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Autore: MadLucy    27/12/2021    1 recensioni
[Hannigram | domestic | season 1]
«Riesci sempre a stupirmi» commentò Will, mentre Hannibal sollevava il coperchio delle tazze, rivelando dei cappuccini dalla morbida schiuma bianca.
«Abbiamo solo cominciato» rispose Hannibal «e mi auguro di non smettere, Will.» Aveva una sorta di tenera, calorosa gelosia nel pronunciare il suo nome, come se ne trattenesse un pezzo per sé.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dalla sagoma che intravedeva dalla finestra con le tende tirate, Will aveva già capito, ma ciò non attenuò la sorpresa quando aprì la porta: Hannibal, che sgarrava rispetto al solito codice di abbigliamento solo dall’assenza della cravatta, e tra le sue braccia un cesto coperto da un panno bianco, spesso, profumato di pane. Hannibal ne sollevò un lembo, mostrando delle tazze da caffè di ceramica con i coperchi, simili a quelli delle zuccheriere, e dei piattini carichi di cornetti panciuti dall’aria fragrante e dall’aroma intenso. 

«È un’offerta di pace?» lo apostrofò Will, esasperato e divertito dall’inavvertita iniziativa. 

«No, è una colazione all’italiana» rispose Hannibal, disinvolto. «Come la gradivo quando soggiornavo a Firenze. Per i tuoi problemi di gusto.»

Will gli offrì un sorriso sghembo e si spostò dalla soglia, per lasciarlo entrare. Trattenne con scarsi risultati l’irruenza dei cani. «Temo non ci sia niente che fa al caso vostro.»

Hannibal si dichiarò in disaccordo. «Non mi sono certo tenuto abbondante pensando a te –mangi poco, un po’ troppo poco, se posso permettermi.» Will si stupì che l’avesse intuito con così pochi dati a disposizione. Forse l’aveva intuito in riferimento al suo mestiere. Ad ogni modo, la prima cosa che fece, dopo aver posato il vassoio su un piccolo tavolino di vetro circolare, fu sbocconcellare un cornetto per Ellie e Buster, i più agguerriti. 

«Oh, andiamo, quella roba costerà una fortuna» sbuffò Will, in imbarazzo. Hannibal proseguì olimpico a sfamare gli altri cani. «Ti conviene non protestare, a meno che tu non voglia mangiare sei cornetti.» Si muoveva in perfetto controllo anche in una casa estranea. Abbracciava tutto con lo sguardo con una specie di contentezza, ma non inquisiva: non sbirciava i titoli dei libri sugli scaffali, non scrutava i paesaggi dei dipinti, non faceva l’inventario dell’oggettistica sulla scrivania. La sua presenza era acclimatata, piuttosto che solamente discreta. Will glie ne fu grato, perché non ne sarebbe mai stato capace, al suo posto. In effetti, non gli riusciva di immaginare Hannibal disambientato, in soggezione o colto alla sprovvista in nessuna circostanza. Sembrava un quieto, paziente, rilassato regista sul proprio set. Anche Will si sentiva un suo attore.

«Riesci sempre a stupirmi» commentò, mentre Hannibal sollevava il coperchio delle tazze, rivelando dei cappuccini dalla morbida schiuma bianca. 

«Abbiamo solo cominciato» rispose Hannibal «e mi auguro di non smettere, Will.» Aveva una sorta di tenera, calorosa gelosia nel pronunciare il suo nome, come se ne trattenesse un pezzo per sé. Il suo volto esprimeva una gentilezza imperturbata, una superiore elevatezza spirituale, come se sapesse qualcosa su di lui che lo spingesse a mostrare una paternalistica indulgenza –ed era proprio ciò che gli aveva dato sui nervi, al loro primo incontro nell’ufficio di Jack, ma ormai iniziava a considerarlo un tratto tipico dell’atteggiamento di Hannibal. 

Will gli indicò una poltrona squadrata, di fronte a quella su cui si sedette a sua volta, e assaggiò il cornetto. Era incredibilmente buono. «Dove intendi arrivare con tutto questo, dottore? Scrivere un paper sul mio caso? O solo conoscermi meglio?» La voce era venata di ironia. 

«Vorrei che tu arrivassi a conoscerti meglio, ma non c’è fretta» ribatté Hannibal, con un sorriso sereno e fermo. Aveva una parlantina mondana ed elastica, a suo agio senza sforzo. Alle feste doveva essere un magnete irresistibile, ma anche un osservatore fin troppo acuto. Will le aveva sempre evitate con cura, le feste.

Hannibal sorseggiò il cappuccino prima di parlare. «Oggi ragionavo sul tuo squartatore» esordì «e ho pensato a Dio.»

Will si sottrasse a quelle parole offrendo un ulteriore pezzettino di cornetto a Max. «Su quelle scene del crimine non c’era.»

«La sua esistenza è l’aspetto meno interessante di cui parlare» precisò Hannibal. «Per dimostrarla, basterebbe descrivere la psiche dell’essere umano.»

«Pensavo stessimo facendo colazione» chiosò Will, cupo. Si sentiva messo alle strette insieme alla parte peggiore della propria immaginazione, e troppo in fretta, anche se era appena stato detto il contrario. 

