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Autore: smarsties    27/12/2021    2 recensioni
«Pensavo che potremmo lasciare le decorazioni fino a gennaio» mormorò, accennando all'albero di Natale nell'angolo di fronte. «È un peccato disfarle così presto».
Le schioccò un bacio sulla punta del naso.
«Non ci contare, principessa. Sono troppe ed ingombranti. La prima cosa che farò il ventisei mattina sarà lanciarle dalla finestra».
*
«Stavo pensando» biascicò lui con voce arrochita, alzando lentamente la testa per guardarla. «Potremmo lasciare le decorazioni fino a gennaio».
[Duncan/Courtney - double one-shot: 526 words + 586 words]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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We could leave the Christmas lights up ‘til January
This is our place, we make the rules

 

 

 

 
Ebbero in mano le chiavi del loro appartamento il primo dicembre; fu naturale spacchettare subito le decorazioni natalizie.
Il quartiere in cui si erano trasferiti, a pochi isolati dal campus universitario, era dinamico, pregno della magica atmosfera rappresentata nei libri e nelle centinaia di produzioni cinematografiche tutte uguali. Duncan non sapeva dire con precisione cosa avesse scalfito il suo cuore di Grinch – saranno stati i tanti mercatini sempre affollati, i cori gospel che si esibivano porta a porta con le tradizionali carole, oppure il costante profumino di biscotti alla cannella proveniente dal pianerottolo. Eppure, inevitabilmente, fu investito anche lui dallo spirito natalizio.
Ciò non toglieva che decorare la casa, con ghirlande e ninnoli inutili, fosse una gran seccatura – e Courtney non sembrava intenzionata a fermarsi, finché non sarebbe riuscita a ricreare il villaggio di Babbo Natale in miniatura.
Le andava dietro con un’aria costipata, reggendo fra le mani un groviglio di luci. Lei era l’addetta a districare i fili e attorcigliarli attorno ai rami dell’abete finto, acquistato da Walmart quella mattina.
Poche volte l’aveva vista così gioiosa, con gli angoli della bocca ricurvi verso l’alto e le guance arrossate, mentre canticchiava ogni canzone che partiva dalla playlist delle festività di Spotify.
«Finalmente» sbottò Duncan, quando le luci furono tutte sistemate. «A furia di girare attorno all’albero, mi stava venendo la nausea».

Notò solo dopo uno scatolone rettangolare pieno di palline rosse e dorate e festoni dei medesimi colori, che Courtney aveva calciato ai suoi piedi, e che giaceva fra un ammasso di aghetti sintetici.

«Time-out!» esclamò, allontanandosi per gettarsi di peso sul divano. Un cuscino rimbalzò per terra.

«Non siamo nemmeno a metà dell’opera» gli fece notare lei, che aveva già iniziato a frugare nella scatola.

«Stiamo sgobbando da ore e mancano ancora ventiquattro giorni a Natale. Direi che ci meritiamo una pausa».

Si lasciò convincere. Si andò ad accomodare al suo fianco, poggiando la testa sulla sua spalla.

La cinse con un braccio, portandosela più vicina. L’odore del suo shampoo al cocco gli invase le narici.

«Casa nostra».

Quanto suonavano bene quelle due parole.

«Possiamo fare tutto quello che ci pare» rifletté Courtney a voce alta. Aggrappandosi al suo maglione e alzando il mento per poterlo guardare negli occhi, aggiunse: «Sai cosa stavo pensando?»

«Di farlo su tutte le superfici di questa casa, cominciando con l’inaugurare questo divano?» domandò, carezzandole distrattamente i capelli.

Lei ridacchiò.

«Certo che no, brutto pervertito che non sei altro».

Lasciò scivolare la mano lungo tutta la schiena ossuta, sentendola tremare, quando le dita fredde si infilarono sotto i suoi vestiti, e successivamente rilassarsi.

«Pensavo che potremmo lasciare le decorazioni fino a gennaio» mormorò, accennando all’albero di Natale nell’angolo di fronte. «È un peccato disfarle così presto».

Le schioccò un bacio sulla punta del naso.

«Non ci contare, principessa. Sono troppe ed ingombranti. La prima cosa che farò il ventisei mattina sarà lanciarle dalla finestra».

La playlist terminò qualche istante più tardi. Con la stanza piombata nel silenzio, si poteva distinguere più o meno indistintamente il chiacchiericcio delle persone per strada.

Loro rimasero sul divano, accoccolati l’uno fra le braccia dell’altra.

Erano a casa.

L’albero avrebbe potuto attendere un altro po’.

 
* * *

 

Lo strappo definitivo arrivò i primi di dicembre.
Il quartiere non era mai cambiato – i mercatini attiravano sempre più gente, i cori gospel continuavano ad intonare le carole per chiunque volesse stare a sentirli, e l’odore di cannella profumava il pianerottolo. Eppure, quell’anno, né Duncan e né Courtney percepirono lo spirito natalizio.

