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Autore: Serpentina    31/12/2021    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buone feste! Spero le stiate passando al meglio! Io cerco di sopravvivere al lavoro scrivendo nei ritagli di tempo… ed ecco il risultato! Il duo Will&Frida, più Andrew, è tornato!
Quali scottanti segreti scopriranno?
Stavolta la colonna sonora non c’entra con le tematiche del capitolo, è semplicemente la musica che ho ascoltato mentre lo scrivevo; due grandi classici: “(I can’t get no) Satisfaction” dei Rolling Stones e “My Sharona” dei Knack. Enjoy!
 
Nella rete
 
“Sapere che un segreto esiste, è metà del segreto”.
Joshua Meyrowitz

 
–Nonna?- mormorò tentativamente Andrew mentre si avvicinava al letto dove l’anziana donna piangeva e martoriava il cuscino. –Ti senti bene?
Suo nonno lo rimbeccò con un secco –Ha un crollo nervoso. Può mai stare bene, secondo te? Ecco perché voglio darle le goccine di Aisling- poi aggiunse, senza dare tempo al nipote di replicare –Se mi assicuri di restare accanto a lei, torno di là a cercarle.
Corse via con sorprendente agilità, prima che Andrew potesse anche solo pensare a un modo per dissuaderlo, e al ragazzo non rimase che afferrare una mano della nonna tra le sue e sedersi accanto a lei.
A un tratto, udì un flebile gemito, seguito dall’ancor più flebile (se possibile) –Evan.
–No, nonna, sono Andrew. Il nonno è…- “Andato a frugare in camera di mia sorella in cerca di psicofarmaci da somministrarti senza ricetta né controllo medico. Nulla di anomalo o preoccupante” –Tornato giù, dagli ospiti. Ma non preoccuparti, ci sono io con te. Sei contenta? Ti lamenti sempre che non vengo mai a trovarvi, invece eccomi qui!
La donna non diede segno di averlo sentito; scossa dai singhiozzi, cominciò ad alternare il nome del marito e quello della nipote defunta, in una sorta di lagnosa litania.
Andrew si sentì allo stesso tempo impotente e irritato: se, da un lato, era comprensibile che la donna fosse particolarmente provata dall’ennesima sventura che aveva funestato la loro sfortunata famiglia, dall’altro gli dava fastidio che non avesse fatto tutte quelle scene alla morte della sua stessa figlia, né tantomeno per l’altra nipote, la piccola di casa. Ricordava bene lo sconcerto provato in ospedale quando, alla notizia che Rory era ancora viva, anziché manifestare gioia e sollievo, la nonna aveva reagito afflosciandosi sulla sedia come uno straccio liso, per poi esalare –Perché? Perché non l’hai presa con te, Marlene?
Nel tentativo di consolarla, Andrew affermò, con scarsa convinzione –So che ti manca, nonna. Manca a tutti, ma devi trovare la forza per andare avanti nella consapevolezza che adesso Aisling è in pace. So che è brutto da dire, ma non era felice; una persona felice non cerca di sfuggire alla realtà.
Contrariamente all’atteso, la donna smise all’istante di piagnucolare, aprì gli occhi e gli pose la domanda più strana che avesse mai sentito.
–L’hai trovato tu, non è così?
La palese perplessità di Andrew, che espresse sia verbalmente che attraverso la mimica facciale di non avere idea di cosa stesse parlando, non riuscì a scalfire la granitica quanto terrificante convinzione di Isobel Conworthy, ormai in piena paranoia.
–Non mentire. L’hai trovato- ripeté con voce tremebonda. –L’hai trovato, l’hai letto, e ora sai che razza di persona orribile sono!
In mancanza di alternative migliori, Andrew si limitò a rispondere –Non dire scemenze, nonna. Non sei una persona orribile; sei una persona che ne ha passate tante. Troppe.
–Sì, invece!- ululò Isobel, sempre più agitata. –Sono una persona orribile, che ha guardato accadere cose orribili senza muovere un dito! E se, sapendo cosa ho fatto, non pensi che sia una persona orribile, indegna di vivere, allora sei anche tu una persona orribile!
Sconvolto da quel fiume di parole deliranti, Andrew pregò che il  nonno tornasse presto, scosse il capo e sospirò –Non dire così, nonna. Che discorsi sono?
