportare i vari membri del borgo, compreso i Gran Maestri e i Noracana, altri Gran Maestri delle arti ultraterrene. Il soldato si fermò a decine di metri dalla struttura e con un rapido movimento circolare evocò un portale magica già proiettato nello studio della governatrice:

‘’Occhio a dove metti i piedi.’’- disse l’uomo, scagliando la catena all’interno del vortice che risucchiò il mago misterioso, catapultandolo ai piedi della scrivania di Zea. La donna era già seduta al proprio posto, con un pendente tra le mani che saettava tra le dita. Rimise la piccola gemma in una fessura circolare della scrivania, generando una gabbia luminescente che ruppe le catene dell’evocatore ma gli impedì di muoversi liberamente.

‘’Il Custode Barspar mi ha informato della venuta di un qualcosa o qualcuno pregno di una grande energia magica e, a giudicare da quello che hai fatto prima, sei tu. Chi sei realmente e perché questa torre vuole distruggerci?’’- domandò la donna, prendendo un blocco di fogli ed una penna che incantò per scrivere tutte le informazioni del mago. Thymós toccò uno dei raggi luminosi della gabbia, assorbendone l’essenza sfruttandola per infrangere l’incantesimo terrorizzando Zea. La governatrice mosse le dita per ordinare al pugnale posto sotto la scrivania di fluttuare nella sua mano, tenendosi pronta ad un potenziale attacco.

‘’Mi chiamo Thymós Corwhan, dell’Impero Veladora, o almeno quel che ne è rimasto. Io, così come per Abraxás, non siamo di quest’epoca. Entrambi veniamo da un’altra epoca ed entrambi conosciamo le arti arcani, incantesimi ed evocazioni varie. La sua evocazione era fin troppo debole dato che è frustrata. La Torre non vuole distruggervi, vuole solo assorbire ogni fibra di magia presente all’interno di questo regno.’’- rispose Thymós, stringendo con forza i pugni iracondo per quel che stava facendo il suo compagno d’arti. Zea continuò a stringere saldamente il pugnale nel mentre la penna incantata trascriveva ogni singola parola. Solo allora un presentimento si insinuò nella sua mente, come se conoscesse già il luogo d’origine del mago:

‘’L’Impero che hai appena citato è situato nel continente di Uskal, giusto? Siete a mesi e mesi di cammino…’’
‘’No, l’Impero di Veladora era situato altrove, lei si confonde con l’Impero di Varleoda, che è quello situato ad Uskal. Altre domande oppure posso andare?’’- domandò il mago, attendendo impaziente una risposta da parte della governatrice.
‘’Come possiamo fidarci di te?’’- chiese la donna, tenendo ancora la mano sul pugnale che vibrò d’energia magica invisibile agli occhi degli altri ma non ai suoi. Thymós mosse la mano e il pugnale si materializzò in essa, sorprendendo ulteriormente Zea.

‘’Facciamo così: mettete da parte il vostro astio nei miei confronti ed io vi rivelerò segreti e conoscenze che nessun’altro luogo ha mai raggiunto. Così che voi possiate anche difendervi in futuro, specialmente dalla Torre Oscura. Accettate?’’- propose il mago, posando sulla scrivania della governatrice il pugnale decorato da minuscoli tasselli azzurri che anche loro si mossero al contatto con l’energia magica di Thy. Zea rimase a riflettere sull’accordo: fidarsi di un mago venuto dal nulla e farsi aiutare a liberarsi da quel flagello nella Stella oppure esiliarlo e trovare un’altra soluzione.

‘’Parlerò con gli altri governatori del tuo accordo. Nel mentre, non lasciare la Stella, intesi?’’
 
Primo Borgo, Obeah. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
Il Governatore Buccinide restò interdetto dalla notizia di aver perso circa trenta cittadini, dieci dei quali provenienti dal suo borgo suddivisi tra uomini donne e bambini. Inoltre, tra i vari documenti che attestavano le perdite, vi era anche un altro foglio di colore verde provenire dal suo vivaio: nonostante la carica di governatore, il commercio di fiori esotici, piante medicinali e ad uso abitativo gli consentiva di guadagnare più di quanto ottenesse dal compenso dell’Impero limitrofo alla Stella.

Egregio Governatore Buccinide,
La informiamo che la coltura di tè appalachiano, ibisco, gerani, Gocce di luna e loti procede con grave lentezza a causa del problema di irrigazione persistente nonché l’assenza dell’inserviente Paha in congedo parentale. Stiamo cercando di contattare gli altri quattro addetti al vivaio, compreso Faun e di escogitare un sistema preventivo in caso di problemi all’impianto in futuro. Inoltre il Commodoro Mora, l’Arconte Ales Fox e la Contessa Lyra Brine ci informano di aver gradito i doni ricevuti e entro due giorni dalla ricevuta di tale documento, giungerà un messaggero con tre sacchi colmi di monete.
Fedelissimo,
Consigliere del Primo Borgo della Stella, Riffolk Damsaw.’


Buccinide mise da parte il documento e continuò a leggere i restanti, tra cui anche quello che accennava alla morte di Gabràn, causata dalla corruzione magica della torre. Frustrato, sia per le scartoffie che per la presenza del nuovo mago, gettò via tutto il caos di fogli e sprofondò nella sedia sentendosi anche sconfitto.

’Non solo Gabràn, anche Rithug e Wine tra le vittime della corruzione. Per tutti i diavoli degli inferi…’’- si disse tra sé e sé, massaggiandosi un viso marchiato dalla stanchezza fin quando qualcuno non bussò alla porta del suo studio con forza tale da far incrinare parzialmente le schegge di cedro. Buccinide ordinò a chiunque ci fosse dietro la porta di entrare. Una donna dai ricci mori con indosso una uniforme rossa con una mantella a girandola che le ricopriva le spalle con il Simbolo del Borgo: un grande ingranaggio costeggiato da due spade incrociate e sotto di esse una piuma d’oca immersa in una boccetta d’inchiostro.

‘’Senatrice Varaja, che piacevole visita. Cosa la porta qui, nella Stella a Cinque punte?’’- domandò con finto tono cortese Buccinide, invitandola con un gesto della mano a sedersi su una delle poltrone presenti. La donna si tolse la mantella a girandola e batté le mani sulla scrivania asserendo con voce tagliente:

‘’Bando alle finte cortesie, Buccinide e ditemi immediatamente perché vi è una gigantesca torre nel bel mezzo della Stella e perché la Città Comune presenta gravi danni alle abitazioni? Cos’è questa tiritera che sento da quando sono arrivata? Chi è questo Thymós?’’

