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Autore: Flying_lotus95    27/12/2021    1 recensioni
[Partecipo all'iniziativa "Calendario dell'Avvento 2021" by Fanwriter.it]
Spike Spiegel, qui in veste di commissario di polizia con una ferita ancora aperta, vorrebbe sfuggire al Natale e a nuovi affetti. La vita può togliere tanto, ma restituisce sempre.
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Spike Spiegel
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Partecipo al contest “Calendario dell’Avvento 2021” indetto da Fanwriter.it. Enjoy it! 
 

You’re still alive.

 
 
 
Spike Spiegel era già sicuro di passare le feste di Natale da solo, chiuso nel suo appartamento, a sorseggiare qualsiasi tipo di bevanda alcolica gli fosse andata a genio, brindando alla volta della foto delle uniche donne della sua vita, immortalate insieme con un sorriso meraviglioso e sempiterno stampato sui loro volti.
Non aveva previsto però, la mattina del 23 dicembre, che sarebbe stato invitato alla cena della Vigilia dalla sua provocante e bellissima dirimpettaia Rosario.
Aveva mandato i suoi bambini, di otto il primo e quattro anni la seconda, ad invitarlo.
Quando Spike aveva aperto loro la porta, si era incupito temendo fosse capitato qualcosa alla donna, ma il messaggio recapitato da Ennis, il ragazzino più grande, lo lasciò alquanto basito.
«La mamma ci ha detto di dirti che sei invitato alla cena della Vigilia domani sera. Ci saranno tutti i condomini, e voleva sapere se anche tu saresti stato presente», buttò fuori Ennis con aria scocciata e le piccole braccia incrociate al petto, in segno di diffidenza.
Spike ricambiò il suo sguardo imbronciato, accennando un piccolo sorriso a fior di labbra.
Quando rientrava dal commissariato, vedeva spesso entrambi giocare sulla tromba delle scale. Mentre Ennis lo ignorava volutamente, la sua sorellina, Nilu, lo salutava sempre con molto calore, e Spike ricambiava quei saluti affondando la mano in quei soffici riccioletti castano biondo, carezzandole piano il capo.
Con Valeria lo faceva spesso, sebbene sua figlia avesse i capelli molto più lisci e tendenti al rosso, ereditati da sua moglie Monica. Gli mancava compiere quel gesto ogni volta che rientrava a casa, e puntualmente non trovare nessuno ad attenderlo lo intristiva non poco.
Ci era voluto un anno per abituarsi a quella condizione di solitudine, ad attutire quel dolore che continuava a martellare prepotentemente nel petto senza sosta, giorno e notte.
In ufficio almeno riusciva a distrarsi, anche se non totalmente, poiché il pensiero di avere tra le mani i bastardi che avevano piazzato l'ordigno esplosivo alla banca, dove Monica e Valeria avevano perso la vita assieme a tante altre persone, lo tormentava ossessivamente.
Ogni denuncia, ogni nuova pista significavano un tassello in più per completare quel puzzle complicato.
Il suo collega Jett lo aveva messo in guardia a riguardo. Sarebbe stato meglio per tutti se avesse messo un punto definitivo a quella storia, anche se non sarebbe stato per niente facile. Ma almeno, anche se con un po' di fatica, sarebbe riuscito a voltare pagina.
Aveva anche provato ad invitarlo alla cena della Vigilia con i colleghi, ma Spike era stato irremovibile. Non era in vena di feste e non voleva brindare con nessun altro se non con la sua famiglia, il cui ricordo ormai era custodito in quella foto che teneva sul comodino, e che osservava tutte le sere seduto sulla poltroncina sgualcita, fumando o bevendo birra ghiacciata, con quel brandello di giornale stropicciato tra le dita. Sperava che così facendo, quel titolo si sarebbe sgretolato da solo, cancellandone perfino l'esistenza. Non gli avrebbe più ricordato nè l'assenza di Monica e Valeria, nè il modo barbaro con cui le erano state strappate.
Non aveva pensato di trascorrere quel Natale in compagnia. Ma a quanto pare, ci aveva pensato la sua vicina di casa a stravolgergli i piani, mandando i figli in avanscoperta.
«Ti prego, signor Spy!» esordì la piccola Nilu, aggrappata alla maglia del fratello, mentre stringeva al petto il suo bambolotto.
«La mia mamma sarebbe contenta di averti a casa con noi domani» continuò con la sua vocina affettuosa e cantilenante.
L'uomo osservò entrambi con sguardo serio, che tradiva un leggero imbarazzo misto a tenerezza.
Non se la sentiva di andare a sedersi alla loro tavola, a bere e a mangiare come se niente fosse, e a scambiare inutili convenevoli con gli altri commensali, da cui già normalmente si teneva alla larga durante i giorni normali.
Ma allo stesso tempo, non era in grado di dare loro, soprattutto a Nilu, una risposta negativa.
Ennis cominciava a spazientirsi, e avrebbe probabilmente sbroccato se non fosse stato per l'arrivo inaspettato di sua madre, che stava salendo le scale per aiutare a portare la spesa ad un'anziana signora, carica di buste.
Ennis arrossì di colpo e spalancò gli occhi nocciolati quando la vide, intenta a chiacchierare con la signora.
«Mamma!» esclamò giuliva Nilu, richiamando l'attenzione di Rosario, ancora trafelata con le buste della spesa in mano.
«Mi amor! Que haceis aquì?» Il viso di Rosario si aprì in un sorriso dolce e bellissimo, liberò una mano per accarezzare la testa riccioluta di Nilu e baciarla affettuosamente sulla fronte. La bambina gradì quel gesto tanto familiare, esplodendo in un gridolino di gioia.
Ennis si era limitato a guardare la scena in disparte, dandosi arie da ometto. Ma dalle scocche rosse e dallo sguardo basso, Spike intuì che avrebbe voluto ricevere anche lui un bacio caloroso dalla sua mamma. Dopotutto, Ennis era solo un bambino di otto anni.
«Commissario Spiegel!» L'uomo si sentì richiamato da Eufemia, l'anziana signora che stava in compagnia della ragazza. Viveva proprio nell'appartamento di fronte al suo. La vedeva molto di rado, considerato i suoi turni, ma quelle poche volte che si beccavano, lei lo salutava sempre con grande riverenza. A giudicare dal resto dei condomini, lei era l'unica a non possedere una certa aria losca.
Dopotutto, Spike si era trasferito in periferia, in un palazzo popolare. Rispetto a dove abitava un tempo, lì era tutto abbandonato a sé stesso.
Eppure, nonostante quell'aria tanto pesante, quando incrociava qualcuno del palazzo, lo salutavano tutti con grande rispetto. Aveva pensato che ciò fosse dipeso dal fatto che fosse uno sbirro, e di conseguenza cercavano di non causargli grane, per non finire a loro volta nei guai.
«È stato invitato anche lei dalla signorina Rosario domani sera?» chiese Eufemia, con voce sottile, ma ricca di curiosità.
Spike strinse i denti imbarazzato, cercò mentalmente le giuste parole per non risultare sgarbato. Ma Rosario lo precedette.