Come se evocato, in quel preciso istante apparve Evan, il quale, spinto da parte il nipote, celiò con eccessiva – e inappropriata – giovialità –Infatti! Che discorsi sono questi, Izzy? Tu devi vivere per portare fiori sulla mia tomba!
Isobel rispose con inquietante lucidità.
–No, Evan. Sarai tu a raggiungermi, poco dopo che me ne sarò andata, e nessun fiore adornerà le nostre tombe. A questa età, si percepisce quando la propria ora si avvicina.
–Probabilmente perché a questa età la nostra ora può arrivare da un momento all’altro, Izzy.
Ad Andrew parve di avvertire un non so che di minaccioso nello sguardo e nelle parole del nonno, quasi che il suo, più che un goffo atto consolatorio, fosse un avvertimento; ma scacciò quel pensiero in fretta, dandosi del paranoico.
“Nato e cresciuto in una famiglia di matti, era destino che ammattissi anch’io!”
Se Frida fosse stata presente, con ogni probabilità avrebbe alzato gli occhi al cielo di fronte ad un’altra azione idiota del giovane Carter, il quale, invece di recarsi da sua sorella per accertarsi che la Weil non l’avesse torchiata e ragguagliare la suddetta Weil su quanto accaduto,  pensò bene di intromettersi rimproverando il nonno.
–Non ti ci mettere anche tu con questa storia della morte! E poi, si può sapere di che diamine state parlando? Perché la nonna crede di essere una persona orribile?
Evan si voltò verso il nipote; a differenza di prima, sembrava improvvisamente gravato dal peso di tutti i suoi anni. Posò entrambe le mani sulle spalle di Andrew, ed esalò –A volte, ragazzo mio, quando vedi tante persone care morire intorno a te, una vocina nella tua testa inizia a ripeterti che forse un po’ è colpa tua. La nonna, purtroppo, ha scelto di darle retta, e questo è il risultato.
Un briciolo della sospettosità di Frida doveva essergli passato per osmosi, perché Andrew, nonostante l’istintivo desiderio di chiedere ulteriori spiegazioni, preferì tacere al nonno del fantomatico oggetto che lui avrebbe trovato e letto, prova documentale di quanto sua nonna facesse schifo come persona; ne avrebbe discusso con “quella sottospecie di signora in giallo” alla prima occasione. Invece annuì, stiracchiando faticosamente le labbra in un sorriso di circostanza, e cambiò argomento.
–E le goccine da dare alla nonna?
–Che goccine?
–I farmaci di Aisling. Hai detto che volevi darli alla nonna, per calmarla.
–Oh, quelle goccine! Devi scusarmi, ragazzo, questo vecchio macinino inizia a perdere colpi! Eh, sfortunatamente non le ho trovate. Chissà dove le teneva nascoste tua sorella!
La confusione di Evan lo colse di sorpresa, dato che non aveva mai avuto problemi di memoria; qualche acciacco dovuto alla vecchiaia sì, ma la testa funzionava ancora a meraviglia.
Si domandò se suo nonno non stesse per caso fingendo, ma scacciò quel pensiero e si diede del paranoico per la seconda volta.
“Devo stare alla larga dalla Weil, ha una pessima influenza su di me!”

 
***

Spesso, i mutamenti d’umore di Frida si succedevano con la velocità di un battito di ciglia. In quel caso, alla gioia e al compiacimento per aver trovato un mezzo di comunicazione con Aurora Carter era subentrato un senso di ansia e frustrazione non appena la mente brillante della ragazza aveva realizzato il principale limite di quel metodo: l’impossibilità di porre domande complesse.
Avrebbe dovuto ingegnarsi per ricondurre la miriade di quesiti che le frullavano nella testa a banali domande “sì/no”, il che significava doverne lasciare alcune senza risposta.
Scheiße!”
Emise un sospiro di rassegnazione, e diede inizio ai giochi.
–Aurora, sono qui per chiederti alcune cose. Te la senti? Sbatti le palpebre una volta per dire sì, due per dire no.
La minore dei fratelli Carter sbatté le palpebre una volta, per la gioia di Frida, che in un colpo solo aveva testato l’effettiva comunicabilità con quella ragazza e le sue capacità cognitive; non le andava di perdere tempo con qualcuno duro di comprendonio.