Buccinide volle svanire in quel medesimo istante, già provato dalla catastrofe e dover spiegare la presenza della Torre Oscura, del nuovo mago e degli ingenti danni nella Città Comune furono la fatale pugnalata.

‘’Il motivo lo ha spiegato questo Thymós non appena si è presentato stamattina. Dice che quella Torre è opera di un suo collega d’arti arcane chiamato Abraxás, intento a voler dominare varie dimensioni con l’uso di tali torri.’’- si interruppe indicando un globo lucente che mostrava la Torre Oscura per poi proseguire: ‘’Questo mago ci ha spiegato anche come la torre non abbia alcun effetto su di lui, sia a livello fisico che spirituale ma non ha molto tempo. Gli ingenti danni che ha visto da quando è qui sono dovuti proprio al manifestarsi di quella torre.’’

La Senatrice rimase in silenzio, cercando di trovare un filo logico a quelle parole ignorando del tutto il disordine di fogli nello studio. Si tolse anche il basco, conscia solo allora di indossarlo ancora, e si sedette sulla poltrona, con lo sguardo fisso sulla Torre misteriosa. Si udirono delle trombe sopraggiungere da sopra le mura della Stella a Cinque Punte, una melodia molto familiare al Governatore e alla Senatrice che entrambi esclamarono un ‘No’ disperato. La melodia delle trombe divenne più forte, assordante e tramite anche il globo proiettato videro l’arrivo di dozzine di cavalli dal manto grigio perla con diverse protezioni di metallo sul loro corpo, identiche all’armatura dei gonfalonieri che reggevano lo stendardo di due imperi diversi. Buccinide riconobbe quei colori sgargianti, ma soprattutto i due uomini dal portamento di superiorità, le loro medaglie sul petto sfoggiate con onore e grandezza. Un altro gonfaloniere scese dalla groppa del suo cavallo e si diresse al portone principale, annunciando a gran voce:

‘’L’Illustre Sovrintendente Luccio Alvio dell’Impero di Cenzo e il nobile Cancelliere Ramni Avith del Califfato Suwidaha chiedono immediato dialogo con l’Egregio Governatore Buccinide del Primo Borgo!’’

Il povero Buccinide sospirò, accasciando la propria testa sulla scrivania emettendo un secco suono, lasciando interdetta la Senatrice. La porta del suo studio si aprì nuovamente, mostrando un soldato con il medesimo simbolo del borgo inciso sulla pettorina ma più stilizzato. Il soldato non disse nulla, limitandosi ad un cenno del capo per invogliare il suo governatore ad incontrare i due Signori alle porte della Stella. L’uomo si mise innanzi all’uscio in attesi che Buccinide e la Senatrice Varaja abbandonassero lo studio per dare il benvenuto ai mediatori dei rispettivi luoghi. Come spronati da una forza invisibile, i tre lasciarono il palazzo governativo, tra scale a chiocciola costruite sapientemente dai vari operai e con l’aiuto di alcuni nani. La struttura, di per sé, non aveva nulla di sgargiante fatta eccezione per i vetri istoriati che mostravano la creazione della Stella a Cinque punte e i vari eventi che contrassegnavano il suo splendore.

‘’Halko, qualche notizia da parte di Zea sul nostro ospite?’’- domandò Buccinide al soldato dai lineamenti contratti in una espressione concentrata e seria.

‘’Ha proposto un accordo con tutti voi governatori, e la Governatrice Zea vuole appunto parlarne in presenza.’’- rispose lui, recuperando una missiva dalla manica della divisa e consegnandola a Buccinide. Era un cartoncino semplice con il sigillo del terzo borgo, un sfera di vari elementi circondata da due mani di colore diverso.

‘’Che genere di accordo?’’- chiese la Senatrice al sottoposto. Uno sparo assordante ammutolì i presenti, costringendoli a muoversi rapidi verso l’uscita e il confine delle mura, dove si udirono urla di terrore e comandi e la voce di Parnasso rauca inveire contro qualcuno. Non appena raggiunsero il folto gruppo di soldati intenti a fronteggiare un loro compagno d’arme dall’aspetto cadaverico, gli occhi lattiginosi e il sangue catramoso che gli colava dalla bocca. Qualcuno dei presenti riconobbe il soldato come Luis Jabal, vice capitano di uno dei plotone del Primo Borgo. Sulla fronte e sul collo erano visibili strani simboli dai colori vibranti che, ad ogni movimento dei soldati o il suo, si illuminavano furiosamente.

‘’Torre…Distruggerla…’’- mugugnò Luis, sbracciandosi ed indicando la Torre Oscura sovrastare chiunque. Non appena il Sovrintendente Luccio e il Cancelliere Ramni furono nel suo campo visivo, dall’abisso della sua gola proruppe un terrificante grido che pietrificò i vari uomini eccetto Parnasso ormai pronto a far fuoco con la sua arma. Luis caricò le due figure politiche nel tentativo di aggredirle con i suoi artigli, venendo immediatamente fermato da un dardo magico proveniente dall’arma di Parnasso che mandò in frantumi il suo cranio già fracassato.

‘’Torre…Mago dentro…Uccidere! Lui ha…ha…’’- ma non proseguì perché i simboli dai colori accesi sulla pelle dell’uomo lo ricoprirono interamente prima di avvolgerlo in una cupa luce verde e far esplodere successivamente il povero malcapitato, sparpagliando le sue interiora marcite e arti mutilati ovunque. Un corazziere verso del catrame bollente sui resti dell’ormai defunto Luis, sfrigolando ed emanando un pestilente tanfo da far boccheggiare il Sovrintendente Luccio.
‘’Per tutti i fulmini, lasciamo la Stella a Cinque Punte nel suo immacolato splendore ed una settimana dopo abbiamo una Torre inquietante ed una aberrazione che cerca di ucciderci? Delle spiegazioni sarebbero gradite!’’- esordì Ramni, ripulendosi la spallina imbrattata dai residui gelatinosi del malcapitato, gettando il fazzoletto nelle mani di un gonfaloniere. I vari soldati chinarono il capo in segno di riverenza per la presenza dei due signori. Buccinide respirò profondamente facendo affidamento alle proprie capacità di non svenire, solo che fu Parnasso ad intervenire asserendo di avere problemi interni alla Stella di entità magica. Con la punta del fucile indicò la torre, ancora dormiente e ciò che restava del povero disgraziato:

‘’Dalle prime luci dell’alba, l’intera Stella è vittima di quella Torre Oscura che vedete stagliarsi nel cielo. Diverse dozzine di cittadini sono morti a causa del suo nefasto potere e abbiamo cose di estrema importanza da considerare piuttosto che i vostri trattati.’’- nella sua voce astiosa vi era una punta di veleno nei confronti di Luccio e Ramni, tenendo ancora il fucile stretto tra le dita.