«Già, vero! Avevo chiesto ad Ennis di venirvelo a chiedere» affermò, fissando Spike dritto in faccia mentre si avvicinava al bambino, carezzandogli il mento con fare amorevole. Ennis si accoccolò in quella carezza, muovendo il capo in modo molto naturale.
A Spike quella scena fece sorridere. A lui, infondo, piaceva Ennis.
Fosse stato suo padre, lo avrebbe riempito di buffetti e rimproverato per quell'indole troppo seria e permalosa che si ritrovava.
Ma poteva facilmente intuire che Ennis doveva essere un bambino cresciuto troppo in fretta.
In famiglia erano soltanto loro tre, da quel che Spike aveva potuto comprendere.
Reputava dunque normale che quel moccioso si desse arie da adulto, perché sentiva addosso la responsabilità di badare a sua sorella, ancora troppo piccola per affrontare da sola le brutture del mondo. Ed era anche l'unica figura maschile in casa, sebbene Rosario non avrebbe mai permesso di caricargli un tale compito gravoso in così tenera età.
Nonostante lei si mostrasse sempre tanto gentile e affettuosa, Ennis era sempre guardingo e sull'attenti. Voleva mostrarsi "grande" anche per la sua mamma, questo s'intuiva lontano un miglio.
Erano queste le responsabilità di un primogenito, pensò Spike.
«Allora? Si unirà a noi? Le prometto che trascorrerà una noche estupenda!» sentenziò Rosario, con quel suo marcato accento spagnolo, con aria allegra.
Spike abbassò lo sguardo, l'imbarazzo lo stava divorando dentro.
Buttò poi l'occhio sulle buste della signora Eufemia, e decise che sarebbe stato meglio agire e togliersi dall'impaccio.
«Vuole una mano, signora Eufemia?» dichiarò Spike, afferrando le buste senza troppi complimenti, lasciate a terra da Rosario.
«Oh, la ringrazio commissario! Rosario è stata tanto carina ad aiutarmi a salirmele» dichiarò l'anziana, rivolgendo uno sguardo di pura riconoscenza alla giovane. Rosario le ricambiò un sorriso perfetto, le gote piene la resero simile ad una ragazzina. Spike la vedeva sempre truccata esageratamente, ma avrebbe scommesso oro sonante che anche al naturale sarebbe rimasta tanto affascinante.
«Le diamo anche noi una mano, signora! Ennis, amor, prendi questa!» disse pratica Rosario, relegando la busta di carta più piccola al figlio.
Una volta entrati nell'appartamento dell'anziana donna, Spike s'infilò dritto in cucina, seguito da un'attenta Rosario, pronta a guardare dove posizionasse ogni singolo oggetto.
In effetti, se non fosse stato per la sua supervisione, la signora Eufemia si sarebbe ritrovata lo zucchero al posto del sale, l'aceto al posto dell'olio, e il caffè al posto dell'orzo.
«Non sono molto abituato a sistemare in modo così meticoloso la spesa» si giustificò l'uomo, grattandosi la nuca imbarazzato. Rosario rise divertita della sua espressione. «Voi uomini siete tutti uguali!» lo prese in giro, chiudendo gentilmente uno stipite della credenza, «Mi auguro che il mio Ennis cresca diversamente» aggiunse poi, addolcendo lo sguardo e la voce.
Spike ricambiò involontariamente quel sorriso pregno di affetto. Anche lui era stato un genitore, dopotutto...
«Puoi stare tranquilla! Tuo figlio ha tutta l'aria di essere un bambino molto responsabile» la incoraggiò Spike, sistemando la busta di tessuto nel contenitore apposito, dove Eufemia le teneva conservate per il riciclo.
Rosario si limitò a sorridergli, mostrando i bei denti dritti e bianchi, immacolati.
Emanava un'aura fiera, come se avesse ricevuto il più bel complimento della storia.
«Comunque… non mi ha ancora dato una risposta, signor Spike!» lo rimproverò lei all'improvviso, bonariamente.
Accidenti!
Aveva abbassato la guardia troppo velocemente.
Spike cercò allora di giocarsi la carta del finto tonto.
«Come?»
«Domani sera! La cena!»
«Ti ho invitata a cena? Quando?»
«Non mi prenda in giro, commissario!»
Proprio come aveva fatto suo figlio pochi istanti prima, Rosario incrociò le braccia al petto, mettendo così in bella mostra il décolleté abbondante e pieno. Indossava una canottiera bianca quel giorno, abbastanza scollata, con un cardigan colorato di tante tonalità che davano sul rosa, in lana, che le copriva le spalle. I lunghi capelli castani e ricci, come quelli di Nilu, le ricadevano liberi sulle spalle, le ciocche davanti erano finite anche nell'incavo dei seni. Spike non poté trattenersi dall'ammirare quello spettacolo gratuito.
Rosario era uno splendore di donna, era impossibile rimanerne indifferenti. E per quanto faticasse ad ammetterlo, anche Spike a volte si sentiva succube di tale fascino.
«Allora, cercherò di essere breve e conciso, e soprattutto chiaro» esordì Spike, schiarendosi la voce, più per cercare di distogliere lo sguardo da quella magnifica visuale, che per darsi davvero un tono.
«Apprezzo moltissimo il tuo invito, sul serio... ma non sono in vena di festeggiamenti» dichiarò, unendo le mani a mo' di preghiera. Rosario continuava a scrutarlo, attenta. Aveva arricciato leggermente le belle labbra, come se volesse concentrarsi meglio sulle sue parole.
«Fa' come se avessi accettato» la pregò infine, poggiando una mano sul lavabo della cucina, puntando gli occhi al pavimento.
Rosario annuì impercettibilmente, sembrava aver capito il significato intrinseco delle sue parole.
«Capisco... però mi dispiace sapere che trascorrerete da solo questo periodo» rispose, ciondolando un po' su sé stessa. Somigliava ad una bambina che aveva appena subìto un rimprovero, pensando a come giustificarsi per la marachella appena commessa.
«Posso però sperare che tra stanotte e domani mattina lei cambi idea?» continuò, con aria furbetta, unendo gli indici.
Spike trovò buffo il suo modo d'insistere, Rosario gli trasmetteva spensieratezza, anche se sapeva bene che la sua vita privata era tutt'altro che spensierata.
In un certo senso, sentiva che erano come anime affini, loro due. Soltanto che entrambi avevano un modo tutto proprio di affrontare i propri demoni.
Anzi, nel caso di Spike, i propri demoni non li aveva affrontati affatto. Lasciava semplicemente che gli danzassero intorno, assieme ai suoi sensi di colpa, che crescevano giorno dopo giorno.
«Non voglio illuderti Rosario» ammise Spike, grattandosi la nuca dispiaciuto.
«Sento che renderei cupa l'atmosfera con la mia presenza» concluse poi, con un sorriso amaro.
Rosario accennò un sorriso, comprensiva.
Poggiò comunque una mano sulla sua spalla, un ultimo tentativo prima della resa.
«Se cambia idea, ci sarà sempre un posto alla mia tavola per lei, signor Spike» affermò con fare deciso, ma dolce.
Spike le sorrise, mesto.
Non fece neanche in tempo ad aprire bocca per ringraziarla, che Eufemia e i bambini entrarono in cucina, sorprendendoli così vicini.