Sehr gut.1  Cominciamo con una domandina facile facile: sai che Aisling è morta?
A giudicare dall’improvvisa accelerazione della frequenza cardiaca e respiratoria, oltre che dalle lacrime che avevano preso a scorrere copiose sul viso di Aurora, la risposta era negativa.
Vielleicht2 Liam ha ragione: il tatto non è il mio forte!”
–Oddio! Ehm, mi dispiace di averti dato io la notizia, ma non c’è tempo da perdere in piagnistei: sono qui per questo. Tutti pensano si sia tolta la vita - specie alla luce del precedente di vostra madre - ma io so che è stata uccisa- attese che Aurora si fosse calmata, prima di riprendere l’interrogatorio. –Non ti mentirò: Andrew - sì, tuo fratello - e Nita sono i miei principali sospettati. Lei ha dichiarato di aver riportato Aisling  a casa dall’ospedale e di averla lasciata alle cure di Andrew, il quale ha ammesso di essere stato qui, la notte in cui Aisling è morta. A quanto pare, voleva assecondare il tuo desiderio di farla finita. È vero? Gli hai chiesto di aiutarti a morire?
Aurora sbatté le palpebre due volte. Se avesse potuto, avrebbe urlato “No!” talmente forte da essere udita fino in Francia.
Frida alzò le mani, esibendo la migliore faccia tosta del suo repertorio, e la incalzò –Riformulo la domanda: hai mai chiesto a qualcuno di aiutarti a morire? Che so… tua sorella?
Vide un accenno di mestizia e panico nello sguardo di Aurora, rimanendo impressionata dall’espressività che, nonostante la paralisi muscolare pressoché totale, residuava in quegli occhioni, così simili a quelli di Aisling, su cui era calato permanentemente il sipario.
–Non sono qui per giudicare, Rory - va bene se ti chiamo Rory? So che Andrew ti chiama così - ma per capire. Soltanto per capire. Ripeto la domanda: hai mai chiesto ad Aisling di aiutarti a morire?
Tra le lacrime, che non avevano smesso di rigarle le guance, Aurora sbatté le palpebre una volta.
Jetzt wird es was3! Pretendo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità! Ist das klar?- esclamò la Weil, dandole un cenno di approvazione. –E ritieni possibile che Aisling possa aver passato il testimone ad Andrew perché incapace di esaudire il tuo desiderio?
Dopo quella che le parve un’eternità, Aurora sbatté le palpebre una volta. Se Frida avesse avuto la facoltà di leggerle nella mente, avrebbe colto tutta la frustrazione per non poter esprimere compiutamente i propri pensieri. Si sentiva come la donna di quella vecchia serie che aveva visto di nascosto insieme ai fratelli, intrappolata in una scimmia peluche, condannata a condensare l’infinita gamma di complesse emozioni e pensieri umani nelle patetiche frasi “La scimmia ti vuole bene” e “La scimmia vuole un abbraccio”.
Eppure, Frida riuscì in qualche modo a interpretare quel che le passava per la testa.
–È dura, eh? Non riuscire a comunicare, sentire che il tuo corpo non è più tuo… mi dispiace stia patendo tutto questo- chiocciò con inusitata tenerezza, salvo poi tornare la solita, impietosa Frida, foriera di scomode verità. –Bada bene: mi dispiace per te, però non ti compatisco; dopotutto, se analizziamo la faccenda con un minimo di razionalità, te la sei cercata. A differenza di Aisling, ti sei lanciata dalla finestra di tua spontanea volontà. Ecco, forse è questo che più di tutto mi fa provare dispiacere per la tua situazione: dovevi passartela davvero male per tentare di interrompere un viaggio appena cominciato. Cosa ti hanno fatto, Rory?
Aurora, stupita di come un essere tanto razionale e distaccato potesse mostrare di possedere un briciolo di empatia, chiuse gli occhi; per la prima volta da quando la Weil aveva messo piede nella stanza, si sentì veramente a suo agio, sentì di potersi fidare. Se solo avesse potuto parlare…
–Ok, basta introspezione psicologica, o finirò per trasformarmi nel mio socio, Liam, e dubito mi piacerebbe: giorni rossi esclusi, è bello essere donna! Torniamo a noi: ricordi se Andrew è mai entrato in camera tua, negli ultimi mesi? So che non viene spesso qui, e se può evita la tua stanza, perciò dovrebbe essere facile da ricordare.
