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Autore: marani    29/12/2021    0 recensioni
Questa è una storia 'tosta'. Quelle che ho pubblicato precedentemente sono schizzi, appunti, embrioni di trama in confronto. Ed è una storia tipicamente mia. Gli elementi ci sono tutti: dei legami, una perdita, la ricerca della serenità, le 'catene' del dolore, il passato. E naturalmente, immancabile, il 'tocco di magia'. Sarà un lungo viaggio, per chi deciderà di incamminarcisi, ma credo che alla fine vorrete bene anche voi ai personaggi della storia. Solo due precisazioni tecniche: la numerazione dei capitoli del sito non coincide con quelli della storia. Ma non è un problema. E 'Faliva', nel mio dialetto, curiosamente connota sia i fiocchi di neve che le scintille che si liberano dalla legna del camino. Curiosamente? Uhm, forse no. Forse sono solo due lati dello stesso aspetto. Della vita. Buon viaggio.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Teresa si chiuse la porta alle spalle, restandovi appoggiata per qualche interminabile secondo, lo sguardo fisso e pensieroso sulla scrivania del computer. Il momento era giunto, inesorabile e irrimandabile. Infinite volte, nel corso della piacevole serata, l’immagine di sé stessa che giungeva al confronto col libro prigioniero nel cassetto le si era ripresentata nella testa, inquietante spot pubblicitario trasmesso e ritrasmesso fino alla nausea, e ogni volta lei si era augurata che il sonno e la stanchezza non arrivassero mai, sia per lei che per i suoi indispensabili ospiti. Auspicò che le forsennate mani di Mao e i conseguenti battibecchi, che a intervalli più o meno regolari avevano disturbato lei e le amiche durante la trepidante visione del classico filmone natalizio strappalacrime, si protraessero per tutta la notte. E probabilmente solo quel tossico Mao -dipendente di Gianni Ostiglia avrebbe sottoscritto in pieno quel suo bizzarro desiderio. Con sempre maggior preoccupazione, la donna aveva seguito con la coda dell’occhio il proliferare di sbadigli di Lucia, Diamante e Cristina (la moglie di Gianni aveva dato forfait alla maratona post-cena della partita, tra l’indignazione e lo sgomento del consorte, che per sua fortuna aveva trovato in Efrem il volontario candidato al posto lasciato vacante dalla fedifraga, rivelandosi per di più un insospettabile osso duro) che facevano a turno nel dichiarare il loro imminente abbandono della scena mondana per sopraggiunti limiti di resistenza. La padrona di casa aveva dato sfoggio a tutte le risorse in suo possesso, per posticipare il più possibile quel temuto momento, commentando spesso e volentieri (il più delle volte a sproposito)  l’evolversi della trama sullo schermo, al fine di tener viva e desta la platea, e fornendo ai giocatori di quantità industriali di caffè fresco. Alla fine, però, ogni sforzo si rivelò vano. E proprio dal suo fido vicino di casa partì il traditore impulso: Efrem si alzò dal tavolo stiracchiandosi, dichiarando saggiamente che alle galline, i conigli e le vacche, il mattino dopo, non importava molto se il bipede incaricato di accudirli aveva fatto le ore piccole giocando a carte.