Ennis guardò la scena accigliato, mentre Nilu corse incurante verso la madre, reclamando le sue braccia. Rosario non se lo fece ripetere due volte, la prese in braccio e cominciò a cullarla, sotto lo sguardo sempre più spento di Spike.
Ricordò improvvisamente che Monica cullava Valeria allo stesso modo. Probabilmente era un atteggiamento comune di tutte le mamme essere così affiatate, e a volte esagerate, verso i propri figli.
Tuttavia, era un'immagine che lo feriva.
Gli stava ricordando, ancora una volta, di essere rimasto solo al mondo. Che sua moglie e sua figlia se n'erano andate lasciandolo indietro, e nessuna indagine approfondita o verità nascosta gliele avrebbe mai restituite. Era un'ovvietà con la quale ormai Spike ci aveva fatto i conti, ma il solo pensiero continuava a bruciargli lo stomaco, sempre e comunque.
«Commissario, allora ha proprio deciso che non verrà?» chiese pacatamente la signora Eufemia, parve dispiaciuta alla notizia.
Spike impiegò qualche minuto a tornare con i piedi per terra, al presente.
«Sarà per la prossima vigilia signora!» scherzò, camuffando con un sorriso i tormenti che lo attanagliavano.
«Ho capito... certo che è proprio un peccato, commissario. Almeno avrei potuto fare una chiacchierata forbita con qualcuno di interessante. Perchè, detto tra noi ...» e fece cenno a Spike di avvicinarsi con l'orecchio «... son tutte brave persone, per carità, ma da ex professoressa quale sono, dubito che posso parlare di romanzi o fare citazioni importanti con la gente di questo palazzo. Sono tutte persone alla buona, mi capisce?» convenne Eufemia, dando una pacca leggera con le nocche raggrinzite al petto dell'uomo, che sorrise spontaneo, stavolta.
«Mi fa tanto acculturato signora?» affermò Spike, con fare ilare e sarcastico, ma con ancora un velo persistente di tristezza negli occhi.
Eufemia gli rivolse un'occhiata sicura, come a dirgli che era sicura di ciò che stava affermando.
«Siete un uomo di larghe vedute, certe cose una donna le capisce!» affermò l'anziana, rivolgendo poi un occhiolino d'intesa a Rosario, che quest'ultima colse impreparata, sorridendo incerta.
Aggrappata a lei, Nilu guardò Spike con aria triste. Ci era rimasta male nel sapere che Spike non volesse passare con tutti loro la Vigilia di Natale.
«Lo sai che la mamma sa leggere le carte? Se vieni alla nostra cena, mamma le leggerà per te!» disse Nilu, cercando di risultare ostinatamente convincente.
Spike, che si era scoperto debole alle grazie di Rosario e alla voce infantile e tenera della sua bambina, sorrise appena. Avrebbe voluto affondarle la mano in quella chioma folta e scuotergliela con energia, ma in quel momento sentiva il cuore pesante. Ogni battito gli provocava un dolore immane.
Cosa darei per festeggiare il Natale con la mia famiglia.
Cosa darei per rivedere Valeria scartare i suoi regali, e vederla ancora giocare tutta contenta sotto l’albero addobbato.
Cosa darei per stringere ancora una volta Monica tra le mie braccia, e sentirmi l'uomo più fortunato del mondo.
«Fatti suoi se non vuole venire!» sbuffò Ennis, visibilmente irritato, interrompendo bruscamente i pensieri del commissario.
Rosario lo fulminò con lo sguardo.
«Ennis! Che modi sono questi?! Chiedi subito scusa!» lo rimproverò, sorpresa ma leggermente dura nella voce.
Il ragazzino guardò la madre negli occhi, le braccia incrociate e il labbro inferiore sporgente.
«Tanto ti tratterà male come tutti gli altri!» urlò ad un certo punto, raggelando i presenti sul posto.
«Puoi fare la carina con lui quanto ti pare, ma non ti aspettare che sia diverso da loro solo perché lui ti ha-»
«Ehi!» lo richiamò Rosario, mettendo giù la figlia e donando la sua totale attenzione al figlio maggiore. Aveva completamente cambiato espressione, era adirata e sconvolta.
Ennis avrebbe detto decisamente troppo se non lo avesse bloccato in tempo.
«Non ti permettere mai più di mancare di rispetto al signor Spike!» lo avvertì Rosario, puntandogli un dito contro, con fare minaccioso. In quei momenti, a Rosario veniva più semplice esprimersi in spagnolo, sua lingua madre.
Ma più che spaventosa, a Spike la ragazza apparve spaventata. Forse aveva paura che la signora Eufemia potesse giudicarla o farsi un'idea sbagliata su di lei e sulla sua vita. L’uomo si sentì quindi in dovere di intervenire, in qualche modo.
«Senti un po', campione» si avvicinò Spike, sfiorando con la mano il braccio di Rosario, stringendoglielo appena. La tirò un po' più indietro rispetto a lui.
Ci penso io, sembrò dirle con quel gesto.
Rosario gli posò la propria mano sopra, senza accorgersene. Grazie, sembrò rispondergli lei, con il suo, di gesto.
La signora Eufemia, nel frattempo, non si perse nulla di quello scambio lento di gesti e parole mute.
«So bene che non ti sto simpatico, e a me sta bene, figurati!» continuò pacato Spike, accovacciandosi davanti al bambino, che continuava a fissarlo con espressione dura.
«Ma sai, la tua mamma mi aveva appena finito di dire che sei un bravo bambino» gli confessò poi, cercando di creare un contatto visivo con Ennis, che nel sentire quelle parole, non glielo negò.
A quanto pare, i complimenti della madre facevano un grande effetto su di lui.
Rosario tremava appena, Nilu le si era avvicinata, osservandola con i suoi grandi occhi verde acqua. Si era attaccata al suo jeans attillato, come a chiederle silenziosamente spiegazioni. Spiegazioni che Rosario non le avrebbe dato, cancellando tutto con i suoi sorrisi grandi e luminosi. Troppo grandi e luminosi per risultare sinceri, a volte.
Se con Ennis non ce l'aveva fatta, almeno si sarebbe impegnata a tenere Nilu lontana da quella realtà scomoda che circondava la sua esistenza.
«E cosa fanno i bravi bambini?» lo interrogò Spike, lanciandogli uno sguardo di velata attenzione.
Ennis sembrò pensarci su prima di rispondere.
«Sì comportano bene» rispose infine, mesto e immusonito. Si tirò giù con le mani i bordi del maglioncino blu notte per l'imbarazzo.
Se c'era una cosa che quel bambino non avrebbe mai fatto volutamente, era rendere le cose difficili a sua madre. Già per lei lo erano, non voleva mettercisi anche lui con i suoi capricci o alzate di testa.
«Esatto! Poi non vorrai passare per maleducato davanti alla signora Eufemia, spero» propose allora Spike, dando un buffetto sotto al mento paffuto del ragazzino, aspettandosi una risposta da parte sua.
«Certo che no» bofonchiò infatti.
Spike gli sorrise alzando solo un angolo della bocca, intenerito.