Aurora batté le palpebre una volta.
–Ok, l’alibi di Andrew è confermato… in parte. Potrebbe aver litigato con Aisling in un secondo momento - magari perché aveva scoperto la sua bisessualità e aveva minacciato di rivelarlo ai nonni - e averla scaraventata di sotto.
Aurora, messo da parte lo sconcerto per quella scioccante rivelazione, prese ad agitarsi, maledicendo quel corpo-prigione che le impediva di difendere il proprio fratello. Andrew aveva i suoi difetti, certo, e tra lui e Ling non era mai scorso buon sangue, ma non le avrebbe torto un capello, ne era sicura. Non si sarebbe mai intenzionalmente privato di un altro membro della famiglia.  
Nein!- esclamò poi Frida, tranquillizzandola. –Per quanto plausibile, è uno scenario improbabile. Andrew non ha sufficiente spina dorsale per uccidere qualcuno a sangue freddo, perché di questo si tratta. L’assassino, furbamente, ha cercato di farlo sembrare un suicidio, e la precipitazione, anche accogliendo la tesi dell’omicidio, parrebbe suggerire un delitto commesso impulsivamente, ma la realtà è un’altra: chi ha eliminato Aisling, sapeva quel che faceva. Quanto a Nita, fatico a trovare un valido movente; l’unico che mi viene in mente è che Aisling potrebbe aver indovinato i suoi sentimenti per Andrew, interferendo per stroncare sul nascere un’eventuale relazione. Roba adatta ad un romanzo giallo ambientato negli anni ’30 del ventesimo, più che del ventunesimo secolo, meinst du nicht auch4?
Aurora, pur non comprendendo il tedesco, intuì che l’altra le aveva chiesto se fosse d’accordo con lei, pertanto assentì, a modo suo.
–Il problema è che, esclusi loro due, non riesco a pensare a una sola persona che potesse odiarla al punto da ucciderla. L’ipotesi alternativa è quella del fan(atico) stalker, ma non mi convince: un estraneo sarebbe stato notato all’interno della proprietà, senza contare che simili soggetti di solito non defenestrano gli idoli che asseriscono di adorare; gli sparano o li accoltellano. Non hanno abbastanza neuroni per simulare un suicidio. Se solo potessi chiederti direttamente di chi sospetteresti! Da quel che so, voi due sorelle eravate molto legate; scommetto che a volte, quando veniva trovarti, Aisling prendeva quella bella spazzola sul comodino e ti pettinava, intrattenendoti con pettegolezzi, avvenimenti della sua vita mondana e, perché no, i suoi più intimi segreti. Tanto, non li avresti rivelati ad anima viva!
Si perse nei propri pensieri finché un rumore di passi non la riportò alla realtà. Si guardò intorno, in cerca di un nascondiglio - sibilando un’imprecazione nel constatare che il letto di Aurora era troppo basso perché potesse scivolarci sotto - infine, in assenza di alternative migliori, si acquattò accanto alla porta, nella speranza di riuscire a sgattaiolare via senza essere vista. E attese. Attese. Attese.
Ormai certa che nessuno sarebbe giunto a disturbarla, si decise ad arrischiarsi a dare un’occhiata in corridoio: era deserto, ma la porta della camera di Aisling era di nuovo aperta.   
Si avvicinò lentamente, con passo felpato, e non si sorprese affatto nel cogliere Evan Conworthy in flagranza di ficcanasare tra gli effetti di sua nipote, ripetendo a mo’ di mantra –Dov’è? Dove l’ha messo, quella maledetta?
Probabilmente, la vicinanza di Andrew Carter noceva alle sue doti deduttive, perché, in quel momento di riflessione solitaria, le sue celluline grigie furono in grado di osservare: innanzitutto, che Evan non amava la nipote tanto quanto voleva far credere, e si chiese come mai; due, che parlava al singolare, dunque stava cercando un preciso oggetto appartenuto ad Aisling; tre, che il suddetto oggetto doveva essere di piccole o medie dimensioni, tali da rendere facile nasconderlo; e quattro, doveva rivestire una qualche importanza, se la ragazza aveva avvertito la necessità di occultarlo.