- Non definirei mezzanotte e venti esattamente le ore piccole - gli fece notare un allarmato Gianni Ostiglia, che vedeva naufragare tristemente il suo progetto di una non-stop di Mao fino all’alba, tentando in quel modo di fargli cambiare idea. La replica del contadino strappò una divertita risata ai due giocatori meno posseduti del demone del gioco:
- Punti di vista - rispose pacato, infilandosi il maglione che si era tolto nella foga della partita - se crede domani mattina alle cinque, quando esco per dar da mangiare agli animali, passo a svegliarla così ne parliamo… -
Efrem augurò la buonanotte alla combriccola, dirigendosi verso casa, mentre Gianni iniziava un serrato e martellante forcing per reclutare qualche malcapitato che riempisse la recente e disastrosa defezione, non riscuotendo particolare successo tra gli assonati superstiti. Teresa d’impulso avrebbe voluto balzar su ad organizzare qualcosa, qualsiasi cosa, una tombolata, due spaghetti aglio e olio, andare a cantare la Stella presso le fattorie dei dintorni, una straordinaria apertura anticipata dei regali di Natale (a quest’ultima, dissennata proposta l’impaziente Emma, se non fosse stata sotto le coperte già da una buona mezz’oretta, avrebbe aderito  entusiasticamente) poi le si accese la lampadina della rivelazione: era ovvio, avrebbe dovuto pensarci subito, la soluzione era di offrirsi come quarta a Mao!!! Ma purtroppo, ahilei, proprio in quell’istante le defezioni diventarono un’emorragia, con l’irremovibile decisione di Guido e Renato di voler cedere le armi “considerato che erano ore che si stavano scannando, e che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo nei giorni a venire”.Mentre Teresa avvertiva netta e sgradevole la sensazione del terreno che le si sgretolava sotto i piedi, le sue amiche colsero l’occasione al volo, quasi incredule di potersi ritirare nello stesso momento dei rispettivi consorti, che già avevano considerato dispersi e incatenati al tavolo da gioco fino al mattino seguente. Diedero la solita, volonterosa mano a Teresa per sistemare un po’ la sala e la cucina, e poi presero tutti insieme la strada verso il piano superiore, con Gianni che ancora si ostinava a rivangare vecchi contrasti di gioco risalenti a circa venti-trenta mani di gioco precedenti (e quindi, in termini di Mao, due vite prima) finchè si separarono nel corridoio inseguiti dai reciproci auguri di una buonanotte.
Teresa si decise a staccarsi dalla superficie lucida della porta, dirigendosi verso il piccolo bagno. Mentre si sfilava il maglione, teneva d’occhio la scrivania troneggiante nell’angolo alla sua destra, come se questa potesse in qualche modo tirarle un brutto scherzo. La presenza del libro rinchiuso nel primo cassetto in alto era orrendamente tangibile, una sorta di pulsazione maligna che s’irradiava tutt’intorno, chiamandola, esortandola, sfidandola a liberarlo e a sbirciare tra le sue pagine.
Su, tesoro, fammi uscire di qui…, le mute provocazioni del libro la inseguirono mentre s’infilava la camicia da notte e si accingeva a lavarsi i denti, …magari non c’è niente (lei aveva ossessivamente “lisciato” la misteriosa piega fino a farla scomparire, prima di occultare il giallo lì dentro) o magari invece OGNI pagina ha la sua bella “ orecchia”. Indovina indovinello chi è che lo saprà mai? Dai, dacci un’occhiata, se hai fegato
Teresa cercò di non badarci, scrutandosi gli occhi spalancati e cerchiati di scuro nello specchio, mentre si strofinava vigorosamente lo spazzolino sugli incisivi, in  un’overdose di schiuma che dava l’idea che fosse affetta da idrofobia. Scacciò quegli immaginari richiami, cercando con forto nel ricordo della serata appena trascorsa, una gran bella serata ancora
(non resteranno in eterno)
Ripensò sorridendo all’irresistibile lotta di Emma con una costicina più grande di lei, al vocione di Renato che lodava la maestrìa culinaria di Efrem, proclamandolo come proprio personale “Gran Maestro Della Carne ai Ferri”, alla mano premurosa di Lucia che era corsa a stringerle la sua durante una sequenza del film che poteva avere qualche spiacevole attinenza con tragici fatti successi. Il conforto e l’affetto rivelato da quelle immagini mentali si riversarono in lei come un abbraccio tiepido, annacquando le vibrazioni negative emanate dall’innocente giallo rinchiuso nel buio del cassetto. Finì di prepararsi per la notte, facendo un’indispensabile pipì, che le parve infinita a causa di tutto quello che aveva tracannato fino a quel momento, alla faccia dei proclami di darsi una regolata. Nel frattempo sfilò dalla mensola sopra il termosifone la copia di Telepiù, rileggendo la trama del film che avevano visto poco prima, un vezzo che aveva sempre avuto, e poi andando a scoprire quale altra proposta cinematografica era in programma per il giorno seguente. Come di consueto l’offerta televisiva per la Vigilia di Natale era perfettamente in linea con la tradizione, a cominciare da una sventagliata di cartoni animati sin dal mattino, sino a qualche titolo imperdibile tra il pomeriggio e la sera.