In realtà non sapeva davvero cosa dirgli, per quel bambino lui non era nessuno d’importante. Aveva semplicemente pensato a come sarebbe stato se davanti si fosse ritrovato sua figlia, ed aveva agito di conseguenza.
«Bravo moccioso!» esordì in seguito, passandogli una mano tra i capelli corti e neri, e facendogli un occhiolino.
«E visto che sei così bravo, mi sai dire chi è che premia i bambini buoni?» continuò l’uomo, intenzionato a punzecchiarlo fino in fondo.
«Babbo Natale!» esclamò Nilu, intromettendosi nella conversazione tra il fratello e il commissario, alzando le braccia in aria, trionfante.
«Arriva e ci porta tanti regali!» continuò la bambina, al settimo cielo.
Rosario sembrò calmarsi un po', nel vedere la figlia tanto innocente e allegra spezzare quell'aura pesante che si era creata nel giro di pochi minuti.
«Stavo per dirlo» affermò Ennis con aria altezzosa, rivolgendosi più a Spike che alla sorellina. Non voleva dargliela vinta in nessun modo.
«Concordo pienamente con te, piccola!» convenne Eufemia, con fare gentile. Poi si portò le mani in faccia, come se si fosse ricordata solo in quell’istante di qualcosa di molto importante.
«Ma sono proprio sbadata!»  esordì ad un certo punto.
«Siete stati così carini e gentili da portarmi e sistemarmi la spesa, che non vi ho offerto niente» esclamò la donna, portandosi con disappunto una mano sul petto.
«La gradite una tazza di caffè?» propose allora, accomodante, rivolgendosi a Spike e Rosario.
«Non vi scomodate, donna Eufemia, io-»
«Non si scomodi, señora, lo preparo io il caffè! Voi sedetevi e riposatevi!» intervenne Rosario, dirigendosi verso i fornelli, tirandosi su le maniche morbide del cardigan.
A nulla valsero le insistenze di Eufemia, la giovane aveva già in mano il barattolo del caffè.
Spike avrebbe preferito tornare nel suo appartamento, ma ormai era finito in ballo e doveva restarci.
Mentre si sedeva al tavolo sotto invito di Eufemia, notò con la coda dell'occhio Ennis dirigersi verso la madre, abbracciandola alla vita con trasporto, affondando il viso nel suo ventre piatto.
Lo sentì sussurrare uno "Scusami" soffocato, mentre si lasciava andare in quel timido ma caloroso abbraccio. Rosario si limitò ad accarezzargli la testa con la bella mano smaltata di bianco, per poi regalargli ripetuti baci sulla fronte, mentre si era chinata a prendere un cucchiaino.
<< No pasa nada, mi vida >> sussurrò lei, con voce rassicurante.
Era una scena dolce, bella da vedere, ma non per Spike. Quella era l'ennesima stilettata che riceveva quella mattina.
Per fortuna ci pensarono Nilu ed Eufemia a distrarlo, facendo chiacchiere sulla cena che si sarebbe tenuta l'indomani, parlando di regali, piatti, addobbi e quant'altro.
Dopo il caffè, Rosario e i bambini salutarono la signora Eufemia e Spike.
A quest'ultimo, la giovane rinnovò calorosamente il suo invito a partecipare alla cena dell'indomani.
Spike si limitò a salutarla con un cenno della mano. Era arrivato anche per lui il momento di ritirarsi.
Ma la signora lo trattenne per la camicia, lasciando Spike incuriosito dal gesto.
«Penso proprio che lei debba venire domani sera, commissario» sentenziò la donna, con voce grave.
Spike era davvero stanco di dover dare ulteriori spiegazioni riguardo alla sua situazione.
«Signora Eufemia, io-»
«Lo so cosa sta cercando di dirmi. E capisco perfettamente il suo stato, e mi creda, lo ha capito anche Rosario» disse poi Eufemia, sempre più convinta delle sue parole.
«Ma penso anche che la sua famiglia preferirebbe vederla andare avanti».
«Io non ho più una famiglia» rispose Spike, più duro di quanto si era aspettato.
«Non dica così, commissario» affermò la donna, poggiandogli una mano rugosa sulla spalla.
«Si deve andare avanti anche per loro. Dopotutto, lei è ancora vivo, commissario!».
Eufemia aveva proprio deciso di premere con forza il dito nella piaga, e Spike non riusciva più a sopportarlo. Si stava trattenendo con forza dal non risponderle male o in modo sgradevole.
Ma il suo lato freddo e composto ebbe, ancora una volta, la meglio.
«Le auguro buona Vigilia, signora Eufemia» tagliò corto Spike, rivolgendole un sorriso mesto prima di dirigersi verso la porta del suo appartamento.
«Buona Vigilia a lei, commissario» rispose triste la donna, osservandolo mentre entrava nel suo appartamento con lo sguardo basso e l'aria malinconica.
Eufemia pregò davvero che Spike cambiasse idea e si unisse a tutti loro per festeggiare insieme la Vigilia.
 
 
Spike passò il resto della giornata a sfogliare carte ed osservare identikit.
Qualsiasi cosa gli andava bene, pur di non pensare al Natale.
Solo a cena aveva fatto una piccola pausa, riscaldandosi nel forno a microonde un vassoio di crocchette di patate e würstel. Un tempo amava cucinare: assieme alla moglie cucinavano piatti di ogni tipo, ma ora cucinare per sé stesso lo trovava alquanto noioso, se non inutile.
Solo a volte Rosario gli faceva trovare fuori la porta qualche teglia di pasta al forno fumante, o prelibatezze varie, tutti accompagnati da un biglietto:
¡Que aproveche, señor Spike! Rosario”.
Doveva ammettere che quella ragazza, quando ci si metteva, era un vero portento in cucina.
Fu un’ardua impresa addormentarsi quella notte.
Continuava a rigirarsi tra le coperte, ma la mente non smetteva di vagare altrove. Sperò solo di non concludere la serata con l’ennesimo attacco di panico, urlando i nomi di Monica e Valeria, e chiedendo loro perdono, per non averle salvate, per essere arrivato troppo tardi.
Per Spike, un tempo, il Natale era diverso: era festa, gioia, allegria e amore, soprattutto quello. Tornare di corsa a casa dopo l’ennesimo turno di lavoro, la corsa al negozio per comprare i regali a Valeria, e la gioia di ritrovarsi nel salotto caldo, seduto sul tappeto assieme alle donne più importanti della sua vita, assaporando quel calore e quell’affetto che aveva inseguito per anni, e che finalmente aveva trovato e custodito con tutte le sue forze.
Ma il destino aveva scelto diversamente, ancora una volta.
Il petto cominciava a reclamare più aria del dovuto: con un po' di fatica, Spike si alzò col busto, portandosi i palmi sugli occhi, che bruciavano nemmeno fossero stati messi in una fornace ardente.
Calmati Spike. Calmati…
Spike immaginò la voce di Monica, che con dolcezza gli sussurrava all’orecchio di respirare, che non doveva temere nulla, perché non sarebbe morto ancora.
C’era stato un tempo, subito dopo la loro morte, che l’uomo aveva davvero desiderato di morire, soltanto per ricongiungersi a loro, fregandosene del resto del mondo.