E l’aveva occultato davvero bene, perché Evan, nonostante la buona volontà condita da maledizioni ai nipoti, in particolare Aisling, fu costretto ad arrendersi all’evidenza.
–Non è qui. Quella maledetta figlia di sua madre sapeva che l’avrei cercato, e che questo sarebbe stato il primo posto in cui avrei guardato. Dannazione! Dove l’avrà ficcato? In camera di Andrew?- picchiettò sul mento con fare pensoso. –Poco probabile, ma proprio per questo vale la pena provare. Dopo. Ora sarà meglio che torni di là, prima che Izzy esca del tutto fuori di testa e mandi fuori di testa pure Andrew! Il ragazzo già non brilla per intelligenza, non roviniamo il poco cervello che ha!
Frida riuscì fortunosamente a tornare da Aurora senza dare nell’occhio. Le sorrise amabilmente, per poi raccontarle per filo e per segno quanto aveva visto.
–Uno strano comportamento, senza dubbio. Mi domando cosa il vecchio vada cercando… Peccato che, anche se lo sapessi, non potresti dirmelo. Comunque, vielen Dank für deine Hilfe5, mi sei stata molto più utile di quanto io mi aspettassi e di quanto tu creda.
Nuovamente persa in un turbinante flusso di coscienza, prese ad attorcigliarsi una ciocca di capelli nerissimi intorno all’indice mentre rimirava la chioma ondulata, soffice e lucente di Aurora, la quale, oltre al nome, aveva anche i capelli da principessa.
Aurora, che Aisling amava più di chiunque altro, tanto da non abbandonarla a se stessa e ricercare ad ogni costo un modo per infrangere la barriera dell’incomunicabilità, tramutando i loro momenti insieme da una lunga serie di monologhi in conversazioni (atipiche).
Aurora, la sorellina sfortunata, l’unica con cui Aisling potesse sfogarsi e confidarsi.
Venne colta da un’illuminazione.
–Un’ultima domanda, Rory, e toglierò il disturbo: tua sorella ha per caso nascosto qualcosa in questa stanza?
Aurora sbatté le palpebre.

 
***

Ancora sovreccitata dalla scoperta, Frida caracollò giù per le scale, rischiando più volte di inciampare perché troppo impegnata a comunicare ad Andrew di avere grandi notizie - che avrebbe divulgato la sera stessa al Tipsy Crow - per curarsi a dove metteva i piedi; ma poco importava: aveva concluso la sua missione, non le restava che raccattare il suo socio e filare a casa prima che sua madre si accorgesse che aveva preso la macchina del padre. Conoscendola, sapeva che Faith si sarebbe fatta cogliere dal senso di colpa per averla lasciata a casa da sola, e avrebbe videochiamato per assicurarsi che la sua bambina stesse bene, al caldo e nutrita.
Andò letteralmente a sbattere contro William, il quale, sconvolgendo Alex, che lo seguiva con aria annoiata, ridacchiò –Ti stavo giusto cercando, socia! Come promesso, eccoti qui Alex!
Frida la degnò di una misera occhiata in tralice, dopodiché, afferrato il povero australiano per un braccio, lo trascinò via dicendo – Ja, ja, wunderbar. Adesso vieni, devo farti vedere una cosa.
Fu soltanto in prossimità dell’auto che William riuscì a pensare ad una replica ironica che mandasse la Weil su tutte le furie.
–Ti prego, dimmi che si tratta delle tue tette!
Sortì l’effetto sperato: Frida si bloccò di colpo, si girò e, fulminandolo con un’occhiataccia, gli diede del maiale “erede di una laida stirpe suina”. 
“Devo piaciucchiarle almeno un po’”, pensò, “O mi avrebbe già cambiato i connotati!”
In effetti, Frida era stata tentata di assestargli un ceffone, se non addirittura un gancio spacca-mascella dei suoi, ma aveva deciso di soprassedere per condividere con lui una clamorosa svolta nella loro indagine privata. –Piantala di fare il clown e guarda qui che cos’ho!
–Una chiavetta USB? Tutto qui?
–Tutto qui?- ruggì lei, spintonandolo. –Tutto qui? Ma lo sai cos’è questa? Dove l’ho pescata?
–Finché non me lo dici, o acquisisco i poteri del dottor Strange… no.