‘’E dimmi, Parnasso: questa torre ha ucciso qualcuno? Io vedo solo una persona che avrà assunto qualche sostanza creata dai vostri maghetti nel borgo.’’- disse Luccio con stizza e scherno. Parnasso piantò la sua arma nella terra sabbiosa e avanzò lento contro il Sovrintendente, riconoscendo di sovrastarlo in altezza e grandezza tanto da dover tenere bassa la testa e incendiarlo con il suo sguardo. I gonfalonieri dei due politici, i soldati e maghi della Stella si allontanarono comprendendo l’errore commesso dall’illustre Luccio.

‘’Oh per le stelle, non di nuovo.’’- disse Vydette, la Guardiana del Primo Borgo comparsa da poco avendo udito il gran fragore. Notò il pugno del governatore fremere, pronto ad abbattersi con furia sul naso del Sovrintendente e senza esser vista, evocò degli strani filamenti bianchi che cinsero i polsi del governatore. Parnasso riconobbe il potere di Vydette e sorrise. Buccinide, udendo quelle parole colme di disgusto e disprezzo provenire dal Sovrintende si avvicinò livido in volto:

‘’La Torre Oscura ha ucciso quarantacinque persone, divise per membri dei Cinque Borghi e membri della Città Comune. Alcuni di questi erano bambini. Del mio borgo specialmente! Ribadisco: ci sono cose più importanti ora che discutere di trattati inutili!’’

‘’I Trattati delle Risorse sono importanti! Ne vale l’integrità economica di Imperi, sultanati, governi e molto altro! I sacrifici sono sempre dietro l’angolo, perché temere così tanto una torre che può essere distrutta con i vostri maghetti?’’- la domanda insolente di Ramni venne ripagata con un sonoro schiaffo da parte di Thymós; sulla sua mano erano evidenti minuscole spirali d’energia che scomparvero poco dopo.

‘’Perché quella Torre proviene da un’altra epoca, così come per il suo creatore e me!’’- ringhiò il mago, afferrando il colletto bianco dell’uomo, strappando alcuni bottoni e la catenina decorativa. Nessuno aveva percepito la sua presenza, neanche alcuni tra i Grandi Maestri, impallidendo alle grandi capacità arcane di quel giovane incantatore. Quel gesto fece sorridere di gusto Parnasso, annuendo al giovane e allontanandosi per recuperare la sua arma.

‘’Il vostro affrontò avrà conseguenze!’’- esclamò Luccio, mettendosi tra il collega e il mago insolente. Thymós, però, unì indice e medio di entrambe le mani e le poggiò sulle fronti dei due politici generando un mulinello d’aria tra loro.

‘’Conseguenze? Ve le mostro io le conseguenze se non ve ne andate!’- e dalle dita si sprigionarono diverse forme geometriche variopinte che resero inermi i due, ormai preda di terrificanti visioni come la distruzione di cittadine, persone venir massacrate da una magia che non potevano controllare, tempeste di poteri arcani che distrussero intere popolazioni tramutandole in aberrazioni come il povero Luis. Le fronti di entrambi gli uomini si colmarono di goccioline di sudore, i loro corpi attraversati da spasmi violenti e rivoli schiumosi scesero ai lati delle bocche. Uno dei gonfalonieri, un grosso energumeno scattò dal suo cavallo dalle retrovie e con brutale forza piantò il suo scudo di metallo nero per impedire che il mago uccidesse i due politici. Thymós indietreggiò, restando con gli occhi fissi su quelli color acciaio di quell’unico gonfaloniere armato di scudo.

’Basta così, mago! Lo hai detto tu stesso che possono esserci conseguenze.’’- la voce riverberò nell’elmo, distorcendone il suono e costringendo a far allontanare ulteriormente i soldati della Stella. Luccio e Ramni si ripresero dopo lunghi minuti, sporchi di sabbia e della loro saliva. Venne convocato un guaritore, inconfondibile dalla tunica ocra e dalla sciarpa bianca con il simbolo del Borgo: una ampolla di vetro e al suo interno una pianta di tarassaco. Un cerchio d’argento gli cingeva il capo calvo, fermandosi appena sul ponte nasale. Il mago guaritore inizialmente sembrò impassibile al doversi occupare di due nobili esterni alla Stella a Cinque Punte, ma quando vide i due politici in un grave stato di shock causato da magia di gran lunga superiore alle sue competenze, esclamò tra una imprecazione e l’altra:

‘’E io dovrei guarire loro due con la mia magia? Chiedete a Blackstone, è lui che è specializzato in pratiche del genere…’’

‘’Almeno puoi rendere stabili le loro condizioni, guaritore?’’- domandò il soldato con lo scudo, facendo riverberare ancora una volta la sua voce in quell’armatura argentata. Il guaritore annuì brevemente e, tramite l’Aeterius, contattò lo specialista nella sua dimora presente ai confini del borgo dei Magius. Inizialmente il guaritore non ricevette risposta da parte del collega, fin quando una voce roca rispose:

‘’Cosa vuoi Jarden? Sono occupato con l’asportazione di un tumore dal corpo di un cadavere, quindi sii rapido.’’

‘’Ho due nobili in grave stato di shock causato da magia quasi celestiale. Posso condurli nella tua dimora così che tu possa guarirli?’’- domandò Jarden, quasi imbarazzato nel dover sfruttare il suo collega per questioni del genere. Un sospiro irritato sopraggiunse dall’altro capo di quel filo incantato facendolo vibrare di un colore indefinito.