Lei è ancora vivo, commissario, gli aveva detto Eufemia quella mattina.
Era vero, ma ormai non sapeva più distinguere se ne valesse più la pena.
Poco prima di riuscire a prendere sonno, aveva sognato Monica coricata di fianco a lui, bellissima come sempre.
«Dovresti provare a dormire, Spike» gli aveva sussurrato, con il suo tono di voce dolce e pacato.
«Mi riesce un po' difficile ultimamente» aveva risposto lui, «tu e Valeria mi mancate molto».
Monica si limitò a sorridergli, consapevole di quella verità tanto amara.
Spike avvertì una dolce brezza accarezzargli la guancia ispida. Avrebbe voluto baciarla e fare l'amore con lei. Voleva semplicemente amarla come aveva sempre fatto.
Ma non era più possibile, se non nei suoi sogni. Una magra consolazione, tutto sommato.
«Addormentati, Spike. Io sono qui con te.».
Proprio come se quelle parole avessero rilasciato un effetto soporifero, Spike iniziò ad avvertire le palpebre sempre più pesanti.
Nella confusione del sonno, notò che la donna stesa al suo fianco assunse connotati confusi.
«Dormi, Spike.».
Qualcosa di caldo avvolse il suo cuore.
Qualcosa di vivo.
 
 
Spike aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto.
Al mattino era talmente esausto da sentirsi costretto a prendere un'aspirina per farsi placare il mal di testa che ne era seguito.
Dopo essersi sciacquato la faccia alla bell'e meglio, si vestì e uscì dall'appartamento, chiudendo la porta a chiave.
Avvertì un leggero trambusto provenire dal piano di sotto, proprio davanti alla porta dell'appartamento di Rosario.
Infatti, la porta era aperta e, nello scendere le scale, Spike aveva notato un bel via vai di gente: dalla portinaia Regina alle amiche di Rosario, ossia Yole ed Anastasia. Persino lo studente di arte che viveva al piano di sotto, Daniel, era salito per portare birre ed alcolici, venendo così aspramente rimproverato da Yole. Era bassina e un po' sovrappeso, ma aveva un bel vociare tonale, capace di far tremare tutto il palazzo. Somigliava molto a sua madre Regina, constatò Spike, nello scendere piano i gradini.
«Mi sa che tu non hai proprio buone intenzioni, Daniel!» lo rimproverò, portandosi i pugni ai fianchi. Il ragazzo, biondo tinto e con gli occhi castano verdognoli, la guardò con un sopracciglio alzato.
«Ma che festa è senza alcolici, scusa?» chiese con aria fintamente innocente.
Yole lo squadrò con uno sguardo truce, indagatore. Sembrava un carabiniere in borghese, pronto a fare una multa salatissima.
«Caschi male se pensi che Rosario si concederà a te dopo due o tre birre, ragazzino!» intervenne un'altra ragazza da dentro l'appartamento. Aveva i capelli neri raccolti in delle trecce strettissime e un abbigliamento punk. Spike notò, non appena lei uscì fuori la porta, che aveva in braccio la piccola Nilu, intenta a mangiare un biscotto.
«Brava, Titti, diglielo! Mettiamolo in riga questo lestofante!»
«Ma dai Titti, ti pare che-»
«Signor Spy
L'invettiva di Daniel venne interrotta dalla voce limpida e cristallina della bambina. Spike fece un mezzo sorriso, consapevole di non poterli più evitare ormai.
«Buongiorno principessa!» esclamò pacato Spike, poggiando una carezza sulla guancia sporca di briciole di Nilu. Il sorriso della bambina alleviò di poco il dolore pulsante alla testa.
«Buongiorno commissario!» esclamò Yole, incantata dalla presenza dell'uomo.
«Commissario bello, anche lei è sceso a dare una mano per stasera?» lo provocò Titti, volutamente pungente.
Spike rivolse uno sguardo smaliziato alla giovane punk.
«Non credo che serva il mio aiuto per preparare una cena!» rispose piccato Spike, continuando a pizzicare la guancia di Nilu, che rise divertita.
«Si lavora anche oggi, signor Spiegel?» chiese Daniel, grattandosi l'orecchio pieno di piercing.
«Il crimine non va mai in vacanza, giovanotto» lo canzonò Spike, dandogli una pacca dietro la schiena piuttosto violenta. Titti e Yole trattennero a stento una risata, quando lo videro trasalire, Daniel invece le fulminò sul posto.
«A proposito, commissario» esordì ad un tratto Yole, facendo girare Spike, che aveva ripreso a scendere le scale.
«Rosario ci ha detto che non sarebbe venuto stasera... ma la sua presenza credo sia fondamentale!» esclamò la ragazza, attirandosi lo sguardo di tutti i presenti addosso, compreso quello di uno Spike alquanto allibito.
«C'è bisogno di un uomo retto e corretto come lei per tenere a bada i disturbatori seriali!» decretò poi, rivolgendo un'occhiataccia a Daniel, che contraccambiò sorpreso, per poi girarsi verso Spike, senza parole.
«E io che pensavo che bastaste voi per proteggere la vostra amica» rispose Spike, sarcastico, «Mi deludi, Yole!».
Quel teatrino lo divertiva, dopotutto.
«Fa sempre comodo avere un uomo forte come lei nei paraggi, commissario!».
Spike si voltò verso Anastasia, che lo guardava sorniona, seduta accanto ad Ennis. Il piccolo giocava con una psp, e come al solito se ne stava isolato per i fatti suoi, anzi sembrava infastidito dalla presenza di tutte quelle persone in casa.
Nel frattempo, Spike si avvicinò alla ragazza con fare provocante.
«Ma come, avete questo bel pezzo di giovanotto a proteggervi! Non avete assolutamente di che lamentarvi!» sentenziò, poggiando il palmo sui capelli corti e neri di Ennis, che gli rivolse uno sguardo in cagnesco.
«Tanto quello non ha speranze con la mamma!» fu la risposta laconica del bambino, alzando le spalle in segno di totale indifferenza.
Daniel sussultò, quasi lasciando trapelare le sue vere intenzioni.
«E se lo dice anche Ennis, mi sa che non hai alcuna chance, Dani!» rimarcò Anastasia, marcando vistosamente il suo accento russo. Aveva lunghi capelli color miele e occhi color ghiaccio, freddi. Era bella, ma non ai livelli di Rosario, secondo il giudizio di Spike.
«Alla nostra Rosario piace fare colpo sui tipi belli e tenebrosi, proprio come il commissario Spiegel» intervenne Titti, cercando la complicità di Yole, che annuì prontamente.
«Cos-»
«La volete smettere di dire certe cose davanti a mia figlia?»
Uscita dall'appartamento, Rosario interruppe il civettare delle amiche e la domanda dell'uomo. Si prese Nilu dalle braccia dell'amica punk e la riempì, come di consueto, di baci sulle guance pienotte e morbide.
«Le perdoni, señor Spike» disse poi, rivolgendosi al commissario che la guardava sorpreso.
Indossava un maglione beige lungo su dei fuseaux neri di pelle, con un grembiule rosa che le copriva il davanti.
Senza accorgersene, Spike deglutì a quella vista.