Dopo averlo fulminato con lo sguardo una seconda volta, Frida lo mise al corrente di quanto accaduto in sua assenza, senza tralasciare il suo ennesimo “colpo di genio”.
–In breve: la chiavetta era nel cuscino di Aurora. Non vedo l’ora di scoprire cosa contiene. Ommioddio, sono così eccitata! Finalmente inizio a scorgere una luce in fondo al tunnel!
William, risentito per il gelido trattamento riservato da Frida ad Alex, salì in macchina senza dire una parola, e si rifiutò categoricamente di discutere con lei degli elementi utili acquisiti separatamente.
–Non fare il Dummkopf, Liam!
–Io? Tu, piuttosto! Avevi promesso che se avessi scovato Alex, mi avresti provato l’esistenza di mio zio. Io la mia parte l’ho fatta; non è colpa mia se non hai colto l’occasione e hai dimesso Alex come l’ultima delle stronze. Adesso  sta a te essere di parola.
Frida, per nulla soddisfatta dell’insubordinazione di William, che la costringeva ad una deviazione di percorso e conseguente ritardo sulla sua personale tabella di marcia, sbuffò –E va bene! Ma che sia breve, questa Cenerentola dev’essere a casa prima che la mammina si accorga che ha preso in prestito la zucca-carrozza!
 
***
 
Seduta in prima fila nell'aula magna del Guy's Hospital, Faith Irving attendeva impazientemente i suoi quindici minuti di celebrità al congresso della BAFM, la Società Britannica di Medicina Forense.
Non era nervosa, nella maniera più assoluta; anzi, ardeva dal desiderio di presentare i promettenti risultati delle sue ricerche sul potenziale dei cosiddetti "geni zombie" nella stima dell'intervallo post-mortem. Se avesse dovuto descrivere con una parola il proprio stato d'animo, avrebbe probabilmente scelto "inquieta". Sì, decisamente quello che stava provando era un senso di inquietudine, che nemmeno lei sapeva spiegarsi; una sensazione "di pancia", avrebbe detto sua nonna Beatrice.
Scosse il capo e annuì sorridendo cordialmente a Damien Swift, il collega irlandese che l'avrebbe preceduta sul palco dei relatori, sforzandosi di non lasciar trapelare l'aver a malapena ascoltato il suo monologo lamentoso sul meteo e l'inefficienza dell'aeroporto di Dublino.
Il pensiero volò a Franz, e si chiese se la propria inquietudine non fosse semplicemente il tarlo del senso di colpa per non averlo accompagnato a San Francisco, sebbene fosse stato proprio lui a insistere affinché non rifiutasse l'invito della BAFM per seguirlo nella sua trasferta statunitense.
"Meine Liebe", le aveva detto, "Se fossi il genere di grande donna che sacrifica se stessa per stare dietro al suo grande uomo, non saresti la mia donna. Tu andrai a quel congresso, punto. Questione chiusa! Spero solo che poi pubblichino le registrazioni sul loro sito, perché voglio vederti."
Ironia della sorte, data la differenza di fuso orario, avrebbero parlato in contemporanea.
Diede un'occhiata all'orologio, storse le labbra contrariata ed emise un pesante sospiro: meno venticinque minuti alla sua performance. Così tanto? Davvero il barbagianni scozzese sul palco (che purtroppo ricordava per averle palpato il sedere al convegno dell'anno precedente) stava blaterando da soli cinque minuti?
Decise di scrivere a Franz, sia per ingannare il tempo che per fargli sentire la sua vicinanza nonostante la distanza, e si illuminò nel leggere la risposta: "Quanto vorrei fossi qui, anche solo per sentirti commentare il discutibile vestiario e gli ancora più discutibili lavori "scientifici" di certi elementi. Adoro il tuo sarcasmo... quasi più delle tue tette (che rimangono comunque l'ottava e la nona meraviglia del mondo)! Ma sono fiero di te, e quindi felice che sia rimasta a Londra. Vai e spacca, meine Liebe, festeggeremo al mio ritorno!"
Ricordando il Franz degli inizi, introverso e musone, le sfuggì un risolino; forse aveva ragione nonna Beatrice, dispensatrice di saggezza popolare: "goccia a goccia si scava la roccia". E lei quella roccia l'aveva scavata volentieri, anno dopo anno, perché, anche se ci era voluto un po', aveva scorto al suo interno un magnifico diamante grezzo. Il suo diamante. Il padre della sua diamantina Frida.
