File 16.
“ Credevo
avessi detto niente più matrimoni. ”
«
Tra qualche ora sarò di nuovo libero. »
Disse Greg, afferrando
la maniglia della portiera della propria auto ed entrando,
sospirò.
Non che fosse particolarmente agitato o che altro, ma quella era
l'inizio di una giornata importante, il capitolo finale della sua
vecchia vita, stava per essere scritto. Si voltò a fissare
Mycroft,
che con eleganza, stava stirandosi i pantaloni del completo con un
gesto della mano.
« Piuttosto, te la senti di venire?
»
Nonostante si fosse quasi completamente ripreso, il lato
premuroso di Gregory lo costrinse a preoccuparsi più del
dovuto,
creando sul volto di Mycroft, un'espressione seccata, ed infatti
sospirò anch'egli.
« Io devo
venire, Gregory, altrimenti passeresti tra quindici anni. »
«
Eddai, guarda che non ne ho di ripensamenti. »
Si affrettò ad
allacciare la cintura, accennando un sorrisino sarcastico; come
avrebbe potuto avere ripensamenti? Soprattutto dopo l'ultima volta in
cui aveva visto la ex moglie nel suo appartamento.
« Oh, ma non
sei tu il problema, infatti. »
Quella parvenza di calma che
Gregory aveva accumulato durante il viaggio svanì, non
appena mise
piede fuori dall'auto, di fronte a quell'imponente edificio
vittoriano. Puntuali come un orologio svizzero, se non con qualche
minuto di anticipo sulla tabella di marcia di Mycroft, si trovarono
in quella che era la hall della Corte di Giustizia di Londra;
Lestrade parve come imbambolato a guardarsi in giro, vuoi per la
solennità del posto, vuoi per i mille pensieri che stavano
sovrappopolando la mente dello yarder.
« Rilassati, Gregory, devi
solo mettere un paio di firme. »
Oramai per Mycroft era come un
libro aperto, ciò che provava, il politico riusciva a
leggerlo senza
alcuna fatica: se aveva un problema, Mycroft aveva già la
soluzione,
lì, pronta per lui. Si inumidì velocemente le
labbra con la lingua
prima di proferire parola, guardando il compagno dritto in volto,
domandandosi perfino se qualcuno lì dentro sapesse della
loro
relazione.
« Credo che andrò in bagno. »
Così come lo aveva
adocchiato, cercò di scattare verso la toilette, ma
prontamente
Mycroft lo fermò delicatamente per un braccio, facendo poi
scivolare
la mano in una silenziosa carezza fino al polso. La tensione di
Gregory la si poté notare perfino nel modo in cui aveva
annodato la
cravatta, che prontamente il maggiore degli Holmes gli
sistemò con
un semplice gesto, guardandolo poi negli occhi.
« Ho detto
rilassati.
Non ti fidi di me, Gregory? »
Solo con un semplice sguardo,
Lestrade gli fece capire che se avesse potuto, gli avrebbe lasciato
prendere ogni decisione della sua vita, donato tutto sé
stesso, per
quanto si fidasse del politico. Sospirò, quando Mycroft gli
lasciò
la cravatta, mentre quest'ultimo tirò fuori il suo
immancabile
orologio da taschino.
« Allora stai tranquillo. Dobbiamo andare.
»
Dopo un ultimo sguardo d'intesa, Mycroft, seguito da Gregory,
si diresse verso l'aula giudiziaria, in cui Mycroft non
mancò di
salutare nessuno dei presenti, avvocati, giudici e conoscenti che
fossero. La sensazione che stava accompagnando lo yarder ora era la
stessa che una persona percepisce gli istanti precedenti una prova
molto, molto ostica: nausea, torcimento dello stomaco, disagio. In
pochi istanti, Mycroft divenne solennemente professionale; non
ricordava molto bene se lo avesse mai visto all'opera, nonostante non
fosse il suo campo, eccezion fatta per la parlantina fluente: aveva
l'attenzione di chiunque in quell'aula, con quella sua aria seriosa,
decisa e... imponente.