«Se ne escono con certe stupidaggini!» proseguì lei, guardando di sottecchi prima Titti e poi Yole. Entrambe si scambiarono uno sguardo atterrito, neanche fossero state sgamate a combinare qualche grave malefatta.
La diatriba venne interrotta dall'intervento della portinaia, che richiamò la figlia Yole al lavoro in cucina invece di perder tempo a chiacchierare, ma non appena scorse Spike, lo salutò con riverenza. L'uomo ricambiò il saluto con un cenno del capo.
«Meglio se vado, adesso. Auguro a tutti buona Vigilia» tagliò corto Spike, cogliendo al volo l'occasione di non fissare troppo a lungo Rosario.
«Tienimi d'occhio tutta la situazione tu, che poi devi farmi rapporto!» esclamò rivolgendosi ad Ennis, guadagnandosi così una vistosa linguaccia da parte sua.
Mentre tutti entravano nell'appartamento di Rosario, la ragazza si sporse con la bimba in braccio, osservando Spike scendere piano le scale.
Voltati, ti prego, pensò lei, il cuore colmo di aspettativa.
Ma Spike proseguì dritto con lo sguardo basso e le mani nelle tasche del giaccone nero.
E il cuore pregno di sensi di colpa.
 
 
«Infine ti sei degnato di venire a farmi gli auguri, brutto figlio di puttana!»
Così lo accolse Ana, la proprietaria del Mars, il jazz club dove Spike aveva trascorso gran parte della sua vita.
Spike le porse una rosa, con aria ammiccante.
«Le chiedo venia, madame» rispose, guadagnandosi un'occhiataccia di puro fastidio dalla donna, che tamburellava il proprio bastone da passeggio sul pavimento lucido del locale.
Tuttavia, prese con cura la rosa dalle mani del commissario, annusandone i petali.
«Solo perché è Natale, altrimenti ti avrei cacciato fuori a calci in culo» fu la sua sentenza.
Ana fece accomodare Spike ad uno dei tavolini, sedendosi a sua volta per fargli compagnia.
Lei era stata come una madre per Spike. Aveva lavorato al suo locale per pagarsi gli studi e per uscire dall'ambiente troppo stretto dell'istituto in cui era cresciuto.
Era lì che aveva incontrato Monica, ed era sempre lì che, per un caso fortuito del destino, aveva conosciuto Rosario per la
prima volta.
«Come ti vanno gli affari?» domandò Spike, sorseggiando il suo Baileys con estrema cautela.
«Potrebbero andare meglio» affermò Ana con aria distaccata. Le luci del grande albero di Natale illuminavano ad intermittenza il salone, creando vari giochi di colore sulle pareti scure.
«Vai da Rosario stasera?» chiese improvvisamente la donna, catturando maggiormente l'attenzione di Spike.
«Come cavolo ti è venuta in mente una cosa simile?» rispose lui, visibilmente sorpreso.
Ana lo osservò con attenzione, portandosi il drink alle labbra.
«Sapevo della cena che aveva organizzato, ho sentito che ne parlava con Anastasia. Pensavo avesse invitato anche te» ammise, picchiettando l'indice sul ripiano lucido del tavolo.
«Lasciami indovinare, ti ha invitato ma tu hai avuto la faccia tosta di rifiutare» buttò lì Ana, inarcando il sopracciglio destro.
Spike ingoiò un sorso prima di rispondere.
«Tecnicamente ha mandato i suoi figli ad invitarmi, e no, non sono stato così sfacciato nel declinare l'invito. O almeno credo» rispose infine, giocherellando con il bordo del bicchiere, senza guardare in faccia la donna seduta di fronte a lui.
Ana scoppiò in una risata teatrale che rimbombò per tutto il salone del Mars.
«Sei un caso disperato, Spike Cogliogel!» disse poi, tornando improvvisamente seria. Spike la guardò di sbieco, sbuffando leggermente per la velata presa in giro.
Non capiva perchè questa cena fosse diventata una questione di dominio pubblico. Non c'era posto o persona che non continuasse a ricordarglielo fino allo stremo.
«Davvero non capisco tutta questa reticenza da parte tua!» fece lei, prendendolo in giro.
«Eppure Rosario sembra proprio il tuo tipo!».
«Non scherzare, Ana!» fece Spike di rimando.
Già lottare contro i propri istinti non era cosa facile, soprattutto negli ultimi tempi. Eppure, sembrava che tutti volessero cospirare contro la sua persona: la signora Eufemia, le amiche di Rosario, e adesso si ci metteva anche Ana. Non avevano proprio intenzione di lasciarlo in pace.
«Nella mia vita esiste solo mia moglie».
«Tua moglie è morta, Spike. Fattene una ragione».
Ana era risaputa per i suoi modi non proprio galanti, a Spike ormai non facevano minimamente effetto. Ma negli ultimi tempi, tutto ciò che riguardava Monica e Valeria lo rendevano sempre fragile, nonostante riuscisse a mascherarlo bene.
«Non mi dire che hai intenzione di passare la Vigilia chiuso in casa da solo?» continuò la donna, alzando un sopracciglio per il disappunto.
«A dire la verità, ero venuto a chiederti se potevo restare qui stasera» chiese lui, tra il sarcastico e il veritiero.
«Spiacente, stasera il locale è chiuso. E io non ti voglio tra i piedi» decretò Ana, con decisione. In cuor suo, sperava di smuoverlo da quel torpore in cui ormai, da mesi, era caduto, senza dare segni di cambiamento.
«La vecchiaia ti rende perfida, lo sai?» sbuffò Spike, fissandola annoiato.
«Con te poi lo divento particolarmente. Mi irriti troppo, commissario dei miei stivali!» ribatté Ana, ancora più scocciata di lui.
Guardandosi intorno, Spike notò solo pochi clienti seduti al bancone o ai tavoli.
Ana era un capo molto esigente, ma allo stesso tempo sapeva essere corretta con i suoi sottoposti.
Aveva aperto il Mars con pochissime aspettative, eppure, nel giro di pochi mesi, era diventato il locale più in voga della città. Da squallida bettola, era diventato un locale rinomato e ricercato, ma essendo situato in periferia, non mancavano risse o momenti di tensione. Più di una volta Spike aveva ricevuto chiamate al commissariato per andare a ristabilire l'ordine.
E fu proprio durante una di queste emergenze che ebbe a che fare con Rosario per la prima volta.
«Fossi in te, prenderei coraggio ed accetterei l'invito di quella ragazza!»
lo spronò Ana, piccata.
Spike alzò un sopracciglio, infastidito da quell'imposizione.
«Non ti sto dicendo che te la devi portare a letto, scemo! Dico solo... di concederti una possibilità» decretò, con aria risoluta.
Spike parve ancora più sconcertato. Ana riusciva sempre a lasciarlo a bocca aperta.
«Non credo di essere un'ottima compagnia per Natale» ammise lui, immusonito.
«Tutte scuse!» lo rimproverò la donna, stringendo il manico del suo bastone da passeggio.
«La verità è che Rosario non ti è indifferente, e lo sai perfettamente. E di conseguenza non vuoi fare un torto alla memoria di Monica, pace all'anima sua».