Prepariamo uno scatolone di fazzolettini, rimuginò divertita, prendendo nota che era prevista la consueta programmazione de “La vita è meravigliosa” di Frank Capra. Si diede una sciacquata alle mani, annusando il buonissimo profumo di mughetto del sapone come fosse un magico balsamo antiincubo, poi spense il neon sopra il lavandino. Rientrò in camera, sempre confortata dalla piacevole consapevolezza di come i suoi amici si affannassero, senza darlo troppo a vedere, per farla stare bene
(Ehi, sono qui... non puoi resistere alla curiosità..., squittì il libro dall’oscurità in cui era stato condannato)
transitando accanto alla scrivania, senza neanche voltare la testa:
- Sì che posso - mormorò tra sè, rasserenata e piacevolmente assonnata - e penso proprio che lo farò... non ho voglia di brutte sorprese, reali o immaginarie che siano, nè di orrendi incubi o cose del genere... - s’infilò sotto il confortevole piumino - ho solo voglia di ripensare ai bei momenti passati, di immaginarne altri e, ovviamente, di dormire fino a domani... -
Allungò una mano per spegnere la lampada sul comodino, posando la testa sul cuscino. Dall’oscurità davanti a sè parve provenire un sommesso ringhio di frustazione, ma lei sapeva benissimo che era solo sciocca suggestione, e non gli badò affatto.
Chiuse gli occhi.
Nella stanza di fronte alla sua, Guido stava ripiegando con cura i pantaloni sullo schienale di una poltroncina, mentre Diamante, che aveva sentito un fioco tramestìo provenire dal corridoio, attendeva il momento buono in cui il bagno comune sarebbe stato disponibile. Se duta impettita sul bordo del letto, con la borsettina dei prodotti per la pulizia in grembo, sem brava una paziente viaggiatrice in attesa nella sala d’aspetto di una stazione ferroviaria.
- Ragazzi, che battaglie! - commentò l’uomo riferendosi alle furibonde partite a carte - mi ero dimenticato l’irresistibile potere del Mao di trasformare miti esseri umani in creature sragionanti e irascibili... se poi in mezzo a loro c’è già uno sragionante di per sè, è tutto un programma... - sorrise in direzione della ragazza che lo ascoltava divertita - e tu, invece, come ti sei trovata? -
- Bene, bene... molto bene. Le ragazze sono così adorabili... e disponibili - rispose - si stanno facendo in quattro per farmi sentire parte del gruppo... E poi a volte siete così folli che ho la netta sensazione di schiattare dalle risate... quando avete raccontato di quella volta che avete fatto impazzire la prof di francese con la menata dell’anello “double-face”... -
- Già - ribattè Guido, intento a collegare il telefonino al caricabatterie - una volta ancora devo ricredermi... col mio innato pessimismo mai avrei immaginato che si potesse stare così bene, assieme, dopo tutti questi anni... e coi casini che son successi... -
- E invece vedi che qualche volta, nella vita... basta poco, non credi? - il commento della ragazza si velò improvvisamente di un tono serio - siete proprio una bella compagnia... peccato solo per quella... come dire... triste nota di fondo... - l’altro si bloccò, fissandola con sguardo allarmato e inquieto - ...come se ci fosse qualcosa sotto di... doloroso, di non risolto... dal sapore di vecchie lacrime non ancora asciugate del tutto - notò l’espressione nel volto dell’uomo - intendo dire, a prescindere da quello che è accaduto a Teresa... le ragazze... mi hanno detto tutto... d’altra parte non è che fosse proprio un particolare trascurabile, non credi? -
Guido si lasciò cadere sul letto, visibilmente sulle spine:
- Lo so, scusa, avrei dovuto dirtelo - mormorò allungando una mano in una leggera carezza sul braccio di lei - solo che... non so... non ho trovato il momento giusto... -
- Ci siamo fatti due ore di treno e venti minuti di taxi e tu non hai trovato il momento giusto? - replicò senza la minima intenzione polemica nella voce. L’altro si strofinò nervoso una guancia:
- Mmh... sì, hai ragione... - ammise imbarazzato - forse non ho trovato il modo giusto... cavoli, non volevo, come spiegarti, che tu in qualche maniera fossi condizionata dalla cosa... - allargò le braccia - ammetterai anche tu che avresti visto Teresa, e tutta la faccenda, in modo forzato, non trovi? E ho pensato, magari a torto, che ti avrebbe dato fastidio, impedendoti di poterti comportare naturalmente... -