La tensione di Gregory si allentò appena,
quando il giudice gli diede il permesso di parlare, cominciando a
descrivere tutti i documenti che aveva di fronte e ad elencare tutti
i motivi per cui erano finiti dinanzi al giudice stesso. Non si
lasciò neppure intimidire dall'avvocato difensore, che parve
essere
addirittura più minaccioso del suo vecchio superiore.
Quando il
giudice decretò la sentenza del divorzio, e Gregory scrisse
finalmente la parola fine di quel terribile capitolo, si
sentì
infine libero.
«
Non voglio sentir parlare di matrimoni per i prossimi dieci anni.
»
In seguito ad una passeggiata ristoratrice lungo il Tamigi, si
diressero infine verso quella che da un bel po' di tempo era
diventata la loro casa: Pall Mall, in cui Lestrade, la prima cosa che
fece una volta abbandonato il cappotto sull'appendiabiti
all'ingresso, fu quello di prendere posto sul divano in salone, sul
suo viso era stampata un'espressione appagata; Mycroft non fece in
tempo a raggiungerlo, che il suo cellulare squillò e di
conseguenza
si dileguò nel suo ufficio.
*
« Sei silenzioso.
»
Era ormai sera, quando Greg decise di andare a disturbare il
silenzio di Mycroft, perso ancora una volta in qualche stanza del suo
Mind Palace. Da quando aveva terminato la telefonata non aveva
più
spiccicato parola, né con lui, né tanto meno con
i domestici,
andandosi a rintanare sulla propria poltrona di fronte ad un camino
spento; nell'aria vi era una sottile linea che separava la
tranquillità dalla tensione e l'Ispettore la
fiutò. Si avvicinò,
poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla, come fosse una
carezza, un silenzioso “ io sono qui. ”.
«
Credevo avessi detto “niente più
matrimoni”, Gregory.
»
Accennarono un sorriso a vicenda, nonostante Mycroft avesse
tenuto gli occhi chiusi, ancora nel suo Palazzo Mentale. Il
campanello d'allarme cominciò a suonare nella testa di
Lestrade nel
momento in cui vide il compagno congiungere le mani al mento con
l'espressione seriosa, non poté fare a meno di guardarlo
accigliato,
cercando di studiarlo. Che si fosse pentito di essersi messo
così
tanto in mezzo? Mille pensieri si impadronirono della testa di Greg,
perché per lui Mycroft era ancora un enigma.
Schiarì la voce,
andandosi ad appoggiare contro il lungo tavolo del salone,
incrociando poi le braccia.
« Ti va di parlare un po'? »
In
tutta risposta, Mycroft sciolse le mani ed aprì gli occhi
alzandosi,
destandosi dai suoi innumerevoli pensieri; si sistemò il
completo
raddrizzandosi appena la cravatta, senza ricambiare lo sguardo che
Lestrade aveva legato a lui.
«
No, non mi va. »
La risposta spiazzò lo yarder; insomma non che
si aspettasse chissà che cosa, considerando il fatto che il
campanello d'allarme ormai trillava come non mai, ma non ebbe neppure
il tempo di elaborarlo quel pensiero, poiché la conferma che
qualcosa non andasse, si palesò di fronte al suo sguardo: la
quantità di liquore che Mycroft stava versandosi, era ben
differente
dalla solita. D'impulso cambiò posizione, rimanendo
però ancora
poggiato contro il tavolo, con lo sguardo più accigliato che
mai.
«
Non vorrei fare il pignolo, ma quel brandy mi pare troppo, Mycroft.
Stai anche prendendo degli antibiotici. »
Non ottenne che
silenzio. Bisognava scoprire che cosa non andasse e per Lestrade
questa era ancora un'impresa ardua, considerando che fosse come
parlare contro un muro.