‘’C’entra quella maledetta torre di questa mattina, vero?’’- si limitò a chiedere ancora una volta Blackstone, grugnendo. Jarden confermò, guardandosi intorno alquanto imbarazzato mentre alcuni si accingevano a sistemare sui cavalli i due nobili politici. Blackstone sbuffò sonoramente quasi da voler interrompere il filo comunicativo. Dopo un breve silenzio, il curatore acconsentì a Jarden di condurli da lui, a patto di non contattarlo più attraverso l’Aeterius, ma tramite lettere o di persona. Il governatore Buccinide, ripresosi dallo strano stato di letargia, si avvicinò a al mago redarguendolo del suo comportamento fin troppo impulsivo, con il rischio di aver scatenato un dissidio tra la Stella e i due Imperi.

‘’Loro non conoscono la tua origine e, se dovessero far rapporto di quest’evento ai loro superiori, la Stella rischierebbe di entrare in guerra. Dalla sua nascita, cinque secoli fa, la Stella ha intrapreso rapporti commerciali con chiunque venisse al suo interno. Non puoi permetterti di aggredirli e passarla liscia.’’

‘’Lei è il Signor Buccinide giusto? La Signora Zea mi ha parlato di lei poco fa e suppongo sia a conoscenza dell’accordo che ho intenzione di stipulare con voi, non è così?’’- domandò Thymós allungando la mano in attesa che venisse stretta. Buccinide osservò prima il mago e poi la mano, preso alla sprovvista:

‘’Non è il momento! Tutti gli altri governatori non sono ancora al corrente della tua proposta e non sappiamo ancora se fidarci di te o meno.’’- rispose il Governatore poco dopo, scostando quella mano con aggressività; quel contatto provocò una scarica elettrica nel corpo del governatore ustionando i suoi polpastrelli ed imprecò furiosamente. Il mago si scusò in quanto i residui magici provocavano ciò a chi non avesse esperienze nelle arti arcane, ma nel tentativo di proseguire sbiascicò le parole, le pupille si dilatarono, la pelle assunse un colorito cinereo e cadde sul terreno con un pesante suono alzando sbuffi di polvere. Non appena il povero Thymós svenne, la Torre Oscura si risvegliò con irruenza investendo di magia antica tutti i presenti. Nessuno venne ucciso o subì ferite, però quella brusca esplosione eterea mise in allerta tutti compresi anche i Custodi dei Cinque Borghi costringendo ad evacuare la zona precauzionalmente. Con noncuranza, Parnasso trascinò come un sacco il mago verso il borgo dei Magius per ricevere le cure ma Brina, ancora pallida e spossata dalla magia usata in precedenza, lo fermò immediatamente:

‘’La Governatrice Markides vuole parlare con Thymós. Lei si occuperà del nostro ospite, e poi dell’accordo che ha intenzione di proporre.’’- si avvicinò al ragazzo, osservandone i capelli scuri ricadere sul volto, qualche goccia di sudore imperlargli la base del naso e le palpebre, le labbra secche e minuscoli graffi sulla pelle provenienti dalla caduta precedente. Brina evocò un nuovo vortice arcano, subendo gli effetti del grande sforzo compiuto e spinse al suo interno il mago, chiudendosi alle sue spalle e lasciando il governatore Buccinide lì come uno stoccafisso.

‘’Prima risolviamo queste sciagure, prima posso andarmene in vacanza. O in pensione.’’- si colpì le guance un paio di volte prima di tornare al suo studio, tenendo anche gli occhi fissi su quella Torre nemica e artefice della morte dei suoi abitanti. Anche tutti i restanti gonfalonieri si congedarono, dirigendosi nelle caserme della Città Comune nell’attesa che i nobili guarissero dallo shock inferto dall’arcano. Eppure il cavaliere con lo scudo decise di attendere lì, tra la sabbia e la povere, il ritorno dei due uomini. Immobile come una statua.
Quinto Borgo, Ravaria. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
Il corpo indebolito del povero mago Thymós giaceva sul freddo pavimento tessellato di forme geometriche che si univano tutte verso il centro della sala, formando il sigillo del quinto borgo: tre colonne ioniche con capitelli di tre forme diverse e alle loro spalle un grande sole rosso circondato da un cerchio dorato. Le stesse colonne raffigurate nel mosaico pavimentale erano presenti anche nella sala, dove da ogni capitello pendevano drappi di seta colorati che raffiguravano diversi stemmi araldici appartenenti a vecchie casate di Ravaria che segnarono la sua nascita. L’ultimo stendardo, una stella a cinque punte rappresentate rispettivamente dagli elementi dei cinque borghi, pendeva alle spalle della governatrice seduta nel proprio seggio elevato atto a dimostrare la sua potenza nel proprio borgo. Un uomo in livrea turchese accorse nella sala, trasportando una grande fiala colma di liquido incolore ma dall’odore acre che fece tossire dei soldati posti all’ingresso.

‘’Sono cinque ore che aspettiamo, Laride, cosa ti ha trattenuto tutto questo tempo?’’- domandò la governatrice visibilmente infastidita dall’attesa procurata dal medico. L’uomo aprì la bocca del mago e vi versò il liquido incolore evitando che morisse soffocato da esso e attese qualche secondo. La pelle di Thymós riprese colore e anche le pupille sembravano reagire alle luci e ombre della sala.

‘’Creare una pozione che possa stabilizzare un mago come questo…’’- si interruppe indicando il giovane per poi proseguire: ‘’Non è affatto semplice. Ho dovuto distillare un litro di estratto di rosmarino, tagliare cinque ramoscelli di cannella e ridurli in polvere, far evaporare un unguento alla valeriana…Perdonate se ho impiegato cinque ore, però creare qualcosa richiede tempo. E attenzione.’’