Diamante gli dedicò un sorriso affettuoso e del tutto privo di risentimento, nel vederlo così evidentemente abbacchiato:
- Okay, vista così la posso anche condividere - disse - solo che... è stato un pò un azzardo... le uniche informazioni in mio possesso erano che andavamo a trovare questa tua amica che era un sacco che non vedevi, e che era stata sposata ma che non stava più col marito... -
- Sì, hai ragione - ammise lui, con una buffa espressione da scolaretto colto in flagrante in qualche marachella - però tecnicamente... grosso modo... la situazione era questa... -
- Tecnicamente è un pò diverso da come stanno le cose in realtà - puntualizzò ancora lei - che figura avrei fatto se fossi sbottata all’improvviso “Cara signora, e suo marito che fine ha fatto? in viaggio per lavoro oppure, come dire, gli abbiamo dato il benservito”? -
Guido si tirò su dal letto, prendendo a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza:
- Okay okay, ti chiedo scusa... sono stato superficiale - si arrese agitando le mani - anche se ero tranquillo sul fatto che sei una tipa che non dà aria alla bocca solo per il gusto di farlo, e non saresti mai incappata in un gaffe del genere... e in ogni caso adesso puoi comprendere benissimo perché l’atmosfera non è del tutto serena e spensierata... con quello che sappiamo... -
Diamante si bloccò un secondo ad ascoltare i rumori provenienti dal corridoio:
- Sì, ma non è solo quello... a parte quello, intendo dire, c’è qualcosa sotto, una sensazione di... non so come spiegare bene, devo pensarci su... ma in ogni caso è una specie di vibrazione di fondo, fa conto una pausa carica di attesa... come se stessero succedendo delle cose, ma un pò alla volta... - scattò su dal materasso, afferrando la borsettina-beauty - bagno libero! - e scl a mò fiondandosi verso la porta - bisogna prenderci dentro... a dopo! -
Scivolò fuori, lasciando Guido impalato in mezzo alla stanza, a lambiccarsi il cervello per capire a cosa si potessero riferire i misteriosi accenni della ragazza. Diamante transitò nel corridoio, e i suoi passi attenuati dalla moquette arrivarono comunque alle orecchie di Gianni, sdraiato nel letto accanto alla moglie. L’uomo girò la testa in direzione della porta, dedicando nel contempo un’occhiata nervosa alla grossa sveglia defunta, che custodiva muta il loro piccolo segreto. Chissà se questa è la piccola ladra che va a pisciare..., si chiese reprimendo il folle impulso di correre a verificare e, nel caso, farle un bel discorsetto. L’idea di un ficcante quarto grado nel minuscolo locale da bagno, magari con la tipa seduta sul water (con le mutandine abbassate... e supplicante di non essere troppo severo con me, ora che l’aveva scoperta... mmmh...) gli inturgidì il pene dentro i boxer.
- Cavoli, che tardi - commentò sua moglie equivocando il suo sguardo in direzione delle sveglie - dai, spegniamo... -
L’uomo ubbidì, facendo piombare la stanza in un’avvolgente oscurità. Dal bagnetto provenivano soffocati ma inequivocabili indizi sonori, il rumore rotolante del porta-carta igienica, l’a cqua che scrosciava nel water, i rubinetti del lavandino (o del bidè, meglio ancora) che venivano aperti, e il suo amichetto al di sotto della cintola si inalberò un altro pò.
- Vieni qui, dammi un bacio... - sussurrò piano Cristina, cingendogli il petto col braccio sottile. Le loro labbra si unirono. La donna gli aderì al fianco, passandogli una gamba sopra il corpo:
- Ehi... ma... - esclamò con tono stupito e malizioso - cos’è che ti fa così effetto? La carne ai ferri o le partite a carte? Perché, se questi sono i risultati, quando torniamo a casa organizzo un torneo di Mao... -
Gianni non rispose, piacevolmente intorpidito dal tepore del piumone e dal vino, restando immobile mentre la moglie faceva scivolare una mano birichina dentro l’orlo delle mutande. Nell’attimo in cui gli afferrò delicatamente il pene eretto gli venne l’impulso di scostarsi, di tirar fuori qualche scusa per far finir lì la cosa. Non faceva l’amore con Cristina da tempo, non riusciva nemmeno a ricordarsi quand’era stata l’ultima volta. Le donne avevano il classico mal di testa con cui negarsi, ma anche iproblemi di lavoro e la stanchezza di una “massacrante giornata in studio”  funzionavano bene, come dissuasori di programmini indesiderati. La moglie gli si strusciò contro, gemendo lievemente, mentre aumentava il ritmo e l’impegno di quel suo estemporaneo massaggio.