Ana aveva centrato perfettamente il punto della situazione.
Spike sgranò involontariamente gli occhi nel sentire quelle parole.
Ana lo conosceva da una vita, sapeva quello che diceva. E quella realtà, buttata così brutalmente in faccia, gli faceva male, e allo stesso tempo lo aveva reso anche libero. Libero dal peso che aveva sullo stomaco da un bel po' di tempo. Accettare quella realtà scomoda non era stata un’impresa facile.
«Tu sei ancora vivo, Spike. Concediti una possibilità. Potrai annoiarti a quella cena, oppure divertirti, ma non lo scoprirai mai se non tenti la sorte!» lo invitò più gentilmente Ana a riflettere sul da farsi.
Spike si sentì ancora più confuso di prima.
Aveva amato Monica con tutto sé stesso, con lei aveva costruito quella famiglia che lui non aveva mai avuto ma che aveva sempre desiderato. Si era ripromesso che sarebbe stato un padre esemplare per Valeria, che l'avrebbe accompagnata in tutte le fasi della sua vita, pregando sempre che ogni missione che lo avrebbe visto coinvolto lo avrebbe poi riportato a casa, nel suo posto sicuro.
Mai avrebbe immaginato che proprio loro due sarebbero state esposte ad un pericolo tanto grande quanto doloroso.
Spike si era chiesto innumerevoli volte perché quel giorno non fosse morto assieme a loro. Era stata una condanna troppo dura da digerire.
«Credi che a me loro non mancano? Consideravo Valeria come una nipotina, ancora me la ricordo quando venivate qui e ballava con il suo bel vestitino celeste! Amava la musica come te, Spike» ricordò la donna, con una punta di amarezza nella voce.
«Ma è andata così, non possiamo farci niente. Sono sicura che anche Monica ti spronerebbe ad andare avanti. Sei ancora un bell'uomo, puoi ancora rifarti una vita!».
Spike ascoltò quelle parole in religioso silenzio, lasciandosi strappare le viscere e il cuore senza alcuna pietà.
«Devo prendere queste tue parole come una benedizione natalizia?» rispose infine, alzandosi dal tavolo e nascondendo ancora una volta il dolore dietro ad un sorriso spento.
«Prendile per quello che sono, una lavata di testa!» sentenziò Ana, tutto sommato soddisfatta della sua predica. Era convinta di aver toccato i punti giusto con quel testone del suo figlioccio. Ora doveva solo lasciar fare al caso.
Spike, di rimando, le sorrise, in parte riconoscente.
«Buona Vigilia, vecchiarda!» salutò Spike, lasciando giusto due spicci per il drink che aveva bevuto.
«Non ci provare, deficiente! Offre la casa» lo bloccò Ana, dura nella voce, ma gli occhi tradivano uno sguardo tenero, quasi materno. Spike le sorrise, prima di darle le spalle e uscire fuori dal locale.
«Salutami Rosario! E dille che l'aspetto dopo le feste» lo congedò, alzandosi a sua volta, con fatica, dalla sedia. La gamba le faceva sempre un gran male in quei giorni di freddo.
Spike fece un cenno con la mano, per poi addentrarsi in strada, immergendosi totalmente nei suoi pensieri.
 
 
Dopo essere passato brevemente in commissariato per assicurarsi che non ci fossero problemi di alcuna natura, e una lunga passeggiata rigeneratrice tra le vie addobbate della città, Spike raggiunse il palazzo poco prima delle sei del pomeriggio.
Notò la portineria addobbata e con un piccolo alberello posizionato sulla vecchia scrivania malandata.
Ignazio, il portiere, marito di Regina e padre di Yole, gli rinnovò i suoi auguri, ai quali, per buon costume, Spike non si sottrasse.
«Mia moglie e mia figlia sono ancora di sopra ad aiutare Rosario. Stasera ci aspetta un cenone da re, ve lo dico io!» affermò Ignazio, dando per scontato che anche Spike avrebbe preso parte alla grande abbuffata. Tuttavia, lasciò correre, annuendo alla sua dichiarazione.
Dopo uno scambio di convenevoli piuttosto rapido, Spike iniziò a salire la lunga rampa di scale, contando come sempre i gradini che lo dividevano dal suo appartamento.
Giunto al pianerottolo dell'appartamento di Rosario, restò sorpreso nel ritrovarsela davanti, a spazzare fuori la porta.
Era in compagnia di Ennis, con un pesante giubbottino marrone, intento a giocare alla sua psp. Dall'appartamento si sentiva un gran vociare e delle grandi risate.
Si stavano proprio divertendo a preparare quella cena, aveva constatato Spike, con un risolino a fior di labbra.
Indugiò un secondo di troppo prima di avanzare, giusto in tempo per attirarsi l'attenzione della giovane.
«Commissario, siete tornato?» chiese, affabile.
Ennis alzò di poco lo sguardo, giusto per accertarsi della presenza dell'uomo, per poi tornare alla sua partita.
Spike si scompose nella frazione di un attimo, colto di sorpresa.
Il sorriso caloroso di Rosario lo aveva lasciato interdetto per un solo, breve istante.
«Sì» affermò deciso. «I preparativi procedono bene?» chiese, con aria apparentemente disinteressata.
«A gonfie vele!» confermò lei, soddisfatta. «Sono venuta a spazzare un po' qua fuori, anche per far compagnia al mio musone» proseguì, rivolgendosi al bambino seduto sulle scale, che le ricambiò uno sguardo fintamente assente.
«Hai dato una mano anche tu, campione?» lo pungolò Spike, con un sorriso beffardo dipinto in volto.
«Ovvio, ora però mi riposo» fu la risposta piatta di Ennis, senza degnarlo di uno sguardo. Spike non se la prese troppo, infondo aveva imparato a conoscerlo e comprenderlo; sapeva che le emozioni di Ennis fuoriuscivano piano, e alle volte invece eruttavano come lava incandescente.
«A proposito» esordì Spike, rivolgendosi a Rosario, «sono andato a trovare la tua datrice di lavoro» buttò lì, senza un reale motivo.
«Mi ha detto che ti manda i suoi saluti, e ti aspetta a lavoro dopo le feste».
Lo sguardo di Rosario si oscurò leggermente, studiando la reazione del figlioletto, intento a giocare.
Probabilmente non voleva parlare del suo lavoro davanti ai figli, soprattutto di fronte al maggiore, perspicace ed attento nonostante la giovane età.
«Oh, sempre gentile la señora Ana!» fece lei, timidamente.
«Nonostante tutti i problemi che le ho arrecato, ha sempre un pensiero dolce per me e le altre» proseguì, fissando un punto impreciso sul pavimento.
Spike sapeva bene a cosa si stava riferendo la giovane donna.
Alla sera in cui si erano conosciuti.
Rosario lavorava al Mars come cameriera, assieme alla sua amica Anastasia. Una sera aveva ricevuto avance piuttosto esplicite da un cliente, che la ragazza aveva prontamente rifiutato.
Non riuscendo ad accettare il rifiuto, il tipo l'aveva aggredita nei bagni del locale, picchiandola selvaggiamente ed insultandola senza remore.