‘’Sì, come vuoi ma quanto ci vorrà prima che si riprenda?’’- chiese la donna, togliendosi i piccoli occhiali a mezzaluna e lasciandoli appesi al collo grazie ad una catenina. Laride si stupì dell’impazienza della governatrice e con lo stesso tono replicò:

‘’Quanto serve per guarire, governatrice.’’- e colpendosi il petto tre volte con la mano, lasciò la sala e il mago nel silenzio assordante di essa. Thymós si riprese con un sospiro strozzato da un colpo di tosse rauca che lo indusse a vomitare strano materiale filiforme, dissolvendosi a contatto con l’aria circostante. Due energumeni con abiti comuni parzialmente protetti da spallacci di metallo e pettorine alzarono di peso il mago, lo poggiarono su una passerella mobile legandogli mani e piedi con l’ausilio delle catene presenti su di essa. Un terzo uomo attivò il meccanismo della pedana, scattante verso l’alto per fronteggiare la governatrice. Thymós aprì gli occhi, incontrando quelli dell’anziana Markides:

‘’Finalmente! Sei un dormiglione, ma bando alle ciance. Voglio sapere le tue vere motivazioni di quest’accordo che vorresti stipulare, il materiale della Torre, che tipo di magia è quella che la circonda e molto altro. E se non mi riveli ciò che desidero…’’- parlò la donna spostando il suo sguardo su una pistola d’antica manifattura dalla canna dorata e dall’impugnatura in legno. Il mago notò poco dopo le catene ai suoi polsi e caviglie, facendole tintinnare rumorosamente suscitando ilarità nella governatrice che assicurò l’impossibilità a liberarsi da quelle manette senza una chiave adatta. Uno scatto metallico seguito da clangore assordante testimoniarono l’inefficacia dell’imprigionamento. I presenti rimasero sbigottiti ed impauriti, tanto da afferrare saldamente le loro armi e attendere gli ordini.

‘’Chiave adatta, ha detto?’’- domandò con sarcasmo Thymós massaggiandosi i polsi e guardando i soldati tremanti sottostanti. La governatrice, impulsivamente e comandata dalla paura, prese la sua pistola e fece fuoco verso il mago. Il proiettile, però, rimase sospeso a mezz’aria a pochi centimetri e il sospiro annoiato dell’incantatore non migliorò le cose; il proiettile a contatto con il sospiro si scompose in vari pezzi perdendo la sua efficacia offensiva.

‘’Come già detto alla sua collega, Zea donna incantevole devo ammettere, il mio accordo è incentrato sulla vostra salvezza. In queste poche ore ho constatato che le mura dei vostri borghi e dell’intera Stella non sono abbastanza forti da resistere ad determinati attacchi.’’

‘’Sciocchezze! Le mura della Stella a Cinque Punte possono resistere anche a colpi di catapulte incendiarie!’’- lo interruppe Markides, battendo il pugno sulla scrivania facendo tintinnare altri proiettili nascosti dal bordo ligneo. Thymós sorrise, come se si aspettasse tale interruzione e rispose a sua volta con una serie di domande:

‘’Se sono così resistenti, perché il muro a nord e quello a sud-ovest presentano gravi segni di usura nonché un foro abbastanza grande da far entrare una creatura famelica? Perché sui camminamenti di ronda di queste mura, sette delle dieci torri non dispongono di eccellenti meccanismi di difesa contro stregoni? Inoltre sa dirmi per quale motivo il muro ad est è meno ampio rispetto agli altri?’’

Quelle domande misero in grandi difficoltà la governatrice che non seppe rispondere, e fu ignara dello schiocco di una balestra provenire dal basso dritta al mago. Quest’ultimo la pietrificò come fatto per il proiettile, ma invece di scomporla, la riscagliò al suo proprietario conficcandogliela nella spalla fino all’osso. Altri balestrieri scoccarono i loro dardi, nonostante la governatrice ordinasse di cessare immediatamente il fuoco. Thymós saltò dalla pedana eseguendo una capriola, atterrando tra loro e respingerli con una barriera esagonale per poi bloccare il loro flusso sanguigno quel che bastasse per perdere loro i sensi. Il giovane mago, leggiadro, si librò in aria tornando ad altezza visiva della donna:

‘’Comprendo la vostra mancanza di fiducia, ma io voglio davvero aiutarvi. Così facendo non troveremo un accordo concreto. E, inoltre, risponda alle domande precedenti per cortesia.’’

La Governatrice Markides distolse lo sguardo, inorridita da come i suoi uomini furono sconfitti in pochi secondi. Condividendo il medesimo sentimento con loro, rispose:

‘’I segni di usura sono dovuti ad una pioggia temporalesca durata quasi cinque giorni ininterrotti avvenuta tre mesi fa. Abbiamo inviato una lettera ad alcuni maniscalchi capaci di modellare e lavorare quel tipo di materiale della quale le mura sono composte ma ancora nessuna risposta. Le torri prive di meccanismi difensivi sono causa di un eccessivo dispendio di fonti magiche e per tanto ci è stato consigliato di evitare. Il muro ad est è quello con il cancello d’entrata ed uscita, così da non appesantire l’intera planimetria.’’

Thymós annuì, fluttuando tra la pedana e la scrivania della donna ed infine sedendosi, divertitosi dal brevissimo se non quasi inesistente scontro. Il mago recuperò i vari pezzi che componevano il proiettile ridonandogli l’aspetto originale e reinserendolo nella pistola della governatrice:

‘’Le consiglio di indire una conferenza con tutti i suoi colleghi immediatamente, onde evitare che la Torre provochi ulteriori danni seri al vostro luogo. Io attenderò qui.’’- disse il mago, poggiando la guancia destra sulla mano quasi sonnecchiando e restando in quella scomoda posizione. La Governatrice balzò dalla sedia e corse giù a perdifiato, slacciandosi il colletto della divisa divenuto stranamente stretto, con il cuore in gola pronto a schizzarle dal petto e i piedi che battevano frenetici sulla pietra. Superato gli ostacoli umani, le porte dei vari corridoi e la sala di alcuni nobili intenti a discutere pratiche burocratiche, la Governatrice Markides giunse da un suo fidato messaggero Taka, un uomo dalle spalle grosse, carnagione bronzea con strani tatuaggi sul viso. Il messaggero era intento a trascrivere varie lettere intonando una ballata del suo popolo quando la donna entrò nel suo ufficio con irruenza:

‘’Governatrice Markides, tutto bene Signora?’’- chiese lui con la testa ancora abbassata sulla scrivania, per nulla preoccupato e fin troppo concentrato.

‘’Dobbiamo indire una conferenza con i restanti governatori e altre figure nobiliari per discutere concretamente con quel mago.’’

In un lampo Taka prese, da un porta pergamene, tre rotoli gialli di cui due indirizzati ai restanti governatori. L’odore emanata da essi sapeva, a tratti, di chiuso e acqua stagnante ma che lentamente si perse nel profumo di incenso presente nella stanza. La governatrice Markides le afferrò senza troppi fronzoli ma poi si voltò di scatto verso il messaggero:

‘’E tu come diavolo fai ad averle già pronte?’’