- Su, vieni qui - lo invitò con voce stuzzicante, attirandolo dolcemente verso di lei. Lui rimuginò ancora se e come riuscire a svicolare via da quell’inattesa intimità, ma le sue sensazioni e soprattutto la reazione (l’inaspettata reazione, a voler proprio metter i puntini sulle i) del suo affare, che pensava si sarebbe rimesso in azione solo di fronte ad uno stimolante culetto carioca, lo sorpresero. Si avvicinò alla moglie, scivolando in lei con un sospiro:
Sto infilzando la ladra di analgesico, per punirla della sua incauta appropriazione, fantasticò cercando un ulteriore stimolo a quella situazione, ma quel pensiero perverso gli sembrò fiacco, artificioso, quasi sgradevole. Si perse nel caldo abbraccio della donna, che lo incitava a bassa voce sussurrando paroline sconnesse nel suo orecchio arroventato, e vennero insieme, stringendosi forte.
Mentre Cristina si appisolava ansante al suo fianco, dopo poco, facendogli delle carezzine sempre più rallentate sul petto villoso, lui restò a lungo con gli occhi sbarrati nel buio, ad assaporare le piacevoli sensazioni di quell’improvvisata. Era certo che non sarebbe riuscito nell’intento, per niente, era da un pò che la moglie non gli risvegliava particolari voglie. Come si dice, minestra riscaldata, e stronzate del genere. Oltre al fatto che scantonare quelle situazioni di intimità gli dava la rassicurante sensazione che tutto sarebbe stato più facile nel momento, ormai sempre più imminente, in cui avrebbe dovuto segare il palo lasciando dietro di sè dolore e sgomento. Cullato dai quei contrastanti pensieri, inaspettatamente piacevoli, scivolò in un sonno tranquillo e privo di sogni.
Più o meno nello stesso istante, Renato fece ritorno in camera asciugandosi la folta barba con l’orlo dell’asciugamano, reduce dal bagno. Sua moglie Lucia era immersa nella lettura di una copia de il Salvagente, che aveva acquistato il giorno prima ma a cui non aveva ancora avuto tempo di darci una sbirciata.
- Avrei scommesso qualsiasi cosa di trovarti ronfante con la bocca aperta - commentò l’uomo riponendo i prodotti da toeletta in un borsone da viaggio. La donna lo osservò da sopra il bordo del giornale spalancato:
- Già, anch’io, se è per quello - rispose mordicchiandosi il labbro inferiore - credo di essermi persa ampi pezzi del finale del film, entrando e uscendo da un imbarazzante dormiveglia, ma poi una volta che mi sono lavata e struccata… sai come succede, ti scappa il momento giusto e addio… meglio così, potevo forse perdermi la stuzzicante visione del dottor Anelli in mutande e maglione di pile? -
- Come no… e anche in mutande senza pile - ribattè divertito lui, sfilandosi il maglione - qui in casa il riscaldamento è più che efficace, ma mi faceva un po’ specie andare in bagno in canottiera… - indossò la casacca della tuta da ginnastica che usava a mò di pigiama, infilandosi nel letto accanto alla moglie, che lo osservava con un’espressione semiseria:
- Certo che è una cosa ben strana - commentò - mutande sì, canottiera no… ti sei mai fatto vedere da uno psicanalista, per questa bizzarra fisima? -
- Spiritosona - borbottò l’uomo, riponendo gli occhiali sul comodino. La moglie tornò a dedicarsi alla lettura:
- Ormai Emma si è ficcata in testa la faccenda del mercatino - riprese dopo un po’ - e immagino che ci tenga a non essere delusa… -
- Diciamo le cose come stanno - la interruppe lui, stuzzicandole una gamba col piede, sotto le coperte - diciamo che tutte le creature di sesso femminile di questa casa ci tengono, ad andare a ficcarsi nel casino di un mercatino straboccante di gente, e a spendere e spandere, con in testa la mia gentile consorte qui a fianco… -
- Iiiihhhh, che piedi freddi!!! - urlacchiò lei, scostandosi di colpo - stai in là con le fette… e poi, anche ammettendo che quello che hai detto possa nascondere un minimo di verità, l’idea non mi pare malvagia, magari è una cosa carina, suggestiva, e poi tanto per fare qualcosa… - disse, sottintendendo neanche troppo velatamente  "piuttosto che stare tutto il giorno con un mazzo di carte in mano”.