“Ecco svelato l’arcano”, si disse. “Il tuo non è un irrazionale senso di colpa per aver lasciato partire da solo Franz, ragazza mia, bensì il secolare senso di colpa della madre lavoratrice che ha lasciato la prole a casa. Datti una regolata, Frida ha diciassette anni, è più autosufficiente di te alla sua età e, soprattutto, non vorrebbe vederti fallire per una ragione tanto stupida!”
Annuì, e si acquietò con la promessa di videotelefonare alla sua cucciola appena possibile per assicurarsi che stesse bene,, al caldo e nutrita.
L’inquietudine, però, tornò ben presto a tormentarla, impedendole di godersi il meritato plauso al suo lavoro da parte della platea e del comitato organizzatore dell'evento.
Sarebbe successo qualcosa di brutto, ne era certa. Non sapeva quando, non sapeva cosa, ma sarebbe accaduto. Purtroppo, o per fortuna, finora il suo intuito non l'aveva mai ingannata.

 
***

–Soddisfatto, signorino? Possiamo andare adesso?
William, impalato davanti alla tomba del fratello di suo padre, pensò che no, soddisfatto non era l’aggettivo giusto per descrivere il suo stato d’animo in quel momento. Amareggiato, addolorato, arrabbiato erano decisamente più calzanti.
–Oh, sì! Soddisfattissimo!- sputò in tono grondante sarcasmo. –Non c’è soddisfazione più grande di scoprire che tuo zio è morto e tuo padre ti ha mentito per tutta la vita! Cazzo, Weil, ti ascolti quando parli?
Frida, oltraggiata dall’ingratitudine del suo socio - il quale, lungi dall’esserle riconoscente per avergli rivelato un pezzo del suo passato, un ramo ingiustamente potato dall’albero genealogico dei Wollestonecraft da quel suino antropomorfo di nome Cyril, pareva accusarla di avergli inferto un doloroso colpo - obiettò –Ehi! Mi hai chiesto tu di portarti qui!
L’australiano levò gli occhi al cielo, mordendosi la lingua per evitare di tradurre in parole pensieri che era meglio restassero tali. Una volta riconquistata la calma, rispose –Lo so, ma speravo scherzassi, per una volta.
–Uno scherzo tanto crudele? Non è da me!
–Lo avrei preferito, guarda- mormorò mestamente William mentre asciugava gli occhi gonfi di pianto.
Sì, aveva pianto, e non se ne vergognava; perché non avrebbe dovuto? È normale piangere quando si è a lutto, no? E lui lo era; aveva anni di assenza e rimpianto da recuperare.
“Anzi”, pensò, “Se papà mi avesse parlato di lui, forse adesso non starei così da cani. Se papà mi avesse parlato di lui, sarebbe stato quasi come averlo con me.”
Non si era vergognato di piangere, però si vergognò di confidare alla Weil quei pensieri. Si limitò a stringerla a sé, stupendosi del calore col quale la Regina delle Nevi (come l’aveva segretamente soprannominata) ricambiò l’abbraccio, affondando la testa nell’incavo della sua spalla.
–Mi spiace, zio, non ho niente con me, stavolta. La prossima ti porterò… non so, dei fiori? Ti piacevano i fiori? O preferivi le piante? So così poco di te… praticamente solo il tuo nome, il tuo segno zodiacale, e le date di nascita e morte. Un po’ pochino, ma non è colpa mia; prenditela con quel grandissimo pezzo di… tuo fratello!- diede una delicata pacca sulla schiena a Frida e aggiunse –Adesso possiamo andare.
Gli eventi successivi si avvicendarono con tale rapidità che William, a distanza di anni, avrebbe faticato a ricordare come lui e la Weil fossero passati dallo scambiarsi sorrisi colmi di tenerezza all’essere incollati per le labbra.