Il messaggero interruppe la trascrizione, corrugando la fronte e inclinando la testa da un lato confuso da quella domanda. L’uomo prese alti porta pergamene da sotto la scrivania dando concretezza a quella domanda:

‘’Io preparo in anticipo qualsiasi tipo di pergamena, lettera o comunicazione amministrativa, mia Signora. Vedo che la presenza del mago vi ha scosso molto, tanto da farvi dimenticare delle mie doti. Potete usare uno dei cilindri della posta pneumatica, se dovete inviare subito le convocazioni.’’- ed indicò gli appositi tubi sul muro; una lunga fila di sette tubi di rame con ganci d’ottone, cinque dei quali con i rispettivi sigilli dei borghi mentre gli altri due erano indirizzati a nobili e popolani della Città Comune. La governatrice stava per aggiungere qualcosa ma Taka la interruppe:

‘’Io non ho l’autorizzazione ad inviare lettere ai Governatori, ma solo riceverle e riconsegnarle a mano o tramite un mio sottoposto, mia Signora. Mi avete dato accesso solo ai restanti due tubi.’’

‘’Allora nuovo ordine: da oggi fino alla fine del tuo tempo, invierai e riceverai comunicazioni da ogni borgo. Ti farò avere un assistente che possa aiutarti a velocizzare tutto.’’- replicò affannosamente Markides, attivando le valvole della posta pneumatica e consegnando le due pergamene ai rispettivi colleghi. Taka emise un fischio silenzioso, apprezzando il nuovo incarico datogli dalla donna nonché ricevere anche un nuovo aiutante in quanto l’ultimo morì anni fa. Una volta inviate le lettere, la governatrice ritornò nella sala principale mentre Taka rimase nel suo studio a ricopiare altre scartoffie fin quando la sua mente non si offuscò improvvisamente costringendolo a cadere sulla poltrona.

‘’Oltre a Parnasso, noto con piacere che non mi temi..’’- esordì la voce di Thymós nella sua testa, facendo fischiare le sue orecchie con intensità. Taka afferrò una pietra, riconducibile ad uno zaffiro con un cordoncino di smeraldo, e la strinse tra la mano per cercare conforto.

‘’Ho controllo delle mie emozioni, giovane mago. Lasciarsi sopraffare da negatività rende impulsivi e poco ragionevoli. Credo che anche il signor Buccinide faccia lo stesso, nonostante la sua età.’’- rispose il messaggero stringendo di più la pietra, atto quasi a scacciare la voce dell’incantatore dalla sua testa. Thymós ridacchiò soddisfatto da quella risposta, congratulandosi per il sangue freddo del messaggero e per un breve lasso di tempo si materializzò innanzi a Taka:

‘’Non ho molto tempo, ma i miei ossequi messere Taka.’’- furono le sue parole, liberando la mente del messaggero dalla sua morsa magica. L’energia mistica dell’incantatore provocò nel messaggero un senso di smarrimento tanto da ammutolirlo, ma non così forte da consentirgli di replicare:

‘’ Thymós…Hai creato un bel po’ di scompiglio tra i borghi e tra i governatori, specialmente nell’animo della mia Signora. Non l’ho mai vista così agitata prima della comparsa di quella Torre e di te. Ti avverto: se in un qualche modo sei coinvolto con quella struttura, le mie mani saranno l’ultima cosa che vedrai.’’

Il mago sorrise, incrociando le braccia spiegando che non aveva alcuna intenzione di arrecare del male alla Stella o ai suoi abitanti ma desiderare solo di proteggerli dalla tirannia del suo compagno d’arti arcane e di impedire che tutto quel che è accaduto al suo mondo non si ripeta anche nella Stella. La sua forma variabile da incorporea a corporea si dissolse immediatamente quando percepì l’arrivo della governatrice e Taka si sentì finalmente sé stesso, calmo e ragionevole. La fronte e le tempie imperlate da goccioline di sudore caddero come un minuscola pioggerellina sulle sue gambe e mani. Prese un fazzoletto di velluto e si asciugò il sudore provocato dalla tensione avuta con il mago; il messaggero percepì la pesante, asfissiante e temibile energia mistica del giovane pervadergli ogni fibra del suo corpo.

’Per tutte le divinità, non mi sono mai sentito così scosso prima d’ora nonostante la mia calma…’’- pensò tra sé e sé, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso il balcone del suo studio per riprendere controllo del suo animo. Un fulmine cadde proprio a pochi metri da esso, cristallizzando la sabbia e distruggendo alcune pietre i quali frammenti volarono ovunque.

‘’Ma possiamo davvero fidarci di lui?’’
 
Città Comune, Sottosuolo. Stella a Cinque Punte. Palazzo Vega.. Primo giorno d’autunno. Anno: 719
 
Dopo molte ore, i cinque Governatori si riunirono nel Palazzo Vega per decidere le sorti del mago e se accettare o meno il suo accordo. Il palazzo era una struttura dalla forma di un prisma quadrangolare costruito sottoterra, inaccessibile a tutti i cittadini sia della Città Comune che dei Cinque Borghi fatta eccezione per i governatori. Forse era l’unico edificio a non aver sfarzose decorazioni, statue o dipinti, ma solo un grosso stendardo consunto raffigurante una mano protesa in avanti. Tutto questo era ben visibile dall’ascensore anch’essa costruita in un luogo accessibile solo a loro, scortati da un vecchio custode dalla schiena ricurva e le dita raggrinzite. Il viso rugoso nascondeva degli occhi piccoli e spenti, mentre la folta barba grigia e riccioluta impediva di vedere le labbra secche. Nella sua mano tremante stringeva una chiave di ferro che usò per aprire la porta dell’ascensore e si avviò verso il palazzo, muovendosi a piccoli passi scricchiolanti.

‘’Non dovrebbe sforzarsi così, caro Alber. Alla sua età dovrebbe essere già in pensione.’’- disse il governatore del quarto borgo, Hays. Non appena espresse quel pensiero, Alber gli poggiò le sue artritiche dita sulle labbra per farlo tacere immediatamente:

‘’Andrò in pensione quando il mio corpo non potrà più muoversi e avrà bisogno della sedia a rotelle. Per il momento, posso occuparmi del mio ruolo.’’- replicò lui con voce gracchiante, riprendendo il proprio cammino. Una volta fermatosi all’ingresso, tastò la superficie lignea trovando dopo qualche giro di clessidra il chiavistello per primo e poi la serratura; con movimenti fulminea, come se ormai conoscesse le forme di entrambi gli oggetti, aprì la porta mostrando gli interni impolverati, con ragnatele dalla grandezza di reti da pesca e sul tavolo nel centro sala uno scheletro riverso su di esso avvolto da stracci e un mantello.