- Intanto i miei piedi non sono freddi… è scientificamente impossibile che un uomo abbia i piedi più freddi di quelli di una donna… - insistette a cercare il contatto sotto il piumone, scatenando una cruenta battaglia di colpi proibiti - è facile che siano i tuoi ad essere talmente gelidi che, a contatto con il tiepido dei miei, creano una specie di reazione che… -
- Tiepidi un corno… E PIANATALA! - sbottò Lucia gettandogli addosso il giornale, che mise termine agli scherzi del marito - ufff, quando ti ci metti sei peggio dei tuoi figli… insomma, senza tanto star lì a smenarla, pensi di accompagnarci o no? -
- Mmh… - borbottò lui stiracchiandosi, e sistemandosi meglio il cuscino dietro la testa - vediamo… potrei dirti che non mi va perché odio profondamente tutto ciò che comporta caos e folla e spintonamenti per sbirciare tra spalle e teste qualche orrendo soprammobile fatto con le conchiglie o gli stecchetti del gelato… e difatti te lo dico… - finse di non badare all’occhiata spazientita della moglie - no, non mi va, e lo sai… farò anche la figura del pigro, e dell’orso, ma si sta così deliziosamente bene qui, al calduccio, anche a far niente, a grattarsi la panza… che voglio proprio godermeli tutti, ‘sti giorni, perché sai benissimo che poi riprenderà il casino e gli appuntamenti con i clienti e le corse e tutto quanto il resto… -
Era sicuro di averla convinta, con quella sua appassionata arringa, ma la donna si coricò sul fianco, voltandogli platealmente la schiena:
- Bbbuff, sei sempre il solito - borbottò un po’ risentita - spero proprio che non rimanga nessuno con cui rincitrullirsi a carte! -
- Ehi ehi ehi… no, eh… augurare cose così tragiche… - ridacchiò lui, colpito nel vivo - e poi comunque secondo i miei calcoli dovrebbero restare… Gianni, che non vedo molto bene tra le bancarelle, dietro a marmocchi e femmine… - contò con le dita - …Efrem… e poi Teresa, che deve dare una mano a Ina a preparare il cenone della sera
(Mi auguro che Gianni non sia così folle da costringere il povero Corrado a sedersi al tavolo da gioco, rimuginò improvvisamente serio, ricordando la preoccupazione per le condizioni del padre di Teresa)
- Casomai è Ina che dà una mano a Terry, per la cena di domani sera - puntualizzò Lucia senza voltarsi - e poi forse dimentichi che anche Efrem non è che sia qua in vacanza… -
- Beh, magari nei ritagli di tempo, tra una mungitura e l’altra - scherzò Renato tentando di massaggiarle la schiena. La donna si scostò con un scatto - e comunque non è per il gioco… è che ho voglia di starmene in panciolle, tutto qui… dovresti perlomeno ammirare la mia sincerità… -
- Sì, sì, ho capito - borbottò lei, ancora un po’ scherzosamente arrabbiata - la vita di Michelasso, insomma… -
- Già, quasi… mangiare, bere e NON andare a spasso - rispose lui - spegno? - chiese imitando il modo di parlare di sua figlia Emma.
- Spegni -
L’oscurità avvolse la coppia nell’ampio letto.
- E poi, a parte gli scherzi, volevo trovare un attimo di tranquillità con Teresa - disse ancora l’uomo con tono serio, tornando ad accarezzare la spalla della moglie, che stavolta non si sottrasse - credo che ci sia qualcosa che la tormenta, e che abbia bisogno di parlarne… -
- Mmh, sì, forse è il caso - commentò Lucia, poi il volume della sua voce si alzò leggermente, segno che lei aveva voltato la testa in direzione del marito - all’occhio, però… non è che poi vi rimettete assieme? - lo provocò scherzosa, essendo al corrente del flirt adolescenziale dei due.