« Mi dici che diavolo hai? Pensavo
fossi... – fece una breve pausa – contento per
quanto successo
stamattina! »
Silenzio. Gregory si rese conto di
aver alzato un po'
troppo la voce, notando la reazione del compagno, il quale
portò la
mano libera sul volto, stringendosi gli occhi. Decise di fare qualche
passo in avanti, intenzionato ad andare a levare il bicchiere dalle
mani del maggiore degli Holmes.
« Myc – »
« Dio, Gregory!
Puoi stare un
secondo in silenzio?! »
Si voltò verso Lestrade con sguardo
furente, facendo bloccare l'Ispettore nella posizione in cui era, con
una mano tesa verso di lui; quest'ultimo rimase interdetto, con la
bocca semi aperta, in attesa di poter terminare una frase, invano.
«
Ogni volta che ho qualche cosa che non va, inizi a chiedere che cosa
mi affligge, quando vorrei essere semplicemente io stesso a sparire
da questo Paese! »
Levò il ferma cravatta ed infine la slegò
con fare nervoso, abbandonandola sulla credenza, al fianco della
bottiglia di liquore, sbottonando perfino due bottoni della
camicia.
« Verso di me è sempre tutto un “Bravo
Signor
Holmes!”, “Perfetto, Holmes.”
“Bel piano, Signor Holmes”;
poi arrivi a frequentarti un po' troppo con qualcuno e ti fanno
fuori! E tutto questo senza che io possa anche solo negarlo! »
Poi
ebbe quello che i comuni mortali generalmente chiamavano scatto
d'ira: lanciò nel camino il bicchiere, il quale naturalmente
si
ruppe in mille pezzi e Greg ringraziò il cielo che quello
fosse
spento. Colpito da quanto successo, lo yarder non sapeva nemmeno per
cosa di più: anche Mycroft quando si arrabbiava sul serio
aveva
reazioni quantomeno umane? O il fatto che nel proprio lavoro
gambizzassero chiunque avesse una sorta di relazione? Che stronzata;
fece per aprir bocca, ma non sapendo neppure cosa dire, se non un
futile “mi dispiace”, la richiuse. Non dissero
più una parola,
Mycroft compreso, che nuovamente in sé, sospirò
pesantemente,
avvicinandosi poi ai cocci di vetro, seguito da Lestrade, che strinse
le labbra, pulendo il pavimento dal liquido ambrato schizzato dal
camino, pensando a quante sterline se ne fossero appena andate, tra
liquore e calice di cristallo.
Quando finalmente riuscirono ad
avere una conversazione normale, erano ormai a letto. Mycroft dopo
essersi scusato della propria reazione, cominciò a
raccontargli
della telefonata avuta con il collega. Non gli raccontò
proprio
tutto, ma quanto bastò per far capire a Gregory quanto
avvenuto.
«
Domani a lavoro voglio parlare di questa situazione, almeno a quelli
più vicini a me. Anche se... non c'è molto da
dire. »
La
schiena di entrambi poggiata contro lo schienale
del letto, la mano di uno che silenziosamente cercava l'altra, che
non faticò a trovare intrecciandone poi le dita.
« D'accordo. A
patto che tu però non reagisca più come stasera.
»
Le labbra di
Lestrade posarono un lievissimo bacio sul dorso della mano di
Mycroft, prima di lasciarla. Quest'ultimo accennò un lieve
sorriso,
distogliendo lo sguardo, posandolo sulla libreria ai piedi del
letto.
« Altrimenti? – accennò vagamente un
sorriso –
Arresterai il signor Webber? »
L'Ispettore non rispose e
corrucciò appena lo sguardo, non appena Mycroft
nominò il collega,
o chiunque fosse per lui. Nell'arco della serata non lo aveva mai
nominato, ma quando lo fece, Greg non poté fare a meno di
registrarlo nella sua mente.
Perché?