‘’Per tutte le campane di Grica, quante volte ti ho detto di non dormire sul tavolo, eh?’’- asserì il vecchio Alber allo scheletro che si animò immediatamente. La mandibola cadde a penzoloni, mentre lo scheletro eseguì un inchino imbarazzato e rispose, non appena si rimise l’osso nella posizione corretta:

‘’Mi dispiace, signor Alber. Odiavo restare nella mia bara e questo tavolo era…Oh! I governatori sono qui!’’

‘’Sì, Mortimer. Per cortesia, illumina un po’ l’ambiente e sistema le poltrone. Io preparerò del tè. E per l’amor del cielo copri le tue ossa, sei al cospetto di illustri nobili e…’’

‘’Possiamo farla finita e occuparci di questioni importanti?’’- domandò Buccinide interrompendo i due strani amici da quella conversazione che, subito, si divisero per svolgere le loro mansioni. Solo in quell’istante notarono di non aver condotto con loro il mago e Zea imprecò massaggiandosi il ponte del naso, giurando di aver assegnato l’incarico ad un suo uomo di accompagnare Thymós nel palazzo Vega. Alber tornò poco dopo con un vassoio con delle tazzine di ceramica decorata e colme di tè fumante; fortunatamente non le appoggiò sul tavolo coperto dalla mappa della Stella a Cinque Punte, di pedine fluttuanti e luminose su ogni punta che evidenziavano i borghi. Uno squarcio magico si aprì in direzione opposta al loro tavolo, dalla quale comparvero un pallido soldato che stringeva, con delle cinghie, Thymós visibilmente preoccupato per le condizioni del povero uomo.

‘’Fammi indovinare: hai seguito le tracce magiche provenienti dal mio fucile?’’- domandò Parnasso, inarcando un sopracciglio e indicando con il pollice l’arma appoggiata alla sua sedia. Buccinide, invece, si affrettò ad accertarsi che il soldato non avesse ferite o fratture data la sua carnagione quasi cinerea mentre la governatrice Zea, la governatrice Markides e il governatore Hays fissarono trucidi il mago intento ad aiutare Buccinide.

‘’Mago, siediti immediatamente.’’- esordì Zea, indicando la sedia al capotavola opposto. Il mago fece spallucce e fece come richiesto. Non appena Buccinide concluse il suo dovere, consegnando nelle mani del vecchio Alber il povero soldato cinereo, si rimise a sedere al tavolo ed iniziò a dialogare con i vari presenti, indicando il centro della Stella a Cinque Punte ove si trovava il loro attuale nemico. Dalla tasca interna della sua giacca recuperò il rapporto dei danni, sia strutturali che magici nonché le perdite subite, e lo distribuì ai vari colleghi:

‘’Sono circa trecentomila Crone, una somma che attualmente non possediamo dato che il minerale con la quale le fabbrichiamo scarseggia di questi tempi.’’- e udendo la somma da dover pagare, i governatori emisero un grugnito soffocato da un colpo di tosse, eppur Parnasso non sembrò troppo impaurito da quell’ingente somma di danaro da adoperare. Il suo cruccio erano solo la Torre e il mago, specialmente quest’ultimo in quanto il suo accordo risultava troppo premeditato. Dopo le questioni burocratiche, fu lo stesso Buccinide a domandare al mago di cosa si trattasse. Thymós, però, restò ad osservare con rabbia il centro della mappa immaginando la presenza di una pedina raffigurante la diabolica torre sovrastare tutto il resto, pronta a consumare l’energia magica presente nella Stella. La governatrice Zea corrugò la fronte stranita e schioccò le dita per far rinsavire il mago, inutilmente. Hays, invece, cercò di avvicinarsi e non appena lo fece, l’incantatore si riprese:

‘’Perdonate. L’energia della Torre diventa sempre più forte e mette a dura prova anche la mia…’’- si massaggiò la testa, preda dell’emicrania scaturita dallo svenimento precedente. Dato che anche lui ricevette una tazzina di tè dallo scheletro vivente, decise di prenderne un sorso e proseguì:

‘’Avendone già discusso sia con le vostre governatrici, il mio accordo è il seguente: io vi darò una mano per liberarvi il prima possibile della Torre o di renderla inerme, ma voi dovete consentirmi di vivere tra voi come un comune cittadino. In più, data la mia provenienza da un’altra epoca potrò condividere le mie conoscenze, sia arcane che consigli su come migliorare la difesa e l’attacco.’’- puntando il dito verso la mappa generando una versione migliorata della Stella, con mura più resistenti e torri di vedetta migliori nonché qualche aggiunta magica in punti strategici.

‘’Pensate che migliorare questo insulso luogo possa fermarmi? E tu, maghetto, lo sai benissimo. Non puoi fare nulla! Ricordalo!’’- echeggiò una voce rancorosa e cavernosa nelle loro menti, con irruenza tale da scuotere gli animi di tutti i presenti. E non solo, anche la struttura, i cinque borghi e l’intera stella vennero scosse violentemente. Intuibile come quell’enorme energia mistica provenisse dalla Torre Oscura, ma meno intuibile la comparsa eterea di Abraxás, il nemico principale di tutti. Un uomo ricurvo, dagli occhi infossati e luminosi come tizzoni avvolto da fetidi stracci e bende che gli ricadevano dai polsi. Una mano stringeva un bastone di legno, o almeno così sembrava, e nell’altra mano un cristallo che cambiava forma geometrica ad ogni battito di ciglia. Senza indugi, il potente mago scaraventò lontani i presenti, facendo crepare le colonne, distruggendo il grande tavolo e la mappa che vi poggiava su di esso; anche il povero Mortimer finì nella baraonda:

‘’Ehi, io sono uno scheletro morto da secoli! Perché devo essere anch’io vittima della tua vendetta?’’

‘’Uno scheletro parlante? Uh, curioso, potresti tornarmi utile in futuro.’’- ma le parole del potente essere vennero interrotte da tre spari in successione che lo attraversarono da parte a parte creando dei fori larghi abbastanza da far passare una mano. Abraxás rise, avvertendo una grande aura magica provenire da quei colpi inferti e rivolse l’attenzione a Parnasso, l’unico ad essersi rialzato illeso e con il fucile fumante.