“Oh. Mio. Dio”, gridò, nella sua testa, uno dei pochi neuroni non ancora migrati nelle parti basse. “L’ho fatto! L’ho baciata! In un cazzo di cimitero! Ma che… cazzo! Cioè, prima o poi sarebbe successo, solo… Vabbé! Qualcosa mi dice che lo zio approverebbe; non so perché, ma ho idea che fosse l’opposto di papà. Anzi, lo spero proprio! Meglio di quanto mi aspettassi, comunque: la ragazza ha poca pratica - e per quella ci sono io - ma tanta buona volontà! In più, sa di fragola. Chissà se sa tutta quanta di fragola…
Frida, al contrario, nonostante la tempesta ormonale aveva conservato un barlume di razionalità, e si stava domandando quale sinapsi neuronale fosse andata in cortocircuito per spingere il suo socio a baciarla quando lei, in un inusuale impeto di dolcezza, gli aveva carezzato il viso.
“Insomma! Siamo in un cimitero, porca di quella… porca! Non mi dispiace si sia deciso, endlich6 - ci sa pure fare con la lingua - ma avrei preferito un contesto più… angebracht7. RomantischGroßartig8. Invece no, quando Kimmy mi chiederà cosa mi rende radiosa, dovrò rispondere che io e Liam ci siamo dati allo scambio di fluidi salivari al camposanto. Toll9!”
Si fermarono per riprendere fiato, e fu Frida a rompere il silenzio carico di imbarazzo.
–E’ stato bello. Possiamo andarcene, prima di attirare su di noi gli sguardi scandalizzati di qualche vecchia vedova?
William, recuperato un adeguato flusso sanguigno al cervello, la schernì, mentre metteva in moto –Sì, sì, ti frega proprio che una vedova ci veda e le si riaccenda l’ormone! Ma dai! Confessa, socia: ti preoccupa che la tua adorata mammina possa beccarti! Beh, te lo meriteresti: non si ruba l’auto di papà per scorrazzare di nascosto e giocare alla signora in giallo!
Frida, punta sul vivo, anziché rispondere pigiò il piede sull’acceleratore e partì a folle velocità, pompata dal ritmo incalzante del successo dei Knack "My Sharona", sentendosi come Crudelia De Mon al volante del suo bolide. Aveva sempre tifato per i cattivi, sentiva una certa affinità di spirito.
Concentrata sulla strada e sulle maledizioni da scagliare su William - che nel frattempo aveva avuto l’ardire di appisolarsi - e discendenti fino alla fine dei tempi, Frida non si accorse della volante dietro di lei, se non quando era troppo tardi per anche solo pensare di seminarla.
Accostò, svegliò William con una gomitata, estrasse la patente falsa dalla borsa e, stampato in faccia il suo sorriso “da brava ragazza che non si mette mai nei guai” aprì il finestrino, cinguettando –Buonasera, agente. Andavo forse troppo velo… Oh, Scheiße!
William, sul sedile accanto, non comprese il perché la sua diabolica socia fosse improvvisamente sbiancata, finché non udì una voce baritonale soffiare –Guten Abend, liebe Cousine10. Ti consiglio di mettere via quella patente, che so essere falsa e che fingerò di non aver visto, e di seguirmi senza fare storie- puntò la luce della torcia che teneva in mano dritto sulla faccia di un esterrefatto William, e aggiunse –Anche tu. Raus aus dem Auto. Schnell!11
 

Note dell’autrice
Piaciuto il regalino di fine anno?
Innanzitutto, grazie come sempre a chi segue questa storia e mi fa sentire il suo supporto. Non avete idea di quanto sia importante, per me. * manda baci *
Frida, come al solito, si è messa nei guai, trascinando il povero colonico con sé. Ma non temete, i nostri eroi riescono sempre a cavarsela. Mi preoccuperei di più delle strigliate e punizioni che riceveranno dai loro genitori! * trema di paura *
A proposito di genitori: preparatevi, perché nel prossimo capitolo ci sarà un incontro-scontro EPICO! Faith versus Cyril! Imperdibile!
A presto (forse)!
Serpentina
Ps: la “vecchia serie” a cui fa riferimento Aurora è Black Mirror, e precisamente l’episodio 4x06 (Black Museum).
PPs: i geni zombie esistono davvero! Non è una figata? *.*
1Molto bene
2Forse
3Adesso sì che si ragiona!
4Non sei d’accordo?
5Grazie per il tuo aiuto
6Finalmente
7Appropriato
8Favoloso
9Bello!
10Buonasera, cugina cara
11Fuori dall’auto, svelti!
   
 
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