- Non so, dipende - ribattè l’uomo - se la consorte titolare alza troppo la crestina, prenderò in seria considerazione questa opportunità… -
La battaglia di gambe sotto le coperte riprese furibonda.
Nel frattempo, nella casa di fronte, come aveva ampiamente profetizzato sua madre, la piccola Emma aveva pensieri solo per la gita al mercatino del giorno seguente:
- Dunque, si potrebbe fare così - esclamò persa nell’ampia porzione di letto matrimoniale a sua disposizione - i maschietti, Guido, tuo papà - indicò Vanessa che la ascoltava sorridendo al suo fianco - Amedeo… vanno con una macchina… così possono parlare di calcio o di guerra, insomma di tutte le cose noiose di cui parlano sempre… e noi bambine… io, te, le nostre mamme, e Teresa… con un’altra… mmh, sì, secondo me è una buona idea… -
- Bah, io non starei lì a preoccuparmi di chi va con chi - commentò con finta disinvoltura suo fratello dalla brandina, allarmato dalla possibilità che quella dissenata spartizione degli equipaggi venisse accettata dagli altri - l’importante è che si vada, no? - sbirciò la ragazzina che intravedeva sopra il bordo del letto matrimoniale, cercando man forte a quella sua logicissima obiezione.
- Mah, ho paura che mio papà non abbia molta voglia di venire… - spiegò Vanessa alla piccola - sai, non si diverte molto in quei posti lì… e poi credo proprio che Teresa dovrà restare a casa a preparare la cena della vigilia… per cui sono sicura che una macchina basti e avanzi, per andare tutti assieme… magari si starà un po’ stretti, ma dovremmo farcela… - lanciò un’occhiatina divertita al ragazzino che la stava osservando, scatenando in lui una vampata di rossore.
- Oh bè, se è tutto deciso, io penso che potrò dormire tranquilla - commentò seria Emma, infilandosi sotto le coperte abbracciata al suo inseparabile Giggio - buonanotte a tutti, e speriamo che venga presto domani ma di pomeriggio… -
- ‘Notte, piccola - le augurò la sua compagna di letto.
- ‘Notte, tappo - le fece eco Amedeo, intento a fissare le macchie scrostate sul soffitto, e immaginandole come disegni di terre misteriose su uno sterminata ed antichissima mappa.
- Ti disturba se tengo ancora un attimo l’abat-jour accesa? - chiese cortesemente Vanessa.
- Oh no, fai pure - rispose pronto lui, che avrebbe dato il suo entusiastico assenso anche nel caso la ragazzina gli avesse chiesto di suonare la grancassa fino al mattino seguente.
- A noi non ci disturbi - borbottò con voce assonnata Emma da sotto il bordo delle coperte, parlando anche a nome del suo compagno di peluche. Tranquillizzata, Vanessa allungò una mano dentro la zaino ad estrarne l’agenda, per scrivere qualche commento ai fatti della giornata appena trascorsa. La aprì in grembo, tenendola appoggiata alle ginocchia piegate, e il bigliettino le scivolò tra le pieghe della camicia da notte. Con un lieve sorriso, lo afferrò tra le dita e se lo accostò al naso, odorando il vago sentore di cioccolata. Non prima, però, di aver dato una sbirciata in direzione di Amedeo, per non farsi sorprendere in quel gesto che trovava alquanto spregiudicato e audace. Il ragazzino, che dava l’impressione di essersi appisolato con la faccia nell’incavo del gomito, in realtà la stava spiando attraverso la fessura delle palpebre accostate, chiedendosi un po’ ansioso che cosa fosse quel pezzetto di carta che la ragazza sta va coccolando (e augurandosi che non si trattasse un bigliettino d’amore di qualche stronzissimo spasimante di cui lui era all’oscuro). Mentre si arrovellava convincendo sé stesso che era il caso di dichiararsi in  qualche modo, pur non avendo la più pallida idea in quale modo e soprattutto cosa comportasse farlo, scivolò nel sonno senza quasi accorgersene.
 
 
 
  
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