‘’Non sei un mago, né uno stregone né un incantatore. Eppure sei riuscito a colpirmi per tre volte. Cosa sei dunque?’’

‘’Un vecchio soldato, governatore del borgo degli artisti.’’

‘’Parli troppo!’’- sibilò Abraxás colpendo dalla distanza ravvicinata con un potente raggio ambrato che lo spinse oltre il tavolo infranto, le colonne, i gradini di un piccolo altare per terminare la sua corsa contro una vetrata istoriata che resse al fisico statuario di Parnasso. Abraxás fece scomparire i grossi fori, tornando al suo stato originale e si avventò sul povero Thymós sferrandogli un calcio contro lo sterno, scaraventandolo su una colonna che si infranse a metà. Il possente mago stava per attaccare nuovamente se non fosse stato per l’intervento dello scheletro che gli morse la caviglia:

‘’Sarò un semplice scheletro, ma nessuno osa distruggere la mia casa!’’- esclamò il teschio di Mortimer, riuscendo a ferire il mago tanto da meravigliarlo. Ripresosi dalla sorpresa, Abraxás mosse la gamba verso l’alto riuscendo a liberarsi dal morso del teschio che perse la presa e si ritrovò ben presto spaccato a metà dal bastone magico, rotolando ai piedi del povero Alber.

‘’Oh Mortimer, quante volte ti ho detto di non intrometterti in questioni come queste?’’

‘’Mi perdoni, Signor Alber ma vede benissimo quel che sta succedendo.’’- rispose il teschio, tentando di sorridere seppur senza fibre muscolari. Una nuova esplosione magica, questa volta proveniente dalle mani di Thymós, fu sufficiente a respingere l’avanzata del nemico. Il potente stregone rise, euforico per essere stato colpito nuovamente e diede sfogo alla sua essenza diabolica evocando una coltre oscura dalla quale si palesarono centinaia di occhi bianchi sopra le loro teste, sui loro corpi e nelle loro menti.

‘’Non riuscirete a fermare ciò che il destino ha in serbo per voi!’’- furono le ultime parole di Abraxás, lasciando dietro di sé quell’oscurità colma di occhi diabolici. Il mago ferito, ancora inghiottito dalla colonna, liberò la sua energia purpurea e rossiccia creando un cerchio magico con forme triangolari. Le sue mani si mossero frenetiche fin quando l’incantesimo non fu pronto:

‘’Luums!’’- e dalle mani del mago una accecante luce distrusse la coltre oscura di occhi demoniaci, riportando la calma nel Palazzo Vega, danneggiato irrimediabilmente. Il primo a riprendersi, seppur intontito, fu proprio Buccinide seguito poi da Zea che si reggeva un fianco dolorante; dal respiro corto e il viso contorto, la governatrice aveva riportato diverse costole rotte. Hays invece restò immobile tra i detriti, terrorizzato da quell’immisurabile potere dei due stregoni:

‘’Mio…mio dio cosa diavolo è appena successo?’’- domandò balbettando saettando lo sguardo da un lato e l’altro, assicurandosi che nessun’altro maleficio fosse presente. Con un grugnito rabbioso e cuoio che scricchiolava, Parnasso si rialzò in piedi frastornato con un lungo taglio sulla fronte che continuava a sanguinare. E dai suoi occhi era evidente la rabbia repressa per l’accaduto.

‘’Mago, parla! Cosa è accaduto?’’- ringhiò lo stesso Parnasso, avvicinandosi furiosamente al giovane mago per poi afferrandolo per il colletto degli abiti consunti. Thymós sospirò, sentendosi in dovere di spiegare l’ennesimo evento:

‘’Quello che avete appena visto è solo un frammento dell’immenso potere di Abraxás. Con così poca energia è stato in grado di distruggere una città di grandi dimensioni. All’apice del suo potere…Interi imperi furono spazzati con uno schiocco di dita. Ve lo chiederò per l’ultima volta: accettate tale accordo? Ne vale la vostra incolumità!’- allargò le braccia per indicare tutti, compreso Mortimer lo scheletro. Ma l’unica che non si fece notare fu la governatrice Markides, svenuta e sommersa da detriti di vario genere, di cui uno di quei pezzi le aveva forato il fianco. I restanti governatori, con l’aiuto di Alber, tolsero i vari detriti evitando solo di lasciare quell’unico frammento di acciaio nel fianco. Il mago provò a creare un incantesimo di guarigione, ma Buccinide glielo impedì dopo la forza distruttiva dimostrata da Abraxás.

‘’Signor Alber, per favore contatti immediatamente Orchidea del Borgo dei Magius e i costruttori del mio borgo per sistemare questo posto. Alla svelta!’’

‘’Come desidera, messere Buccinide.’’- replicò il matusa, con ancora il teschio di Mortimer nella mano. E quest’ultimo chiese se potesse fare qualcosa, in quanto si sentisse responsabile della tragedia. Così, silenziosamente, comandò alcune delle sue ossa di prendere una borsello colmo di erbe secche e consegnarle al mago, intento a frenare la perdita di sangue dal fianco con delle magie di cura. Thymós ne approfittò e le usò, pur non sapendo che tipo di erbe fossero e le sbriciolò sul foro che sfrigolò al contatto sia della magia che della pelle. Un gemito gutturale provenne dalla governatrice, susseguita da una bestemmia ed una imprecazione peggiore di scaricatori di porto. Aprì gli occhi e si vide circondata dai suoi amici, dal mago e dal signor Alber, chiedendo cosa fosse accaduto nell’intero Palazzo. Nessuno rispose in quanto la ferita continuava a sanguinare e le sue condizioni peggioravano di minuto in minuto, così Zea evocò un portale proiettato proprio nello studio di Archimede. Fu proprio costui a varcarne metà con il suo corpo, confuso:

‘’Uh? E questo portale da dove sbuca? Governatori?! Ma che diavolo è successo qui? E tu sei quel mago che…’’

‘’Bando alle domande Archimede! La governatrice Markides ha bisogno del tuo aiuto. Oh, e mago? Accettiamo il tuo accordo!’’- asserì Buccinide interrompendo e sorprendendo tutti i presenti.

   
 
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