Gli ultimi dodici mesi erano stati un inferno, tra un matrimonio riparatore che non aveva riparato un bel niente, incomprensioni e discussioni sempre più accese. Duncan era andato via ad ottobre, quando il clima era diventato insostenibile, ed era tornato solo per firmare le carte del divorzio.

La sala era spoglia. Gli unici cenni del Natale ormai imminente si potevano rinvenire nelle lucine appese all’ingresso e  nel centrotavola, composto da pigne e un tris di candele rosse.

Erano seduti uno di fronte all’altra. Lui esaminava rapidamente i documenti, lei lo fissava a braccia conserte. L’unico rumore era lo schiamazzare lontano dei bambini, che si lanciavano palle di neve proprio sotto il palazzo.

«Perfetto» commentò lui, richiudendo il fascicolo. «Che devo fare?»

«Basta che firmi qui» rispose, indicandogli l’angolo in basso a destra, proprio dove lei, qualche ora prima, aveva apportato in bella grafia il suo nome e il suo cognome – ironico: un avvocato divorzista che stava per mettere un punto al suo matrimonio. «Dopodiché, saremo legalmente divorziati».

Le si chiuse la gola nel pronunciare quell’ultima parola ad alta voce. Non avrebbe mai immaginato quell’epilogo per la loro storia.

«Tutto qui?»

«Tutto qui».

Fece scattare la penna. La sua mano tremolava mentre avvicinava la punta al foglio. Era appena percepibile, eppure non sfuggì a Courtney, così come mancò di notare la strana ombra che, per alcuni istanti, aveva oscurato i suoi occhi azzurri ed inespressivi. Non ci stava ripensando, vero?
No, impossibile. Ne avevano parlato, svariate sere fa, e avevano concordato che fosse la cosa giusta da fare. Era deleterio continuare a forzare un rapporto ormai morente da un pezzo. Anzi, erano stati dei folli a pensare che avrebbe potuto funzionare, che le loro palesi differenze ed esigenze personali avrebbero potuto cozzare in armonia, senza scatenare mai la scintilla fatale. Ma non erano in una fiaba, la scintilla era scoccata e adesso era tutto in fiamme. E toccava spegnere l’incendio.
Allora perché rimaneva immobile, con la penna sospesa a mezz’aria?
Non sentiva più i bambini giocare. Era calato un silenzio tombale, lo sentiva fischiarle nelle orecchie. Stava impazzendo, avrebbe voluto urlare – urlargli di firmare quelle maledette carte e porre fine alla sofferenza. Però il groppo in gola glielo impediva e, piuttosto che piangergli davanti, avrebbe preferito rimanere intrappolata lì in eterno.
Duncan deglutì e si stropicciò gli occhi con la mano libera. Quando li riaprì, era indubbio che fossero lucidi. A vederlo così, le si incrinò il cuore, e una supplica le rimase incastrata tra le corde vocali: firma, ti prego, firma.
La penna rotolò rumorosamente sul foglio.
«Stavo pensando» biascicò lui con voce arrochita, alzando lentamente la testa per guardarla. «Potremmo lasciare le decorazioni fino a gennaio».

Accadde in un attimo. Scattarono entrambi in piedi e, senza rompere il contatto visivo, Courtney azzerò la distanza fra di loro tuffandosi fra le braccia di Duncan, che l’accolse come se stesse attendendo quel momento da tempo immemore. Non s’erano mai abbracciati così, come se volessero fondersi assieme. E, con le facce nascoste l’uno nell’incavo del collo dell’altra, si concessero di singhiozzare.

Rimasero stretti in quell’abbraccio, dove le sofferenze dell’ultimo anno non potevano toccarli.

Erano a casa, di nuovo.

Il resto avrebbe potuto attendere fino a gennaio.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

Sapevo non sarei riuscita mai a pubblicare prima di Natale, ma meglio tardi che mai. Giusto?
Ho preso i primi due versi di una delle canzoni più romantiche di Taylor e ci ho costruito attorno una storiella che parla di divorzio. Però dai, la prima one-shot emana comfort da tutte le parti! Forse non sono poi così cinica come penso!

Idiozie a parte, la ragione per cui ho voluto scrivere questa doppia one-shot è perché ho riletto di decente la mia unica storia natalizia, con protagonisti questi due, è l’ho trovata schifosamente dolce. Se vi può interessare, la trovate ancora sul mio profilo, ma vi avverto: è molto – per usare un termine tecnico – cringe.

Ora che ho bilanciato fluff e angst mi sento in pace con me stessa, quindi posso chiudere qua ed augurarvi di passare serenamente il resto delle feste. Ci risentiamo a gennaio col secondo capitolo di Drive By – a tal proposito, sono davvero felice che la stiate apprezzando! xx

  
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