Hannibal si addentrò nel suo sguardo, in profondità ma senza aggredirlo. «Ti è capitato di essere un lettore di Pascal?»

«Non di recente, no» rispose Will, con un velo di sarcasmo. 

«Pascal parla della differenza tra l’amore verso Dio e quello verso gli uomini» spiegò Hannibal, rapito, «un amore costante e immutabile contro un amore inquieto e cangiante.»

Will non sapeva cosa dire. «Un amore immaginario rispetto a un amore reale.»

«L’immaginazione è sottovalutata» replicò Hannibal. «Seppur molto piccola, mia sorella aveva un carattere sorprendente. Sapeva inquadrare il mondo e mirare alla sua cattura con una sicurezza invidiabile. Per esempio, abbracciava una melanzana e diceva: questa è la mia cosa preferita. Per me, questo è Dio.»

La solennità con cui pronunciò quelle parole tolse a Will ogni scetticismo rispetto a quanto suonassero insolite. «La purezza?»

«La capacità di strutturare la realtà» lo corresse Hannibal «ed evocarla allo sguardo degli altri.» Will si meravigliò per l’ennesima volta di quanto apparisse saldo, inamovibile e pacifico, come un fortino di certezze –che del fortino aveva anche un certo serio pragmatismo, come se sul suo volto si accomodasse un piano d’azione di forza e solidità. Sembrava la persona più assennata e responsabile del mondo, che Will associava ad un artigiano, qualcuno che maneggia concretezza, problemi fattuali. Si chiese se giocasse un ruolo nella sua fortuna come terapeuta. 

«Un po’ pretenzioso» si permise di affermare. Hannibal sorrise ancora il suo sorriso piano, disarmante. 

«Niente affatto. A volte basta una melanzana, oppure… una tazza di cappuccino.» La sollevò e la portò alle labbra, senza interrompere il contatto visivo. Forse anche solo per sfuggire a quella malia, Will ridacchiò debolmente.

«Mi prendi in giro.»

«È l’esatto contrario. Non parlavo così seriamente con qualcuno da tempo.» Hannibal appariva sincero –e triste, ma nemmeno la tristezza riusciva a scomporlo. 

«Sei così… stabile.» Will si rese conto solo sul momento di quanto la sua voce suonasse incredula e amareggiata.

«Tu invece sei instabile, Will?» rimbalzò Hannibal prontamente.

Will aggrottò la fronte. «È una diagnosi?»

«Ho semplicemente ipotizzato che tu abbia visto in me ciò che credi ti manchi.» Sembrava sempre conoscere la propria battuta successiva, come se le avesse imparate tutte in sequenza. Non c’era margine di esitazione. Era quasi frustrante.

Will espirò, lento. «Lo sappiamo entrambi che non serve a niente. Io non posso essere cambiato, e non conviene a nessuno che cambi, perché c’è bisogno di ciò che so fare. Quindi non capisco cosa dovresti essere per me, dottor Lecter.»

Hannibal porse l’altra guancia alla sua stizza, conciliante. «Il tuo lavoro è capire menti che ti spaventano» dichiarò «forse è giunto il momento che qualcuno capisca te.»

Will inarcò un sopracciglio. «Una spalla su cui piangere, dunque.»

Gli occhi di Hannibal ridevano. «L’autocommiserazione non ti dona e non è nelle tue corde. Non credi che io possa capirti, ma credi almeno che potresti… se non piangere, perlomeno aggrapparti sulla mia spalla, all’occorrenza?»

Will trovava troppo accattivante la sua cordialità per respingerla, e lui piaceva ai suoi cani. «Forse.»

Hannibal piegò leggermente la testa, come se volesse scattargli una fotografia per cogliere un profilo diverso, nascosto. «Cosa ritieni abbia la meglio, in ultimo, Will? La comprensione, o la fede?»

«Non sono un teologo. Non mi occupo di astrattismi, mi occupo di sangue e ossa. Ritengo che la morte abbia la meglio.» Will tacque. Il cappuccino era ormai freddo, e lo finì con un sorso. «Non mi lascerò psicanalizzare, ma sfrutterò tutto l’aiuto possibile per prendere quell’uomo. Quindi questa sarà solo la prima di molte colazioni insieme.»

«Anche il sangue e le ossa celano i loro astrattismi.» Hannibal sembrava dominato da una luce interna, che gli conferiva una sontuosa regalità. «Spero che prima o poi tu riesca a vederlo, il tuo squartatore.»

Qualcosa nel suo tono lasciava trasparire che non si riferisse a una visione diretta, una visione faccia a faccia, una visione letterale –gli occhi distraggono. Hannibal voleva che Will vedesse come sua sorella, come Dio.

Lo sguardo corse istintivamente alla finestra, in cerca dell’intrusione, ma lo distolse. Ciò che aveva paura di trovare non era là. «Dovrei sperarlo anch’io? Pensavo mi avresti indicato la via di fuga d’emergenza, non augurato di toccare il fondo.»

«Ci sto lavorando.» Hannibal non specificò a quale delle due cose. «Dovremmo andare a Firenze un giorno, Will, e fare colazione davanti alla Primavera di Botticelli. Mi piacerebbe molto.»

  
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