Solo l'intervento di Gren, inserviente del locale, era riuscito a fermare la furia dell'uomo e ad evitare che l’evento scaturisse in qualcosa di più grave.
Quando Spike accorse sul posto, dopo la chiamata di Ana, trovò la ragazza con il volto tumefatto e il vestito stracciato sul petto e sulle gambe. Piangeva a dirotto, coprendosi il corpo con le braccia nude, ricoperte di graffi e lividi vistosi, e tremava vistosamente.
Fortunatamente aveva solo preso un bello spavento, quel pezzo di merda non era andato oltre.
Spike gli si era accovacciato davanti, sollevandole il mento. Due perle scure lo scrutarono, intimorite.
Fu difficile convincere Rosario a sporgere denuncia verso l'aggressore, che era stato fermato dagli agenti colleghi di Spike.
Aveva paura di perdere il lavoro se lo avesse fatto. Di passare dalla parte del torto, di colei che lo aveva provocato e poi si era tirata indietro, lasciandolo a mani vuote.
«Ho due bambini piccoli» aveva confessato tra i singhiozzi, «Non posso perdere questo lavoro» aveva aggiunto, soffiandosi il naso con il fazzoletto datogli dall'amica e collega russa.
Spike la rassicurò che nessuno l'avrebbe licenziata, che avrebbe parlato personalmente con Ana e avrebbe spiegato la vera versione dei fatti.
Per distrarla e tranquillizzarla, le chiese dei figli, facendosi aiutare anche da Anastasia, lì seduta accanto a Rosario.
Come metodo di distrazione fu abbastanza efficace. Iniziò così a raccontarsi, a parlare della vita con i figli, e che tutto sommato si sentiva fortunata ad averli con sè.
Era solo lei ad occuparsene, ma da come ne parlava, la situazione sembrava non pesarle affatto.
Il viso era diventato radioso improvvisamente, soltanto nel nominare Ennis e Nilu, i suoi amori immensi.
A Spike fece subito una grande tenerezza, probabilmente lui stesso aveva la stessa espressione quando parlava a qualcuno di Valeria, di quanto fosse bella e sorridente, così simile a sua madre.
Dopo una lunga chiacchierata, riuscì a convincerla a sporgere denuncia, e la riaccompagnò a casa.
Fu lì che conobbe anche i due bambini, per la prima volta. Nilu dormiva beata nel suo lettino, Ennis invece era sveglio, vigile. Iniziò a fare domande a raffica, voleva sapere cosa fosse successo a sua madre. Solo le parole di Rosario riuscirono a tranquillizzarlo anche se di poco. Spike non dimenticò mai lo sguardo truce che il bambino gli rivolse, quasi accusandolo implicitamente di quanto era accaduto alla sua mamma. Così piccolo e già così diffidente verso il mondo, fu questo il pensiero che balenò nella mente del commissario.
A quel tempo, Spike viveva ancora con sua moglie e sua figlia, si sentiva molto più propenso ad essere empatico verso chi aveva bisogno di aiuto.
Fu dopo la loro morte che si rinchiuse in una bolla, dalla quale non aveva alcuna intenzione di uscirne.
Mai avrebbe immaginato che avrebbe avuto di nuovo a che fare con quella ragazza, così a stretto contatto per giunta.
Mosso a compassione, si avvicinò ancora un poco alla ragazza, compiendo un gesto di cui lui stesso si stupì.
Le sfiorò il mento con le dita fredde, invitandola a guardarlo negli occhi.
«Non c'è nulla di cui tu ti debba rimproverare» disse a bassa voce, con l'intento di tranquillizzarla.
«Semmai, il sermone lo ha fatto a me. Su di te spende solo lodi e belle parole!» affermò, facendo riacquistare un po' di luce agli occhi color quarzo di Rosario.
Spike le porse un sorriso, privo di ombre, per la prima volta nell’arco di quella giornata.
Soltanto a Monica e Valeria aveva dedicato quel tipo di sorriso prima di allora.
«Voglio almeno sperare che abbia fatto effetto la sua ramanzina» esclamò Rosario, cogliendo l'occasione per scostarsi dallo sguardo caldo dell'altro, inumidendosi le belle labbra carnose.
Spike rise di quel rimprovero bonario, simile ad una ruvida carezza impacciata.
«Chissà» rispose laconico, dirigendosi verso la seconda rampa di scale, dove era seduto il bambino.
Rosario aveva da poco distolto lo sguardo quando si sentì richiamare nuovamente dall'uomo.
Il cuore le galoppò in petto più del dovuto, trovandosi a portare una mano sul petto abbondante e ben coperto.
«Risulterei sgarbato se decidessi di venire stasera alla cena della Vigilia?» chiese Spike, con un filo di mal celato timore nella voce.
Rosario aprì il volto in un sorriso entusiasta ed incoraggiante.
«Assolutamente no!» affermò, su di giri. Strinse così forte la scopa fino a sbiancarsi le nocche delle mani.
«La- La signora Eufemia sarà felicissima di vederla stasera! E anche Yole, di sicuro! E ora che lo saprà anche Anastasia...»
«Anche Nilu salterà come una pazza appena lo verrà a sapere» intervenne Ennis, cercando di arginare i divagamenti della madre.
Rosario stava cercando a stento di dissimulare l'euforia che stava provando nel sapere che Spike sarebbe stato in casa sua quella sera, e non di certo per un evento infausto.
Ennis la guardò incredulo, poi rivolse un'occhiata seria a Spike.
<< Se non ti presenti per le 21:30 precise, ti chiudo fuori la porta! >> fu il suo sobrio commento.
Spike sogghignò, sfregando la testa di Ennis energicamente.
<< Agli ordini, grande capo! >> rispose Spike, divertito.
Rivolse poi un ultimo sguardo a Rosario, notò che le brillavano gli occhi e lei non faceva nulla per nasconderlo.
<< L'aspetto allora, señor Spike >> affermò lei, felice come una bambina.
<< L'aspetteranno tutti >> la corresse Ennis, cercando di non far apparire la madre come una mocciosa alle prese con la sua prima cotta.
Spike si limitò ad annuire con un sorriso a fior di labbra e riprese a risalire le scale.
Lei è ancora vivo, signor Spike, gli aveva detto la signora Eufemia.
Concediti una possibilità, gli aveva ordinato Ana.
Ennis nel frattempo mise da parte il suo giochino, e dedicò tutta la sua attenzione alla madre, così concentrata sul profilo di Spike che si allontanava da lei.
«Non ti dico niente oggi, perché è Natale» sentenziò, abbozzando un lieve sorriso, a braccia conserte.
Rosario si ridestò, osservando distrattamente il figlio. Quegli occhi così simili a lei non la stavano giudicando, né compatendo.
La osservavano con dolcezza, e un velo di rimprovero bonario.
Si sedette accanto a lui, stringendoselo tra le braccia.
«È il più bel regalo che tu potessi farmi oggi, mi niño» confermò Rosario, riempiendo la fronte di Ennis di baci affettuosi.
Spike non si perse il piccolo spettacolo sulle scale, un ultimo sorriso prima di infilare le chiavi nella serratura.
Noi siamo ancora vivi, pensò, sorridendo fiducioso.
   
 
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